BORROMEO, Federico
Nacque a Milano nel 1535, primogenito di Gibertoconte di Arona e di Margherita de' Medici. Ebbe educazione cavalleresca, come si conveniva alle tradizioni della famiglia, fra le più cospicue in Milano per possessi feudali e aderenze politiche. Giovanissimo fu mandato con lo zio Gian Giacomo de' Medici marchese di Marignano, che comandava l'esercito mediceo alla guerra di Siena del 1553-1555. Un apprendistato alla scuola del prestigioso condottiero che non ebbe molta efficacia sul giovane gentiluomo milanese, amante della caccia e degli esercizi cavallereschi ma certamente incapace, a giudizio unanime dei testimoni del tempo, di avviarsi, oltre i limiti convenzionali di uno stile di vita splendido e cortese, alla carriera militare con tutto il necessario impegno.
Alla morte del padre, sopravvenuta nel 1558, il B. gli successe nella contea di Arona sulla sponda occidentale del Lago Maggiore, mentre ancora era vivo il conflitto franco-spagnolo che sarà concluso l'anno dopo con la pace di Cateau-Cambrésis. L'importanza strategica del castello di Arona, che controllava una delle vie di accesso alla Lombardia dalla Svizzera e dalla Francia, era ben nota al governatore dello Stato di Milano che vi mandò un presidio spagnolo. Il B., sospetto alle autorità spagnole per le tradizioni filofrancesi della famiglia, accolse il provvedimento come un sopruso, si rifiutò di consegnare il castello che tenne saldamente sotto il suo personale controllo, rivendicando i suoi diritti di sovranità, anche quando gli Spagnoli intimarono agli Aronesi di non prestargli più obbedienza. Il merito principale di questo fermo atteggiamento di resistenza va attribuito però al fratello Carlo, dotato di ben altra energia di carattere, che dopo la morte del padre divenne il capo effettivo della famiglia. Il contrasto fu composto solo alla fine della guerra, con un accordo che riconosceva al B. il pieno possesso della contea con tutti i diritti annessi, dietro l'impegno di garantire la difesa del castello contro ogni eventuale tentativo dei nemici della Spagna.
Al raggiungimento di questa onorevole composizione della controversia con gli Spagnoli non fu estranea certamente l'elezione dello zio Giovanni Angelo de' Medici al pontificato, sopraggiunta il 25 dic. 1559. Già presente alla cerimonia dell'incoronazione, il B. prese stabile dimora in Roma insieme con il fratello Carlo, elevato di lì a poco al cardinalato, per espresso desiderio di Pio IV che nutriva le più sconfinate ambizioni per l'avvenire di questi due nipoti. Con particolare impegno si adoperò per la sistemazione del B., destinato dalla frenesia nepotistica del papa ad elevare la famiglia a rango principesco.
Poche settimane dopo l'elezione di Pio IV la diplomazia pontificia aveva già avviato una vasta azione di sondaggio delle corti italiane ed europee per creare al B. uno Stato nell'Italia centrale. Il progetto entrò nella fase della realizzazione per via del matrimonio con Virginia Della Rovere, figlia di Guidobaldo duca d'Urbino, che rivendicava l'eredità della madre, Giulia Varano, sul ducato di Camerino, soggetto in quel momento ai Farnese. Il 5 maggio 1560 i patti nuziali furono firmati a Roma e il 9 dello stesso mese il matrimonio fu celebrato a Pesaro. Solo nel dicembre però la giovane sposa si trasferì a Roma, dove venne accolta con una sontuosa cerimonia alla presenza dei duchi di Urbino e di Firenze.
Intanto, mentre il tribunale della Sacra Rota e poi una commissione di tre cardinali studiavano la questione dell'eredità di Camerino, Pio IV non trascurò di dotare il prediletto nipote di uffici e pensioni adeguati al rango di futuro duca di Camerino. Il 2 apr. 1561 nel corso di una solenne cerimonia lo nominò capitano generale della Chiesa, attribuendogli una pensione di 1.000 scudi. Nello stesso mese di aprile lo incaricò poi di rappresentarlo nel corteggio d'onore che doveva ricevere a Trento la figlia dell'imperatore Ferdinando, Eleonora d'Asburgo, per accompagnarla a Mantova presso lo sposo Guglielmo Gonzaga.
La particolare benevolenza del papa procurò al B. i favori delle potenze, che non mancarono di ingraziarsi lo zio beneficando il nipote. In questa nobile gara si distinse per uno zelo accentuato Cosimo de' Medici il quale, mortificato dallo sconvenevole titolo di duca di Firenze e desideroso di un intervento pontificio per elevarsi a quello di re di Toscana, allacciò i più cordiali rapporti con i due Borromeo senza risparmiare le prove più tangibili della sua interessata amicizia. Donò infatti al B. lo splendido palazzo Altoviti e una cospicua somma di denaro nel dicembre del 1560. L'anno successivo gli offrì ancora due galere, all'armamento delle quali provvide la generosa sollecitudine del papa che gliene donò altre tre. Anche Emanuele Filiberto di Savoia si fece presente con la cessione al B. del marchesato di Romagnano.
Queste attenzioni dei principi italiani erano tuttavia manifestamente inadeguate alle ambizioni di Pio IV e alle esigenze finanziarie del giovane gentiluomo lombardo, che non badava a spese per tenere alto il rango della famiglia. Alla diplomazia pontificia toccò in conseguenza il compito di sollecitare le elargizioni di un benefattore ben più potente, anche se non altrettanto munifico. Con la corte del re cattolico era in corso la trattativa per cancellare gli ultimi relitti della sconsiderata politica antispagnola di Paolo IV, complicata dalla vertenza, perennemente risorgente, relativa ai benefici ecclesiastici spagnoli. Sulla bilancia dell'accordo con Roma la generosità del re cattolico verso i nipoti del papa era destinata a pesare in modo non indifferente e i rappresentanti della Curia non mancarono di sottolinearlo.
La trattativa non fu per questo meno lunga e faticosa. Si potrasse per oltre un anno e richiese un notevole impegno diplomatico per trovare il punto d'incontro tra l'avarizia di Filippo II e l'avidità dei fratelli Borromeo. Nell'ottobre del 1561 si parlava della concessione al B. di un importante feudo nel Regno di Napoli o nello Stato di Milano insieme con una pensione di 10.000 scudi, oltre a vari altri benefici e pensioni per Carlo. L'offerta spagnola fu giudicata però a Roma insufficiente: il 2 ottobre il cardinal Morone manifestò al duca d'Alba il desiderio che "al conte Federico non si dia meno di quello che doveva darsi a don Giovanni Carafa [nipote di Paolo IV], et già si sa che 5 mila scudi d'entrata nel Regno di Napoli sopra dogane o pagamenti fiscali si comprano con poco prezzo et se il re accrescerà di queste entrate fino alla somma di 15 mila scudi con qualche luochi honorevoli, farà poco danno alla corona et darà molta satisfattione a questi signori" (Šusta, I, p. 259).Successivamente lo stesso Pio IV fece sapere a Filippo II che l'offerta di un comando di galere debitamente spesate gli sarebbe riuscita particolarmente gradita. Nel marzo del 1562 l'accordo sembrava raggiunto: il re Cattolico s'impegnava infatti a donare al B. il marchesato d'Oria nel Regno di Napoli, una entrata feudale di 5.000 scudi e una rendita altrettanto cospicua sulle entrate fiscali del Regno di Napoli, inoltre il comando e il soldo di venti galere, delle quali dieci armate a spese del re e dieci con il reddito dei benefici ecclesiastici spagnoli. Un'ultima difficoltà fu opposta tuttavia dal cardinale Carlo, più accorto dell'inesperto B., che pretendeva l'elevazione del marchesato in principato e l'inserzione di una clausola che riservava a lui stesso l'eredità del fratello in caso di morte senza figli.
Le richieste dei Borromeo ritardarono la conclusione dell'accordo di parecchi mesi fino al dicembre del 1562, quando un inviato spagnolo portò a Roma il diploma d'investitura del principato d'Oria: arrivò in città lo stesso giorno nel quale il B., colpito da una febbre, moriva improvvisamente.
La clausola voluta da Carlo Borromeo suscitò negli Spagnoli ben comprensibili preoccupazioni: il cardinal di Granvelle commentando in una lettera del 16 dic. 1562 l'immatura morte del giovane nipote del papa esprimeva la speranza che "como murio sin hijos, podria ser que la gracia cessasse, que no he sabido que en los privilegios fuese comprendido otro que el conde..., pues sera menester hazer otro designo, y ya discurren algunos que el cardenal Borromeo dexara el capelo y casara con la viuda, tanto mas que piensan algunos que en la persona del conde Federico havia causa para ello" (Kervyn de Lettenhove, p. 212). Ma le speranze del Granvelle risultarono del tutto infondate: la clausola richiesta da Carlo era stata accolta dal re Cattolico, il quale inutilmente tentò di lasciarla cadere dopo la morte del Borromeo. Il cardinale Carlo si preoccupò infatti di recuperare tutta l'eredità del fratello, comprese le donazioni spagnole, senza risparmiare il soldo per le galere. Interessò a tal fine il nunzio a Madrid Crivello, ma fu necessario un intervento dello stesso papa per avere ragione delle resistenze spagnole. Carlo Borromeo ereditò così le pensioni del fratello e il principato d'Oria che vendette nel 1572 per 40.000 scudi.
Anche le cinque galere del B. passarono a Carlo che le tenne per qualche tempo, affidandole alle cure di Niccolò Lomellino, finché le vendette il 1º genn. 1564 a Marcantonio Colonna per 36.000 scudi. Si disse che alla sua morte il B. lasciò al fratello un debito di ben 30.000 scudi accumulato con la sua vita dissipata, ma la notizia non ha conferma.
Fonti e Bibl.: Relaz. di Roma di L. Mocenigo. 1560, in Le relaz. degli ambasciatori veneti al Senato durante il sec. XVI, a cura di E. Alberi, s. 2, IV, Firenze 1857, p. 53; Relaz. di Roma di G. Soranzo. 1565, ibid., pp. 135 s., 155; Docc. circa la vita e le gesta di San Carlo Borromeo, a cura di A. Sala, III, Milano 1861, passim; Relations politiques des Pays-Bas et de l'Angleterre sous le règne de Philippe II, a cura di J. Kervyn de Lettenhove, III, Bruxelles 1883, p. 212; Calendar of State Papers and Manuscripts relating to English Affairs... in the Archives of Venice..., a cura di R. Brown, VII, London 1890, p. 190; Die römische Curie und das Concil von Trient unter Pius IV, a cura di J. Šusta, I-IV, Wien 1904-1914, ad Indices; Concilium Tridentinum, edizione Società Goerresiana, Diaria, II, Friburgi Brisgoviae 1911, ad Indicem;F. Calvi, Fam. notabili milanesi, II, Milano 1881, tav. VIII; A. Guglielmotti, Storia della marina pontificia, IV, Roma 1887, pp. 279 s.; C. Pellegrini, Il conte F. B. fratello di San Carlo, in San Carlo Borromeo nel terzo centenario della canonizzazione…, I (1908), pp. 54-56; L. von Pastor, Storia dei papi..., VII, Roma 1928, ad Indicem.