COLLA, Federico
Nato a Genova da Francesco e da Anna Poggi, in una agiata famiglia, il 14 dicembre del 1790, a diciotto anni entrò nel corpo dei veliti di Napoleone, un battaglione di 626 volontari di cui poteva far parte chi avesse un reddito annuo di almeno duecento franchi. Il 23 maggio 1809 passò alle guardie d'onore del governatore generale dei dipartimenti al di là delle Alpi, principe C. Borghese, un corpo scelto di 69 cavalieri e 104 fanti a cui era ammesso chi avesse un reddito annuo di almeno mille franchi. Dopo la Restaurazione il C., laureatosi in giurisprudenza, entrò nell'amministrazione sarda, diventando il 21 luglio 1815 sottosegretario, e il 23 sett. 1817 segretario del ministero di Guerra e Marina. Il 17 luglio 1824 il ministro M. Des Geneys lo nominava primo uffiziale, cioè segretario generale del ministero. Il 18 dic. 1830 il C. divenne intendente generale dell'azienda di artiglieria, pur conservando la carica di primo uffiziale, e assommando così funzioni direttive e funzioni di controllo. Il 19 maggio 1838 il C. entrava nel Consiglio di Stato, l'organo consultivo e di controllo amministrativo creato da Carlo Alberto il 18 ag. 1831 e presieduto direttamente dal re (vicepresidenti furono P. Balbo fino al 1835, poi V. A. Sallier de la Tour); faceva parte della sezione di Finanza, che aveva funzioni di controllo sui bilanci poi demandati alla Corte dei conti. Promulgato lo statuto, il C. fu incluso nella prima lista di senatori (3 apr. 1848), per la quindicesima categoria (consiglieri di Stato dopo cinque anni di funzioni). Scoppiata la prima guerra d'indipendenza, e sollevatesi le popolazioni dei ducati emiliani, Carlo Alberto nominò il C. regio commissario "coll'incarico di fare tutti i provvedimenti opportuni, sia per ricevere in Nostro nome dal governo provvisorio dì Piacenza la formale consegna di quel Ducato ed ogni cosa al medesimo appartenente, sia per conformare l'ordinamento di quel paese al modo in cui sono ordinate le altre provincie de' Regii Nostri Stati, e tenerne intanto il governo" (dal Quartier generale di Sommacampagna, 18 maggio 1848). Sancita formalmente l'annessione di Piacenza con la legge 27 maggio 1848, il C. entrava nella città e dava inizio a una serie di disposizioni amministrative, principalmente sulla forma degli atti pubblici e sulla denominazione dei corpi civici. Entrata anche Parma con la legge 26 giugno 1848 a far parte integrante degli Stati sardi, il 30 giugno il C. emanava da Parma altre disposizioni in materia amministrativa e giudiziaria (per Reggio e Guastalla commissario regio fu nominato P. Derossi di Santarosa). Dopo l'armistizio Salasco del 9 ag. 1848, il C. dovette rientrare a Torino, dove fu nominato ministro senza portafoglio nel gabinetto presieduto da C. Alfieri di Sostegno (29 ag. 1848); in quel giorno Carlo Alberto lo nominava "controllore generale [delle finanze], colle onorificenze di presidente capo". Manterrà questa carica fino al 4 dic. 1859, quando - abolito il controllore generale assumerà la carica di presidente della nuova Corte dei conti sarda, istituita con la legge 30 ott. 1859, e avente giurisdizione sulle antiche province e sulla Lombardia. Il 21 ag. 1862 fu nominato ministro di Stato, e l'11settembre divenne presidente della Corte dei conti del nuovo Regno, istituita con la legge 14 ag. 1862. Membro ininterrottamente dal 1848 al 1863 della commissione permanente di finanza e di contabilità interna del Senato, il C. fu posto a riposo, su sua domanda, il 22 apr. 1865. Ritiratosi in Liguria, dove visse fra Genova e i suoi possessi di Celle Ligure, si spense a Genova il 17 apr. 1879.
Il C. appartiene alle figure minori e di sfondo del Risorgimento piemontese; fu puro tecnico, senza una particolare fisionomia politica, differenziandosi in questo da figure di esperti di amministrazione e di finanza coevi, come il Petitti di Roreto, il Des Ambrois, lo Sclopis, il Revel e molti altri. Non ha lasciato scritti a stampa, salvo le relazioni ad alcuni progetti di legge. I settori dell'amministrazione e della legislazione nei quali intervenne di preferenza (fra il 1843 ed il 1855) furono l'organizzazione del sistema bancario sardo, la riforma delle forze armate, e la disciplina delle corporazioni religiose.
Il 20 dic. 1843 il C. fu chiamato a esprimere parere, insieme al Petitti di Roreto e ai membri della sezione dell'Interno del Consiglio di Stato, sul progetto di costituzione della Banca dì sconto di Genova, che avrebbe formato il primo nucleo della Banca nazionale sarda. Il parere, redatto da L. Provana di Collegno, fu favorevole. Il 25 giugno 1850 il C. fece parte, insieme a C. Alfieri di Sostegno e ad altri, della commissione del Senato chiamata ad esaminare il disegno di legge Cavour sull'emissione (così detta prima legge bancaria). Relatore, in senso favorevole, fu il sen. G. Cotta. Il 13 luglio 1853 fece parte di una commissione incaricata di esaminare congiuntamente i due progetti Cavour per l'affidamento del servizio di tesoreria generale dello Stato alla Banca nazionale sarda, e per l'istituzione di una Banca di sconto in Sardegna. La relazione, esposta dal Giulio, condusse alla bocciatura del primo progetto, e al ritiro del secondo. In occasione del dibattito in Senato, il C. intervenne il 18 novembre con una serie di considerazioni tecniche sul rapporto fra le tesorerie provinciali e la tesoreria generale, alle quali rispose brevemente il Cavour.
Carattere prevalentemente tecnico hanno anche gli interventi del C. in materia di organizzazione dell'esercito. Il 26 nov. 1851 fu relatore sul progetto La Marmora circa il reclutamento. Nonostante che il progetto implicasse l'importante problema politico della scelta del modello francese (esercito "di qualità", con basso rapporto fra riservisti e richiamati) rispetto a quello prussiano (esercito "di numero", con alto rapporto fra riservisti e richiamati), la relazione si sofferma su aspetti tecnici che sembrano marginali, come la disciplina dell'appello avverso le decisioni dei consigli di leva, alcune esenzioni per i religiosi, ecc. Il progetto, che ebbe un iter travagliato, divenne la legge 20 marzo 1854.
Più rilevante il ruolo del C. in occasione dell'altrettanto tormentato iter del progetto Rattazzi sulla soppressione di comunità e altri stabilimenti religiosi. Dopo essere stato approvato dalla Camera il 2 marzo 1855, il progetto era passato al Senato. Le entrate provenienti dalla vendita dei beni delle corporazioni sarebbero servite all'aumento della congrua dei parroci. A nome dell'ufficio centrale del Senato il 7 apr. 1855 il C. riferiva sul progetto, evidenziando all'interno dell'ufficio tre distinte posizioni: quella dei senatori Sciopis e Sauli, di opposizione al progetto perché non sostenuto dal consenso della "suprema potestà ecclesiastica" e perché ritenuto lesivo del diritto di proprietà; quella dei senatori Des Ambrois e Collegno, favorevole al progetto con emendamenti; e quella sua personale, contraria all'abolizione delle corporazioni e favorevole, invece, all'introduzione di una sovrimposta sulle rendite ecclesiastiche atta a rifornire l'erario della somma necessaria per il pagamento delle congrue. Di queste divisioni e lacerazioni della classe politica piemontese approfittarono le gerarchie ecclesiastiche, guidate dal vescovo di Casale, senatore Nazari di Calabiana, le quali cominciarono a premere sul re perché chiedesse direttamente alla S. Sede di accollarsi quella somma, salvando così le corporazioni. Di fronte a queste manovre, che ledevano profondamente la sovranità dello Stato, Cavour e Rattazzi minacciarono le dimissioni; e in effetti il 29 aprile il re prese contatti con il gen. G. Durando per la formazione di un nuovo gabinetto. Il 9 maggio il C. espose in Senato il suo progetto di sovrimposta, sottolineandone il carattere "conciliativo"; ma il Cavour gli replicò rilevando come quella proposta "vorrebbe ridurre la legge a una legge puramente finanziaria, ... [laddove] giammai il ministero non ebbe l'intenzione di ridurre l'attuale legge nella stretta cerchia di una misera finanziaria misura". Il 22 maggio il Senato approvò il progetto nel senso voluto dal Cavour con gli emendamenti Des Ambrois e Collegno, che divenne la legge 29 maggio 1855.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Atti parlamentari,Senato del Regno,Discussioni, sessione 1878-1879, tornata del 29 luglio 1879, pp. 2590 s.; una biografia sommaria del C. in Il Consiglio di Stato. Studi in occasione del centenario, Roma 1932, III, s. v.; sull'azione del C. a Piacenza e a Parma, e sulla sua nomina a ministro: Gazzetta piemontese, 18 maggio, 1º-30 giugno, 10 luglio, 30 ag. 1848; atti amministrativi del C. a Piacenza e a Parma in Archivio di Stato di Torino, Carte politiche diverse, cartella 21; elenco degli interventi e delle relaz. del C. in Notizie sul Senato e indice per materie degli Atti del Parlamento durante il mezzo secolo dalla sua istituzione, Roma 1898, s. v.; v. inoltre: Atti d. Parl. subalpino,Senato, Vlegisl., 19 dic. 1853-29 maggio 1855, Documenti, pp. 1654-1668; Ibid., Discussioni, tornata del 9 maggio 1855, pp. 756-60; C. Cavour, Discorsi parlamentari, XI, 1854-1855, a cura di A. Saitta, Firenze 1957, pp. 570 s.; Banche,governo e Parlamento negli Stati sardi. Fonti documentarie(1843-1861), a cura di E. Rossi-G. P. Nitti, I-III, Torino 1968, ad Indicem; N. Bianchi, Storia della monarchia piemontese dal 1773al 1861, IV, Torino 1885, pp. 117 s.; La Corte dei conti nel suo cinquantenario,1862-1912, Roma 1912, pp. 186 s.; A. Omodeo, L'egemonia parlamentare del conte di Cavour, intr. a Discorsi parlamentari, IX, 1853-54, Firenze 1941, pp. CLII-CLXV; G. Talamo, L'Italia di Cavour(1852-1861), in Storia d'Italia, a cura di N. Valeri, IV. Torino 1960, p. 51; P. Pieri, Leforze armate nell'età della Destra, Milano 1962, pp. 95-104, 125 s., 147 ss.