FECONDAZIONE (XIV, p. 927)
Il problema è stato studiato in questo ultimo decennio specialmente dal punto di vista fisiologico e chimico-biologico. La maggior parte delle ricerche è stata eseguita su uova di Echinodermi. Le già ricordate (v. XIV, p. 930) ricerche di Frank Rattray Lillie sulla fertilizina dimostrarono che questa sostanza ha la capacità: 1° di attivare la motilità degli spermatozoi; 2° di attirarli verso le uova; 3° di agglutinarli. La fertilizina, reagendo con una sostanza contenuta negli spermi, viene attivata e determina a sua volta l'attivazione dell'uovo. L'attivazione della fertilizina, oltre che dallo spermatozoo, può essere indotta anche da altri agenti chimici e fisici, come dimostrarono le ricerche sulla partenogenesi artificiale. Appena avvenuta la fecondazione o l'attivazione partenogenetica, tutta la fertilizina libera viene legata e l'uovo non ne produce più. Ciò è interpretato da Lillie ammettendo che nell'uovo è contenuta un'altra sostanza, detta antifertilizina, che reagisce con la fertilizina legandola, e quindi inattivandola, solo dopo che è avvenuta l'attivazione. Le ricerche furono riprese intorno al 1939. M. Hartmann e collaboratori distinguono due gruppi di fattori che entrerebbero in gioco nella interazione delle uova e degli spermi di riccio di mare, ai quali essi hanno dato il nome di gamoni e cioè ormoni della fecondazione.
Secondo M. Hartmann e collaboratori, si distinguerebbero gamoni femminili contenuti nelle uova, ginogamoni, e gamoni maschili, contenuti negli spermi, androgamoni. I ginogamoni si potrebbero distinguere in G.1, ad azione chemiotattica ed attivante sugli spermi, e G. 2, fattore zoospecifico, che agglutina gli spermi della stessa specie e paralizza quelli di specie differenti. Anche gli androgamoni si possono distinguere in A. i che paralizzano i movimenti degli spermi nella gonade e neutralizzano l'attività del G.1; e A. 2, che disciolgono la capsula gelatinosa che avvolge le uova, permettendo in tal modo agli spermi di raggiungere la superficie dell'uovo, e neutralizzano l'attività del G. 2. Per quanto riguarda i G., essi si potrebbero separare con opportuni accorgimenti dall'acqua di uova, e cioè dall'acqua di mare in cui abbiano soggiornato per qualche tempo uova vergini. Secondo M. Hartmann, il fattore ad attività chemiotattica si identificherebbe con l'echinocromo, e cioè con il pigmento che colora le uova del riccio di mare Arbacia, sul quale i suddetti autori hanno lavorato. Altri ricercatori però (A. Tyler, J. Cornman) non hanno potuto confermare l'attività chemiotattica ed agglutinante dell'echinocromo. Nell'interno dell'uovo, sempre secondo Hartmann, il fattore chemiotattico ed attivante si troverebbe combinato in un symplex con un'altra sostanza di elevato peso molecolare, verosimilmente una proteina (con funzione di supporto colloidale o di trasportatore principale); all'esterno dell'uovo il symplex è unito con una terza sostanza, anch'essa di elevato peso molecolare, indicata col nome di cosupporto o di trasportatore secondario. Notevole il fatto che, mentre l'echinocromo isolato possederebbe la capacità di attivare gli spermi a diluizioni assai rilevanti, se unito al trasportatore principale nel symplex binario, perde ogni attività. Se invece al symplex echinocromo+trasportatore principale si unisce il trasportatore secondario, questo symplex ternario possiede la capacità di agglutinare gli spermi oltre che di attivarli. Siccome il complesso echinocromo+trasportatore principale, per passare dall'interno dell'uovo nell'acqua che lo circonda, deve attraversare le capsule ovulari, è evidente che il trasportatore secondario si aggiunge al symplex binario proprio in questo momento. Ciò, d'altro canto, è dimostrato dal fatto che, allontanando meccanicamente le capsule ovulari, nell'acqua di uova si trova soltanto il symplex echinocromo+trasportatore principale; e che, d'altro canto, è possibile ottenere dalle capsule isolate un fattore capace di agglutinare gli spermi, ma non di attivarli né di agire su di essi chemiotatticamente. Questo fattore, riunito in opportune condizioni al symplex echinocromo+trasportatore principale, riforma il symplex originario echinocromo+trasportatore principale+trasportatore secondario, che possiede tutte le proprietà biologiche sopra descritte. In base a tutto ciò, è evidente che il trasportatore secondario contenuto nelle capsule ovulari possiede le stesse proprietà biologiche della fertilizina di Lillie.
Questa concezione ebbe critiche severe soprattutto per lo schematismo col quale vengono considerate, da Hartmann e collaboratori, le interazioni tra i fattori di origine ovulare e spermatica; ma essa rimane certamente un serio tentativo d'interpretare in termini chimici uno dei punti del problema della fecondazione.
Particolare interesse ha assunto in questi ultimi anni il fattore contenuto negli spermi, che ha la capacità di disciogliere la capsula gelatinosa delle uova. Infatti D. Mc Clean e J. W. Rowlands, E. Fekete e F. Duran Reynals, ecc. hanno dimostrato la natura enzimatica del fattore che discioglie il gel mucoso e disperde le cellule del cumulo ooforo dell'uovo dei mammiferi. L'enzima è stato riconosciuto come appartenente al gruppo delle mucinasi. Le ricerche comparative hanno dimostrato che fattori enzimatici di questo tipo sono molto diffusi, seppure con alcune diversità, nello sperma di animali delle più diverse specie. Questi reperti hanno anche acquistato recentemente importanza pratica nella interpretazione e nel tentativo di cura di alcuni casi di sterilità umana. Accanto a questo fattore, però, è stata segnalata nello sperma la presenza di un altro fattore, ad effetto del tutto opposto e cioè precipitante le capsule delle uova di echinodermi ed agglutinante le uova stesse. Questo fattore, che è possibile estrarre dallo sperma e anche dalle uova con procedimenti diversi e che, secondo A. Tyler, si identificherebbe con la antifertilizina di Lillie, è stato riconosciuto come una proteina basica (T. Hultin) il cui significato fisiologico non è molto chiaro.
Di notevole interesse è poi la recente scoperta, da parte di J. Runnström, di un altro fattore presente nello sperma e che, aggiunto ad una sospensione di uova vergini di riccio di mare, le rende infecondabili. La scoperta di questo nuovo fattore, da Runnstrom denominato spermalisina, è molto importante perché potrebbe costituire un notevole passo avanti verso la identificazione dei meccanismi fisiologici che prevengono la polispermia. La spermalisina è stata definita chimicamente come un acido grasso insaturo.
Una serie di ricerche è stata dedicata allo studio del ricambio ossidativo dell'uovo all'atto della fecondazione, dopo che O. Warburg aveva segnalato (1908) che nell'uovo di riccio la fecondazione è accompagnata da un forte, temporaneo aumento del tasso delle ossidazioni. Si è visto successivamente che questo fenomeno è ben lungi dall'essere generale e che accanto ad uova nelle quali esso può essere nettamente osservato, vi sono quelle di alcune specie nelle quali il metabolismo respiratorio non sembra che sia influenzato in modo apprezzabile dalla fecondazione (come in Asterias e nelle uova di Anfibî) ed altre in cui si ha addirittura un abbassamento del tasso delle ossidazioni (come in Chaetopterus). Il caso del riccio di mare è, come si vede, assolutamente particolare. Una modificazione del metabolismo respiratorio al momento della fecondazione si ha però in ogni modo. Il metabolismo dell'uovo vergine dovrebbe essere considerato, secondo D.M. Withaker, come "viziato" e la fecondazione lo riporterebbe ad una condizione di normalità. Anche nelle uova in cui non si ha un'apparente variazione del metabolismo respiratorio all'atto della fecondazione, come ad es., negli Anfibî, più attente ricerche hanno dimostrato una variazione del quoziente respiratorio (Q.R.), che scende da 0,99 a 0,66, il che dimostra che la natura dei processi ossidativi è diversa nell'uovo vergine e in quello fecondato (J. Brachet). Molte ricerche sono state dedicate anche ai meccanismi intimi della respirazione dell'uovo vergine e di quello fecondato, soprattutto da Runnström e collaboratori. Secondo questo studioso, nell'uovo vergine di riccio di mare uno dei mediatori della catena del sistema respiratorio si troverebbe in condizioni di inattività, mentre la citocromossidasi stessa sarebbe altrettanto attiva quanto nell'uovo fecondato. Soltanto che, per le condizioni di inattività del mediatore, essa non può reagire con il substrato. Avvenuta la fecondazione, il mediatore si libera o viene attivato, stabilendo in tal modo il contatto della citocromossidasi e del substrato. Secondo R. Ballentine, invece, al momento della fecondazione si avrebbe un'attivazione delle deidrasi.
Una serie di interessanti reperti si è ricavata dallo studio del metabolismo dell'uovo durante la fecondazione; ricordiamo solo che si è visto che al momento della fecondazione una parte del calcio passa dalla forma legata a quella ionica (D. Mazia) ed una parte viene addirittura perduta dall'uovo (Å. Orström) insieme con una parte del magnesio (A. Monroy e Oddo). Nelle fasi ulteriori dello sviluppo però ambedue questi ioni vengono riassunti lentamente dall'uovo. Particolare interesse ha destato l'osservazione di A. Mirsky che, al momento della fecondazione, circa il 10% delle proteine estraibili dalle uova con KCl, diviene insolubile. La natura di questa frazione ed il significato del fenomeno sono sinora indeterminati. J. Runnström, d'altro canto, ha trovato che, al momento della fecondazione, si ha la formazione di un acido, non ancora ben definito nella sua natura, ma che certamente non è acido lattico. Nello stesso tempo il contenuto in glicogeno scende da 12 a 9,6 mg. per ml. di sospensione di uova (Å. Orström e O. Lindberg). Le estese ricerche di Orström hanno anche dimostrato una notevole degradazione idrolitica di grosse molecole proteiche con formazione di ammoniaca a spese di aminopurine. È stata osservata infine una liberazione di colesterolo (A. Monroy e A. Ruffo) ed una aumentata attività della adenosintrifosfatasi (W. M. Connors e B. T. Scheer). Si è prospettata l'ipotesi (che non sembra però sostenibile) che la fecondazione possa essere ravvicinata dal punto di vista metabolico alla contrazione muscolare. Tutto, invece, tende a dimostrare che, al momento della fecondazione, si abbia nell'uovo come ha supposto J. Runnström, una attivazione di sistemi enzimatici. Ma le ricerche su questo punto sono appena iniziate.
Bibl.: J. Brachet, Embryologie chimique, Parigi 1945; M. Hartmann, in Forsch. u. Fortsch., XVIII (1941); F. R. Lillie, Problems of fertilization, Chicago 1919; F. R. Lillie e E. E. Just, Fertilization, in Cowdry's Gener. Cytol., Chicago 1925; A. Ruffo e A. Monroy, in Pubbl. Staz. Zool., Napoli, XX, 1947; J. Runnström, in Scientia, LXXI, 1942; J. Runnström, A. Tiselius e S. Lindvall, in Arch. f. Zool., XXXVI, n. 22, 1945; A. Tyler, in West. Jour. Surg. Obst. and Gynaec., L, 1942.
Fecondazione artificiale.
Complesso di manovre strumentali con le quali si ottiene l'avvicinamento delle cellule germinali maschili (spermatozoi) e femminili (cellule ovo) allo scopo di fecondare le seconde mediante le prime. Il termine, anche se entrato nell'uso comune, è improprio; ma improprî sono pure gli altri finora proposti: inseminazione artificiale, accoppiamento artificiale, spermateisfora strumentale, ecc. Il metodo consiste fondamentalmente in due manovre distinte: il prelievo dello sperma e il trasporto di questo in vicinanza della cellula ovo. Lo sperma si ottiene con mezzi incruenti e parafisiologici oppure cruenti.
I primi tentativi di fecondazione artificiale nei pesci (trota e salmone) sono dovuti a H. Weltheim ed a L. Jacobi (1725); nei mammiferi domestici (cane e coniglio) a L. Spallanzani (1779) ed a P. Rossi (1782); nella donna infine ad H. Hunter (1799), P. Gines (1866) ed E. Girault (1838-1869). Spetta ad E. Ivanov (1889-1930) il merito di aver per primo dato forma scientifica e sperimentale allo studio del problema e di aver inquadrato le basi della metodica applicativa negli animali domestici; a G. Amantea (1914) invece il merito di aver ideata la vagina artificiale. Da questo momento la pratica zootecnica della fecondazione artificiale assume uno sviluppo considerevole dapprima in Russia e poi gradatamente, dal 1920 in avanti, in numerosi paesi agricoli del mondo. In medicina umana invece la fecondazione artificiale ha sempre incontrato notevoli ostacoli non solo d'ordine tecnico, ma anche biologico e morale, tanto che fino al 1927 risultavano noti nella letteratura medica mondiale solo 88 casi, di cui 33 con esito raggiunto (A. Schorowa).
La fecondazione artificiale nel campo zootecnico. - I paesi nei quali la fecondazione artificiale si è diffusa rapidamente furono, dopo l'URSS (dove si calcola che negli ultimi anni siano stati ottenuti in tal modo 50 milioni di capi di bestiame), i paesi dell'Europa settentrionale (Danimarca, Germania) e dell'Europa orientale (Romania, Bulgaria) oltre che gli Stati Uniti e il Canada. In Italia il metodo è stato divulgato soprattutto da T. Bonadonna.
Dal 1935 ad oggi furono ottenuti, in Italia, sviluppi notevoli per l'azione stimolatrice e coordinatrice svolta non solo nel campo pratico ma anche teorico dall'Istituto L. Spallanzani di Milano e dai Centri di fecondazione artificiale sorti, nelle diverse provincie, sotto il controllo della direzione generale della sanità. Dal 1935 al 1943 furono fecondate in Italia, soltanto nell'Istituto L. Spallanzani e nei centri a questo aderenti, 90.000 femmine per lo più bovine. Gli scopi della fecondazione artificiale nel campo zootecnico (essa va sempre considerata come metodo complementare contingente e non sostitutivo; T. Bonadonna), si possono compendiare in due punti: potenziamento del patrimonio animale e limitazione alla diffusione delle malattie della sfera sessuale (che sono causa di sterilità nel 60% delle bovine esistenti in Italia).
La fecondazione artificiale nella medicina umana. - Viene praticata quando vi siano indicazioni di deficienze sessuali tanto maschili quanto femminili.
Tra le deficienze femminili ricorderemo: le ristrettezze vulvo-vaginali accentuate, tanto congenite quanto acquisite; la presenza di sepimenti vaginali non rimovibili con mezzi operatorî; i casi di vaginismo ribelle ad ogni trattamento medico e chirurgico; la particolare tossicità delle secrezioni vaginali di fronte agli spermatozoi; le ristrettezze e le angolature rigide del collo uterino. Tra le maschili: le malformazioni dell'asta virile; tutti i casi di impotentia coeundi con eiaculazione conservata; l'epie l'ipospadia; i casi di azoospermia per postumi di epididimite con funzione testicolare non alterata; i casi di sterilità maschile dovuti a processi infiammatorî della prostata con turbe della spermatogenesi.
È raro che al primo tentativo di fecondazione artificiale si ottenga la gravidanza. In genere le inoculazioni vanno ripetute più volte nei mesi successivi, come dimostra la statistica di P. Seymour e J. Koerner (1941) secondo la quale su 9489 gravidanze ottenute mediante la fecondazione artificiale, il 45% di queste comparvero solo dopo il dodicesimo tentativo. Nel 97% delle gravidanze ottenute i bambini nascono vivi e vitali; solo nel 3% si ebbero parti prematuri o aborti. Le percentuali dei successi sono molto diverse da autore ad autore: infatti I. Seguy dichiara il 44%; M. Trajna-Rao il 18,8%; P. Carey il 22 fino al 47%; P. Guttmacher il 55%; percentuali relativamente basse in confronto a quelle registrate nei campo zootecnico (95-97%).
Nei paesi anglosassoni, dove negli ultimi anni la pratica si è diffusa in modo rapido ed impensato (ricordiamo l'applicazione che se ne fece dai soldati americani dislocati nelle isole del Pacifico durante l'ultima guerra), si è giunti, quando lo sperma del marito non possegga requisiti biologicamente sufficienti, a sostituirlo con altro ritenuto più idoneo ai fini che si vogliono conseguire. Si delinea pertanto la figura del donatore estraneo alla coppia coniugale. Le statistiche compilate in questi anni negli Stati Uniti dimostrano che la fecondazione artificiale per mezzo del donatore offre maggiori probabilità di successo. In questo paese si sono costituiti centri di selezione del donatore il quale viene studiato dal punto di vista dell'ereditarietà, dal punto di vista biometrico e sessuale. Esso però resta sconosciuto alla coppia che a lui fa ricorso. I pericoli sociali peraltro che nascono dall'uso del donatore sono evidenti anche perché non sarebbe difficile che si accoppiassero individui consanguinei ignorando la propria consanguineità (A. Barton).
Nessun codice contiene attualmente una previsione della fecondazione artificiale; il diritto positivo infatti finora ha considerato la fecondazione legata alla copula. Nel campo penale ci si domanda se la fecondazione artificiale costituisca reato qualora venga imposta con violenza o con minaccia da parte del marito. Si è parlato di violenza carnale, di atto di libidine, di lesione personale, di ingiuria. Ma nessuna di queste interpretazioni ha consistenza giuridica; al più si può affacciare l'ipotesi di reato di violenza privata (V. M. Palmieri). Nel caso in cui la moglie si sottoponga alla fecondazione artificiale all'insaputa del marito, incorre nel reato di adulterio (va rilevato però che la giurisprudenza non è concorde su questo punto). In sede civile, la fecondazione artificiale imposta alla moglie o eseguita contro la volontà del marito può rappresentare motivo di separazione personale per ingiuria grave. Nel campo matrimoniale rende problematico il riconoscimento della nullità del vincolo ob impotentiam viri. Il marito può inoltre disconoscere la prole procreata dalla moglie mediante la fecondazione artificiale allegando la propria impotenza. La donna nubile che avesse procreato un figlio con fecondazione artificiale (sono registrati nella letteratura americana casi di questo genere) può proporre istanza per il riconoscimento giuridico della paternità qualora sia riuscita ad identificare il donatore. Se la fecondazione per mezzo di donatore facesse deviare un'eredità che sarebbe toccata agli eredi del marito, coloro che venissero in tal modo defraudati possono proporre giudizio per elusione dei propri diritti (V. M. Palmieri).
Da parte della Chiesa cattolica si è avuta la condanna esplicita e definitiva della fecondazione artificiale con decreto del S. Uffizio in data 24 marzo 1897; condanna rinnovata implicitamente in un altro decreto del 1° marzo 1941. Anche i vescovi hanno ammonito contro questa pratica i fedeli cattolici e in particolare di recente, ad esempio, in un'adunanza del clero francese il card. Suhard, arcivescovo di Parigi, con una allocuzione che ebbe larga eco anche altrove.
Dal punto di vista sociale inoltre, è intuitivo che, soprattutto quando venga praticata per mezzo di donatore, la fecondazione artificiale presenta inconvenienti gravissimi e tali da farla rigettare come un procedimento lesivo della dignità umana.
Bibl.: E. Alfieri, in Clinica nuova, 1945; T. Bonadonna, Nozioni di tecnica della fecondazione artificiale degli animali, Milano 1945; A. Chalier, La stérilité conjugale, Parigi 1947; De Martini, in Clinica nuova, 1945; L. Molinengo, G. Durando, A. Gennaro, medicine e morale, Torino 1947; A. Gemelli, La fecondazione artificiale, Milano 1947; P. Palmer, in Cahiers Laënnec, 1946; V. M. Palmieri, in Il progresso med., 1946; id., in Rassegna med-scient., 1948.