PRATA, Federico di
PRATA, Federico di. – Nato a Prata, in Friuli, nella seconda metà del XII secolo, era figlio di Gabriele, avvocato della Chiesa di Concordia, e di Maria. Ebbe due fratelli, Guecello e Loicia, moglie del doge Ranieri Zeno (1253-68).
Nel 1219 il padre Gabriele, pur legato da un patto di cittadinanza a Treviso, si schierò con il patriarca Bertoldo di Andechs (1218-51), impegnato a sedare una ribellione di feudatari friulani, sostenuta dai trevigiani. La posizione politica assunta dal nobile pratese favorì l’elezione di suo figlio Federico a vescovo di Concordia, avvenuta tra il dicembre del 1220 e il gennaio del 1221. Il patriarca Bertoldo confermò il suffraganeo e lo coinvolse nelle trattative di pace tra la Chiesa di Aquileia e il Comune di Treviso. A maggio il presule concordiese fu a Caporiacco, al seguito del patriarca impegnato a ricevere il giuramento di fedeltà di alcuni nobili ribelli. A luglio si recò a Venezia per l’arbitrato che avrebbe dovuto sancire la fine del conflitto tra Bertoldo di Andechs e Treviso: in tale circostanza, Federico di Prata prestò giuramento a nome del patriarca, impegnandosi a rispettare quanto sarebbe stato deliberato dal cardinale legato Ugolino di Segni. Si trasferì, quindi, a Bologna, dove il 30 agosto fu pronunciata la sentenza arbitrale che confermò tutti i diritti della Chiesa di Aquileia, liberò i signori di Prata dal patto di cittadinanza con Treviso e li risarcì per i danni subiti durante il conflitto.
Tornato in Friuli, Federico di Prata si dedicò al governo della propria diocesi. Nel novembre del 1221 ottenne da papa Onorio III (1216-27) una bolla con la quale il pontefice prendeva sotto la propria protezione il lebbrosario di San Lazzaro di Portogruaro. Un anno dopo richiese a Bertoldo di Andechs di confermare le costituzioni e i diritti del Capitolo cattedrale di Concordia. Nell’aprile del 1229 il presule concordiese confermò le disposizioni dei suoi predecessori relative all’immunità contributiva del lebbrosario di Portogruaro, dando anche disposizioni in merito all’elezione del priore. Nel novembre del 1232 promosse l’insediamento dei camaldolesi in diocesi concedendo all’Ordine, con il consenso del Capitolo, la chiesa di San Martino di Rivarotta e promuovendo la costruzione di un monastero. Quattro anni più tardi Federico di Prata intervenne in favore del Capitolo cattedrale donando ai canonici la pieve di Giussago di Portogruaro e venticinque mansi. Nello stesso periodo venne incontro anche alle necessità dell’abbazia di Summaga, concedendole il diritto di avvocazia su alcuni mansi a Portovecchio, località situata nei pressi di Portogruaro. Nel 1243 i crociferi, chiamati a Portogruaro dal vescovo di Concordia, aprirono un ospedale presso la chiesa di San Cristoforo. In qualità di suffraganeo e di feudatario del patriarca di Aquileia, in questi anni Federico di Prata fu spesso presente al fianco di Bertoldo di Andechs, sebbene quest’ultimo non lo avesse coinvolto direttamente nel governo del Principato ecclesiastico. Ad avvalersi dei suoi servizi fu invece, almeno in due occasioni, il cardinale Ugolino di Segni, divenuto papa Gregorio IX (1227-41). Nel 1227 il pontefice, che aveva conosciuto il vescovo di Concordia in occasione dell’arbitrato con Treviso, lo incaricò, insieme all’abate di Moggio e al preposito di San Pietro in Carnia, di esaminare una causa tra l’arcivescovo di Salisburgo Eberardo di Truchsees (1200-46) e il vescovo di Gurk Ulrich di Ortenburg (1222-53), relativa alle regalie concesse dagli imperatori a quest’ultima Chiesa. Nel 1239 Gregorio IX incaricò Federico della visita e dell’eventuale riforma dell’abbazia benedettina di Sesto al Reghena, il cui abate, Stefano, era uno stretto collaboratore di Bertoldo di Andechs, in quel periodo scomunicato per il suo aperto sostegno all’imperatore Federico II (1220-50). In questa circostanza il vescovo di Concordia, pur riconoscendo la necessità di una riforma del monastero, decise di non procedere con la visita e di rimanere di fatto fedele al patriarca e alla politica filoimperiale del fratello Guecello, che aveva assunto la guida della propria consorteria nobiliare alla morte del padre Gabriele, avvenuta nel 1223: il pontefice fu quindi costretto a nominare nuovi visitatori.
Il rapporto tra Guecello di Prata e il fratello vescovo fu sempre molto stretto. Nel settembre del 1224 il presule concordiese intervenne nei confronti del patriarca Bertoldo affinché Guecello fosse infeudato dei beni detenuti dal padre, secondo le modalità previste per i nobili di condizione libera. Nel maggio del 1228 il vescovo Federico fu a Prata per assistere il fratello nella causa contro lo zio Federico di Porcia per alcuni terreni contesi, di fronte al prozio Ezzelino II da Romano, nominato arbitro della questione. Nel 1231 il presule concordiese investì il fratello delle decime di dieci mansi in Azzano e di alcuni mansi in Cimpello di Fiume Veneto. A partire dal 1245, con il graduale avvicinamento del patriarca Bertoldo alle posizioni papali, il rapporto del vescovo Federico con il fratello Guecello, alleato di Ezzelino III da Romano, si fece più complesso: egli, infatti, rimase fedele al metropolita, ma evitò in ogni occasione lo scontro diretto con il proprio casato. La fedeltà istituzionale al patriarca non impedì al presule concordiese di tentare di imporre, nel 1248, la propria autorità sull’abbazia di Sesto al Reghena, chiedendo all’abate Ermanno il pagamento delle decime papali: la controversia si concluse, però, con il riconoscimento della diretta dipendenza del monastero dalla Chiesa di Aquileia.
Federico di Prata morì il 19 novembre del 1250, lasciando un manso in Rivago al Capitolo cattedrale e otto campi alla sacrestia di Concordia per la celebrazione del suo anniversario.
Fonti e Bibl.: F. Ughelli, Italia Sacra sive de episcopis Italiae. Editio secunda aucta et emendata cura et studio N. Coleti, V, Venezia 1720, pp. 337-339; E. Degani, L’abbazia di Sesto in Silvis nella patria del Friuli, Venezia 1908 (San Vito al Tagliamento 1987), p. 73; Id., La diocesi di Concordia, a cura di G. Vale, Udine 1924 (Brescia 1977), pp. 190 s., 571, 719; G. Puiatti, Annali di Prata, Pordenone 1964, pp. 26-36; G. Stival, Il capitolo di Concordia e il “Liber anniversariorum”, in La chiesa concordiese 389-1989. La diocesi di Concordia Pordenone, a cura di C.G. Mor - P. Nonis, II, Pordenone 1989, pp. 321-484, in partic. pp. 328, 396; L. Gianni, Vita ed organizzazione interna della diocesi di Concordia in epoca medievale, in Diocesi di Concordia, a cura di A. Scottà, Padova 2004, pp. 205-321, in partic. p. 208; L. Zanin, Le origini dei signori di Prata e il loro ruolo nelle vicende del Friuli fra i secoli XI e XV, in Una signoria territoriale nel Medioevo. Storia di Prata dal X al XV secolo, a cura di P.C. Begotti, Prata 2007, pp. 33-144, in partic. pp. 85-87, 103.