FEDELE da Zara
Niccolò Busotti nacque a Zara l'8 sett. 1728, dal capitano Carlo, un nobile piemontese militare di professione al servizio della Repubblica di Venezia, e da sua moglie Anna Zulatti, figlia di un medico di Traù, in Dalmazia, oriundo di Rovigo. Ben presto il padre dovette lasciare la Dalmazia e passare nel Veneto per motivi di servizio; la madre allora si trasferì con i figli, tre maschi e due femmine, nella nativa Traù, donde tuttavia fece ritorno a Zara nel 1740- Fu dunque in quest'ultima città che F. svolse i suoi studi, entrando nell'antico seminario "Florio", dove manifestò precocemente la vocazione religiosa. Venne ordinato sacerdote nel 1751, e celebrò la sua prima messa nella chiesa di S. Simeone. Essendogli morto il padre, egli rimase qualche tempo in famiglia con la madre ed una sorella sposata (i fratelli avevano seguito le orme paterne nelle armate della Serenissima), passando però presto a Venezia come precettore del figlio giovinetto di un senatore, in casa del quale ebbe le tipiche pariniane esperienze dell'abate settecentesco di casa patrizia.
Insoddisfatto di quel tipo di vita ed attratto da ideali ascetici, il 21 sett. 1755 egli entrò nella famiglia francescana cappuccina nel convento di Venezia, svolgendo poi il noviziato sotto la guida del padre Clemente da Verona, nel convento di Coneghano Veneto -, dove fece la sua professione il 21 sett. 1756, e assunse il nome di Fedele da Zara. Ivi attese quindi per due anni a completare la sua formazione spirituale sotto il magistero del padre Bernardo da Piove di Sacco, poi vescovo di Zante e Cefalonia, approfondendo gli studi filosofici e teologici. In seguito fu guardiano di quel convento finché il capitolo provinciale tenutosi a Conegliano nel 1769 non lo trasferì a Padova, sempre come guardiano, dove rimase fino al 1771 (per brevi periodi era stato anche guardiano o vicario dei conventi di Udine e di Vicenza). Aveva intanto intrapreso, e la continuerà per tutta la vita, un'intensa attività di predicatore, sia dai pulpiti sia nell'ambito di gruppi più ristretti di ecclesiastici o di monache, o anche di laici, dei quali guidava gli esercizi spirituali. Nel periodo padovano conobbe G. B. Morgagni, ed una pagina davvero suggestiva delle sue Memorie narra dell'ultima visita fatta a quel grande scienziato solo otto giorni prima della di lui morte. Dalla prima giovinezza F. aveva dedicato un vero culto alla lingua latina, fino a raggiungerne un'assoluta padronanza, applicata con particolare facilità alla poesia, forma letteraria da lui coltivata con passione fin da ragazzo, raggiungendo risultati la cui qualità sorprende, e fa rimpiangere che il rispetto per la severità cappuccina gli abbia impedito di dedicarvisi con maggiore abbandono nelle forme a lui più congeniali.
La produzione poetica di F., conservata per intero nell'Archivio della Curia provinciale dei cappuccini a Venezia-Mestre, rappresenta il lavoro di un quarantennio, ed è contenuta in un volume intitolato Carmina, suddiviso in quattro libri (ff. 86+ 96+48+76 di formati vari); il primo di Epistole ed elegie, il secondo di Epigrammi, il terzo di Odi, ed il quarto di Inni sacri, dei quali solamente l'ultimo fu pubblicato, come il solo conveniente al suo stato di religioso di stretta osservanza, con il titolo di Hymnodion seu Hymnorum quorumdam Collectio, auctorep. Fedele Dalmata Iaderensi Ordinis capuccinorum sacerdote concionatore, nec non... (Venetiis 1797), poi completato da Mantissa ad Hymnodion sive ad priorem hymnorum collectionem additamentum (ibid. 1800). In versi, la sola altra pubblicazione impegnativa di F. fu un lavoro di vaga ispirazione oraziana sull'approssimarsi del nuovo secolo, Carmen saeculare saeculo XIX adproperante Regi saeculorum immortali, invisibili, soli Deo honor et gloria (Anconae 1793).
Al suo apparire esso sollevò grande interesse, ebbe ben cinque traduzioni (tre in italiano e due in croato), e fu oggetto di numerosi articoli e di assai discordi giudizi nelle riviste letterarie del tempo: Memorie per servire alla storia letteraria e civile (I, settembre 1793) ad esempio, e Il Genio letterario d'Europa (I, ottobre 1793) lo criticarono assai duramente, mentre il Nuovo Giornale enciclopedico d'Italia (VII, febbraio 1794), il Giornale ecclesiastico di Roma (VIII, agosto 1793) e le Effemeridi letterarie di Roma (XXII, agosto 1793) lo portarono alle stelle, con espressioni come "...si è meritatamente acquistato il nome d'Orazio redivivo..." (N. Giorn. encicl. ..., cit.). In realtà, se si escludono le prime strofe, di notevole effetto e di "biblica solennità" (Redento da Alano, p. 76), il Carmen si risolve in una lunga tirata oratoria zeppa di citazioni. È un peccato che gli scrupoli sopra accennati abbiano portato alla pubblicazione della parte meno valida delle coniposizioni poetiche di F., quella strettamente religiosa, perché invece quelle inedite di ispirazione profana sorprendono per la vivacità e l'eleganza: egli era naturalmente portato all'osservazione critica, alla satira, all'epigramma, ed alcuni componimenti che si riferiscono al tempo in cui era giovane precettore in seno al patriziato veneziano, le annotazioni sulla società e sui personaggi che lo circondano, sono davvero deliziose, e qua e là compaiono guizzi di autentica poesia, anche se poi egli si arena fatalmente nella tirata retorica e nell'intento moraleggiante. Va comunque ribadita la straordinaria qualità del suo latino, e la padronanza non comune delle metriche più varie.
Pur dedicandosi allora precipuamente alla predicazione ed alla formazione dei giovani frati, F. si era creato una certa rinomanza, tanto che nel 1766 il doge Alvise (IV) Mocenigo volle affidargli una delicata missione diplomatica: dovette recarsi a Veglia, la maggiore isola della Dalmazia, dove si erano verificati gravi disordini per discordie fra i cittadini del ceto primario, sia per tentare di ristabilirvi la pace attraverso la predicazione e i contatti personali, sia per raccogliere informazioni sul comportamento dei rappresentanti veneti e del clero. Rimase sull'isola fino all'aprile del 1767, e al ritorno presentò al doge una relazione sulla situazione che fu molto apprezzata. Forse in seguito a questo successo nel 1771 egli fu trasferito da Padova in Dalmazia, dove rimase fino alla morte.
In tale nuova sede la sua attività si estrinsecò in due diversi filoni apparentemente contrastanti, quello di teologo e diplomatico per conto dell'episcopato locale, e quello di umile cappuccino infermiere, predicatore ed assistente spirituale. Per il primo, ebbe la carica di teologo ufficiale dell'arcivescovo di Spalato, primate di Dalmazia e di Croazia, mons. L. Cippico, di mons. G. Varess vescovo di Ruspa e vicario apostolico della Bosnia ottomana, e di mons. A. Despuig y Dameto di Palma in Maiorca., patriarca d'Antiochia. Per il secondo filone, dopo un soggiorno a Zara protrattosi fino alla predicazione quaresimale del 1781, nel maggio si stabilì a Spalato come cappellano del locale ospizio dei cappuccini, con l'incarico di assistente spirituale dei soldati infermi della guarnigione veneta nell'ospedale militare, adiacente all'ospizio suddetto del quale egli ottenne il restauro e l'ampliamento da parte delle autorità.
In quella sede visse da protagonista le tristi vicende prima della carestia del 1780, durante la quale organizzò una mensa per i poveri, e poi della pestilenza che nel 1783-84 desolò la regione. Le pagine della sua autobiografia in cui narra di tale periodo (recentemente pubblicate da M. Giadrossi, in Atti e memorie della Società dalmata di storia patria) sono di una notevole intensità evocativa, che colpisce per la coincidenza con certi futuri celebri passi manzoniani. F. si ammalò fra i primi, ma superò la crisi e, ormai immune, poté prodigarsi fra gli infermi, sebbene anche lui in quarantena permolti mesi, avendo visto cedere al morbo il suo unico confratello a Spalato, padre Filippo Maria da Bassano, ed il vescovo G. L. Gavagnin. La città restò chiusa in ferrea quarantena dal marzo 1783 al luglio 1784, e F. descrive vivacemente ogni aspetto di quell'isola di terrore: le chiese serrate, le processioni con le reliquie, semideserte, le persone trascinate al lazzaretto, i carri di cadaveri, il suo correre giorno e notte a confessare moribondi, fino all'arrivo prima del provveditore generale per la Dalmazia P. Baldù e poi del procuratore generale F. Faliercon la flotta e gli aiuti, e alla disinfezione della città, culminando con la cerimonia della solenne benedizione da lui impartita al promontorio dove erano stati sepolti alla rinfusa i 1.900 morti di ogni ceto. Dedicato quasi per intero a quell'esperienza, ci resta a stampa il volume Opuscoletti del religioso cappuccino predicatore padre Felice da Zara (la maggior parte s.n.t.).Un altro gruppo di opuscoli venne pubblicato col titolo di Produzioni ascetiche ed ascetize concernenti la peste di Spalato 1784, del trovantisi in mezzo e superstite religioso cappuccino padre Fedele da Zara, Venezia 1790.
Di tutt'altro genere, espressione di un tentativo di F. di promuovere in Dalmazia studi economici e agrari, in favore dei quali egli organizzò delle pubbliche riunioni, furono articoli tecnici: Memoria concernente la rurale economia ed il commercio in Dalmazia, recitata nella seduta del 17 maggio 1789 (in Nuovo Giornale d'Italia spettante alla storia naturale, e principalmente l'agricoltura, le arti e il commercio, n. 12 del 16 e n. 13 del 23 luglio 1791); Memoria sugli ostacoli all'avanzata dell'agricoltura in Dalmazia, Venezia 1791; e Sui vantaggi offerti alla Dalmazia dalla buona coltivazione della terra, ibid. 1792, lavori in cui egli dimostra buona conoscenza della materia. Sebbene assai raramente, acconsentì a piccole pubblicazioni d'occasione, come Modo di celebrare una novena in onore del glorioso s. Serafino laico cappuccino, ibid. 1774; o Ad nob. virum com. Antonium Tartaleum, ob eius nuptias auspicatissime celebrantes epitalamium, Venetiis 1790; o In nuptiarum solemniis nob. dominae d.nae Matildis marchionissae de Canossa cum nob. domino d.no Ioanne Baptista ex comitibus de Arco epigramma..., s.n.t.; od Officium proprium d. Ioannis Ursini confessoris episcopi Trauguriensis, Venetiis 1799. Infine, unica opera di mole e d'impegno che gli si conosca, pubblicò una biografia, Notizie storiche concernenti l'illustre servo di Dio padre Marco d'Aviano, missionario apostolico dell'Ordine dei cappuccini e membro della provincia di Venezia..., Venezia 1798, in due voll. in 8º con ritratto.
I grandi avvenimenti che portarono alla caduta della Repubblica di Venezia furono vissuti intensamente e in prima persona da F. a Spalato. Essendo la popolazione di quella città fieramente avversa alla Francia rivoluzionaria, il 15 giugno 1797 scoppiò un violento tumulto contro la reggenza filofrancese, che culminò con l'assassinio del colonnello comandante G. Matutinovich e della sua famiglia, nonostante F. e l'arcivescovo mescolati alla folla tentassero coraggiosamente di calmare gli animi. Il disordine, le uccisioni e i saccheggi essendo nei giorni successivi dilagati, F. pensò che il solo modo per porvi fine fosse di spingere la città a far atto di dedizione alla Corona d'Ungheria, e riuscì ad imporre quel partito nell'adunanza generale che si tenne, ottenendo l'immediato invio di messi all'imperatore. Il 14 luglio una flotta imperiale attraccò a Spalato, ed il generale M. Rukavina prese possesso della città. Dopo il trattato di Campoformio tuttavia, la nuova amministrazione entrò subito in contrasto con l'episcopato della Dalmazia, e specialmente con l'arcivescovo di Spalato che vedeva la sua primazia gravemente lesa dalla preminenza accordata alla sede di Zara in campo giudiziario, anche ecclesiastico. F., come teologo ufficiale, fu investito della questione, e incaricato della stesura di una lettera sinodica all'imperatore, per conto dell'arcivescovo e dei vescovi suffraganei, il che egli fece in un ben articolato documento latino in cinque punti, che fu dato alle stampe, Ad Sacram Caesaream regalem apostolicam maiestatem Francisci II epistola archiepiscopi Spalatensis nec non Dalmatiae et totius Croatiae primatis Lelii de comitibus Cippico, Spalato 1798. L'11 maggio di quell'anno, allo scopo di raccogliere le sottoscrizioni di tutto l'episcopato e di persuadere gli incerti, F., armata una speciale veloce imbarcazione a vela e a remi, si reco a Zara, proseguendo poi per Arbe, Veglia, Cherso, Sebenico, Scardona, Traù, e, dopo una breve sosta a Spalato per consultazioni, per Lesina, Cattaro e Curzola. La missione riuscì a metà, perché i vescovi di Arbe, Traù e Lesina rifiutarono di firmare, ed altri nicchiavano. Comunque la rimostranza venne accolta e sostenuta da Pio VI, che nel suo breve del 30 ott. 1798 dato dalla certosa di Firenze ebbe parole di vivo elogio per Fedele. Colto da polmonite il 7 sett. 1801, egli morì a Spalato il 21 di quel mese.
Il suo funerale fu seguito dalla popolazione commossa che lo voleva in odore di santità, fino alla tumulazione nella chiesa di S. Filippo Neri. Pare che negli ultimi anni avesse rifiutato con fermezza la dignità episcopale, come testimonia un sonetto del padre C. Barbieri preposito dell'oratorio di Vicenza, Sulla renitenza ad accettare il vescovato, che si conserva nell'Arch. prov. dei cappuccini a Venezia-Mestre (n. 743 dell'elenco di padre Giovanni Crisostomo da Cittadella). Nel 1802 a Venezia usci postuma l'ultima opera di F., Pezzi di riflessione ed istruzioni intorno all'uso ingiusto del denaro, che scorgasi alla presta, e che si eviti in pratica l'uso ingiusto del denaro, e ciò che ordinariamente vien suggerito dal reo interesse.
Fonti e Bibl.: Venezia-Mestre, Arch. della Curia prov. OFM capp., Memorie circa la vita delp. F. da Z. scritte da lui medesimo, ms.; Ibid., Carmina Fidejadreni dalmata coenobitae in quatuor libros distributa; Ibid., gruppo di 149 lettere di F. a diversi, divise in quattro sezioni: 1) n. 11 di argomento teologico; 2) 7 di argomento letterario; 3) 15 di carattere polemico; 4) 116 di vario argomento; altro gruppo di 178 lettere a diversi, di vario formato e argomento, non classificate; Ibid., Annali d. Prov. veneta, vol. EE, ff. 252, 303, 329, 342, 348, 358, 378, 391; inoltre prediche, discorsi, allocuzioni, istruzioni per esercizi spirituali, orazioni funebri, conferenze, quaresimali. Roma, Arch. gen. d. cappuccini, convento S. Lorenzo da Brindisi: ms. AC 120, pp. 84-91; Biografia di padre F. da Z. (con incompleta bibliografia delle opere edite e manoscritte, pp. 91-94). Oltre i periodici citati nel testo cfr. G. A. Moschini, Della letteratura veneziana nel sec. XVIII…, I, Venezia 1806, p. 235 n. 1; I. Valentinelli, Specimen bibliographicum de Dalmatia et agro Labeatium, Venetiis 1842, nn. 268 ss.; Sigismondo da Venezia, Biografia serafica degli uomini illustri che fiorirono nel francescano istituto per santità, dottrina.... Venezia 1846, p. 832; Giovanni Maria da Ratisbona, Catalogus scriptorum Ord. minorum s. Francisci capuccinorum, Romae 1852, p. 21; G. Valentinelli, Bibliografia della Dalmazia e del Montenegro, Zagabria 1855, pp. 63 s., 152 s., 190; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquant'anni..., Appendice, Venezia 1857, pp. 322 s.; Davide da Portogruaro, Il misterioso pellegrino supposto san Benedetto G. Labre nelle "Memorie" di padre F. da Z., in Le Venezie francescane, III (1934), 3, pp. 171-174; Bernardino da Cittadella, Quattro secoli di vita francescana dei frati minori cappuccini della Provincia veneta (1535-1935), Padova 1936, p. 107; U. Tergolina Ghislanzoni Brasco, G. B. Morgagni nei ricordi di un cappuccino coevo, Venezia 1936 (estr. da Le Venezie francescane, V [1936], 1, pp. 40 ss.); Davide da Portogruaro, Storia dei cappuccini veneti, Venezia 1941, I, p. 9; II, pp. 79, 143, 146, 166, 204, 279; Giovanni Crisostomo da Cittadella, Bibliografia dei frati minori cappuccini della provincia di Venezia (1535-1939), Padova 1944, pp. 99-105 (con ampia bibliografia delle opere); Unione serafica [Venezia], XIV (1948), 1, pp. 11-16; Lexicon capuccinum, Romae 1951, coll. 587 s. (con scarna bibliografia); Redento da Alano, Padre F. da Z. poeta latino, in Le Venezie francescane, XXV (1958), 3, pp. 65-77; G. Saccardo, Necrologio dei frati minori cappuccini della Provincia veneta, Padova 1975, p. 427; M. Giadrossi, P. F. da Z. OFM capp. (1728-1801) e le sue memorie: 1) La caduta della Repubblica, in Atti e mem. della Soc. dalmata di storia patria, XII (1984), pp. 105-121; 2) La peste di Spalato nel 1783-84, ibid., XIII (1985), pp. 61-125; Bibliographia franciscana, XVI (1986), 2, n. 4719; C. von Wurzbach, Biographisches Lexikon d. Kaiserthums Österreich, LIX, p. 187.