CORNER, Federico
Nacque a Venezia nel 1415, nella parrocchia di S. Apollinare da Francesco, detto Collo storto, di Federico e da Altadonna Zane di Giovanni.
La famiglia (nessuna parentela prossima con il ramo della futura regina di Cipro) possedeva notevoli ricchezze e vaste proprietà fondiarie, specie a Battaglia, nel Padovano, e questo consentì di accasare onorevolmente tutte e tre le sorelle del C.; si sposò anche l'unico fratello maschio, Andrea, ma ebbe solo una figlia che fu l'ultima esponente di questo ramo dei Corner, dal momento che entrambi i matrimoni dello stesso C. risultarono sterili. Nel 1444, infatti, il C. sposò una non meglio identificata Caterina e, quarant'anni dopo, Maria Contarini di Antonio, vedova di Gian Francesco Bragadin: questo, almeno, quanto risulta dal testamento del C., ché, a proposito della prima moglie, il Barbaro risulta inattendibile.
La vita del C., priva dunque di preoccupazioni domestiche, fu quasi interamente assorbita dall'attività politica e dagli interessi culturali. Dopo l'usuale tirocinio nelle cariche inferiori del Maggior Consiglio (il 10 sett. 1448 era eletto giudice dei Forestiere il 15 febbr. 1453 giudice di Petizion), nel settembre 1455 divenne senatore, acquistando ben presto una posizione di prestigio, a motivo delle spiccate doti di eloquenza e dell'abilità con cui sapeva condurre i rapporti politici.
Una chiara dimostrazione di queste sue capacità si ebbe all'arrivo a Venezia, nella seconda metà del marzo del 1459, di un inviato di Carlo VII di Francia, Jean d'Amancier. A quel tempo i rapporti tra i due paesi erano pressoché inesistenti, ed il d'Amancier giungeva a Venezia con l'apparente intento di ottenere dalla Repubblica il riconoscimento dei diritti vantati su Genova dalla Corona di Francia, ma in realtà per valutare se esistevano i presupposti per un'alleanza formale tra Venezia ed il suo re, che ambiva a Napoli. Il C. fu, dunque, incaricato di abboccarsi col francese, dal quale riuscì ad avere notizia di questo progetto senza impegnare in alcun modo la Signoria, premuta allora dai Turchi in Levante.
Nonostante il brillante esordio, dovevano passare quasi dieci anni perché il C. fosse chiamato a sostenere il suo primo incarico fuori della città: nel 1468 venne inviato podestà a Vicenza, dove ebbe come collega, in qualità di capitano, Giovanni Moro. Fu un rettorato tranquillo, se si eccettua l'assillo di provvedere al necessario funzionamento della giustizia in una provincia caratterizzata da ampie zone collinari e montuose, incontrastato campo d'azione delle turbolenze e delle prevaricazioni di una nobiltà ancora forte e numerosa.
Tornato in patria, fu eletto consigliere ducale del sestiere di San Polo per il primo semestre del 1470 e subito dopo podestà e capitano a Crema, incarico che esercitò dal 24 giugno di quello stesso 1470 all'8 dicembre dell'anno successivo, allorché fu sostituito da Giacomo Marcello. Enclave veneziana in Lombardia, Crema presentava problemi non dissimili da quelli che il C. aveva dovuto affrontare nella precedente podestaria vicentina: si trattava ancora, in sostanza, di frenare le violenze ed i soprusi delle casate nobiliari, psicologicamente ed economicamente gravitanti verso Milano. Al rettorato fece subito seguito l'ambasceria a Roma, che il C. esercitò dall'inizio del 1472 al giugno 1473. Suo fondamentale compito fu di ottenere dal pontefice Sisto IV concreti aiuti militari, ma soprattutto economici nella guerra che la Repubblica andava conducendo, contro il Turco ormai da quasi quindici anni, sia in Dalmazia (ma l'anno precedente gli Ottomani si erano spinti sin nel Friuli), sia nell'Egeo e nel Levante, dove le forze nemiche, per buona sorte dei paesi cristiani, erano premute dalla Persia.
Le benemerenze, che con tanti replicati servigi il C. si era acquistato, gli consentirono, al ritorno in patria, di essere eletto consigliere ducale per la seconda volta; nell'agosto 1473 fu anche dei quarantuno elettori del doge Nicolò Marcello e, nel settembre, savio di Terraferma. Il 1° genn. 1474 entrò in carica come avogadore di Comun, e nei due anni che seguirono continuò a ricoprire le più significative magistrature interne dello Stato. Il 15 sett. 1476 prese possesso di una nuova podestaria, questa volta a Verona, dove rimase sino al 15 febbr. 1478.
Non fu un incarico gravoso: allora il dispositivo militare veneziano in Terraferma guardava ad Oriente, al Friuli, dove il pericolo di incursioni turche era vivo ed attuale; le preoccupazioni derivanti al C. per questo stato di guerra furono dunque indirette, e consistettero soprattutto nell'esaudire le incessanti richieste di denaro che gli pervenivano dalla Dominante. Nel luglio 1477 dovette quindi ordinare il rinnovo dell'estimo del clero, nell'ottobre si trattò di sollecitare i distrettuali al pagamento delle gravezze arretrate, in dicembre di vigilare affinché questi versamenti non fossero effettuati con moneta erosa o svilita.
Sostituito da Andrea Diedo, a Venezia trovò la peste e la nomina (la prima) a savio del Consiglio; in quello stesso 1478 fu poi, ancora una volta, consigliere ducale e l'anno successivo accettò il quarto rettorato, a Padova (24 ott. 1479 -28 marzo 1481). Nella città euganea, d'altronde, il C. poteva conciliare gli interessi pubblici con quelli privati: a Battaglia, come si è detto, erano le sue proprietà e lì possedeva pure una cartiera, con la quale serviva lo Studio e, talvolta, finanziava imprese editoriali (documentata la sua partecipazione ad un commento di Avicenna e l'amicizia con poeti e letterati, come il muranese Licinio). Savio del Consiglio per il secondo semestre del 1481, il 21 apr. 1482 fu tra coloro che votarono la guerra al duca di Ferrara, Ercole I d'Este, e, nell'ottobre successivo, nonostante l'età ormai avanzata, era nominato provveditore in campo assieme con Francesco Sanuto. Alla metà del mese gli vennero date le commissioni: doveva recarsi a Padova, presso il luogotenente generale, Roberto Sanseverino, e di lì muovere alla impresa di Ferrara; contemporaneamente si ingiungeva al comandante della flotta, Vettore Soranzo, di appoggiare l'azione dal litorale adriatico. Un mese dopo il Po era valicato, ma poi la guerra ristagnò, un poco per via della cattiva stagione, un poco perché le difese della città erano davvero formidabili: e in dicembre il C. fu sostituito, per ragioni di salute. Nel corso del 1483 si batté più volte in Senato per spingere la Francia a muovere contro Napoli; poi, nell'aprile 1484, fu inviato a Cesena, insieme con Zaccaria Barbaro, in occasione del convegno che doveva realizzare la pacificazione dell'Italia: nella cittadina romagnola si trattenne inutilmente fino al 25 giugno, senza nulla concludere, com'egli aveva intuito sin dal primo momento.
L'anno seguente, alla fine di ottobre, venne nominato procuratore di S. Marco, quindi fu tra gli elettori dei dogi Marco e Agostino Barbarigo.
Morì a Venezia, quasi novantenne, il 4 maggio 1504, ed il suo ritratto, opera di Tiziano, rimase nel Maggior Consiglio fino all'incendio del 1577.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, M. Barbaro, Arbori de' patritii ..., III, pp. 23, 9, 15; Ibid., G. Giomo, Indice dei matrimoni patrizi per nome di donna, sub voce;Venezia, Bibl. del Civ. Museo Correr, Cod. Cicogna 3781: G. Priuli, Pretiosi frutti, I, c. 190rv; Ibid., Bibl. naz. Marciana, Mss. It.,cl. VII, 15 (= 8304): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, I, cc. 324r, 332r. Per la carriera polit. del C., Arch. di Stato di Venezia, Segret. alle voci. Misti, regg. 4, cc. 7r, 10r, 143r; 6, cc. 1r, 7r, 16v, 51s, 56d, 87d, 935; Ibid., Senato. Terra, reg. 7, cc. 14v, 23r, 103r, 110rv; Ibid., Senato. Delib. secreta, regg. 30, cc. 34r-53r, 83r-129v, 137r, 139r-164r, 169r; 31, cc. 13v-66v, 120v-140r; per il testamento, Ibid., Avogaria di Comun. Miscellanea civile, b. 86/II; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. P.D. 763/10. Si veda, inoltre, D. Malipiero, Annali veneti dell'anno 1457 al 1500, a cura di F. Longo-A. Sagredo, in Arch. stor. ital., s. 1, VII (1843), pp. 290, 298; M. Sanuto, Commentarii della guerra di Ferrara, Venezia 1829, pp. 45, 51, 55, 112, 130 s.; M. A. Sabellico, Historiae rerum Venetarum ab Urbe condita, in Degl'istorici delle cose veneziane, II, Venezia 1718, pp. 835, 858; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, VI, Venezia 1853, p. 443; C. Cipolla, Storia delle signorie italiane dal 1313 al 1530, Milano 1881, p. 624; P.-M. Perret, Histoire des relations de la France avec Venise du XIIIe siècle à l'avènement de Charles VIII, Paris 1896, I, p. 315; II, p. 225; G. Mardesteig, La singolare cronaca della nascita di un incunabolo. Il commento di Gentile da Foligno all'Avicenna stampato da Pietro Maufer nel 1477, in Italia medioevale e umanistica, VIII (1965), p. 258.