CORTESE, Federico
Nacque a Napoli il 24 nov. 1829, figlio di Luca, consigliere di prefettura di finanze, e di Rosa Papa. Accanto ai tradizionali studi umanistici, intraprese ben presto quelli di pittura, frequentando dapprima lo studio privato dei pittore di corte Salvatore Fergola, ma passando poi, attorno al 1850, all'Istituto di belle arti, dove la cattedra di paesaggio era tenuta da G. Smargiassi, pittore operante nell'ambito della scuola di Posillipo, che cercava di conciliare la ripresa dal vero con lo studio in atelier, con risultati poco felici. Secondo il Dalbono (1913), Smargiassi comprese subito le qualità del giovane e lo presentò a D. Morelli perché gli insegnasse, accanto al paesaggio, la figura: dal sodalizio con Morelli sarebbero stati determinati due ovali con Paesaggi romantici con piccole figure, attualmente dispersi; Morelli fece invece un ritratto di Rosa Papa che il figlio del C., Eduardo, anch'egli pittore, portò con sé in Argentina.
Nel 1854 il C. si trasferì a Roma, dove prese studio in via Margutta, e vi operò stabilmente per circa dieci anni, esponendo già dal 1855. Tra i pittori napoletani da lui frequentati erano B. Celentano, D. Morelli, A. La Volpe, ma soprattutto A. Vertunni, paesaggista romantico, che fece della Campagna romana con rovine il suo tema di maggior fortuna. Nel 1856 il C. presentò alla Mostra degli amatori e cultori di belle arti di Roma, a piazza del Popolo, un Paesaggio con rovine nella piana di Amalfi, che fu acquistato dalla Società stessa. Nel 1859 inviò all'ultima Mostra di belle arti nel Real Museo Borbonico di Napoli una Veduta con paesetto nello Stato pontificio e una Veduta con lago;due anni dopo alla I Esposizione nazionale d'arte a Firenze presentò Il lago di Nemi, acquistato dal collezionista d'arte napoletano G. Vonwiller.
Nel 1860 Vittorio Emanuele II commissionò al C., come ad altri pittori napoletani, un quadro; il C. eseguì Ariccia, campagna romana (cm. 185 x 135) che nel 1864 il re donò al Museo civico di Torino (p. 114 del catal., Torino 1968). L'impressione suscitata dal quadro negli ambienti accademici fu tale che, su proposta di V. Vela, il C. fu nominato professore onorario dell'Accademia Albertina di Torino.
Nel 1864, il C. si recò per la prima volta a Parigi, dove prese contatto con Corot e con i paesaggisti della scuola di Barbizon; espose ai Salons nel 1868, 1879, 1880. Nel 1866, in seguito all'esposizione di un dipinto a Bologna, fu nominato professore onorario dell'Accademia di belle arti di quella città; l'anno dopo un suo Paesaggio nei pressi di Terracina (o Paesaggio ideale) fuprescelto, per essere presentato all'Esposizione internazionale di Parigi, dai sottocommissari per le opere napoletane perché segnava "alcuni gradi del nostro svolgimento artistico... nel paesaggio, incerto finora tra le opposte vie dell'ideale e della sola e precisa imitazione del vero" (Giornale di Napoli, 6 febbr. 1867: cit. in Ortolani, 1970, p. 180).D. Morelli, commissario regio per l'Italia, si batté inutilmente perché questo dipinto fosse premiato. L'opera fu poi acquistata da Vittorio Emanuele II e destinata alla reggia di Milano.
Nel 1868 ilministero della Pubblica Istruzione francese acquistò, destinandolo al Museo Salies di Bagnères-de-Bigorre (inv. 387), ildipinto Alba sulle montagne della Sabina, che il C. aveva presentato al Salon della Società degli artisti francesi a Parigi. La capacità di conciliare effetti di luce all'alba o al crepuscolo, studiati dal vero, con il classico "paesaggio ideale con rovine", e con il formato di grandi dimensioni, fu la dote del C. che più colpì il grande pubblico, ma soprattutto la committenza statale: Vittorio Emanuele Il acquistò ancora un Effetto di sole nelle Maremme (Società promotrice di belle arti di Napoli, 1867) e un Paesaggio (ibid., 1869), forse da identificare con due dipinti dello stesso soggetto, oggi nel Museo di Capodimonte. Umberto I comprò una Veduta di Champigny, esposta ancora a Napoli nel 1880, e Vittorio Emanuele III un Molino nel 1904 (Giannelli, 1916).
La fama raggiunta negli anni Sessanta fruttò al C. la carica, conferita dal ministro C. Correnti, di giurato all'Esposizione nazionale di Parma del 1870, dove sostenne per la premiazione una scultura a tema storico come il Colombo di G. Monteverde; a sua volta, egli presentò un Crepuscolo, acquistato dal ministero per la Pubblica Istruzione (Della Rocca, 1883). Fuancora presente all'Esposizione nazionale di Napoli, nel 1877, con cinque opere, e a quella di Torino, nel 1880, dove, accanto a Rovine di Paestum, espose Il bosco di Capodimonte (erroneamente riportato dal Thieme-Becker al 1884), un'opera che fu premiata col diploma che la giuria attribuiva ai "grandi paesaggisti", e, acquistata dal ministero della Pubblica Istruzione, fu destinata alla Galleria d'arte moderna di Firenze.
Negli anni Ottanta, il C. elaborò una formula che gli rimase poi costante, basata appunto sulla fortuna del paesaggio di grande formato presso la committenza pubblica e privata, e ristretta ai suoi soggetti di maggior fortuna: albe e crepuscoli sulla Campagna romana, rovine classiche, paesaggi francesi. I titoli delle opere divengono ricorrenti: in particolare i Templi di Paestum, i Dintorni di Ariccia, la Costiera sorrentina sono i temi più spesso trattati. Un elenco completo delle opere presentate alle esposizioni nazionali ed estere, compilato quando l'artista era ancora in vita, è fornito da Giannelli (1916, pp. 159-64). Nel 1891-92, all'Esposizione nazionale di Palermo, presentò, fra gli altri, il dipinto Rovine di un mondo che fu, che fu acquistato dalla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma.
Ritiratosi a vivere in una villetta del quartiere liberty del Vomero, a Napoli, continuò a dipingere fino alla morte, essenzializzando la sua pittura in effetti tonali, più che di luce, come nel caso di Tempo grigio, presentato a Parigi, all'Esposizione universale, nel 1900 (e premiato), e di nuovo nel 1901a Venezia.
Morì a Napoli il 28 marzo 1913.Sue opere, oltre che nelle raccolte di arte moderna delle principali città d'Italia, si trovano in numerose raccolte private.
Fonti e Bibl.: Necrol. in L'Illustraz. ital., 4 maggio 1913, p. 437; L'Arte in Italia, I, (1869), p. 78; II (1870), p. 176; III (1871), pp. 104-08; M. Della Rocca, L'arte moderna in Italia; studi, biogr. e schizzi, Milano 1833, pp. 73-78; F. Netti, Scritti critici (1832-1894), Roma 1980, pp. 45, 54 s.; A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani viventi. Firenze 1889, ad vocem; Roma letteraria, IX (1901), p. 329; L. Callari, Storia dell'arte contemporanea italiana, Roma 1909, p. 366; E. Dalbono, I pittori nella scuola di Posillipo e F. C., in Il Giorn. d'Italia, 6 apr. 1913 (anche in D. Morelli-E. Dalbono, La scuola napol. di pittura nel sec. XIX, Bari 1915, pp. 157 ss.); E. Giannelli, Artisti napoletani viventi, Napoli 1916, pp. 157-64; S. Ortolani, G. Gigante e la pittura di paesaggio..., Napoli 1970, pp. 151, 180, 220; P. Bucarelli, La Galleria naz. d'arte moderna (Roma-Valle Giulia), Roma 1973, p. 135; Cento dipinti dell'Ottocento della collezione del Comune di Napoli (catal.), a cura di N. Spinosa-A. M. Bonucci, Napoli 1974, p. 31; Storia della pitt. ital. dell'Ottocento, Milano 1975, I, III, ad Indicem;U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII. p. 484.