CORNER, Federico
Figlio di Nicolò, della contrada di S. Luca, nacque nella prima metà del sec. XIV.
Non si conosce la data di nascita del C.; la ricostruzione della cui biografia pone inoltre qualche difficoltà, come accade spesso con il patriziato veneto, per l'esistenza di omonimi coevi che non sempre è facile distinguere. Si ha notizia, ad esempio, di un Federico Corner che era consigliere ducale nel 1323. È improbabile che la notizia si riferisca al C., il quale, come si trae dalle fonti, morì ancor giovane nel 1382; più facile che riguardi il Federico Corner figlio di Giovanni, nato, secondo il genealogista Cappellari, intorno al 1290. Sappiamo anche di un altro Federico Corner, figlio di Andrea di S. Apollinare, che ebbe incarichi pubblici di rilievo e si distinse durante la guerra di Chioggia.
Verso la metà del Trecento il C. acquistò il palazzo a S. Luca sul Canal Grande, già degli Zane, che ora è detto Loredan ed è sede del municipio di Venezia. In questo palazzo ospitò con il seguito Alberto d'Asburgo, futuro duca d'Austria, che giunse a Venezia il 29 sett. 1361 e vi si fermò per alcuni giorni. Poco più tardi il C. vi ebbe ospite anche il re di Cipro Pietro I di Lusignano, venuto a Venezia, ai primi di dicembre dello stesso anno, per chiedere aiuto contro i Turchi. Pietro I si trattenne a Venezia per qualche tempo e ripartì nel corso del mese alla volta di Genova e Avignone. Data verosimilmente a questa circostanza l'amicizia fra il re di Cipro e il C.: questi non mancò poi di appoggiare finanziariamente il sovrano, ottenendo in cambio un titolo onorifico e un'importante concessione territoriale a Cipro. Quando il 27 giugno 1365 il Lusignano ripartì da Venezia, dove era tornato l'anno precedente, il C. gli aveva concesso un prestito di 60.000 ducati d'oro. Era stato ricompensato, da un lato, con l'Ordine cavalleresco della Spada e col diritto di alzare nel proprio stemma l'arma del re di Cipro, e, dall'altro, col feudo di Piscopi (o Episcopi), nell'estrema punta meridionale dell'isola, libero da ogni aggravio fiscale. Quest'ultima concessione risultò particolarmente utile per il C., che già aveva forti interessi commerciali a Cipro. Lo sfruttamento razionale e intensivo del casale di Piscopi ne fece il centro della produzione dello zucchero con cui il C. riforniva il mercato veneziano. In quegli stessi anni il C., assieme con i fratelli Fantino e Marco, costituì con Vito Lion una società, che esercitava in primo luogo il commercio con Cipro. Fantino, che risiedeva a Cipro, provvedeva a inviare le mercanzie a Venezia ricevendo denaro o manufatti utili per la produzione, come, ad esempio, due grosse caldaie che vennero usate per la raffinazione dello zucchero.
La fortuna del C., che nel 1379era il cittadino più ricco di Venezia, fu dovuta in gran parte alla concessione di Piscopi, ottenuta con acuto senso commerciale, pur nella consapevolezza che difficilmente il re di Cipro avrebbe estinto il debito. Nel 1378infatti - quando il C. fece testamento - i Lusignano erano ancora insolventi, ma qualche anno più tardi gli eredi, a parziale soddisfazione dei loro crediti, ottennero da Giacomo I la produzione di tutte le sue saline, che rafforzò la situazione economica della famiglia. L'importanza del feudo di Piscopi per i Corner è d'altro canto attestata anche dal fatto che, a partire da Fantino nipote del C., il ramo della sua famiglia si fregiò dei predicato "della Piscopia".
Il C. fu, inoltre, nominato procuratore generale di Pietro I per le sue trattative con Venezia dopo la partenza per la crociata e, nel 1368, si impegnò a pagare per lui, anche a nome dei fratelli, la somma annuale di 5.000 fiorini d'oro a Maria di Enghien, vedova di Guido da Lusignano, con l'impegno di restituzione a Cipro. Nel frattempo partecipava attivamente alla politica veneziana. Nel gennaio 1368 fu tra i quarantuno elettori del doge Andrea Contarini e, in quell'anno, fece parte di un'ambasceria che raggiunse Carlo IV nel Trevigiano. Il 2 luglio 1372 fu incluso, assieme al suo omonimo da S. Apollinare, in una zonta di trenta nobili al Consiglio dei dieci per le faccende relative a Francesco da Carrara. Decisa l'azione militare contro Padova, fece parte di una commissione di cinque savi incaricata di reperire i fondi per la guerra. Il 16 marzo 1376 fu eletto dal Senato fra gli ambasciatori che dovevano trattare la pace fra Firenze e la Chiesa, ma la missione non ebbe luogo. In novembre andò in legazione presso il signore di Padova per notificargli la conclusione della tregua con il re d'Ungheria, che da quattro anni era in guerra con Venezia. Nel 1377 fu tra i dieci nobili nominati dal Senato per le trattative con il re di Aragona e, nello stesso anno, era membro di una commissione di cinque savi che dovevapresentare una relazione scritta sulle spese della Repubblica e sul modo di alleggerirle. Non partecipò, come sostengono invece alcuni storici, alle trattative per le nozze di Valentina Visconti, figlia di Bernabò, con Pietro II di Cipro, perché questo incarico fu assolto da Federico Corner di S. Apollinare. In ogni caso il C., nel 1378, assieme a Giovanni Bembo, andò ambasciatore al Visconti per sollecitarlo a far guerra ai Genovesi. Nel giugno dello stesso anno, a Venezia, ospitò Valentina Visconti che, con la sua corte, si recava a raggiungere il suo sposo a Cipro.
L'anno seguente, con ogni probabilità il 4 marzo, fu inviato ambasciatore a Ferrara, dove si trovava ancora nell'ottobre del 1380. Da lì, durante la guerra di Chioggia, provvide a rifornire Venezia, alla cui difesa partecipò Federico Corner da S. Apollinare. Il prestigio del C. e, in particolare, i legami con Amedeo VI di Savoia ebbero peso nelle trattative che nel 1381 condussero alla pace di Torino, con la quale, tra l'altro, vennero garantiti anche gli interessi della famiglia Corner a Cipro. Qualche tempo prima il C. era stato inviato in ambasceria presso Francesco da Carrara; il 20 settembre dello stesso anno 1381 fu incluso in una zonta di venti nobili ai Pregadi. Nei primi mesi del 1382 andò in missione diplomatica presso Niccolò d'Este; in aprile fu inviato a Cipro nel tentativo di comporre la pace fra quel re e i Genovesi. Di ritorno a Venezia ai primi di giugno, fece parte del gruppo dei quarantacinque elettori del doge Michele Morosini (10 giugno 1382).
Morì dopo questa data, prima della fine dell'anno. Lasciava la moglie Bianca, ancora viva nel 1397, e due figli, Giovanni e Pietro.
Aveva fatto testamento nel 1378, disponendo che il suo corpo fosse sepolto accanto a quello del fratello Marco, nella chiesa dei Frari dove, nel 1417, il figlio Giovanni gli fece erigere una cappella. L'altro figlio del C., Pietro, sposò Maria di Enghien, ricevendone la signoria di Argo e Nauplia nel Peloponneso: questo dominio, essendo egli morto senza eredi, passò nel 1388 alla Repubblica di S. Marco.
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