FEDERAZIONE (lat. foederatio, da foedus "patto")
Grecia. - La prima grande federazione di città greche fu quella che si strinse attorno a Sparta. Questa città nel sec. VI a. C., dopo la conquista della Messenia e la sconfitta di Argo, gettò le basi di una lega che, in processo di tempo, si estese a Corinto, a Megara e, momentaneamente, anche ad Atene, capeggiando la resistenza dei Greci di fronte alla Persia. Dopo le guerre persiane, dopo che Atene, staccando dalla lega le isole e le città asiatiche, che vi avevano aderito durante la guerra persiana, le costituì in saldo organismo federativo sotto la propria egemonia, Sparta riorganizzò e riconsolidò a sua volta la propria lega, nella quale le città confederate conservavano libertà e autonomia reciproca, e non erano impegnate fra loro che per le ragioni militari, difensive e di politica estera. La lega lacedemone aveva quindi tutte le caratteristiche dell'alleanza puramente militare, la συμμαχία, e non si doveva occupare che di argomenti diplomatici e militari: attraverso ad essa, solo in modo del tutto imprevisto dalla legge e dagli accordi, si poteva realizzare una certa parvenza di unità politica basata esclusivamente sulla forza c sul predominio di Sparta.
La lega ateniese, costituitasi fra il 478 e il 464 dovette consistere in una serie di accordi fra Atene e le diverse città, che le riconoscevano il comando supremo e l'autorità direttiva uella guerra contro il nemico nazionale, i Persiani: fu questa la lega delio-attica, che da libera federazione sotto la supremazia di Atene finì col trasformarsi, col trasporto da Delo ad Atene del tesoro federale (454), in un vero e proprio "impero ateniese", spezzato solo dopo Egospotami. (Per i particolari di questa formazione storica, v. delio-attica, lega).
Le altre leghe del sec. V. - Accanto alle vecchie leghe di carattere cantonale (Focesi, Locresi, ecc.), per reazione ai pericoli e agli svantaggi delle alleanze militari dominate dall'imperialismo di una città accentratrice, minori aggruppamenti, ispirati a diversi principî, si formarono nel sec. V. Ma questi aggruppamenti, simpolitie e sinecismi, non ebbero che importanza relativamente minima e non possono considerarsi vere federazioni. Vera federazione fu quella dei Beoti, già uniti da feste e riti regionali e da una parvenza di federazione che si rivelava nelle monete portanti un segno comune, e la formazione, a seconda delle necessità, di un esercito unico al comando dei Beotarchi. Dopo diverse vicende, la confederazione sorse in forma definitiva nel 447 dopo la battaglia di Coronea. In questo organismo si realizza il principio dell'eguaglianza fra i federati, e la supremazia di Tebe è relativa e soltanto occasionale. Le città beotiche sono divise in undici distretti, aventi ciascuno eguali diritti e doveri: ogni distretto ha un egual numero di rappresentanti nel Consiglio federale che si compone di 660 membri e che ha sede in Tebe. Tutti i consiglieri federali ricevono dal tesoro della federazione un'indennità per le giornate di seduta: il Consiglio funziona come quello delle singole città, diviso in quattro sezioni che siedono a turno e rappresentano quattro sezioni della cittadinanza. La federazione ha anche un potere giudiziario per i reati contro i patti federali, e anche per l'arbitrato nelle discordie fra le città federate; il potere esecutivo spetta ai Beotarchi eletti dalle boulai delle città, uno per distretto, e quindi undici: potere che consiste nel comando dell'esercito, nella direzione delle trattative di pace e di guerra, nella sorveglianza del tesoro federale. Un'altra federazione o meglio una simpolitia, creata anch'essa contro Atene, si organizzò nella penisola calcidica nel 432 attorno a Olinto, ed ebbe tutti gli attributi dello stato unitario, indipendente e sovrano.
Tendenze unitarie. - Già durante le guerre del Peloponneso si erano uditi solitarî pensatori elevare la loro voce contro le discordie fra gente di una stessa nazionalità. Nel sec. IV, in mezzo a innumerevoli lotte e guerre, si faceva strada negli spiriti una idea panellenica, e si cercavano gli elementi comuni di clima, di educazione, di civiltà della gente greca. Ma questa unità morale trova, nella sua trasformazione in unità politica, l'ostacolo della concezione dello stato-città e dell'incapacità di concepire un'organizzazione statale che prescinda dall'entità cittadina.
D'altra parte, nel sec. IV, si allarga e si estende il concetto di federazione di città. Le tre grandi federazioni, Atene, Sparta e Tebe, tentano di riordinarsi in altre forme. Sparta rafforza la sua lega, vi astringe anche Atene, esige gli stessi tributi che arricchivano Atene. Contro Sparta, nel 395, si formò un'alleanza fra Atene, Tebe, Argo e Corinto e nel 393 Corinto si unì in simpolitia con Argo; nel 390 le città achee formarono una federazione sulla base di un'antica anfizionia. La pace di Antalcida, imponendo alle città greche l'autonomia completa, fu una forte difesa di Sparta contro i tentativi di risurrezione dell'impero ateniese: la lega antispartana fu sciolta e Corinto fu obbligata a rientrare nella lega lacedemone separandosi da Argo. Così furono sciolti gli undici distretti della Beozia e le città furono obbligate all'amministrazione indipendente; il sinecismo di Mantinea fu sciolto; la stessa simpolitia calcidica, divenuta un vero πονόν dominato da Olinto, fu sciolta nel 382. In quell'aggruppamento si erano concessi diritti comuni di connubio e di proprietà ai cittadini di tutte le città federate, il che equivaleva a un diritto comune di cittadinanza; Olinto batteva moneta per tutti, ospitava l'assemblea federale che era anche, a un dipresso, l'assemblea cittadina, assemblea che sceglieva l'unico stratego, che trattava i rapporti internazionali e tutte le questioni militari e fissava i contributi federali. Lo stato che si era così creato era assai prospero, alleato e quasi protetto dai Macedoni: ma l'intervento spartano, chiesto per questioni interne da due città, provocò la distruzione della simpolitia. L'idea federale però non era tanto facilmente sopprimibile. Nel 379 Tebe nominò nuovamente, con un colpo di mano, quattro Beotarchi, iniziando così la ricostituzione della lega; e dopo molte lotte, vi riuscì, con un maggiore accentramento attorno a Tebe, che ridusse a sette i distretti, conservandone per sé quattro ed assicurandosi cosl il dominio del consiglio federale rappresentativo, e che accentrò in sé il diritto di battere moneta. I cittadini si riunivano a Tebe in assemblea: naturalmente questa risultava composta in grande maggioranza di Tebani, ed appunto per ciò i Beotarchi preferivano trattare con essa piuttosto che con il consiglio. Con l'assistenza dell'assemblea, i magistrati trattavano tutti gli affari federali. Atene riprese il sistema di alleanze con città marittime e si unì a Chio, Mitilene, Metimna, Rodi e Bisanzio, creando così nuovamente il nucleo di una confederazione marittima; nel 377 con lo psefisma di Aristotele assicurò il rispetto alle autonomie locali, e garantì circa il temuto pericolo di una ripresa del sistema imperialistico della lega delio-attica. Accanto agli organi politici di Atene sedeva, in Atene stessa, il consiglio federale della nuova alleanza, il συνέδριον τῶν συμμάχων, nel quale Atene non era neppure rappresentata, e le decisioni comuni furono dette "i decreti degli alleati e del popolo Ateniese". Nel sinedrio degli alleati Atene poteva facilmente esercitare una larga influenza, soprattutto sui rappresentanti delle città piccole i quali disponevano di un solo voto come i rappresentanti delle maggiori: in complesso, per tutto ciò che si riferiva alla federazione e alla sua formazione, Atene e il sinedrio non potevano agire indipendentemente l'una dall'altro: Atene aveva soltanto la supremazia per il comando dell'esercito e della flotta, di cui poteva liberamente disporre e per l'iniziativa nella direzione degli affari esteri. Il patto federale escludeva il ristabilimento del detestato ϕόρος, così che le finanze federali restarono sottoposte alla volontà del sinedrio, il quale fissava, ripartiva, esigeva e amministrava i contributi a seconda delle necessità, stabiliva il compenso in danaro da versarsi dalle città che non volevano prestarsi al servizio militare, giudicava per le infrazioni al patto federale e stabiliva ed esigeva multe, decideva confische e incassava il prodotto delle vendite di beni confiscati, giudicava tutti coloro che erano accusati di voler agire contro la confederazione, sempre salva la ratifica della propria giurisdizione se l'accusato era cittadino ateniese. Sparta reagiva con tutti i mezzi contro queste tendenze; ma ben presto si ricostituì anche la simpolitia calcidica (375) che entrò nella federazione ateniese per difendersi da Sparta. Così, quando nel 371 gli Spartani vollero rifare un trattato di pace basato sul principio di autonomia delle città, essi stessi lo giurarono a nome di tutti i loro alleati, gli Ateniesi vollero seguire l'esempio, e i Tebani, cui non fu concesso lo stesso diritto, impedirono l'accordo e provocarono la guerra che dopo poche settimane portava zparta alla sconfitta di Leuttra.
Dopo la vittoria, Tebe cercò d'attirare a sé una confederazione cui avevano aderito la Focide, la Locride, Eraclea, Eubea, gli Acarnani, i Bizantini e altre popolazioni; ma la Focide ben presto si staccò, formò una federazione propria con ventidue città, riunite in assemblea la quale nominava gli strateghi. A capo della federazione era uno stratego autocrate, che aveva poteri quasi monarchici: il nuovo organismo durò una diecina d'anni (356-346) e poi rimase un'ombra della passata indipendenza. Nel 370-69 si ricostitui la lega arcadica che si diede una capitale con il sinecismo da cui ebbe origine Megalopoli: stato federale, che rispettò le autonomie e le istituzioni locali, e organizzò un'assemblea civica di 10.000 cittadini la quale, riunendosi a Megalopoli, era investita di tutte le questioni politiche di qualche momento, e dei poteri giudiziarî federali. L'assemblea era coadiuvata da una bulè e da una giunta esecutiva, detta dei demiurghi, di 50 persone, in cui erano variamente rappresentate le città della federazione. A capo della federazione era uno stratego. Ma anche questo tentativo di federazione, assai interessante come principio di creazione di elementi di stato unitario, non riusci a superare gli antagonismi e le rivalità locali, e nel 362-61, dopo la battaglia di Mantinea, la discordia rovinò lo stato arcadico. Dopo Leuttra gli Ateniesi vollero tentare di escludere i Tebani concudendo una federazione panellenica sulla base della pace del Re (o d'Antalcida; 386), cioè l'autonomia, nella quale avrebbe dovuto essere compresa tanto la simmachia lacedemone quanto quella ateniese. Ma, essendone esclusa la temibile potenza tebana, la coesione nella lega ateniese ben presto mancò, rivelando quanto fosse illusorio il successo ottenuto con la nuova federazione. I rapporti fra gli organi dello stato ateniese e il sinedrio federale divennero difficili: Atene aveva sempre più la tendenza ad assumere gli atteggiamenti di città egemone, di trattare e di impegnarsi per conto degli alleati, di considerare il sinedrio, né più né meno che la sua bulè, come un organo consultivo della sua ecclesia; i contributi venivano riordinati in modo da ricordare alquanto il ϕόαος, in quanto l'ecclesia ateniese, come si arrogava la direzione della politica estera, così pretendeva di stabilire il fabbisogno federale che da quella politica era dipendente, e di mandare esattori a percepire i contributi e gli arretrati con ogni mezzo. Cosi pure l'ecclesia usurpò al sinedrio tutte le funzioni giudiziarie, si assunse il compito d'impedire e reprimere le defezioni degli alleati; e si giunse sino, dopo il 366-5, a riprendere l'usanza di stabilire cleruchie ateniesi in alcune località, come Samo e Potidea o nel Chersoneso. Era in sostanza l'aperto tentativo di restaurare l'antico impero creato per mezzo della lega delio-attica un secolo prima. Ma ormai Atene non aveva più né la forza né il prestigio che aveva raggiunto dopo le guerre persiane: le defezioni si fecero sempre più minacciose, sino a che, dopo due anni di guerre (357-55) l'illusoria creazione imperiale cadde in frantumi.
Le ultime leghe. - Quell'unità panellenica che i Greci non sapevano raggiungere da soli, dacché non giungevano a superare il loro particolarismo, fu imposta invece dopo Cheronea da Filippo il Macedone, il quale voleva raggiungere l'unità greca per potersene meglio servire per i suoi scopi di dominazione. Filippo, convocata nel 337 a Corinto una rappresentanza di tutti gli stati greci - esclusa la sola Sparta - dopo conclusa una pace generale gettava le basi di una nuova lega panellenica, la lega Corinzia (v. per particolari corinzia, lega), creata per servire ai fini del re di Macedonia. Il suo stato, che restava al di fuori di questa confederazione, concludeva con essa alleanza militare e in caso di guerra spettava al re di Macedonia il comando supremo degli eserciti. Fin da principio, fatto il censimento, stabilisce l'ammontare dei contingenti che gli dovevano essere dati. Così con la forza, veniva imposta quell'unione panellenica inutilmente tentata dai Greci: il tentativo d'infrangerla sarebbe stato punito come tradimento. Questa unione coatta finì naturalmente con la morte di Alessandro. Con un effimero tentativo nel 303-2 Antigono e Demetrio Poliorcete tentarono di ricostituirla, ridandole quasi tutti gli ordinamenti di Filippo e di Alessandro, ma questa nuova lega non ebbe nessuna vitalità: tanto più che con Antigono e con Demetrio il potere che imponeva la coesione e dominava la lega era certamente assai inferiore a quello che già avevano avuto Filippo e Alessandro.
Le due grandi leghe che rappresentano l'estremo tentativo greco di conciliare il particolarismo della polis con più ampie formazioni politiche, sono l'Etolica e l'Achea, per cui v. rispettivamente etolia (XIV, p. 506 segg.); achea, lega. Loro caratteristica, di fronte alle maggiori leghe precedenti, è di escludere l'egemonia di una città, conservando a pieno l'autonomia delle città partecipanti.
La maggior parte dei popoli della Grecia continentale nel corso del sec. III finì con l'aderire all'una o all'altra delle due leghe, e più tardi nel sec. II, con l'aiuto di Roma, la lega achea riuscì ad abbracciare tutto il Peloponneso. Ma una federazione anche maggiore fu quella che, sotto Antigono Dosone, si strinse attorno alla Macedonia, abbracciando la lega achea. Questa federazione, che comprendeva non più singole città o singoli popoli, ma, salvo la lega etolica, le maggiori leghe greche, costituì un organismo ben più perfezionato e appropriato ai bisogni della nazione che non qualsiasi delle leghe precedenti. Tuttavia l'insufficiente coesione di questa grande simmachia non le permise di resistere a Roma.
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Italia antica. - Nell'Italia antica la storia del principio federale non si svolge come in Grecia, attraverso l'insanabile contrasto fra un particolarismo mai vinto e conati egemonici di effimera durata. La cosiddetta lega dei XII popoli etruschi, fu essenzialmente sacrale, e non politica, tranne in un particolare momento della sua storia; ma carattere politico oltre che sacrale ebbe la lega latina (v. latini), con cui Roma al principio del sec. V a. C. venne in alleanza per mezzo del foedus Cassianum. Il progresso fatale di Roma, e il processo di unificazione dell'Italia, virtualmente deciso dalla battaglia di Sentino (295 a. C.), sommerse le formazioni preesistenti, e vi sostituì quella federazione italica che fu sino alla guerra sociale l'assetto caratteristico dell'Italia e sostenne la guerra annibalica. L'organizzazione giuridica e amministrativa di questo sistema federale romano-italico si trova esposta alla voce città (X, pp. 443-84), mentre il suo sviluppo e le vicende politiche coincidono con la storia dell'espansione e dell'egemonia di Roma, e trovano in quella adeguata trattazione (v. romani: Storia).
Epoca moderna. - Rimase consacrato nel linguaggio diplomatico dei secoli di mezzo e dei primi secoli dell'epoca moderna il termine di confederazione (accanto a quelli di unione o lega) per indicare i trattati di alleanza, o più propriamente - secondo la classificazione di alcuni - i trattati d'alleanza generale. Da questo significato era facile il passaggio alla significazione specifica di federazione o confederazione nel senso dell'attuale diritto pubblico. Infatti va anzitutto rilevato che mentre i trattati d'alleanza dei tempi recenti sono essenzialmente stipulati a termine, questi altri erano stipulati - con uso spesso delle forme più ampie ed enfatiche - in perpetuo. Ciò era consono al carattere ancora primitivo degli stessi rapporti internazionali, i quali, non generalizzati com'erano e quindi in tutto e per tutto convenzionali, importavano che lo stato di pace e d'amicizia fra due nazioni fosse anch'esso uno stato particolare, non scindibile per lo più dallo stato d'alleanza, col quale si combinava e a cui d'altro canto conferiva quel carattere d'intenzionale perpetuità che s'è sempre considerato inerente ai trattati di pace e d'amicizia. Si aggiunga inoltre che la difesa contro eventuali guerre mosse da altri e il proseguimento di guerre proprie per proprie finalità ha costituito per tanto tempo il più della vita internazionale e così gli obiettivi anzidetti hanno dato luogo alle prime e più stabili unioni o leghe fra gli stati. Lo scopo di difendersi contro comuni nemici e di avere soci nelle proprie guerre contro altri costituisce tuttora lo scopo primo e fondamentale delle moderne federazioni, stando tuttora al sommo delle preoccupazioni dello stato, nei rapporti internazionali, l'eventualità della guerra sia difensiva sia offensiva. Ma questo scopo originario s'è venuto adattando agli aspetti più complessi della vita internazionale moderna, s'è sposato ai nuovi compiti e fini degli stati nazionali, dominati ed attratti da programmi di potenza politica, economica e finanziaria, indispensabile, in un mondo di colossi, per la difesa e l'accrescimento dei valori morali, del territorio, e del benessere materiale. Allargatasi così la vita delle moderne federazioni, esse vennero distinguendosi dalle mere alleanze, limitate nei loro fini all'eventualità del casus belli, contingenti all'equilibrio delle varie forze e perciò formalmente ed essenzialmente temporanee. Le federazioni invece, data l'intima permanenza dei loro fini oltre che la loro generalità, rispondenti soprattutto alle ragioni d'affinità o parentela dei popoli collegati, erano naturalmente portate a costituirsi senza limiti di tempo e - ciò che più conta - a costituirsi con un'organizzazione permanente interna, atta alle funzioni necessarie per il perseguimento degli scopi della collettività.
Storicamente questo tipo di unione di stati, a cui nel senso proprio moderno si può attribuire il nome di federazione o confederazione di stati, si attua la prima volta con l'Unione di Utrecht del 23 gennaio 1579 fra le provincie protestanti dei Paesi Bassi (cui aderirono, oltre all'Olanda e alla Zelanda, le provincie di Utrecht, Gheldria, Frisia, Overijssel, Groninga e le città protestanti della Fiandra: Gand, Bruges e Ypres; a queste si aggiunsero in seguito Anversa, Siez e Breda). L'Unione di Utrecht - avente come suo primo scopo la continuazione della lotta a oltranza contro la tirannide politica e religiosa della Spagna - divenne e restò fino alla fine dell'ancien régime la costituzione della celebre Repubblica delle Provincie Unite, la quale si grande importanza doveva acquistare nell'economia e politica mondiale. A quasi due secoli di distanza, le tredici colonie inglesi dell'America del Nord, anch'esse associate dalla comune guerra di liberazione, dopo la dichiarazione d'indipendenza del 4 luglio 1776, per cui da colonie assurgevano a stati liberi e indipendenti sancirono gli Articoli della confederazione e perpetua unione. Questi, rimasti in vigore dal 1777 al 1789, costituirono una rilassata confederazione, che necessità economiche e politiche, insieme con una migliore visione del bene del paese, dovevano mutare nella costituzione federale o nazionale del 1787 (approvata nel 1788 e applicata nel 1789).
Vanno ancora ricordate nel novero delle federazioni - accanto all'effimera Confederazione del Reno, creata il 12 luglio 1806, come strumento della politica napoleonica, fra i principi della Germania del Sud e dell'Ovest e crollata nella guerra di liberazione (1813) - la Confederazione tedesca e la Confederazione svizzera. L'atto costitutivo della Confederazione tedesca, 8 giugno 1815, inserito letteralmente, per le sue disposizioni principal;, negli articoli 53-54 dell'atto finale del congresso di Vienna 9 giugno 1815 e posto cosi sotto la garanzia delle potenze, rispondeva nel modo migliore ai bisogni del momento. Con esso i principi sovrani e le città libere di Germania stabilivano fra loro una confederazione perpetua allo scopo di mantenere la sicurezza esterna e interna del paese, l'indipendenza e l'inviolabilità degli stati confederati. (Sotto di essa la Germania godette di mezzo secolo di pace, durante cui lo sviluppo della ricchezza, e perciò l'influenza delle classi medie, ebbe quello slancio, onde furono rese possibili le riforme ulteriori). L'articolo 4 del trattato di Praga, 23 agosto 1866, con la sconfitta dell'Austria, consacrava la dissoluzione di questa confederazione, di cui l'Austria appunto aveva avuto la permanente presidenza, aprendo il passo a quell'altra Confederazione della Germania del Nord, preparata da Bismarck, sotto la presidenza perpetua dei sovrani di Prussia, conchiusa il 17 aprile 1867 e che doveva portare, 4 anni dopo, alla costituzione dell'impero tedesco. Quanto alla Confederazione svizzera - i cui prodromi possono farsi risalire alla prima alleanza dei suoi primi cantoni nel 1291 (con la quale conquistarono di fatto l'indipendenza rispetto all'Impero) e le sue vicende confondersi con le varie leghe formatesi in epoche diverse e sotto condizioni diverse - essa ebbe una soluzione di continuità col regime unitario del 1798, imposto alla République helvétique dall'invasione francese e cessato con l'Acte de médiation del 1803. Il Patto federale del 7 agosto 1815, conchiuso dopo lotte vivissime, la ricostituiva in termini poco differenti dall'Acte de médiation, facendone una vera federazione di stati, a cui la costituzione del 1848 sostituiva - nonostante la permanenza di alcune formule, fra cui principale la denominazione ancora di Confederazione elvetica - com'era accaduto per la confederazione americana e per la tedesca - quel piu avanzato ordinamento giuridico, che si qualifica stato federale.
Nella sua definizione giuridica la federazione di stati o confederazione è "la stabile unione di stati indipendenti, basata su un accordo, allo scopo principale (a cui possono eventualmente aggiungersene altri) di proteggere il territorio confederato verso l'estero e di conservare la pace interna fra gli stati così collegati; tale unione abbisogna di una permanente organizzazione per il raggiungimento dei suoi scopi". Sui termini di tale definizione, che è quella data da G. Jellinek nella sua opera classica (Allgemeine Staatslehre, 3ª ed., Berlino 1914, p. 762), tutti possono concordare. Gli stati confederati, vincolati solo dalle norme del loro patto - che è un libero e volontario trattato - conservano la loro indipendenza o sovranità sia rispetto alla federazione in sé, che non ha alcuna potestà soggettiva (la mancanza appunto di un potere centrale sovrapposto ne forma la caratteristica), sia di fronte agli altri soci, costituiti come sono tutti in posizione di reciproca uguaglianza. Per solito i singoli componenti mantengono la libertà di loro particolari relazioni internazionali, col vincolo ben inteso di nulla intraprendere che possa andar contro la sicurezza della federazione o di ciascuno degli altri. Il momento unitario della federazione è rappresentato dai suoi organi, che sono generalmente un'assemblea o dieta dei delegati degli stati confederati, un corpo di agenti diplomatici e una forza armata; organi della totalità degli stati confederati e non di essi singolarmente presi, in quanto l'attività da loro spiegata non può essere spiegata che dalla totalità dei confederati congiuntamente.
Come si è visto dai brevi eenni storici premessi, la federazione di stati, dopo una maggiore o minore durata, suole tendere a un più intimo rafforzamento dell'unione, che culmina nel cosiddetto stato federale, dove cioè l'anzidetta unione viene ad assumere una propria personalità statale. Elemento per l'appunto distintivo fra le due figure, secondo la dottrina dominante, c la presenza nello stato federale, di uno stato centrale sovrordinato agli stati componenti l'unione. Da questo punto di vista si deduce dai più che la federazione o confederazione di stati è una figura di diritto internazionale, avente la sua base in un trattato, mentre lo stato federale è una figura di diritto pubblico interno, avente la sua base nella legge e precisamente nella legge delle leggi, ch'è la costituzione d'ogni stato. Questa concezione, che ha la sua ragion d'essere in quella d'una insuperabile contrapposizione fra diritto internazionale e diritto interno, è venuta ad essere conseguentemente attaccata dalla concezione opposta della giovane scuola viennese, per cui nessuna possibile contrapposizione esiste fra diritto internazionale e diritto interno, essendo entrambi gradi diversi di un unico universale sistema giuridico. La differenza tra federazione di stati e stato federale sarebbe soltanto, secondo H. Kelsen, una differenza di contenuto per il grado di decentramento o d'accentramento diverso. I rapporti fra lo stato federale e i suoi stati-membri, che un grado più sotto non differirebbero dai rapporti fra lo stato unitario e le sue circoscrizioni amministrative (provincie e comuni), un grado sopra non differirebbero dai rapporti fra l'ordinamento della federazione e gli stati componenti e un grado più sopra ancora dai rapporti fra la comunità internazionale intiera (civitas maxima) e gli stati tutti. Si tratta ovunque di comunità giuridiche, il cui ordinamento è fatto di norme valide per una sfera spaziale più vasta o meno vasta, per una cerchia d'affari più grande o meno grande, o in altri termini d'una competenza centrale più estesa (stato unitario, stato federale) o più piccola (federazione di stati, comunità internazionale): norme che tutte di grado in grado dipendenti si riconducono (stante la premessa universalità dell'unico sistema giuridico) a una norma originaria, suprema, la quale, secondo due opposte tesi giuridiche, o è una norma-di diritto internazionale, o di diritto statale, dando luogo, secondo la terminologia della stessa scuola, alla tesi del primato del dirittti internazionale, o all'altra del primato del diritto statale. Dell'una e dell'altra s'è fatta applicazione alla teoria della federazione di stati e dello stato federale. Un'opinione del tutto isolata è quella di S. Romano (Corso di diritto internazionale, 2ª ed., Padova 1929, p. 80), secondo cui la federazione di stati sarebbe un ordinamento giuridico a sé, quindi né statale, né internazionale. Ma comunque giuridicamente intesa, nella federazione di stati s'è vista da tempo l'organizzazione modello da servire come prototipo a quell'organizzazione della comunità internazionale, ch'è permesso di sognare per l'avvenire, secondo scriveva uno dei suoi apostoli, il russo De Martens, nell'ultimo quarto del sec. XIX, e di cui si deve sperare la realizzazione con lo sviluppo ulteriore delle relazioni internazionali". Oggi di fronte alla Società delle Nazioni, la maggior parte delle discussioni sulla sua natura giuridica si riassumono nella sua identificazione o meno con la federazione di stati.
Per la federazione nel diritto pubblico italiano, v. corporazione.
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