CORNER, Federico
Ultimo dei quattro figli giunti ad età adulta di Andrea (1590-1646) di Girolamo (1562-1634) e di Morosina di Caterino Morosini, nacque a Venezia il 15 apr. 1638.
La famiglia, appartenente al ramo Corner di S. Cassiano "della Regina", vantava una illustre tradizione politica: il nonno Girolamo era stato provveditore generale in Terraferma e procuratore di S. Marco; e il padre, provveditore generale del regno di Candia, morì in combattimento nei pressi di Retimo.
Dopo la perdita del padre, il C. fu affidato alla tutela del fratello maggiore Caterino.
La compattezza familiare venne però incrinata negli anni successivi, quando, alla morte dello zio Giorgio, che disponeva di un cospicuo patrimonio, nacquero tra i fratelli i primi litigi per i diritti di successione. Le vertenze ereditarie si conclusero nel 1660, quando, in seguito ad un arbitrato convenuto tra di loro, il C. e il fratello Caterino si impegnarono a corrispondere agli altri due fratelli, Girolamo e Giorgio, una rendita annua complessiva di 1.600 ducati.
I litigi familiari dovettero influire negativamente sulla carriera politica del C., che in questo periodo ci appare alquanto esitante ed incostante. Dopo essere entrato nel Maggior Consiglio nel 1658, grazie ad un deposito di denaro, nell'aprile del 1663 era savio agli Ordini, ma il mese successivo subentrò in suo luogo Priamo Da Lezze. Il 14 maggio fu eletto provveditore ad Asola, ma l'elezione venne tagliata e il 30 dello stesso mese rifiutò quella di provveditore sopra i Boschi; in luglio era camerlengo di Comun, ma il mese seguente fu sostituito da Barbon Morosini. Dal febbraio del 1668 al giugno del 1670 fu provveditore al Cottimo di Londra; nel settembre del 1669 rifiutò la carica di provveditore di Comun e il mese successivo entrò nel Consiglio dei pregadi; nell'ottobre del 1672, 1674 e 1675 era della zonta del Senato.
Nel 1669 morì il fratello Caterino, e il C., legato a lui da profondo affetto, fece erigere in suo onore una tomba suntuosa nella chiesa del Santo a Padova. Una raccolta di poesie, scritte in occasione dei funerali del fratello, veniva stampata a Venezia nel 1691 e dedicata al C.(Hermathena sive Stephani Cosmi... orationes funebres ...).
Il 4 genn. 1677 il C. venne eletto ambasciatore alla corte di Spagna. Rimase a Madrid sino all'agosto 1681 e lesse la relazione in Senato il 24 giugno 1682.
La sua lunga ambasceria si collocò in un periodo in cui la Spagna non conservava "altro che il nome della propria grandezza". Nella commissione, rilasciatagli dal Senato il 17 febbr. 1677, il C. aveva il compito di insistere presso il re di Spagna perché impedisse la pirateria dei vascelli da corsa spagnoli, che causava danni ingenti alla navigazione veneziana. Successivamente ricevette l'ordine di indagare sulle intenzioni della corte spagnola nei confronti dei possedimenti italiani. Il C. mantenne ottimi rapporti con i ministri spagnoli, ma dovette ispirare la sua condotta alla cautela e al riserbo, poiché s'era diffusa la voce infondata di una alleanza tra Spagna e Venezia, il che avrebbe compromesso la tradizionale politica d'equilibrio della Repubblica. La sua permanenza a Madrid fu, del resto, caratterizzata dall'assenza di avvenimenti eccezionali. Nella sua relazione si rivela osservatore attento ed acuto laddove risale alle cause della decadenza spagnola, che egli attribuisce all'estensione e alla divisione dei domini spagnoli e, soprattutto, alla mancanza di uomini abili "nelle armi, nelle lettere, nella politica e governo civile", poiché il popolo o piuttosto delle miserie si nutre, che soffrir il travaglio e la fatica, mentre i nobili "dalla nascita pretendono esser cavalieri e con la spada al fianco lavorano le campagne". Egli riteneva che l'unico rimedio fosse di ridurre le spese ingenti che quotidianamente lo Stato sosteneva, ma dubitava che ciò si sarebbe potuto realizzare, poiché "sono troppi coloro che vivono con il denaro del re". Nel maggio del 1681 giungeva a Madrid il successore Giovanni Corner, ma un incidente causato dai servitori di quest'ultimo, il quale reagì con durezza alle rimostranze degli Spagnoli, preoccupò enormemente il Senato, che decise di rinviare la partenza del C. per affidargli il delicato incarico di sopire ogni dissidio.
Ritornato a Venezia nel dicembre del 1681, il C. riprese l'attività politica l'anno seguente con l'elezione a savio agli Ordini. Nell'aprile del 1683 era provveditore sopra i Beni comunali e in ottobre entrò nel Consiglio dei pregadi. Il 19 ag. 1683 venne eletto ambasciatore all'imperatore Leopoldo I. Ricevette le commissioni del Senato il 7 ott. 1684 e giunse a Vienna nel maggio del 1685, ove si trattenne sino al luglio del 1689. Presentò la sua relazione il 16 marzo 1690.
L'Impero stava sostenendo una dura lotta contro i Turchi, che nel 1683 erano giunti sino alle porte di Vienna. Liberata Vienna, la guerra era però continuata e, per fronteggiare il pericolo comune, le potenze maggiormente interessate, Impero, Polonia e Venezia, avevano stipulato, per iniziativa del papa, un'alleanza conosciuta con il nome di Santa Lega. Il Senato incaricò il C. di prevenire ogni eventuale trattato separato del Turco con l'Impero e quando il primo, nel 1688, cogliendo l'occasione di un attacco che la Francia aveva sferrato alla Germania, inviò propri rappresentanti a Vienna con profferte di pace, gli ordinò di impedire "trattati disgiunti" e gli concesse la plenipotenza nelle trattative che seguirono, inviandogli inoltre in aiuto il segretario Giovanni Cappello, che possedeva un'esperienza diretta del mondo ottomano. Successivamente il C. ricevette l'ordine di attenersi, nelle proposte di pace, alla linea di condotta seguita dagli Imperiali e di presentare le richieste della Repubblica che contemplavano la restituzione dei territori veneziani posseduti dal Turco e il pieno possesso della Dalmazia e del Negroponte. In realtà i negoziati si rivelarono ben presto inconcludenti, mentre venivano a scoprirsi le vere intenzioni dei Turchi, che miravano a dilazionare ogni decisione, approfittando delle pressioni che i principi tedeschi, attaccati dalla Francia, andavano facendo sull'imperatore per il raggiungimento della pace. Nel corso della sua ambasceria il C. ricevette anche l'ordine dal Senato di interporsi presso l'imperatore per risolvere alcune questioni di confine, tra cui la più rilevante fu quella sorta tra le città venete di Capodistria e Muggia e gli arciducali di Trieste, i cui governanti impedivano ai loro sudditi, nonostante le convenzioni stabilite con la Serenissima, di recarsi in quelle città ad acquistare "sali et altre provisioni". Nei suoi dispacci il C. informò quotidianamente il Senato dei progressi della guerra allora in corso tra il Turco e l'Impero, e dalle sue relazioni dettagliate vennero tratti e stampati nel 1891 a Budapest gli Avvisi del cavaliere Federico Cornaro circa l'assedio e la presa della fortezza di Buda nell'anno 1688.
Ritornato in patria, nell'ottobre del 1689 e 1690 entrò nella zonta del Senato; fu poi ripetutamente savio del Consiglio nel novembre del 1689 e nel dicembre del 1691, 1692, C 1693. Nel 1690 morì il fratello Girolamo in Albania, mentre era capitano generale da Mar, e il Senato, per ricompensare la famiglia, che aveva perso numerosi suoi membri al servizio della Repubblica (anche l'altro fratello Giorgio era morto nel 1667 mentre era ambasciatore a Vienna), decretò a larga maggioranza l'elezione del C. a procuratore di S. Marco "soprannumerario", nella procuratia de citra. La vita del C. fu in questo periodo ininterrottamente scandita dalle cariche politiche: dal 15 luglio 1690 al 14 luglio 1691 era provveditore alle Artiglierie; dall'11 luglio 1691 al 20 luglio 1693 provveditore sopra i Feudi e dal 18 luglio 1693 al 17 luglio 1695 esecutore delle deliberazioni del Senato; il 28 ag. 1694 è sovraprovveditore alle Biade e dal settembre 1694 al giugno 1698 fu per quattro volte savio del Consiglio; dal 7 sett. 1697 al 6 sett. 1698 nuovamente sovraprovveditore alle Biade e dal 16 nov. 1697 al 2 luglio 1699 due volte savio all'Eresia. Nel dicembre del 1698 venne eletto ambasciatore alla regina dei Romani, ma rifiutò e gli subentrò Alvise Foscarini. Nel luglio del 1698 era tra i quattro procuratori di S. Marco eletti dal Senato allo scopo di scegliere una casa per il re di Moscovia; nell'agosto 1698 provveditore all'Armar. Il 14 maggio 1701 venne eletto dal Senato, insieme con Carlo Ruzzini, ambasciatore straordinario al re di Spagna Filippo V, che doveva giungere a Milano.
I due ambasciatori partivano però solamente nel luglio del 1702, accompagnati da un folto stuolo di nobili veneziani e di Terraferma e con un seguito dispendioso di carrozze. Venivano accolti a Milano l'11 ottobre con gli onori "soliti solo a pratticarsi a sovrani" e con "forme insolite e non più pratticate". Dopo aver porto al re, a nome della Repubblica, le loro felicitazioni per la sua successione al trono di Spagna e per la sua venuta in Italia, rientravano a Venezia nel novembre dello stesso anno.
Nel maggio del 1701 fu eletto sovraprovveditore alle Biade; dal marzo 1702 al giugno 1708 fu sei volte savio del Consiglio; dal 25 genn. 1703 al 24 genn. 1704 provveditore alle Artiglierie; dal 15 nov. 1703 al 14 nov. 1704 intendente alle Decime del clero; dal 31 luglio 1704 al 30 luglio 1706 regolatore alla Scrittura; nel luglio del 1707 venne eletto savio all'Eresia e savio alla Mercanzia; dal 10 sett. del 1706 al 9 sett. 1707 esecutore contro la Bestemmia; dal 30 luglio 1707 al 29 luglio 1708 provveditore alle Artiglierie; nel luglio 1708 fu eletto savio alla Mercanzia.
Gli ultimi anni della sua vita furono rattristati dai litigi sorti tra i nipoti Federico e Andrea, figli del fratello Girolamo, il quale inutilmente l'aveva destinato esecutore testamentario, affinché le sue decisioni venissero in tutto rispettate: il C. non poté infatti intromettersi nella successione per l'intervento della cognata e la lite tra i due nipoti degenerò poi a tal punto che egli, come osservava nel suo testamento, visse gli ultimi anni angustiato da "crucci penosi e ramarichi". Ciò che più lo affliggeva era però l'amara constatazione di ritrovare la casa "senza matrimonio e senza posterità" (il nipote Federico si sarebbe sposato nel 1716con Cecilia Mocenigo).
Morì a Venezia il 24 ag. 1708, "amalato da febre e retention d'orina". Il suo corpo venne inumato nella chiesa del Santo a Padova, accanto al fratello Caterino.
Il C. disponeva di una fortuna considerevole: alla morte del padre, nel 1649, era entrato in possesso di un patrimonio che dava "a rendita di circa 10.000 ducati. Nella decima del 1661 denunciava insieme al fratello Caterino una rendita annua di ducati 154ed insieme agli altri due fratelli Giorgio e Girolamo un'entrata di 6.169ducati. I Corner possedevano una vasta proprietà fondiaria nel Polesine (un migliaio di "campi") e nel Trevisano (circa cinquecentosessanta "campi"), da cui non si ricavava però che "la metà delle intrade", a causa dei danni causati dalla "tempesta". Anzi, essi erano creditori verso i loro contadini di gran parte degli affitti e dovevano loro "somministrar le semenze et il viver... stante la loro povertà e miseria". La morte dei fratelli accentrò quasi tutto il patrimonio familiare nelle mani del C., che negli ultimi decenni della sua vita alternò l'attività politica a quella feneratizia, impiegando il proprio denaro al banco del giro, dove dal 1699 al 1708, prestò, al tasso del 5-6%, circa 125.000ducati. Nel suo testamento, osservando che il patrimonio era considerevolmente aumentato, anche se i profitti erano diminuiti per "la fatal costitutione de' tempi che ne interdice le dovute corrisponsioni", lasciava come suoi eredi i nipoti, con la clausola vincolante che destinassero la somma di 100.000 ducati al restauro del palazzo della famiglia, sito lungo il Canal Grande, che nel 1724 sarebbe stato ultimato per opera dell'architetto Domenico Rossi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, 59 (Libro d'oro nascite, IX), c. 4r; Segretario alle voci, Grazie della Barbarella, reg. 4, c. 53v; Segretario alle voci, Elezioni del Maggior Consiglio, reg. 21, cc. 19v, 20r, 106v, 155v; reg. 22, cc. 118r, 144v; reg. 24, c. 106v; Segretario alle voci, Elezioni del Pregadi, reg. 18, cc. 18v, 19r; reg. 19, cc. sv, 6, 7r; 47v, 52v; reg. 20, cc. 8v, 9, 10, 11r, 77v, 86v, 104v, 109r, 120v; reg. 21, cc. 1v, 3v, 4v, 5v, 6v, 37v, 49v, 52r, 68v, 72r, 75v, 79v, 96v, 103r, 110r, 118r, 144v; Segretario alle voci, Elezioni di senatori, di membri della Quarantia e di consiglieri dei Dieci, reg. I, cc. 116v, 120r, 122r, 123r, 129v, 138r, 139r; Senato, Dispacci Spagna, filza 117, lett. 1-125; filza 118, lett. 126-127; filza 135 bis, lett. 1-14; Senato, Dispacci Germania, filza 160, lett. 565-567; filza 161, lett. 1-122; filza 162, lett. 123-228; filza 163. lett. 229-382; filza 165, lett. 1-2; Senato, Corti, reg. 55. cc. 3-188 passim;reg. 56, cc. 1v-204 passim;reg. 57, cc. 1v-202r passim;reg. 58, cc. 3-117 passim;reg. 62, cc. 53-300 passim;reg. 63, cc. 2-231 passim;reg. 64, cc. 2-313r passim;reg. 65, cc. 3v-274 passim; reg. 66, cc. 1-80 passim; Senato, Commissioni, filza 10, cc. 47-59; filza II, c. 388; Senato, Relazioni, buste 14, 29; Testamenti, busta 1280, fasc. 75; Avogaria di Comun, Necrologi, reg. 159; Savi alle decime, Condizioni di decima, busta 225, fasc. 661, 662; Ibid., M. A. Barbarp-A. M.Tasca, Arbori de patritii veneti,III, c. 55;Ibid., G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, I, c. 932; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, 600 (= 7949): Libro dei procuratori di S. Marco, c. 195; documenti relativi alle liti con i fratelli, Venezia, Bibl. d. Civico Museo Correr, Mss. P. D. C. 2203/18-19, 2229/6, 2345/9; atti e documenti relativi ai beni e all'attività del C., Ibid., Mss. P. D. C. 2216, 2217, 2221/8, 2380/10, 2405//5, 2496/5, 2500/7, 2501/3, 2537/5, 2602/21, 2620/3, 2622/5; Le relaz. degli Stati europei lette al Senato... nel secolo XVII. Spagna, a cura di N.Barozzi-G. Berchet, II, Venezia 1860, pp. 437-467; Relaz. di ambasc. veneti al Senato, IV, Germania (1658-1793), a cura di L.Firpo, Torino 1968, pp. 303-341; P. Garzoni, Istoria della Rep. di Venezia, Venezia 1705, pp. 201, 321, 323; M. Foscarini, L'istoria della Republica veneta, in Degl'istorici delle cose venez., X, Venezia 1720, pp. 236, 320 s., 345; E. A. Cicogna, Saggio di bibliografia venez., Venezia 1847, p. 405; G. Soranzo, Bibliografia venez., Venezia 1885, p. 366; C. F. Bianchi, Memorie sull'antichiss. e nobiliss. famiglia patrizia veneta de Cornaro, Zara 1886, pp. 16 s.; A. Bazzoni, Nuovi documenti intorno ad un avventuriero del sec. XVII, in Nuovo Arch. ven., X (1895), pp. 5-12; F. Antonibon, Le relazioni a stampa di ambasciatori veneti, Padova 1939, p. 128; A. Berruti, Patriziato veneto: I Cornaro, Torino 1952, pp. 110, 112; R. Morozzo della Rocca-M. F. Tiepolo, Cronologia venez. del Seicento, in La civiltà venez. nell'età barocca, Firenze 1959, p. 311 ; G. Tassini, Curiosità venez., Venezia 1970, p. 542.