FISCHETTI (Fischetti Gioffredo), Fedele
Nacque a Napoli il 30 marzo 1732 da Francesco e Cannina Severino.
A volte al primo cognome aggiungeva l'altro di Gioffredo (Goffredo o Coffredo): nel 1759 firmò la Caduta di Saul nella chiesa dello Spirito Santo di Napoli con i due cognomi "Fischettì Gioffredo"; ed ancora in una relazione del 29 ag. 1767 L'intendente della Manifattura degli arazzi, in occasione della realizzazione dei modelli per gli arazzi illustranti Storie di Don Chisciotte per il palazzo reale di Caserta, chiamò il F. con il nome di "Fedele Fischetti Coffredo".
Nel 1753 sposò Maria Anna Borrelli, figlia del pittore Gennaro, presso il quale apprese i primi rudimenti dell'arte.
In tutta la produzione giovanile, databile tra il 1760 ed il 1770 circa, è evidente l'influenza del classicismo romano di indirizzo batoniano, interpretato tuttavia secondo le esigenze decorative tipiche della tradizione pittorica locale. Questo rapporto con la produzione artistica romana sembra avvalorare l'ipotesi di un suo viaggio dì studio a Roma, secondo una consuetudine assai diffusa a partire dalla metà del secolo.
Le prime opere note del F. sono le tele Caduta di Simon Mago., Caduta di Saul (1759) e Presentazione al tempio (1760), che decorano la prima cappella a sinistra della chiesa dello Spirito Santo di Napoli. Risale sempre al 1760 anche la Natività della Vergine nella chiesa napoletana di S. Maria in Portico.
Nel 1763 il F. dipinse sette quadri, oggi scomparsi, per la stanza dell'udienza del nuovo "sedile" di Porto, rappresentanti episodì della storia romana. Nello stesso anno eseguì una Sacra Famiglia, grande tela situata nella chiesa di S. Teresa a Benevento.
In occasione dell'ampliamento della chiesa napoletana di S. Caterina da Siena, il F. ricevette l'incarico, tra il 1765 e il 1767, di affrescare la volta della navata, dove dipinse l'Ascensione di s. Caterina, con intorno la Trinità, la Vergine, s. Domenico e altri santi domenicani. Alle estremità dell'affresco realizzò due quadretti rappresentanti episodi della vita della santa. Nella stessa navata dipinse in scì lunette le Virtù teologali e cardinali, in corrispondenza dei sei altari laterali della chiesa. Nella tribuna, in cinque lunette, rappresentò il Padretemo e i quattro Evangelisti. Concluse il suo intervento nella chiesa dipingendo un olio su tela illustrante la Passione di Cristo, posto nel nicchione della cappella del Crocifisso. Strette affinità con questo ciclo presenta un vasto affresco che decora, con episodi delle gesta di Alfonso d'Aragona, la fascia esterna della volta della galleria del palazzo Maddaloni di Napoli. In assenza di datazione, l'opera è da ascriversi ad un periodo precedente il 1770.
Nella chiesa di S. Maria la Nova dipinse la Presentazione della Vergine al tempio e lo Sposalizio della Vergine, risalenti alla metà del settimo decennio. Nel 1766 sottoscrisse con altri artisti lo statuto riformato della Congrega di S. Luca dei pittori.
Nel 1767 l'intendente della Manifattura degli arazzi marchese A. Acciaiuoli e F. Fuga pensarono di affiancare a G. Bonito un altro pittore per approntare più rapidamente la realizzazione dei modelli per gli arazzi con Storie di Don Chisciotte, destinati ad ornare quattro saloni del palazzo reale di Caserta. Il F. fu preferito agli altri due pittori proposti G. Starace e G.B. De Rossi. Tra il 1767 e il 1770 lavorò a due "vani del gabinetto" in palazzo Gravina a Napoli, dove fu impegnato nuovamente nel 1780, quando eseguì due sovrapporte del gabinetto (affreschi e sovrapporte sono perduti). Nel 1770 firmò e datò la Storia dell'arcangelo Raffaele nella Congrega del Ritiro dell'Addolorata a Portici.
Le opere del periodo giovanile, improntate ad un ben definito indirizzo classicista, stimolarono l'interesse di L. Vanvitellì, strettamente legato a quel tipo di cultura che volle il F. quale decoratore di numerosi palazzì nobiliarì della città e delle principali residenze reali fuori della capitale del Regno. In queste vaste decorazionì a fresco, la tendenza al contemperamento deì caratterì della locale tradizione figurativa, legata agli esempi di F. Solimena, P. De Matteis, G. Del Po e F. De Mura, con le nuove istanze classiciste e accademizzanti - espresse a Napoli da pittorì quali A. Kauffmann, F. Fuger, G. Tischbein - trovò gli esiti più brillanti.
Il F. ricevette moltissime commissioni, che ne fecero uno dei più fecondi artisti della seconda metà del secolo. Nel 1770 venne incaricato della decorazione a fresco di vari ambienti del palazzo napoletano della famiglia dei duchi di Casacalenda, al tempo dell'intervento sull'edificio del Vanvitelli.
Il F. raffigurò, su precise indicazioni dello stesso architetto, alcune Storie di Alessandro Magno (gli affreschi staccati nel 1922 e nel 1956 dai saloni originari sono ora esposti nel Museo di Capodimonte; nel Museo Hangierì sì conserva un bozzetto per l'episodio del Sogno di Alessandro) e un'Allegoria di Giove in Olimpo con ai lati quattro Geni alati.
Nel 1772 il F. realizzò una serie di raffinati affreschi nella villa Campolieto dei Casacalenda a Ercolano, completata su disegni del Vanvitelli. In uno dei saloni al piano nobile rappresentò alcune scene di vita di corte sotto un finto pergolato animato da putti e uccelli, raggiungendo uno degli esiti più felici di pittura rocaille.
In occasione del primo tentativo importante di riforma della R. Accademia del disegno e pittura di Napoli fatto nel 1772 da G. Bonito e soprattutto da L. Vanvitelli, il F. fu tra gli artisti proposti per diventare professori dell'istituto. Dopo la morte del Vanvitelli, il F. rivolse direttamente al re Ferdinando IV la richiesta, peraltro non soddisfatta, di ricoprire la carica di docente.
Realizzò sempre per la chiesa dello Spirito Santo di Napoli una Madonna con Bambino tra s. Antonio da Padova e s. Gennaro e una Vergine con i ss. Anna, Carlo Borromeo e Girolamo, firmata e datata 1773. Tra il 1774 e il 1782 il F. dipinse il vasto affresco con Apollo e le Muse nella volta del quarto salone del palazzo Cellammare di Napoli per il principe Emanuele Imperiale di Francavilla.
Nel 1771 L. Vanvitelli aveva espresso parere favorevole all'ammissione del F. tra i pittori che avrebbero decorato il palazzo reale di Caserta, e qui il F., tra il 1777-78 e il 1781, fu uno dei maggiori artefici accanto all'anziano Bonito.
Nel 1778-79 dipinse a fresco nella volta della sala dell'udienza dei re l'Allegoria dell'Estate con Cerere e Proserpina e nella stanza da spogliatoio del re, oggi indicata anche come fumoir, l'Allegoria dell'Inverno con Borea che rapisce Orizia. Affrescò il gabinetto ad uso di bagno con l'Aurora nella volta e con medaglioni e sovrapporte rappresentanti Le Grazie, Diana e Atteone, la Nascita di Venere ed Episodi del mito di Atteone alle pareti (1781-82). Dipinse nel boudoir della regina l'affresco di Venere adornata dalle Grazie. Decorò la volta della sala dell'udienza della regina con l'Allegoria dell'età dell'oro prima del 1779 (di questo affresco si conserva il disegno preparatorio presso il Cooper - Hewitt Museum di New York) e la volta della sala delle dame con Aurora che rapisce Cefalo. In questi affreschi il F. manifestò la capacità di volgere i preziosismi stilistici del rococò in composizioni di più studiata compostezza formale, secondo la lezione di A.R. Mengs.
Poco dopo ebbe luogo la decorazione della galleria del casino di San Leucio, affrescata con il Trionfo di Bacco e Arianna nella volta e Scene della vita di Bacco sulle pareti. In essi il F. diede un'ulteriore prova della sua capacità di interpretare le esigenze del nuovo gusto aulico, colto e raffinato espresso, dall'ambiente artistico formato da pittori di origine tedesca, senza per questo rinunciare ad un tentativo di conciliazione con le istanze della tradizione decorativa brillante e raffinata, ancora apprezzata dalla colta committenza della Napoli di fine secolo.
Nel 1780 affrescò i peducci della cupola della chiesa dell'Annunziata a Napoli con i quattro Profeti. Nel 1784 firmò e datò Il ritorno vittorioso di Lamba Doria a Genova, grande affresco del salone ellittico al piano nobile del palazzo Doria d'Angri a Napoli, realizzato anch'esso su progetto di L. Vanvitelli e con la direzione finale del figlio Carlo. Affreschi policromi e monocromi decorano le pareti e la volta dell'ampio salone con allegorie allusive a vari personaggi di casa Doria e il ritratto statuario di Lamba Doria. Per la famiglia Carafa di Roccella, il F. decorò nel 1788 la cappella gentilizia del Ss. Rosario nella basilica napoletana di S. Domenico Maggiore.
Per l'altare dipinse il quadro con la Vergine del Rosario, con attorno i quindici Misteri, eseguiti a chiaroscuro su rame e spostati recentemente dalla loro sede originaria a Capodimonte. Nei peducci della cupola rappresentò i profeti Davide, Isaia, Geremia e Aggeo tra molti angioletti. Tali affreschi, realizzati a monocromo, sono di notevole qualità ed improntati a un terso classicismo.
Nel 1791 eseguì alcuni affreschi nella galleria della Real Fabbrica di Carditello; la sua operosa attività durò fin quasi alla morte, avvenuta a Napoli il 25 genn. 1792.
La ricerca di un linguaggio artistico più aderente alle nuove esigenze neoclassiche, libero dai legami con la tradizione, è presente con la stessa intensità così nella pittura come nella grafica. Tra i disegni del F. si ricordano in particolare il gruppo di proprietà della Società napoletana di storia patria e quelli che R. Morghen incise per il volume Prose e versi per onorare la memoria di Livia Doria Caraffa principessa di S.R.L della Roccella, stampato a Parma nel 1784. Questi disegni vennero commissionati al F. da V.M. Carafa della Spina, principe della Roccella, per onorare la memoria della moglie Livia Doria, morta prematuramente nel 1779.
Di notevole interesse è anche l'attività ritrattistica del F., resa nota da recenti studi, che hanno fornito un ulteriore contributo alla conoscenza dell'orizzonte produttivo del pittore. Negli inventari di casa Carafa a Napoli (del 1782 e 1801) sono attribuiti al F. cinque ritratti, raffiguranti vari personaggi della famiglia Carafa di Roccella: due rappresentano Livia Doria Carafa, principessa di Roccella, altri due ritraggono i suoi figli Gennaro Maria, duca di Bruzzano e Maria Teresa (tutti in collezione privata; Pisani, 1990). Il quinto ritratto, ora smarrito, rappresentava Vincenzo Maria principe della Roccella, il marito di Livia. Il primo dipinto, inciso da R. Morghen per il frontespizio del volume Prose e versi, fu eseguito nel 1774, mentre gli altri risalgono al 1777. Il F. dimostra anche in questo genere la partecipazione alle nuove istanze di gusto classicista, riassumendo sia l'esperienza maturata attraverso l'attenzione prestata ai soggiorni napoletani del Mengs, sia la lezione della ritrattistica aulica e ufficiale del Batoni, del tardo G. Bonito e di F. Liani.
Alcuni lavori che il F. realizzò per i Carafa di Roccella non vennero pagati per molti anni; il credito maturato dal pittore fu soddisfatto solo nel 1799, sette anni dopo la sua morte, quando la moglie e i figli, presentatisi insieme con il principe V.M. Carafa di Roccella davanti ad un notaio, accettarono che il debito venisse trasformato in capitale con una rendita annua (Pisani, 1988; 1989).
In seguito al rinvenimento di questo documento notarile si è potuto ricostruire il nucleo familiare del F.; in particolare tra i suoi figli si ricordano Alessandro e Odoardo, anch'essi pittori figuristi, attivi a Napoli tra il XVIII e il XIX secolo.
L'esistenza di Alessandro è stata segnalata da M. Causa Picone (1968-69, p. 157), che ne ha individuato la firma ("A. Fischetti f." o "F.A. F.f.") in alcuni fogli di disegni conservati presso la Società napoletana di storia patria.
Infine un inventario del 1801 dei mobili e degli apparati esistenti in quell'epoca nel palazzo Carafa di Roccella a Chiaia (Pisani, 1988, pp. 188; 1991, p. 214) ha stabilito definitivamente il legame di stretta parentela e di collaborazione tra il F. e Alessandro, la cui attività è poco conosciuta.
Si può supporre che Alessandro sia nato tra il 1754 e il 1755, considerando che il padre prese moglie nel 1753 e che la tela La Madonna con Bambino e ss. Simeone e Caterina d'Alessandria per la chiesa del Purgatorio di Venafro, firmata e datata 1773, fu probabilmente tra le prime opere dipinte da Alessandro. La morte dovette essere successiva al 1805, anno in cui è documentato il pagamento per tre monocromi dipinti nella chiesa di S. Paolo Maggiore di Napoli.
La produzione di Alessandro presenta strettissime affinità stilistiche con quella del padre, del quale riprende motivi compositivi e soluzioni formali, come nella tela del 1773 e nella pala firmata e datata 1774, raffigurante La Madonna con il Bambino tra s. Giovanni Battista e s. Margherita da Cortona nella chiesa di S. Giovanni ad Angri. Alle opere documentate può essere aggiunta la piccola tela del Museo di S. Martino di Napoli, rappresentante Le tre Grazie.
Entro il 1783 dipinse, con la collaborazione di C. Desiderio, L'Aurora nella volta del salottino degli specchi del palazzo Doria d'Angri a Napoli, tradizionalmente attribuita al padre. Questo affresco fa parte del ciclo decorativo realizzato da Alessandro e dal padre intorno al 1784 nelle volte di vari ambienti dell'appartamento al piano nobile del celebre edificio vanvitelliano.
Nel 1783 decorò la volta della prima galleria dell'appartamento nel palazzo Cellammare, già occupato dal principe di Francavilla, poi ceduto alla famiglia reale. L'affresco, raffigurante L'Allegoria delle arti liberali, è stilisticamente molto vicino ai modi del F., anche se si nota in Alessandro un più accentuato accademismo, aderente alle istanze del neoclassicismo tedesco importato a Napoli.
Sono di mano di Alessandro le quattro allegorie raffiguranti le Stagioni, comparse ad una vendita Finarte di Milano (catal. del 16 marzo 1968, n. 40). In queste tele il pittore tenta di conciliare, con risultati ben più modesti del padre, le soluzioni decorative ereditate dalla tradizione locale alle nuove esigenze del classicismo.
A queste opere si possono aggiungere tre quadri della collezione del principe d'Avalos del Vasto, che rappresentano le allegorie della Musica, della Pace e della Guerra, quest'ultima firmata e datata 1792. Per la cappella di palazzo Roccella a Chiaia, Alessandro realizzò sedici quadretti, copie della serie dei Misteri dipinta dal padre nel 1788 per la cappella Carafa in S. Domenico Maggiore.
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