Per fedecommesso si intende la disposizione testamentaria con la quale si obbliga l’erede o il legatario a conservare e restituire in tutto o in parte l’eredità o il legato. La riforma del diritto di famiglia (l. 19 maggio 1975, n. 151) ne ha profondamente limitato l’applicazione pratica: il nuovo testo dell’art. 692 c.c. dispone, infatti, che solo i genitori, gli altri ascendenti od il coniuge di un interdetto (o di un minore che si trovi in condizioni di abituale infermità di mente tali da far presumere che interverrà la pronuncia di interdizione) possono attribuirgli beni dell’asse ereditario, anche costituenti la legittima, con l’obbligo di conservarli e restituirli alla sua morte a favore della persona o degli enti che, sotto la vigilanza del tutore, hanno avuto cura dell’interdetto medesimo. Si parla in questo caso di sostituzione fedecommissaria, in quanto si ha una doppia istituzione avente però il medesimo oggetto, per cui si avrà una prima delazione a favore dell’istituito e, alla morte di quest’ultimo, una seconda a favore del sostituito; se le persone o gli enti che hanno avuto cura dell’incapace muoiono o si estinguono prima della morte di lui, i beni o la porzione di beni che spetterebbe loro è devoluta ai successori legittimi dell’incapace (art. 696 cod. civ.). Il fedecommesso ha così assunto una funzione di istituto a protezione dell’interdetto (o del minore che può essere interdetto) e, quindi, di rimunerazione per la persona o l’ente che se ne sono presi cura. L’ultimo comma dell’art. 692 c.c. dispone che in ogni altro caso la sostituzione è nulla: in particolare, non è ammesso il c.d. fedecommesso de residuo, cioè l’istituzione di secondo grado per la parte del compendio ereditario che eventualmente sopravanzi alla morte del primo istituito.