GUIDI, Federico (Federico Novello)
Figlio del conte Guido Novello, capo della fazione ghibellina toscana e romagnola nella seconda metà del Duecento, e di Gherardesca Novella Della Gherardesca, nacque intorno al 1255. Il suo nome fu scelto quale testimonianza del ricordo di Federico II, da poco scomparso, e quale segno dell'attaccamento alla tradizione imperiale.
Probabilmente il G. fu primogenito e, come tale, agli inizi del 1270 offerto in ostaggio, insieme con la sorella Giovanna, nella trattativa di pace tra il re di Sicilia Carlo I d'Angiò da un lato e la città di Siena insieme con Guido Novello dall'altro, dal momento che il conte era stato nominato podestà e capitano del Popolo di Siena in una situazione di particolare crisi. Il re colse tuttavia l'occasione per cercare in tal modo di limitare e reprimere un nemico fra i più tenaci, senza curarsi degli impegni presi e del rispetto cavalleresco. Così i due ragazzi furono separati e la loro permanenza come ostaggi si protrasse a lungo senza che, nonostante i patti e trascorso un anno, Carlo d'Angiò riuscisse ad accordarsi con le città guelfe a lui alleate per riprendere la lotta contro Guido Novello. Le trattative di pace imposte alle fazioni guelfa e ghibellina dal pontefice Gregorio X agli inizi del 1273 consentirono al G. di tornare provvisoriamente libero. Fu probabilmente in quel periodo, forse a seguito di precedenti accordi fra le famiglie, che sposò Elena di Ugolino degli Ubaldini, la potente famiglia del Valdarno che aveva avuto nel cardinale Ottaviano - morto poco tempo prima, nel marzo del 1272 - un altro fiero oppositore di Carlo d'Angiò. Tuttavia il lodo papale, che sanciva la pace fra Guido Novello e Simone Guidi e la città di Firenze, prevedeva fra le altre clausole che fossero dati di nuovo in ostaggio ai guelfi il G., Giovanna e anche un altro fratello, Manfredi, come infatti avvenne nella stessa estate del 1273. Mentre nel 1275 Manfredi era libero - forse per essere riuscito a fuggire - il G. restò a lungo imprigionato da Carlo, materialmente in catene, nel castello di Rispampano presso Viterbo. Nel 1276 fu liberato dal carcere, ma venne affidato al conte Ildebrandino Rosso degli Aldobrandeschi che teneva nei suoi castelli maremmani gli ostaggi di altre famiglie ghibelline fiorentine, anch'essi più in prigionia che in custodia. Nel giugno del 1278, quando re Carlo era a Roma presso il papa Niccolò III, questi riuscì a ottenere che il G. fosse finalmente liberato, ma il re acconsentì solo a patto che al suo posto fosse dato in ostaggio un altro figlio di Guido Novello, Guglielmo, che perlomeno fu ostaggio della Chiesa e non di Carlo fino all'autunno del 1280.
Tornato presso il padre, il G. fu formalmente emancipato nel marzo del 1280. L'anno seguente aderì personalmente alla pace del cardinale Latino Malebranca, legato di Niccolò III, fra guelfi e ghibellini fiorentini. A seguito di ciò fu assolto dalle magistrature cittadine dai bandi in cui era incorso non certo per azioni politiche o militari, ma in quanto figlio del capo ghibellino. Non abbiamo successive notizie di una sua attività politica e forse, mentre il padre e il fratello Manfredi negli anni Ottanta del Duecento preferirono impegnarsi in Romagna, visto il predominare in Toscana del guelfismo fiorentino, il G. pensò ad amministrare le quote parte di castelli e beni paterni in Toscana, risiedendo in prevalenza nel Mugello - vicino ai territori dei parenti della moglie - e in Casentino.
Il G., dopo un figlio maschio, nato nel 1274 (oppure fra il 1279 e il 1282), cui dette il nome del nonno, ebbe dalla moglie una lunga serie di figlie femmine: Tessa, Tancia, Beatrice, Giovanna, Jacopa, Altavilla; l'unico altro maschio nacque invece da una relazione extraconiugale e il G. gli dette il nome di Tristano, indice forse dell'aver maturato in prigionia una maggior propensione per la letteratura cortese che non per la politica. Non sembrò infatti partecipare al tentato risveglio del ghibellinismo toscano in cui si impegnò il padre nel 1289 e che doveva portare al disastro di Campaldino.
Il G. morì peraltro presto e prima del padre: Pietro Cantinelli, nel suo Chronicon, ci dice che nel settembre del 1291 tentò un'incursione in Casentino, forse per riprendere il controllo dei beni sottrattigli dall'esercito guelfo l'anno precedente; in tale occasione avrebbe assalito Stia, impadronendosene, proseguendo in seguito per Castel San Niccolò (allora chiamato Ghianzuolo). Nel frattempo a Poppi Guido Salvatico conte di Dovadola e Tancredi del ramo di Modigliana si sarebbero accordati per fermarlo e, nello scontro con le rispettive masnade, il G. sarebbe morto. Tuttavia, in un documento fiorentino di poco precedente (10 ag. 1291), si attesta che la contessa Elena, già vedova del G., aveva nominato in tale data Bindo di Bonaccorso degli Adimari come podestà per lei del comitato di Ampinana. Di là da un possibile errore di datazione commesso - da Cantinello o dalla documentazione fiorentina -, il G. risulta in ogni caso già morto nell'estate del 1291, senza aver quindi potuto partecipare alla divisione dell'eredità paterna.
Lasciò al fratello Manfredi non solo la tutela dei figli, ma anche l'incarico di dividere con l'erede Guido Novello quanto a lui sarebbe spettato. Proprio a un possibile incontro personale del figlio del G., Guido Novello il giovane, con Dante, avvenuto probabilmente nel 1302, può essere dovuto l'accenno, breve e nel complesso non negativo, che il poeta riserva al G. nella Commedia. Egli viene presentato nel Purgatorio fra gli spiriti negligenti - schiera nobilitata dalla figura di Bonconte da Montefeltro -, in un atteggiamento da supplice: "Quivi pregava con le mani sporte Federigo Novello" (Purg., VI, vv. 16-17), versi che possono significare, oltre a una morte prematura e improvvisa, e per questo un bisogno di suffragi, l'avverso destino che lo aveva accompagnato in vita.
Fonti e Bibl.: P. Cantinelli, Chronicon, a cura di F. Torraca, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXVIII, 2, p. 66; Delizie degli eruditi toscani, VIII (1777), pp. 89, 176; Le consulte della Repubblica fiorentina, a cura di A. Gherardi, II, Firenze 1898, p. 253; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, IV, Berlin 1908, pp. 221, 235; Documenti delle relazioni tra Carlo I d'Angiò e la Toscana, a cura di S. Terlizzi, Firenze 1950, p. 390; R. Davidsohn, Storia di Firenze, II, Firenze 1956, p. 725; III, ibid. 1957, pp. 72 s., 100, 129, 141, 202; V, ibid. 1960, p. 775; VI, ibid. 1962, pp. 76, 340; VII, ibid. 1965, p. 698; E. Sestan, Dante e i conti Guidi, in Id., Italia medievale, Napoli 1968, p. 343; M. Bicchierai, Il castello di Raggiolo e i conti Guidi. Signoria e società nella montagna casentinese del Trecento, Montepulciano-Raggiolo 1994, pp. 27, 87 s., 93; E. Repetti, Diz. geografico, fisico, storico della Toscana, III, Firenze 1839, p. 232; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Guidi di Romagna, tav. IV.