BRANDANI, Federico
Figlio di maestro Agostino, nacque a Urbino intorno al 1522-25; la prima notizia documentata relativa a questo plasticatore è del 6 apr. 1538 e riguarda il suo apprendistato - per la durata di tre anni - presso Giovanni Maria Mariani, vasaio (E. Scatassa, Documenti, in Rass. bibliogr. dell'arte ital., XI[1908], p. 59). Successivamente, lasciò l'attività di vasaio per "accomodarsi sotto la disciplina di Girolamo Genga" (Pungileoni): accanto a costui, architetto e pittore, il B. dovette apprendere l'arte degli stucchi. In collaborazione con il maestro il B. realizzò il pulpito marmoreo del duomo di Urbino, ma l'opera andò distrutta nel 1789 per il crollo della cupola. Sicuro è anche il rapporto con Bartolomeo Genga, figlio di Girolamo, attivo come architetto per la corte ducale. È assai probabile che il B. sia entrato in contatto, negli anni formativi, con il centro di Loreto (benché vi sia documentato solo nel 1572) e con il cantiere del santuario della Santa Casa, dove si erano succeduti scultori di prima grandezza, da Andrea Sansovino al Tribolo, da Francesco da Sangallo a Iacopo Sansovino e ai fratelli Lombardi. Appunto un riflesso diretto della cultura lombardesca si legge nella prima opera documentata del B., le dieci statue in stucco di Santi e Profeti (1541) nella chiesa di S. Stefano a Piobbico (Urbino): la figura del profeta Geremia e esemplata su quella analoga di Aurelio Lombardi nel rivestimento marmoreo della Santa Casa; come, del resto, in tutta la serie di Piobbico si avverte la suggestione del gusto michelangiolesco importato a Loreto dai maestri sopra ricordati.
Già il Venturi aveva proposto l'identificazione con il B. di un Federico da Urbino, il quale era stuccatore documentato a Roma nel 1551-53 in lavori per le fontane di villa Giulia. I documenti (v. Hoffmann) coprono in realtà, il periodo dal 25sett. 1552al 23giugno 1553e interessano non solo lavori nel ninfeo, bensì anche decorazioni in stucco per la villa stessa (un pagamento del 4 giugno 1553precisa: per "lavorare di stucco alla Villa al Pal.o n.o."). Nelle volte di due sale a pianoterra la Hoffmann ha riconosciuto la mano del B., che dovette eseguire gli stucchi entro i quali sono incastonati gli affreschi di Taddeo Zuccari e di Prospero Fontana, responsabile, questi, dell'insieme decorativo. Le due volte sono concepite in modo simile: attorno ad uno specchio centrale (che reca - raffigurata in stucco - l'impresa di Giulio III, cioè l'Occasione che ghermisce la Fortuna per i capelli) sidispongono, in una trama di comici in stucco, quattro riquadri affrescati e - negli angoli - quattro ovali con figurazioni plastiche di Virtù;un fregio in stucco di gusto perinesco raccorda le volte alle pareti. L'esperienza di villa Giulia - dopo gli studi lauretani - appare decisiva per il B., che dal raffinato manierismo romano degli anni '50 estrae un repertorio decorativo e un gusto che alimenteranno la sua operosità sino alla fine.
La notizia che Guidobaldo II Della Rovere il 12 dic. 1554 concede a Piermatteo Brandani, capofamiglia, privilegi per lui e i suoi successori sarebbe interessante, se fosse accertato che si trattava di parente di Federico. Proprio negli anni che seguono l'attività romana, infatti, il B. risulta operoso in Urbino. In palazzo ducale egli esegue per Guidobaldo il soffitto della sala detta del re d'Inghilterra (con una serie di simboli araldici dei Montefeltro e dei Della Rovere realizzati in stucco) e la decorazione di vari ambienti, in particolare della cappella prossima allo studiolo del duca (stucchi nella volta a vele e nel catino della nicchia, con l'Annunciazione e l'Eterno Padre). Di epoca più tarda (dopo il '62) è, invece, il ricco soffitto di un'altra sala, che in origine - tuttavia - decorava la sala maggiore di palazzo Corboli. I rilievi figurati derivano, in effetti, dai motivi di un servizio in maiolica dipinto da Taddeo Zuccari per il duca nel 1562 (Gere).
Al tempo dei lavori in palazzo ducale è probabile appartenga il Presepe della chiesa di S. Giuseppe in Urbino, come anche il rilievo della Madonna della Ghiaia (Galleria Nazionale di Urbino) in cui sembra chiaro il rapporto con una invenzione di Lelio Orsi, attivo a Roma nel 1554. Nelle grandi figure in stucco del Presepe ilB. si impegna nella dimensione inconsueta del tutto tondo con risultati assai brillanti, in cui i riflessi del manierismo emiliano (indubbie le affinità con il Begarelli) si intrecciano ad un inedito e schietto realismo.
Il contatto con i modi di Lelio Orsi può spiegare la nervosa eleganza manieristica espressa dal B. negli stucchi di palazzo Baviera a Senigallia, senza dubbio la sua impresa più vasta. Il B. eseguì la decorazione di sei ambienti del palazzo (1560) per incarico dell'umanista Giuseppe Baviera. Le decorazioni riguardano le volte e le zone superiori delle pareti: tra motivi ornamentali si innestano riquadri, lunette e ovati con figurazioni a bassorilievo (episodi della Guerra di Troia;le Fatiche di Ercole; Storie bibliche; Episodi di storia romana;le Gesta di Costantino). Da ricordare, in questo stesso periodo, il soffitto di palazzo Tiranni a Cagli; la decorazione di alcune sale del palazzo ducale di Montebello presso Fano; il soffitto della cappella della Corte bassa a Fossombrone, eseguito per il cardinale Giulio Della Rovere, fratello di Guidobaldo II. A questo gruppo di opere si lega probabilmente il Cristo crocifisso e la Maddalena eseguito in altorilievo in una cappella della chiesa di S. Agostino in Pesaro.
Da un documento di Emanuele Filiberto di Savoia del 1º nov. 1562 (Campori; Schede Vesme) si apprende che prima di quella data il B., con cinque compagni, aveva già lavorato come stuccatore a Fossano, a Rivoli "et altrove": perché continuino si dà mandato che venga loro pagato un mensile. Nelle Schede Vesme sono riportati pagamenti per il 1563 e 1564; nel 1569 l'artista è di nuovo documentato nei castelli di Fossano e di Rivoli. Nel 1572, come già si accennava, è documentato a Loreto.
L'ultima opera di cui si conosce con certezza l'anno di esecuzione (la data 1575 figura entro un cartiglio nella prima sala) è la decorazione di una serie di ambienti del castello dei Brancaleoni a Piobbico. L'iscrizione "Federico Brandano", inserita in una sovrapporta in stucco, garantisce la paternità dell'insieme decorativo che segna un ritorno - dopo l'esuberanza prebarocca della Corte bassa di Fossombrone e di palazzo Tiranni - all'asciutta purezza classicistica di villa Giulia.
A questa fase estrema si deve agganciare il rilievo con il Martirio di santa Caterina nella chiesa di S. Caterina in Urbino. Al contrario sembrano spettare al periodo giovanile - prima del viaggio a Roma - i due rilievi in terracotta del Museo civico di Fossombrone che rappresentano la Strage degli Innocenti e Losposalizio della Vergine. Da ricordare, tra le attribuzioni più recenti, il busto in bronzo di Antonio Galli (New York, collez. Frick) riferito al B., e agli anni 1560-62 c., dall'Olsen e dal Pope Hennessy.
"I soffitti del Brandani nella loro policromia in oro e azzurro, nei loro caratteristici cartigli arricciolati" (Hoffmann), nella felicissima libertà di composizione, conquistano una dimensione autonoma rispetto ai modelli del manierismo romano e settentrionale, non senza anticipare - come ha osservato il Weise - lo spirito della decorazione rococò.
Il B. morì in Urbino il 6 sett. 1575. Fra gli allievi sono M. Sparzi e F. Viviani, attivi accanto a lui nel castello di Piobbico.
Fonti e Bibl.: L. Pungileoni, Notizie istoriche di F. Brandano, in Giorn. arcadico di Roma, XXXI(1826), pp. 361-79; G. Campori, Delle manifatture della maiolica e degli stucchi istituite in Torino da O. Fontana e da F. B., in Atti e mem. delle RR. Deputaz. di storia Patria Per le prov. modenesi e Parmensi, IV (1868), pp. 101-103; A. Bertolotti, Artisti urbinati a Roma prima del sec. XVIII, Urbino 1881, pp. 39 s.; Schede Vesme, II, Torino 1966 (sub voce Fontana Orazio), pp. 474 s.; P. Hoffmann, Scultori e stuccatori a Villa Giulia. Inediti di F. B., in Commentari, XVIII (1967), pp. 48-66; L. Lanzi, Storia Pittorica della Italia, Firenze 1834, II, p. 120; C. Grossi, Degli uomini illustri di Urbino, Urbino 1819, pp. 240-247; P. Zani, Encicl. metodica ... delle Belle Arti, I, s, Parma 1820, pp. 15, 155 n. 242; L. Cicognara, Storia della scultura, II, Prato 1824, p. 103; L. Serra, Un soffitto di F. B. nella Galleria di Urbino, in Rassegna d'arte, VIII (1921), pp. 16-20; Id., F. B. e le sculture della Santa Casa di Loreto, in Vasari, III (1930), pp. 89-95; Id., L'arte nelle Marche, II, Roma 1934, pp. 196-218 (fondamentale, con ulteriore bibl.); A. Venturi, Storia dell'arte ital., X, 3, Milano 1937, pp. 981-88; G. Weise, L'Italia e il problema delle origini del "Rococò", in Paragone, V (1954), 49, p. 40; P. Rotondi, Tra Marche e Romagna, Roma 1955, ad Indicem;H. Olsen, F. Barocci..., Stockholm 1955, pp. 111 s.; F. Mazzini, Guida di Urbino, Vicenza 1962, ad Indicem;J. A. Gere, Taddeo Zuccari as a designer for maiolica, in The Burligton Magazine, CV(1963), pp. 306-15; J. Pope-Hennessy-A. F. Radcliffe, The Frick Collection... Catal., III, Sculpture. Ital., New York 1970, pp. 228-233; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, pp. 526 s.