BENCOVICH, Federico
Pittore, nato nel 1677 probabilmente a Venezia (secondo altri a Sebenico o a Ragusa), da genitori dalmati, morto l'8 luglio 1753 a Gorizia. Scarse e frammentarie per ora sono le notizie attorno alla vita e all'attività pittorica del B. Nel 1707 eseguì il soffitto con Giunone del palazzo dei conti Foschi a Forlì: verso la metà del secondo decennio dipinse a Venezia quattro opere per la Galleria in formazione del castello degli Schönborn a Pommersfelden in Franconia. Nel 1716 si recò a Vienna: ma frequenti furono i viaggi e le soste a Venezia. A Vienna ebbe molte commissioni da parte degli Schönborn. Verso il 1720 ritornò in Italia: tra il 1725 e il 1728 eseguì la pala con il Beato Pietro Gambacorti per S. Sebastiano di Venezia. Poi di nuovo è a Vienna dove, nel 1733, è nominato "pittore di corte et domestico" di Federico Carlo di Schönborn, vescovo di Bamberga e di Würzburg: nel 1734 riceve la commissione di eseguire due quadri per la chiesa del palazzo vescovile di Würzburg, opere terminate qualche anno dopo, ma sostituite nel 1752 da quelle di G. B. Tiepolo; ancora nel 1734 aveva eseguito, per il palazzo della Residenza della stessa città, alcune opere, delle quali restano il Sacrificio di Jefte e Mosè ed Aronne. Trascorse gli ultimi anni a Gorizia, presso gli Attems.
Scuro e mutevole il suo carattere, inquieto il suo spirito, in continua ricerca il suo stile: un problema figurativo risolto non ha più interesse per il B., che subito passa oltre. Anche la vita quotidiana gli fu avversa: a Venezia gli stessi pittori gli si mostrarono ostili.
Nella sua prima opera nota, la Giunone di palazzo Foschi a Forlì (1707), il B. svolge il linguaggio manierista, offertogli da Carlo Cignani, di cui fu discepolo, con eleganza plastico-lineare. Il contatto corroborante, avvenuto a Bologna, con Giuseppe Maria Crespi e forse con G. B. Piazzetta, permette la coordinazione di ogni elemento espressivo sulla base del chiaroscuro: documenta questo momento, tanto notevole per lo svolgimento dell'arte del B. la pala con la Vergine del Carmine e Santi della parrocchiale di Bergantino. Mentre nel Piazzetta il problema plastico-chiaroscurale sfocia in quello pittorico, il B., si preoccupa solo di cogliere effetti di dramma attraverso sbattimenti di luci così programmatici da infilare la via delle più sorprendenti deformazioni. Nel Sacrificio di Ifigenia e nell'Agar ed Ismaele del castello degli Schönborn a Pommersfelden la sintesi del chiaroscuro con l'impianto plastico attua gli accenti più diammatici del sentimento figurativo del B., così come nel Sacrificio d'Isacco, già a Londra ed oggi alla galleria Strossmayer di Zagabria. In questo momento lo stile del B., così aggressivo e aspro, fu particolarmente notevole per lo sviluppo della pittura veneta, a cominciare dal giovane Tiepolo, che nel Sacrificio d'Isacco dell'Ospedaletto di Venezia e in altre opere successive mostra di intendere appieno tale lezione. Gli studî d; nudo della Marucelliana di Firenze mostrano d'altra parte come A. Magnasco abbia contribuito a rendere tanto vivace e tormentato il disegno del B.: anche i Frati che sostengono un compagno morente dell'Albertina di Vienna sono tipici di questo momento dell'arte del dalmata. Mentre nella pala con il Beato Pietro Gambacorti a S. Sebastiano di Venezia (1725-28) il B. sembra placare il suo stile con ricordi quasi di linguaggio crespiano, in opere come il Sacrificio di Polissena del Museo di Bruxelles, già attribuito a S. Ricci e al Tiepolo, la pala con Vergine e Santi della raccolta Carter a Quinto Fiorentino con il relativo modello al Kaiser-Friedrich Museum di Berlino, la Maddalena dello stesso museo, s'infiltra un senso nuovo del colore tendente alla luminosità diffusa, forse suggeritogli dal Tiepolo stesso. Qualche anno dopo il colore è del tutto schiarito e le ombre fugate, allo stesso modo di I. Amigoni e di G. A. Pellegrini: come testim0niano il Sacrificio di Jefte e Mosè ed Aronne, eseguite poco prima del 1734, del palazzo della Residenza di Würzburg, dove problemi compositivi impegnano la forma pittorica in una luminosità pacata e diffusa. Anche il movimento e l'agitazione delle figure sono come rappresi in forme più equilibrate, quasi preludenti il gusto classicheggiante.
Il gruppo di opere oggi note del B. (a quelle citate si possono aggiungere pochi altri disegni e pitture) è sufficiente per valutare appieno l'originalissima sua personalità, che trasforma dati di linguaggio desunti da una tradizione cignanesca, piazzettesca e magnaschesca, fino a ridurli docili mezzi, pronti a fissare il suo esasperato mondo lirico.
Se l'arte del B. nel secondo decennio del '700 interessò la formazione di G. B. Tiepolo, successivamente risultò una lezione quanto mai efficace per la pittura rococò austriaca: l'aspra deformazione, l'esacerbato chiaroscuro, l'allucinante senso di evocazione, sono caratteri della pittura del B. subito compresi e svolti dagli Austriaci, a cominciare da Franz Anton Mulbertsch.
Bibl.: R. Pallucchini, F. B., in Riv. d'arte, XIV (1932), pp. 301-320 (con bibl.); id., Contributo alla biografia di F. B., in Atti del R. Istituto ven. di scienze, lett. ed arti, XCIII, ii (1933-34), pp. 1491-1511; id., Profilo di F. B., in La Critica d'arte, V (1936), pp. 205-220; M. Goering, Unbekannte Werke von F. B., ibid., X (1937), pagine 177-181.