FEDELE da San Biagio (al secolo Matteo Sebastiano Palermo Tirrito)
Nacque a San Biagio Platani (Agrigento) il 18 genn. 17 17 da Nicola Palermo e Maria Tirrito. Come egli stesso racconta nei Dialoghi familiari sopra la pittura ... del 1788, fin da piccolo mostrò una spiccata predisposizione per la scultura e la pittura, ma ben presto entrò nel seminario arcivescovile di Agrigento per studiare la grammatica, la retorica e la filosofia, coltivando nello stesso tempo le sue doti nel campo dell'arte. Giovanissimo, fu ammesso nel convento dei padri cappuccini di Casteltermini, dove rimase fino al 1742; nel 1739 indossò l'abito monacale, nel convento di Caltanissetta, con il nome di padre Fedele da San Biagio.
Sono tradizionalmente riferiti a questo primo periodo della sua attività un piccolo quadro con l'Addolorata, nella sagrestia della chiesa dei cappuccini di Caltanissetta, e la Madonna e i ss. Francesco e Antonio, nella chiesa dei cappuccini di Casteltermini, prove giovanili di qualità piuttosto modesta.
Nel 1742 F. si trasferì nel convento palermitano dell'Ordine e lì, nel 1745, fu ordinato sacerdote. Il suo apprendistato artistico subì una svolta decisiva fra il 1741 e il 1743 quando conobbe Olivio Sozzi, uno dei più affermati pittori siciliani del Settecento, che in quegli stessi anni aveva eseguito alcune opere per il convento dei cappuccini di Palermo (una tela con lo Sposalizio della Vergine e un affresco con S. Francesco nella cappellina esterna) e ne divenne allievo. Fu proprio il Sozzi infatti, per completarne la formazione, a indirizzarlo presso la bottega romana del suo maestro Sebastiano Conca, dove F. si fermò a lavorare negli anni fra il 1751 e il 1752; alla partenza del Conca per Napoli passò alla scuola di Marco Benefial, da lui definito suo nerzo maestro", frequentando contemporaneamente la scuola del nudo dell'Accademia di S. Luca.
Nell'ottobre del 1752 è documentato a Palermo dove F. rientrò "ben fornito di stampe, incisioni e gessi" (Roccaforte, 1968, p. 29), avendo assimilato ormai la lezione del barocchetto romano. che "ripeterà fedelmente nel corso della sua lunga e prolifica carriera, divenendo il pittore ufficiale dell'Ordine cappuccino siciliano" (Siracusano, 1990).
Fra il 1752 e il 1755 eseguì venti tele con patriarchi e santi fondatori degli Ordini religiosi per il convento dei cappuccini di Palermo, dove ancora oggi si trovano, mentre i relativi bozzetti sono conservati nel refettorio del convento cappuccino di Bivona. A datata 1754 la grande pala d'altare della chiesa dei cappuccini di Nicastro con la Madonna degli Angeli, s. Francesco d'Assisi e papa Innocenzo III, di forte impronta batoniana, commissionatagli da padre Ilarione da Feroleto, come si legge sul retro della tela. Intorno al 1755 sono databili alcune tele per la chiesa dei cappuccini di Ciminna - l'Assunzione di Maria, la Resurrezione di Lazzaro, il Martirio di s. Vito, l'Apparizione di Gesù a Bernardo di Corleone - che mostrano una chiara dipendenza dai modi del Benefial, interpretati però in forme più corsive e superficiali. Del 1756 è la tela con Gesù Cristo, s. Francesco dAssisi e s. Domenico per la cappella del beato Geremia della cattedrale di Palermo, di cui si conosce anche il bozzetto preparatorio ora nel convento palermitano dei cappuccini.
Dal 1756 al 1762 F. fu padre superiore del convento di Casteltermini, dove dipinse numerose opere (la Madonna e angeli, il Transito di s. Giuseppe, l'Estasi di s. Francesco e i bozzetti con la Madonna della Catena, la Madonna, s. Francesco e s. Antonio nella chiesa dei cappuccini; l'Annunciazione, l'Immacolata e l'Esaltazione della Croce nella chiesa madre), in larga parte derivate dal repertorio stilistico del Sozzi.
L'instancabile attività di F. è testimoniata da un numero altissimo di dipinti (secondo i biografi, centocinquantasei grandi pale d'altare e altre tremila opere di diversa grandezza), sparsi nelle chiese e nei conventi cappuccini, soprattutto della Sicilia occidentale, di cui è impossibile dare conto dettagliatamente e proporne una successione cronologica attendibile, dal momento che il pittore quasi mai firmava e datava le sue opere, in ossequio alle norme di modestia francescana. A tale proposito il Gallo (ms. sec. XIX) riporta la notizia che F. fu osteggiato da Francesco Sozzi, figlio di Olivio e anch'egli pittore, il quale gli rimproverava di esercitare l'arte di dipingere, contraria alla regola cappuccina. Tuttavia, sulla base dei documenti e delle minuziose ricerche condotte dal suo più attento biografo (Roccaforte, 1968), si riesce a seguirne le tappe del percorso artistico, ispirato sempre da intenti devozionali, ma sostanzialmente uniforme e privo di accenti originali.
Nel 1765, in occasione della canonizzazione del beato Serafino d'Ascoli e della beatificazione di fra' Bernardo da Corleone, F. si recò nuovamente a Roma, fermandosi per la durata di circa un anno, per eseguire alcuni dipinti da donare al papa, ai cardinali e ai padri della congregazione dei Sacri Riti. In particolare, vengono ricordati dalle fonti un S. Serafino per papa Clemente XIII Rezzonico e altri due quadri per il cardinale ponente, oggi irreperibili, mentre esiste tuttora una Gloria di s. Pio V, nella chiesa di S. Ambrogio alla Massima, comunemente riferita (Rudolph, 1983; Siracusano, 1986) a questo suo secondo soggiorno romano.
Nel 1767 dipinse, per la chiesa dei cappuccini di Alcamo, la tela con Padre Fedele da Sigmaringa, mentre si datano negli anni fra il 1768 e il 1772 il Ritratto del beato Bernardo da Corleone, già nella collezione dei principi di Roccapalumba e ora disperso, e il Ritratto del venerabile Andrea da Burgio, ora nel Museo dei convento dei cappuccini di Palermo. Più avanti, fra il 1774 e il 1776, eseguì dieci Storie della Passione per il coro dei cappuccini di Palermo, dove si conservano ancora oggi (tranne la Flagellazione, andata distrutta nei bombardamenti del 1943), nelle quali si ravvisa un più marcato interesse per i dati realistici, soprattutto nel Cristo schernito e nel Cristo spogliato. Va pure ricordato che nello stesso convento F. teneva un'avviata scuola di pittura, segnalata anche dai viaggiatori stranieri come J. Houel (1782) - il quale afferma che F. sarebbe stato più grande se fosse stato meno buon religioso - e C. G. Rezzonico (1817).
Nel 1784 gli venne affidata, da parte di padre Andrea da Tolfa, provinciale dei cappuccini romani, l'importante commissione di alcune pale d'altare per la chiesa dell'Ordine in San Lorenzo Nuovo presso il lago di Bolsena.
Eseguite nel convento romano della Concezione, le tele raffigurano la Vergine Immacolata e s. Serafino da Montegranaro e sei episodi di santi francescani (Stigmatizzazione di s. Francesco d'Assisi ' Martirio di s. Fedele da Sigmaringa, Sacra Famiglia con s. Felice da Cantalice, Estasi di s. Lorenzo da Brindisi, Martirio di s. Giuseppe da Leonessa, Beato Leonardo da Corleone, quest'ultima distrutta nel 1944). Una notizia documentaria riportata dal Roccaforte (1968) attesta inoltre che il 7 febbr. 1786 papa Pio VI si recò a S. Lorenzo Nuovo per ammirare tali dipinti e in quell'occasione concesse a F. il titolo di "padre provinciale di merito".
Rientrato a Palermo nel 1786, due anni dopo F. dette alle stampe i Dialoghi familiari sopra la pittura difesa ed esaltata dal p. Fedele da San Biagio pittore cappuccino col sig. avvocato d. Pio Onorato... (Palermo 1788), dedicati al duca d'Angiò.
Diviso in "giornate" e scritto in forma di dialogo, con intenti teorici e didattici che riguardano anche le tecniche (particolarmente interessanti sono le descrizioni della tecnica ad olio, con puntuali annotazioni sull'uso degli oli di noce e di lino in rapporto alle differenti qualità chimico-fisiche dei colori), il libro è una vera e propria miniera di notizie sulla pittura siciliana del sec. XVIII, in cui l'autore rivendica l'esistenza di una scuola pittorica locale, autonoma ma in stretta dipendenza dalla cultura romana d'impronta accademica.
Si datano entro il 1793 dodici figure di Sibille, oggi disperse, tranne una che si trova negli uffici della Biblioteca nazionale di Palermo. Al periodo estremo della sua attività viene pure assegnato l'Autoritratto, proveniente dalla collezione Giuliana di Agrigento e ora nella Galleria regionale della Sicilia di Palermo (Accascina, 1930), di buona fattura, caratterizzato dal disegno misurato e corretto e dalle tonalità basse e smorzate dei colori. Vanno segnalate inoltre, fra le numerose sue opere, alcune tele conservate nel Museo del convento dei cappuccini di Palermo: l'Immacolata, la Trinità e santi, Giuditta e Oloferne, Giaele e Sisara, Davide pastore, Davide re., S. Cecilia, Sansone, la SacraFamiglia, la Madonna, S. Giuseppe da Leonessa e ss. cappuccini, S. Francesco e s. Chiara, S. Francesco e l'angelo, L'angelo custode.
Morì a Palermo il 9 ag. 1801 e il suo corpo mummificato si trova nelle catacombe dei cappuccini della stessa città.
F. fu anche socio dell'Accademia romana dell'Arcadia, con il nome di Clorindo Eliniano, e, a Palermo, dell'Accademia del buon gusto e di quella degli Ereini. Della sua ricca produzione letteraria, d'ispirazione religiosa, ampiamente studiata da Roccaforte (1968), vanno citate almeno l'opera sacro-comica in versi La costanza fra perigli epilogata nella schiavitù del servo di Dio p. Ludovico d'Alcamo... (Palermo 1753) e l'opera sacro-drammatica in versi L'empietà della dottrina ariana conculcata e convinta nel glorioso martirio di s. Ermenegildo re d'Andalusia (Palermo 1797).
Fonti e Bibl.: Il catalogo completo delle opere di F. e numerosi documenti si trovano nel saggio monografico di P. Roccaforte, P. F. da S. B. Pittore e letterato, Palermo 1968, a cui si rimanda anche per l'ampia bibliografia. Sono indicati qui solo alcuni studi essenziali ed altri più recenti contributi sul pittore: Palermo, Bibl. centrale della Regione siciliana, ms. XV H 19: A. Gallo, Notizie dei pittori e mosaicisti siciliani... [sec. XIX], ff. 1023-1025; J. Houel, Voyage pictoresque des îsles de Sicile, de Lipari et de Malte, Paris 1782, p. 70; C. G. Rezzonico, Viaggio in Sicilia e Malta negli anni 1793-94, Roma 1817, V, p. 58; M. Accascina, Per la pittura del Settecento nel Museo nazionale di Palermo. Nuovi acquisti, in Boll. d'arte, IX (1930), pp. 501-504; Domenico da Partinico, P. F. da S. B. Platani, in L'Italia francescana, XLI (1966), pp. 436-454; S. Rudolph, La pittura del '700 a Roma, Milano 1983, n. 252, pp. 764 s.; D. Malignaggi, I "Dialoghi familiari sopra la pittura" di padre F. Tirrito da S. B., in Le arti in Sicilia nel Settecento. Studi in memoria di M. Accascina, Palermo 1985, pp. 351-372; C. Siracusano, La pittu ra del Settecento in Sicilia, Roma 1986, pp. 284-288; Id., in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, pp. 713 s.; D. Malignaggi, Storiografi della pittura sicil. fra Settecento eottocento, in D. Provenzani "pittore dei Lampedusa" e la pittura in Sicilia nel sec. XVIII, Palermo 1990, pp. 161-178; S. Bordini, Materia e immagine. Fonti sulle tecniche della pittura, Roma 1991, p. 167; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXIX, p. 378; Diz. dei siciliani illustri, Palermo 1939, p. 443; P. Sgadari di Lo Monaco, Pittori e scultori siciliani. Dal Seicento al primoottocento, Palermo 1940, p. 51.