MEZIO, Federico
– Nacque il 20 nov. 1551, a Galatina, da una famiglia di stirpe italogreca che Tiraboschi definisce nobile.
Anche se mancano dati certi, la sua carriera fa pensare a una buona formazione scolastica, soprattutto nelle lettere greche. Fu sacerdote almeno dal 1570, quando è menzionato fra gli ecclesiastici di rito greco dell’arcidiocesi di Otranto firmatari di un documento. Nel 1580 era a Roma con una raccomandazione per il cardinale Guglielmo Sirleto dell’arcivescovo di Otranto. Dal suo arrivo a Roma gravitò nell’orbita della Biblioteca Vaticana, sia per gli studi sia per le persone di riferimento. Già il 10 ag. 1580 fu nominato maestro di lettere greche e scienze del Collegio greco, fondato nel 1577; rimase in tale funzione fino al 1587 circa. In Curia trovò protettori nel cardinale Giulio Antonio Santori e in Cesare Baronio, dei quali divenne familiare e collaboratore: nel 1584 è menzionato come familiare di Santori e a fianco di Sirleto nel resoconto di un’udienza concessa a Santori da Gregorio XIII. Nel 1587 sembra che sia stato nominato lettore di greco nello Studium Urbis, ma dovette sospendere le lezioni per mancanza di uditori. Insieme con il vicario generale dei domenicani e maestro del Sacro Palazzo Bartolomeo De Miranda, Roberto Bellarmino e il canonista Francisco Peña, fece parte della commissione creata il 23 sett. 1592 dal cardinale Santori per esaminare le carte di Onofrio Panvinio, conservate alla Vaticana (Vat. lat., 7030, c. 1r). Nel settembre 1592 lo troviamo menzionato nell’ambito dei lavori preparatori all’Editio Romana dei concili ecumenici. Dal 1593 fu tra i correttori di opere latine e greche nominati da Clemente VIII per la Tipografia vaticana, ma che prestavano servizio anche per la Biblioteca, cui la Tipografia era annessa. Ebbe come colleghi il benedettino Adriano Ciprari e Giovanni Battista Bandini. L’incarico ebbe termine il 25 nov. 1602, quando il M. fu sostituito da Giovanni Bonafè. Dal 1593 al 1596 svolse anche mansioni di segretario della congregazione dei Greci, che nel febbraio 1593 era stata ripristinata, dopo venti anni di inattività, su iniziativa del cardinale Santori, allo scopo di riformare secondo i dettami tridentini i Greci e gli Albanesi in Italia fedeli al rito greco.
Tra il 1588 e il 1607 tradusse spesso per Baronio, che non conosceva il greco, in latino i documenti greci destinati a essere inseriti negli Annales: Baronio, cardinale dal 1596, lo definì «noster consuetus interpres» (Annales ecclesiastici, XVIII, Lucae 1746, p. 276; XIX, ibid. 1746, p. 482). Curò la versione latina, da un codice greco dell’abbazia di Grottaferrata, della Vita di s. Nilo da Rossano, di cui sono rimasti solo i passi inseriti nel tomo X degli Annales; tradusse inoltre la Vita et conversatio b. Mariae Aegyptiacae dello Pseudo Sofronio, patriarca di Gerusalemme (Biblioteca apost. Vaticana, Chig., R.V.35, con lettera di dedica a Francisco Peña; Vat. lat., 6263, cc. 26-61 e Roma, Biblioteca Vallicelliana, Cart. misc., XVII, n. 10 con dedica a C. Baronio), e alcune lettere di Giorgio Bardane, inviate a Baronio tra il febbraio e il marzo 1606 (Biblioteca Vallicelliana, Mss., R.26, cc. 76-119; il manoscritto contiene anche estratti miscellanei di Frontino di mano del Mezio). Dal 1590 si occupò della traduzione latina della Biblioteca di Fozio, che rinunciò a stampare. Tuttavia, nel tomo X degli Annales Baronio lo ringrazia per avergli tradotto tutto quello che, in fonti greche, riguardava questo autore.
Due lettere del M. a Baronio si trovano nei codici C.31, cc. 258r-262v, e Q.44, cc. 323r-325r, della Biblioteca Vallicelliana. Nella prima, in latino, senza data ma anteriore alla nomina del M. a vescovo (probabilmente dei primi anni Novanta), di difficile lettura per la perdita di parti del testo dovuta alla corrosione della carta, trasmette il testo di una lettera di un «Proculano», arcivescovo di Milano, all’imperatore bizantino Alessio Comneno, volta a dimostrare che lo Spirito Santo procede sia dal Padre sia dal Figlio. Il vescovo è in realtà Pietro Grossolano (Chrysolanus per i Greci), arcivescovo di Milano dal 1102 al 1112, e la lettera è diretta ad Alessio Comneno I, che il Grossolano, deposto il 1° genn. 1212, aveva incontrato in un viaggio a Costantinopoli nel 1112, fermandosi sulla via di Gerusalemme, e che lo aveva sostenuto nelle sue opinioni teologiche. Nella lettera il M. cita i protagonisti della teologia bizantina dei secoli XI-XIII, da Michele Cerulario a Niceforo Gregora, da Eustazio di Tessalonica a Nicola vescovo di Methones. La seconda lettera, del 28 febbr. 1606, è in italiano e di tono familiare. Il M. lamenta che a Galatina degli «scellerati Farisei miei paesani e parenti» angariavano, per motivi di denaro, una sorella e la figlia, che egli tentava di proteggere. Si sofferma poi sulla propria biblioteca, evidentemente ricca e preziosa, che si trovava a Galatina. Baronio gli aveva suggerito di inviarla alla biblioteca che il cardinale C. Borromeo stava formando a Milano (la futura Ambrosiana), ma il M. avrebbe preferito trasferirla a Roma, dove era sua intenzione fermarsi per il resto della vita.
Forse per sistemare le questioni familiari e relative alla biblioteca, nel 1607 tornò a Galatina, dove il martedì in albis tenne un sermone ai suoi concittadini. Nel frattempo, il 14 genn. 1602, era stato nominato vescovo di Termoli. Le fonti concordano nel definirlo un vescovo responsabile e sollecito verso i fedeli. Si interessava anche delle minoranze locali: nel 1610 notava la permanenza del sostrato superstizioso nella popolazione albanese di Montecilfone, località molisana, che proprio per motivi religiosi aveva lasciato l’Albania.
Il M. morì a Termoli poco prima del 3 dic. 1612 e fu sepolto nella chiesa cattedrale.
Aar e Papadia gli attribuiscono il ritrovamento degli atti dell’VIII concilio di Costantinopoli, che si credevano perduti. Il ms. L.20 della Biblioteca Vallicelliana contiene la traduzione eseguita dal M. dell’Apologeticon in Marcum Ephesium di Georgius Scholarius (Iosephus Metonensis), dedicata a Clemente VIII. La Biblioteca capitolare di Viterbo (Mss., 8, cc. 238r-241r) conserva lettere del M. a Latino Latini riguardanti l’erudito e filosofo spagnolo Sebastián Fox Morcillo. Il Vat. lat. 5467 contiene la traduzione dell’Apologia adversus Marcum Ephesinum super concilio Florentino, di Gennadio II (Georgius Scholarius), patriarca di Costantinopoli, dedicata a Clemente VIII. Il cardinale Santori definì il M. «homo doctissimo e di varie lettioni» (Peri, p. 110). Un giudizio non del tutto positivo sul M. traduttore s’incontra invece in una lettera di Gretser a Matthäus Rader del 13 genn. 1603: «Metius autem origine Graecus est, Latina Lingua non peritissimus» (Bayerische Gelehrtenkorrespondenz…). Lasciò la propria biblioteca ai padri cappuccini del monastero dello Spirito Santo di Galatina. Il destino di quei libri non fu però assicurato dal lascito, visto che il padre provinciale del tempo chiese al papa Innocenzo X il permesso di venderli, poiché «Molti di questi libri trattano materie giuridiche e di medicina ed altri sono incunabuli greci incomprensibili ai frati» (Papadia, p. 70). Il papa diede risposta favorevole, anche se con la condizione dell’invio di un sindaco apostolico specifico. Molti libri del M. si conservano oggi nella Biblioteca comunale di Galatina.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, Arch. storico, Miscell. div., 21, cc. 188-193, 225-236, 249-252, 258-260, 283-287; Venerabilis Caesaris Baronii S.R.E. cardinalis bibliothecarii epistolae et opuscula, a cura di R. Alberici, II, Romae 1759, pp. 224-227; Bayerische Gelehrtenkorrespondenz. P. Matthäus Rader S.J., a cura di A. Schmid, München 1995, p. 226 lett. n. 114; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, 2, Firenze 1809, p. 404; E. Aar, Gli studi storici in Terra d’Otranto, in Archivio storico italiano, s. 4, 1880, t. 6, p. 104; P. Coco, Vestigi di grecismo in Terra d’Otranto. Appunti e documenti, X, Cultori e scrittori greci in Otranto e diocesi, in Roma e l’Oriente, XIX (1920), pp. 156 s.; L. von Pastor, Storia dei papi, XI, Roma 1929, p. 646; J. Krajcar, Cardinal Giulio Antonio Santoro and the Christian East. Santoro’s audiences and consistorial acts, Roma 1966, p. 70 n. 92; Z.N. Tsirpanlis, Memorie storiche sulle comunità e chiese greche in Terra d’Otranto (XVI sec.), in La Chiesa greca in Italia dall’VIII al XVI secolo. Atti del Convegno, Bari… 1969, Padova 1972, p. 852; L. Bignami Odier, La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI, Città del Vaticano 1973, pp. 88, 91, 94; V. Peri, Chiesa romana e «rito» greco. G.A. Santoro e la Congregazione dei Greci (1566-1596), Brescia 1975, pp. 107-120, 223-282; B. Papadia, Memorie storiche della città di Galatina nella Japigia, Galatina 1984, pp. 70 s.; É. Legrand, Bibliographie hellénique ou description raisonnée des ouvrages publiés par des grecs au dix-septième siècle, III, Paris 1985, pp. 141-143; E. Follieri, Niccolò Balducci e la prima traduzione in lingua italiana della Vita Nili (1628), in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, XLV (1991), pp. 272-275; A. Kazhdan, Grossolano, Peter, in The Oxford Dictionary of Byzantium, New York-Oxford 1991, p. 885; G. De Gregorio, Costantinopoli - Tubinga - Roma, in Byzantinische Zeitschrift, XCIII (2000), pp. 91-97; L. Canfora, Il Fozio ritrovato: Juan de Mariana e André Schott, Bari 2001, pp. 114-116; P.O. Kristeller, Iter Italicum, II, pp. 130 s., 305, 334, 339, 478, 564.
M. Ceresa