GIAMBELLI (Giannibelli), Federico
Nacque a Mantova intorno al 1530. Scarse sono le notizie sulla sua vita e confuse con elementi leggendari.
Secondo gli scrittori contemporanei, il G. studiò ingegneria militare alla scuola di Cesare da Napoli, diventando un provetto pirotecnico; quindi si sarebbe recato in Spagna per offrire i propri servigi a Filippo II e lì, vistosi respinto, avrebbe maturato la decisione di stabilirsi nei Paesi Bassi, ad Anversa, e di schierarsi con gli indipendentisti. Sembra però più verosimile che la sua partenza dall'Italia fosse dovuta a ragioni di dissenso religioso, essendo provata la sua adesione al protestantesimo.
All'inizio degli anni Ottanta, in età non più giovanile e lungo un itinerario non ricostruibile, il G. giunse ad Anversa, dove si stabilì e si sposò. Nel luglio 1584, quando l'esercito di Alessandro Farnese pose l'assedio alla città e cominciò a bloccare l'accesso al mare con la costruzione del famoso ponte di sbarramento sull'estuario della Schelda, il G. presentò al borgomastro di Anversa, Philippe de Marnix, un innovativo piano per la distruzione del ponte e l'eliminazione del blocco.
L'idea del G. consisteva nel lanciare contro il ponte tre grandi navi esplosive di 150, 350 e 500 tonnellate di stazza, ordigni mai visti prima d'allora, precedute da una sessantina di barche più piccole unite tra loro ed equipaggiate in modo da spezzare le ostruzioni. Il Marnix però, spaventato dal costo del progetto e alle prese con numerosi inventori di macchine da guerra presentategli come utili per rompere l'assedio, gli concesse solo due piccole navi di 70 e 80 tonnellate, la "De Fortuin" e la "De Hoop", e 32 barche minori, insieme con l'aiuto del capitano di marina Lankhaer, del costruttore Pieter Timmermans e dell'orologiaio Jean Bovy.
Pochi mesi di lavoro bastarono al G. per allestire all'interno delle due navi una potente camera da mina, riempita di polvere di sua composizione resa più micidiale dalle lastre di pietre tombali disposte tutt'attorno, insieme con altro materiale pesante. Un meccanismo a orologeria e un'idonea miccia avrebbero garantito al momento prefissato lo scoppio della carica, pari a circa 3000 kg di esplosivo per ogni imbarcazione, mentre i ponti delle due navi furono mascherati con fascine. Almeno una delle due navi fu poi dotata di una vela sottomarina, per renderla più sensibile alla corrente del fiume che al vento. L'operazione fu fissata con il Marnix per la tarda sera del 4 apr. 1585.
Nonostante l'imperizia dell'ammiraglio anversese incaricato di dirigere la flottiglia, J. Jacobsen (che riuscì a far giungere al ponte solo la "De Hoop"), l'esplosione, del tutto inattesa dagli Spagnoli, fu sufficiente a far crollare il ponte e provocare la morte di 800 soldati. La mancanza di coordinamento tra gli assediati e la flotta olandese di J. de Nassau permise tuttavia al Farnese di riparare il danno, vanificando l'impresa. Ma il nome del G. divenne leggendario e nel campo spagnolo gli si attribuì ogni genere di "macchine infernali" costruite ad Anversa, compresa l'enorme batteria corazzata "Fin de la guerre" di Hans van den Bossche, per la quale il contributo del G. non è certo.
Dal punto di vista dell'arte militare, le navi incendiarie realizzate dal G. durante l'assedio di Anversa appartengono alla categoria delle cosiddette macchine infernali e sono un prototipo delle navi esplosive poi chiamate brulotti (Borgatti), che ebbero largo impiego nella guerra per mare fino al XIX secolo, quando le navi in ferro sostituirono progressivamente quelle in legno.
Prima della resa della città, il G. allestì altre navi esplosive, lanciate contro il ponte il 21 maggio, ma bloccate dalle contromisure del Farnese.
Caduta Anversa il 17 agosto, il G. riparò presso il piccolo corpo di spedizione inglese inviato dalla regina Elisabetta I in tardivo soccorso dei ribelli.
Gli Inglesi apprezzarono immediatamente le capacità del G.: già il 23 agosto il colonnello J. Norris lo inviava a Londra, dal segretario di Stato Francis Walsingham, con una lettera commendatizia nella quale pregava che a "Frederick Jenibell" fosse concesso di tornare nelle Fiandre stipendiato dalla regina. Tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre del 1585, Elisabetta d'Inghilterra approvò il mantenimento di "Frederigo the engineer", inviandolo presso il governatore inglese di Vlissinghen nella Zelanda, sir Philip Sidney.
Il 13 marzo 1586 il G. scrisse, dopo averne parlato col Sidney, un lungo memoriale indirizzato al Walsingham perché questi lo presentasse a Elisabetta I. Con un linguaggio violentemente antispagnolo e antipapale, il G. esortava la regina a dichiarare la guerra contro Filippo II. La vittoria sarebbe stata certa e poco costosa, diceva, se l'Inghilterra avesse combattuto solo sul mare, interrompendo i commerci spagnoli con le Indie e incitando il Portogallo e il Marocco ad attaccare da terra. Le spese per una flotta di 100 o 150 navi sarebbero state finanziate in parte da una tassa di 3 sterline per parrocchia, e in parte dai Paesi Bassi, per la libertà dei quali si era scesi in lotta. Il G. però raccomandava di non lasciare le navi al solo comando dei capitani privati, ma di dividere costoro in gruppi di dieci, ognuno comandato da un ufficiale, sottoponendo poi tutti gli ufficiali agli ordini di un unico ammiraglio. Oltretutto, concludeva, se l'Inghilterra non avesse attaccato subito, certamente sarebbe stata a sua volta attaccata dalla Spagna l'anno successivo e comunque, in caso di guerra, Filippo II avrebbe dovuto richiamare le truppe di Alessandro Farnese per difendersi, non potendo farlo con quelle di stanza in Italia, rischiando la rivolta antispagnola in tutta la penisola.
La guerra tra l'Inghilterra e la Spagna scoppiò due anni dopo e la minaccia dell'Armada indusse gli Inglesi a ricorrere anche alla fama del G., e astutamente, sir Edward Stafford diffuse a Parigi la voce che contro le navi spagnole sarebbero state usate le sue "macchine infernali". Anche se la recente storiografia sull'Armada ha reso insostenibile la tesi che la flotta spagnola, attaccata da brulotti inglesi nella rada di Calais tra il 6 e il 7 ag. 1588, sia stata vittima del terrore di trovarsi davanti ad altri ordigni del G., è certo che il suo comandante, l'ammiraglio A. Pérez de Guzmán, duca di Medina-Sidonia, si attendesse una cosa del genere e che taluni attribuirono al G. anche questa impresa.
In quel periodo il G., pensando evidentemente di poter emulare il Farnese, con i mezzi fornitigli da Elisabetta I stava cercando di allestire una grande barriera sul Tamigi, a Gravesend, tale da chiudere il passo a un eventuale tentativo dell'Armada di risalire il fiume. Essendo, tuttavia, egli esperto più di esplosivi che di ingegneria pontiera, il suo sbarramento si sfasciò al primo flusso della marea, tra il 18 e il 19 ag. 1588.
Il G., cui sono state attribuite alcune fortificazioni nella zona di Greenwich, morì probabilmente a Londra poco tempo dopo.
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