FERRARIO (Ferrari), Federico
Figlio di Carlo, nacque probabilmente a Milano intorno al 1714, come si ricava dal registro dei morti della chiesa di S. Marco, parrocchia nella quale abitava, che lo dice deceduto nel 1802 a ottantotto anni, e come si deduce dal fatto che si firmò a volte "milanese" (ad esempio nell'affresco con S. Alessandro in carcere nella chiesa di S. Alessandro della Croce a Bergamo) e che come tale è citato nei documenti (Barigozzi Brini, 1990, pp. 640 s., nn. 1-3). Fu allievo del milanese P. Maggi (Carasi, 1780, p. 123), morto prima del 1738, e iniziò poi una intensa attività, specialmente come frescante, documentata a partire solo dagli inizi del sesto decennio mentre non sono note opere del periodo giovanile.
Lo si trova menzionato nel 1752 al termine della decorazione nella chiesa di S. Filippo a Lodi, dove il suo intervento, accanto a C. Carioni e al quadraturista F. Biella, deve essere stato assai limitato. Forse in precedenza aveva eseguito, sempre a Lodi, nella sacrestia della chiesa di S. Francesco, un affresco con Angeli e figure simboliche. A Milano, sulla volta e sulle pareti della cappella di S. Giovanni in S. Angelo, eseguì affreschi nel 1752-53, o poco oltre, dato che a quell'epoca venivano realizzate le quadrature di A. Agrati (Coppa, 1989).
Datati al 1754 sono gli affreschi (ora deteriorati) della cappella di S. Benedetto nella certosa di Chiaravalle, raffiguranti due Storie e la Gloria del santo;a Chiaravalle il F. tornò anche nel 1757 per eseguire un grande dipinto sulla parete di fondo del refettorio (anch'esso malamente conservato). Nel 1755 risulta essere stato pagato, insieme con il quadraturista F.A. Bonacina, per il catino e due medaglioni a chiaroscuro in una cappella di S. Maria in Carrobiolo a Monza, scomparsi come altri dipinti citati dalle guide locali della città, dove rimane solo una pala nella chiesa di S. Maria in Strada (Colombo-Marsili, 1992). Pochi anni dopo il F. probabilmente affrescò al Sacro Monte di Orta la cappella di S. Francesco, con angeli sulla volta e, sulle pareti, due episodi delle storie di S. Francesco davanti al sultano.
Nel 1759 terminò insieme con G. Pallavicini e ancora con il quadraturista Biella gli affreschi della chiesa di S. Maria delle Grazie a Lodi con Angeli e santi che adorano l'Eucarestia. La sua opera più importante a Lodi è però il medaglione, terminato nel 1764, con la Gloria di s. Filippo sulla volta di una sala del palazzo dei filippini, oggi Museo civico. Nel 1760-61 con il Biella affrescò la volta della navata della chiesa di S. Vincenzo a Piacenza (Carasi, 1780). Nel frattempo aveva iniziato una attività che lo tenne impegnato per molti anni nel Bergamasco. In città, probabilmente nel 1759, compì la decorazione della chiesa di S. Rocco con Episodi della vita e gloria del santo in collaborazione col quadraturista B. Brignoli, che gli sarà compagno in quasi tutti i lavori nella zona. Nel 1760 ricevette il pagamento per l'affresco della sacrestia nel duomo con la Caduta della manna;nel 1762, in occasione delle feste per la beatificazione del card. Gregorio Barbarigo, fu pagato per tre dipinti a tempera di soggetto biblico, realizzati nel transetto e sulla volta della navata, e inoltre per affreschi laterali agli altari.
Questi ultimi sono scomparsi, come la tela della volta, rimossa quando, probabilmente nel 1766, il F. vi dipinse tre medaglioni (Sansone fa crollare il tempio, Il sacrificio della figlia di Jefte, Davide e Golia).
Intorno al 1764 affrescò Imisteri del Rosario nella cappella del Rosario della basilica di S. Martino ad Alzano Lombardo (Bergamo) e nel 1765 le pareti e la volta della cappella della villa d'Arcais a Carobbio degli Angeli (Bergamo). Nel 1767 dipinse gli affreschi della chiesa di Casaletto Ceredano (Cremona) e quelli della chiesa del convento delle orsoline a Gandino (Bergamo), condotti su toni chiari e sfumati. Del 1768 dovrebbero essere gli affreschi nell'intradosso dell'arco d'ingresso alla cappella del Crocefisso nella chiesa di S. Alessandro a Milano, restaurata e rinnovata in quell'anno, che rivelano affinità con le Stazioni della via Crucis, pure a Milano, già in S. Maria del Giardino e ora in S. Simpliciano.
Anche nell'ottavo decennio del secolo il F. realizzò numerose opere nel Bergamasco.
A Bergamo eseguì il ciclo di affreschi nella navata e nell'abside di S. Alessandro della Croce, con Storie della vita del santo, e, probabilmente nello stesso periodo, quello di medesimo soggetto, assai simile stilisticamente, in S. Alessandro in Colonna, dove nel 1780 completò la decorazione con gli affreschi della cupola e del catino del presbiterio, sempre dedicati al santo titolare, e una medaglia nella sacrestia; nella chiesa di S. Bartolomeo affrescò due Storie di s. Domenico nella cappella del santo. Nel 1771 si accordò con la scuola del Ss. Sacramento di Treviglio per eseguire uno stendardo. Del 1771-1772 dovrebbe essere il ciclo di affreschi dedicato a s. Vittore e una tela nella parrocchia di Bottamico. Intorno agli stessi anni eseguì affreschi nella parrocchiale di Brembate; medaglioni a fresco e una tela con la Cena in casa di Simone in quella di Ciserano, una delle sue opere migliori; gli affreschi della parrocchiale di Dalmine (fraz. Mariano al Brembo); una pala con S. Giuseppe e santi, nonché le semilunette della sacrestia nella parrocchiale di Medolaso; la Morte, la Gloria di s. Martino e le Virtù teologali nella parrocchiale di Torre Boldone.
Nel 1772 vennero commissionate al F. tre sovraporte per il palazzo Sanseverino d'Aragona a Piacenza, città dove egli affrescò anche le pareti e la volta di un salone del palazzo Anguissola di Cirnafava Rocca con Storie di Alessandro Magno. Nel 1775 portò a termine gli affreschi nel coro della basilica di S. Martino a Treviglio, la pala con La Vergine Assunta e s. Martino vescovo, i Misteri del Rosario, un riquadro della cantoria e una Madonna del Carmelo nella stessa basilica. Del 1776 è l'affresco con S. Rocco invocato durante una pestilenza nella cappella della villa Mapelli di Ponte San Pietro (fraz. Locate); più tarda, sebbene di poco, è la tela con un Miracolo di s. Zenone nella chiesa di Osio Sotto.
Nel biennio 1785-86 affrescò alcune sale di palazzo Carrara a Bergamo (Barigozzi Brini, 1990, p. 641). Di queste perdute pitture rimane solo il bozzetto per la figura di Bartolomeo Colleoni e due militari bergamaschi (Bergamo, Accademia Carrara) e la corrispondenza precedente i lavori tra il F. e il conte Giacomo Canosa, conservata nell'Archivio dell'Accademia.
Sono stati recentemente rintracciati anche dipinti profani del F. in palazzi bergamaschi: un Sacrificio di Polissena (palazzo Agliardi), un Olimpo (palazzo ex Brembati), Scene allegoriche (palazzo ex Magliani), una Allegoria dell'amore (palazzo Marenzi), due medaglioni con Marte incatenato da Venere e Amore e Marte tiene al laccio Venere dormiente (palazzo Suardi-Gavazzeni).
Di difficile datazione sono le tele dipinte per il ciclo del Ss. Sacramento del duomo di Milano, con S. Bernardo che libera una ossessa (ora nel chiostro di S. Antonio Abate), che mostra ancora una discendenza dall'Abbiati, e S. Giacomo che porta in salvo l'ostensorio e la statua della Vergine (ora scomparsa). Parecchi suoi dipinti, citati da autori sette-ottocenteschi, sono andati perduti: fra questi, quasi tutti gli affreschi e le tele segnalate in chiese di Pavia (Bartoli, 1777) tranne una pala nella cattedrale. Scomparsi sono pure gli affreschi in S. Maria Segreta a Milano (distrutta).
Nel 1790 il F. figura fra i direttori dell'Accademia Ambrosiana insieme con A. De Giorgi e G. Cucchi. Morì a Milano il 27 marzo 1802.
Dalla moglie, Margherita Maggi, ebbe il figlio Carlo, che presumibilmente lavorò col padre, e forse da solo, a Fara Olivana (Barigozzi Brini, 1990, p. 640).
Il F. rivela ancora una discendenza dalla scuola milanese dell'inizio del secolo, mediata attraverso il Maggi, ma la collaborazione col Carloni a Lodi, e forse anche lo studio delle opere di questo nel duomo di Monza, hanno agito sulla sua formazione verso forme settecentesche più libere, senza però che mai egli aderisse al gusto rococò, fermandosi anzi su posizioni conservatrici. Più tardi, in particolare nelle opere bergamasche, risentì dell'influenza dei Galliari e, soprattutto, di A. F. Orelli, che lavoravano contemporaneamente a lui. Conobbe, però, certamente anche i veneti, cui si ispirò a volte, specialmente per il colore e nei dipinti più dichiaratamente decorativi.
Fonti e Bibl.: F. Bartoli, Le pitture, sculture ed architetture delle chiese e altri luoghi pubblici di Bergamo, Vicenza 1774, p. 9;Id., Notizia delle pitture, sculture ed architetture, II, Venezia 1777, pp. 14, 26 s., 33, 42, 55; G.Carasi, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza 1780, p. 123;F. Olgiati, La cappella di S. Giovanni Evangelista in S. Angelo a Milano, in Arte lombarda, VII (1962), 1, pp. 53-58;G. Melzi d'Eril, in L'isola di S. Giulio e il Sacro Monte di Orta, Torino 1977, p. 215; L. Pagnoni, Chiese parrocchiali bergamasche, Bergamo 1979, ad Indicem;E. De Pascale, in La basilica di S. Martino e S. Maria Assunta in Treviglio, Bergamo 1987, pp. 214-225;F. Moro, in La pittura fra Adda e Serio, Milano 1987, pp. 30, 126; A. Barigozzi Brini, F. F., in Dizionario della Chiesa ambrosiana, II, Milano 1988, pp. 1211 s.; S. Coppa, Schede di pittura lombarda del Settecento..., in Arte cristiana, LXXVII (1989), pp. 127, 129 s.; V. Caprara, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1990, II, pp. 715 s.; A.Barigozzi Brini, F. F., in I pittori bergamaschi, Il Settecento, III, Bergamo 1990, ad Indicem (con bibl. precedente, p. 642);Id., in Settecento lombardo (catal.), Milano 1991, p. 202; P. Venturelli, Pittori e decoratori "lombardi" nella Piacenza del Settecento..., in Boll. stor. piacentino, LXXXVII (1992), pp. 207-210;M. Colombo-G. Marsili, La chiesa e il convento di S. Maria del Carrobiolo a Monza, in Studi monzesi, 1992, n. 8, pp. 3, 48; S. Coppa, in Chiaravalle, arte e storia di una abbazia cistercense, Milano 1992, p. 443;G. Pachiarotti, Arte nella Piana di Busto Arsizio, Milano 1993, p. 136; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 448.