fede
Fiducia nella parola rivelata da Dio
La fede religiosa è l'attesa fiduciosa di una comunicazione da parte di Dio e l'accettazione delle verità da Lui trasmesse come parola rivelata. Il credente è convinto di non potersi salvare con le sue sole forze, ossia di non riuscire a comprendere da solo il senso della vita: perciò si affida a Dio, nella convinzione che Lui vuole ciò che è bene per noi e opera per il meglio
L'esistenza dell'uomo implica assai spesso ‒ a volte inconsapevolmente ‒ un atteggiamento di fiducia: ognuno di noi si fida di qualcuno o crede a qualcosa che gli viene detto, anche se non sempre si tratta di qualcosa che può essere dimostrato attraverso l'esperienza personale o sulla base di un ragionamento. Per esempio crediamo che il Sole sorgerà domani.
Tutte le religioni cercano di stabilire un rapporto tra l'uomo e la divinità, ma è soltanto nelle religioni rivelate ‒ che la fede svolge un ruolo centrale. Il credente è colui che decide di fondare la propria vita sull'accettazione fiduciosa di un messaggio che si presenta come la parola comunicata da Dio a un popolo o all'intera umanità in un preciso momento storico. E questo atteggiamento interiore è considerato più importante degli atti di culto e dell'osservanza di certe norme morali. Il teologo Karl Rahner ha definito i credenti "uditori della parola", cioè persone che ascoltano la parola di Dio per metterla in pratica.
Il principale modello dell'uomo di fede è Abramo, il quale si fida di Dio, che gli promette la nascita di un figlio quando è ormai vecchio e poi gli chiede di offrirlo in sacrificio. Egli è considerato il padre di tutti i credenti, ed è venerato da ebrei, cristiani e musulmani (Islam), i quali credono in un Dio che si rivela e interviene nella storia umana.
La parola musulmano deriva dall'arabo muslim, che significa "colui che si abbandona in Dio", proprio come fece Abramo. Quanto al cristianesimo, non è solo un insieme di norme morali o di dottrine astratte, ma anzitutto la fede in una persona, Gesù Cristo. Nella sua Lettera ai Romani, san Paolo osserva che l'uomo può liberarsi dalla schiavitù del peccato riconoscendo la morte e risurrezione di Gesù come avvenimento centrale della storia e fondando su di essa la propria esistenza. La Lettera agli Ebrei, invece, definisce la fede "fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono".
La fede è l'accettazione di precisi contenuti dottrinali, ma soprattutto una scelta fondamentale con la quale si riconosce non in sé stessi ma in Dio il fondamento della nostra vita e si rinuncia alla pretesa di costruire da soli il futuro. Un tempo la Chiesa cattolica riteneva che fossero escluse dalla salvezza eterna le persone che non credevano in modo esplicito in Cristo; ora invece afferma che anch'esse possano ottenere la vita eterna se possiedono una fede 'implicita', ossia se seguono la propria coscienza e cercano sinceramente la verità, anche se non riescono a trovarla.
La fede è quindi un incontro che si può raccontare, piuttosto che l'accettazione passiva di una serie di definizioni, anche se va vissuta nella comunità e deve perciò tradursi in una professione di fede (come il Credo dei cattolici recitato in ogni messa). Per le Chiese il singolo credente non può costruirsi una fede soggettiva, ma deve rimanere aperto al Dio che si rivela anche attraverso gli altri membri della comunità, che trasmettono da molte generazioni la stessa fede.
La teologia tradizionale ha cercato di precisare i presupposti razionali della fede, affermando che essa non costituisce un salto nel buio, ma una scelta ragionevole, anche se non dimostrabile allo stesso modo delle verità scientifiche. Altri autori hanno però ricordato che il credente deve comunque operare un salto e affrontare un rischio, e il filosofo francese Blaise Pascal ha presentato la fede cristiana come una "scommessa" su Dio, e su cui dobbiamo mettere in gioco la nostra esistenza. Il vero credente è qualcosa di più dell'uomo religioso, che elabora nella sua mente una certa immagine di Dio secondo le sue esigenze psicologiche e morali: egli si pone in atteggiamento di ascolto, pronto a scorgere la presenza divina là dove non se l'aspetta, e soprattutto nel volto di un uomo condannato a morte e crocifisso, come Gesù.