FECONDAZIONE (fr. fécondation; sp. fecundación; ted. Befruchtung; ingl. fertilization)
Consiste nell'unione di due cellule, per lo più tra loro differenti e prodotte, nelle specie animali e vegetali, da un individuo solo o da due individui. Senza dubbio è il fenomeno biologico più largamente diffuso. Pochi organismi infatti (batterî, alghe cianoficee, alcuni protozoi) vi si sottraggono; continuando cioè presumibilmente a moltiplicarsi indefinitamente per un processo di divisione. La fecondazione è dipendente in quasi tutte le specie dal differenziamento sessuale; cioè da quel fenomeno per cui le cellule deputate alla perpetuazione della specie non sono più uniformi, ma hanno acquistato proprietà morfologiche e fisiologiche del tutto divergenti, che le fanno complementari le une delle altre, per cui la specie non può essere perpetuata da una sola di tali cellule, ma soltanto dalla loro intima unione. Nell'evoluzione di qualche specie la sessualità può scomparire, e la specie può anche perpetuarsi senza l'atto fecondativo. Ma tale capacità, conosciuta col nome di partenogenesi (v.) si deve ritenere, ormai con certezza, come derivata, nella maggior parte dei casi, da una condizione primitiva di sessualità.
Il fenomeno della fecondazione, pur compiendosi secondo varie modalità, può ricondursi, come vedremo, ad uno schema sufficientemente uniforme. Forse la più fondamentale delle differenze, in quanto ne viene cambiato anche il significato, è quella che s'incontra tra organismi unicellulari e pluricellulari. Nei primi, infatti, l'individuo si divide indefinitamente, sino a che, per ragioni molteplici, perde questa possibilità. Tale perdita, che porterebbe ineluttabilmente all'annientamento della specie, viene riparata da un fatto nuovo: due di tali individui, che possono morfologicamente differenziarsi o no, per un'attrazione reciproca si coniugano; le loro masse nucleari si fondono, dando così origine ad un nuovo individuo che può riprendere il suo ciclo primitivo di moltiplicazione per mezzo di indefinite divisioni. Negli unicellulari perciò l'individuo tutto intero acquista l'una o l'altra delle due sessualità, attraverso uno stadio detto gamonte o anche gametocito, che poi si trasforma successivamente in gamete.
Negli organismi pluricellulari, invece, le varie cellule tra loro riunite hanno funzioni diverse le une dalle altre; ed al loro differenziamento morfologico corrisponde una divisione nel loro lavoro fisiologico. Riunite tutte insieme, la maggior parte di esse costituirà il cosiddetto soma dell'individuo con i suoi tessuti e i suoi organi. E, tranne nei casi speciali di gemmazione, tali cellule hanno perduto la possibilità di riprodurre un nuovo organismo. Questo compito è invece affidato ad altre cellule che hanno raggiunto nel corso della loro evoluzione una grande specializzazione: spermî negli individui di sesso maschile; uova in quelli di sesso femminile. Negli organismi pluricellulari non avviene quindi quello che si constata avvenire negli unicellulari, dove la funzione di gamete viene assunta dall'individuo intero: solo alcune cellule, le così dette cellule germinali, assumono nei Metazoi tale funzione; tutte le altre sono destinate inesorabilmente alla morte.
Morfologia della fecondazione. - È noto come nei Metazoi le due cellule germinali, uovo e spermatozoo, hanno caratteri profondamente divergenti; non altrettanto avviene invece per molti organismi unicellulari. I fenomeni evolutivi che caratterizzano la maturazione degli elementi sessuali sono poi notevolmente uniformi nei Metazoi. Materiale classico per indagare il significato della fecondazione ci è dato dagli Echinodermi, e dall'Ascaris megalocephala, il comune verme intestinale del cavallo. Nel primo caso si ha il grande vantaggio di poter seguire le varie fasi del fenomeno sotto il campo del microscopio, perché l'uovo, piccolo e povero com'è di sostanze di riserva, è relativamente trasparente; nel secondo caso si ha inoltre il vantaggio di poter seguire il comportamento della sostanza cromatica per il fatto che i cromosomi sono, nell'uovo fecondato, molto bene evidenti e pochi di numero (2 oppure 4 a seconda delle varietà). Per la rappresentazione schematica del fenomeno e per il significato fisiologico da darsi ai varî momenti dell'atto fecondativo ci limiteremo allo studio delle uova di Echinodermi (Asterias, fig. 4).
L'uovo, appena libero nell'acqua di mare, è in quello stadio conosciuto sotto il nome di oocito di 1° ordine. Il nucleo o vescicola germinativa collocata nel centro dell'uovo migra verso la periferia; la membrana si discioglie; e subito si forma un fuso nucleare (fig.1, a, b) in cui si conta un numero di cromosomi ridotto a metà (18) in confronto di quello che è il numero normale della specie (36). I cromosomi hanno un aspetto particolare, costituendo le cosiddette tetradi; esse sono destinate a dividersi per una prima cariocinesi che viene interpretata come riduttiva, in quanto che gli elementi che compongono ciascuna tetrade vengono disgiunti gli uni dagli altri. Terminata questa prima divisione, ne risultano due nuclei, uno situato verso l'interno, l'altro verso l'esterno dell'uovo. In ciascuno di essi è contenuto un corredo semplice di cromosomi (condizione aploide). Successivamente incomincia a delinearsi una piccola protuberanza protoplasmatica alla superficie esterna dell'uovo in cui migrano i cromosomi che si erano, al termine della cariocinesi, raccolti verso il polo esterno del fuso (fig.1, c). In seguito la protuberanza protoplasmatica s'individualizza in una piccola sfera, che finisce col distaccarsi dalla superficie dell'uovo e rimanere isolata. È questo il 1° globulo polare che per la massa di sostanza cromatica è perfettamente equivalente al nucleo dell'uovo (fig.1, d). Successivamente il nucleo ovarico entra di nuovo in cariocinesi (fig.1, e) e i cromosomi, da doppî che erano, finiscono, mercé questa 2ª cariocinesi, col rimanere semplici. Anche il risultato finale di tale 2ª divisione è la formazione e la successiva emissione del 2° globulo polare. Rimane quindi in definitiva nell'uovo un solo corredo di cromosomi semplici, mentre all'esterno si osserva un 1° globulo polare, il quale può in taluni casi anche dividersi e dare così origine a due nuclei figli; e un 2° globulo polare. Mentre negli Echinodermi tutte queste fasi della maturazione dell'uovo si compiono prima della penetrazione dello spermio, ed anzi la fecondazione non può avvenire se non quando le fasi sopra dette sono terminate, in molti altri casi (Nematodi, Platelminti, Molluschi, Crostacei) la fecondazione si compie prima dell'emissione del 1° globulo polare; ed anzi in alcuni casi si rompe la vescicola germinativa e si forma il 1° fuso di maturazione solo quando lo spermatozoo è già entrato nell'uovo. Negli Echinodermi la vescicola germinativa dell'uovo non ancora fecondato si trasforma rapidamente in un piccolo nucleo vescicoloso (fig. 1, f), in stadio cioè di perfetto riposo, e in tali condizioni migra verso il centro dell'uovo.
La maturazione delle cellule germinali maschili avviene nel testicolo sostanzialmente allo stesso modo. Vale a dire che i cosi detti spermatogonî in cui si osserva ancora il duplice corredo cromosomico, dopo un certo numero di generazioni, attraversato un periodo di accrescimento in cui avviene la copulazione dei cromosomi omologhi, si trasformano nei cosiddetti spermatociti di 1° ordine, in cui il numero dei cromosomi appare ridotto di numero, e a forma di tetradi, perché i singoli cromosomi di una serie si sono copulati con i cromosomi corrispondenti dell'altra serie, gli uni di origine paterna, gli altri di origine materna. Una prima cariocinesi, interpretata come riduttiva, disgiunge i cromosomi omologhi per modo che nelle due cellule che ne derivano (spermatociti di 2° ordine) è contenuta una sola serie di cromosomi (condizione aploide). Una 2ª cariocinesi è resa poi possibile per il fatto che i cromosomi dei due spermatociti di 2° ordine sono doppî di massa; di guisa che in definitiva da un'unica cellula spermatogoniale sono derivate quattro cellule perfettamente equivalenti come massa di sostanza cromatica, trovandosi cioè tutte e quattro in condizione aploide. Queste quattro cellule che prendono il nome di spermatidî sono in tutto equivalenti come massa di sostanza cromatica al pronucleo ovarico (figura 2). L'evoluzione delle cellule germinali maschili è completamente paragonabile a quella delle cellule germinali femminili, con questa unica restrizione: che delle quattro cellule derivate da un primitivo ovocito solamente una, che è l'uovo maturo, partecipa al processo fecondativo; le altre tre, e cioè le due cellule derivate dalla possibile divisione del 1° e del 2° globulo polare, sono da considerarsi come ovuli abortiti, inadatti ad essere fecondati o, comunque, a progredire nello sviluppo a causa della mancanza di sostanze nutritizie.
I quattro spermatidî non tardano ad evolversi in spermatozoi e la loro evoluzione consiste essenzialmente in un primo processo di allungamento, e nella distribuzione particolare delle varie parti.
Lo spermatozoo al termine della spermatogenesi è costituito di un capo in cui è fortemente condensata tutta la sostanza cromatica e alla cui sommità sta una porzione protoplasmatica costituita in parte dai così detti corpi di Golgi (sostanza della sfera e apparato periidiosomatico o dittosomi del Perroncito), e conosciuta anche sotto il nome di acrosoma, e, per la sua ipotetica funzione, anche di perforatorium (fig. 3). A questa prima parte dello spermatozoo è innestato, mediante il collo, il cosiddetto pezzo intermedio, nel quale si nota, in prossimità del nucleo, un corpuscolo centrale (centriolo prossimale) costituito da due piccoli granuli l'uno a lato dell'altro, più in basso un altro corpuscolo (centriolo distale) anch'esso suddiviso in un granulo anteriore e uno posteriore, tutti veri e proprî centri cinetici. La maggior parte delle formazioni mitocondriali sono condensate nel suddetto pezzo intermedio e disposte in varia guisa, talora condensate in pallottoline sferiche, tal'altra distribuite in modo da costituire come una specie di guaina e di una fibra spirale che avvolge tutto il pezzo intermedio. Infine quello che imprime la caratteristica comune a quasi tutti gli spermatozoi delle differenti specie è il filamento assiale che già s'innesta alla parte anteriore del centriolo distale, attraversa tutto il pezzo intermedio, e continua nella cosiddetta coda, la quale non è altro che un involucro protoplasmatico che va gradatamente assottigliandosi sinché nell'ultima parte dello spermatozoo (parte terminale) il filamento assiale, costituito di minutissime fibrille, pare del tutto libero e, cioè, non più circondato da involucro protoplasmatico.
Tutte queste varie parti dello spermatozoo hanno una funzione importante per il processo della fecondazione. Ma quale di esse è veramente essenziale? L'apparato motore rappresentato dal filamento assiale inserito al centriolo distale (vero e proprio cinetonucleo) col suo rapido estendersi e ritirarsi spinge innanzi la testa. Il movimento è abbastanza rapido; e senza alcun dubbio nella maggior parte delle specie questa condizione di vivace motilità facilita la realizzazione del processo fecondativo. Ma in molti casi (Nematodi, alcuni Crostacei, ecc.) gli spermatozoi, privi di filamento assiale, si muovono assai lentamente con scarsi movimenti ameboidi. Quindi tale semplice constatazione esclude già che la coda dello spermatozoo possa avere una funzione indispensabile al vero e proprio processo fecondativo.
Nella fecondazione delle uova di Echinodermi, tra gl'innumerevoli spermî che, attratti dall'uovo, lo circondano disposti come in un alone periferico, quello che per primo si è avvicinato alla superficie dell'uovo determina, in seguito a uno stimolo di contatto, il sollevamento di una membranella che è la cosiddetta membrana vitellina o di fecondazione, la cui consistenza, generalmente solo gelatinosa, ma in altri casi assai notevole, impedisce di norma la penetrazione di altri spermatozoi (fig. 4). Questa membrana, probabilmente già preesistente, si fa soprattutto evidente, oltre che in seguito ad assorbimento di acqua, soprattutto perché l'uovo reagisce al contatto con lo spermio con una espulsione di colloidi liquidi dall'interno, tanto è vero che si osserva una retrazione, e quindi una diminuzione di volume dell'uovo. Tra la membrana di fecondazione e l'ooplasma si determina poi un certo spazio, il cosiddetto spazio perivitellino, nel quale si accumula un liquido di una certa consistenza. Intanto lo spermio si è andato insinuando attraverso la membrana gelatinosa di fecondazione (fig. 4), e da parte della sostanza protoplasmatica dell'uovo si è andata formando una particolare prominenza, la quale, delineatosi lo spazio perivitellino, finisce col risultare perfettamente distaccata dalla membrana di fecondazione. Lo spermio, aiutato dai movimenti del flagello, penetra in questa prominenza protoplasmatica, il cosiddetto cono d'attrazione; ma non appena ne è penetrato il capo, con l'acrosoma e il pezzetto intermedio, tutta la porzione flagellata, adempiuta ormai la sua funzione, si distacca e rimane inglobata nella membrana di fecondazione, dove viene rapidamente riassorbita (fig. 4).
Il capo dello spermatozoo assorbe poi sostanze liquide dell'uovo, e quindi non tarda a rigonfiarsi e a trasformarsi in un nucleo che sarà il pronucleo maschile. Rapidamente si è venuto intanto organizzando vicino al nucleo spermatico, concentricameute ad un centriolo, una centrosfera attorniata dalle formazioni asteriali del cosiddetto aster spermatico. Successivamente la testa dello spermatozoo, accompagnata dall'aster, subisce una rotazione di 180° così che l'aster finisce con l'essere rivolto verso il centro dell'uovo, quasi a guidare verso tale direzione il pronucleo maschile (fig. 5). Compiutasi questa migrazione, già in genere precedentemente avvenuta da parte del pronucleo femminile, si stabilisce rapidamente il contatto tra i due pronuclei. Realizzatasi così tra loro un'intima unione, viene a formarsi il cosiddetto sincarion. Frattanto la centrosfera (centriolo e centrosoma spermatico) si è andata dividendo (figg. 5 e 6). Le due nuove centrosfere, con formazioni asteriali assai cospicue e tra loro riunite da fibre fusoriali, si sono portate ai due poli opposti: l'uovo a questo punto ha acquistato quella condizione di dicentria che gli permette senz'altro di dividersi (fig. 6). E infatti, dopo un periodo d'intensa assimilazione da parte di ambedue i pronuclei intimamente associati, e durante il quale si è disciolta la membrana nucleare, si vedono apparire bene distinti i cromosomi in condizione aploide sia nel territorio del pronucleo spermatico, sia nel territorio del pronucleo ovarico (fig. 6). Questi cromosomi chiaramente doppî, perché durante il periodo di assimilazione hanno raddoppiato la loro massa, non tardano a disporsi in una piastra equatoriale e poi successivamente, attraverso tutte le fasi d'una comune mitosi, dividendosi anche tutta la massa ooplasmatica, s'inizia la segmentazione dell'uovo. Questo processo s'inizia così con due corredi cromosomici perfettamente equivalenti, l'uno di origine paterna, l'altro di origine materna, che talora (almeno per i primi stadî) mantengono anche una certa indipendenza; lo sviluppo ha principio quindi con quella condizione cosiddetta diploide, significativa soprattutto dal punto di vista dei problemi dell'eredità, per il fatto che tutte le cellule del nuovo organismo conterranno in quantità perfettamente equivalente sia i cromosomi di origine paterna sia quelli di origine materna.
Il comportamento della sostanza cromatica, sia in tutte queste fasi della fecondazione, sia nelle fasi precedenti di maturazione delle cellule germinali, è tale che non è possibile non assegnare ad essa un'importanza quasi esclusiva riguardo ai problemi dell'eredità (v.). Ma le altre sostanze contenute nello spermatozoo, e specialmente le formazioni mitocondriali del pezzo intermedio, l'apparato cinetico portato entro l'uovo dallo spermatozoo, quale funzione e quale importanza hanno anche riguardo ai suddetti problemi? Conviene subito premettere che su tali ardue questioni una parola assolutamente sicura non è stata ancora detta. Per quanto riguarda le formazioni mitocondriali, sino a non molti anni or sono vi era la tendenza a considerarle formazioni permanenti ed equivalenti in ambedue i gameti e si propendeva quindi ad assegnare anche a loro una certa importanza per i problemi dell'eredità. Se non che i più recenti studî tendono a considerare tali formazioni come di natura del tutto labile e che continuamente si rinnoverebbero durante il metabolismo cellulare. In secondo luogo, in molti casi si è potuto accertare in modo decisivo che se anche le formazioni mitocondriali del pronucleo maschile entrano nell'uovo, esse non partecipano per nulla all'intimo processo della fecondazione, tanto da ritrovarsi segregate e del tutto inattive in uno qualunque dei primi blastomeri.
Per quanto riguarda il corpuscolo centrale e la relativa centrosfera, la teoria del Boveri sulla fecondazione, svolta nel 1887-1888, li considera di derivazione esclusivamente spermatica. Senza alcun dubbio questa teoria, se pure con qualche restrizione, può avere un certo valore anche oggi; l'uovo cioè sarebbe destinato a rimanere inerte, perché durante la sua evoluzione ha perduto l'indispensabile centro cinetico. Ripara a questa perdita lo spermatozoo con la fecondazione, portando entro l'uovo un nuovo centro cinetico assai attivo. Ma a questo riguardo conviene notare che è molto dubbia l'affermazione generale di una continuità genetica tra il corpuscolo distale contenuto nel pezzo intermedio dello spermatozoo e il corpuscolo centrale dell'aster spermatico. Infatti in alcuni casi si riesce a far penetrare nell'uovo solo un frammento dello spermatozoo, eliminando completamente tutto il pezzo intermedio e quindi anche il centriolo distale, e ciò nonostante appare egualmente la formazione asteriale e il corpuscolo centrale. In taluni casi poi (Crepidula) si dimostra che anche attorno al pronucleo femminile si può originare una regolare centrosfera; per modo che rimane sempre il dubbio che possa qualche volta anche esclusivamente la centrosfera del pronucleo femminile assicurare la dicentria dell'uovo. Di guisa che tutto un complesso di osservazioni e di esperienze tenderebbero a far conchiudere che l'unico materiale importante, dal punto di vista dell'eredità, è quello contenuto nel pronucleo spermatico, il che avvalorerebbe considerevolmente la teoria della funzione esclusiva della sostanza cromatica come estrinsecatrice delle proprietà ereditarie.
In questi ultimi anni, per merito soprattutto della scuola americana di R. S. Lillíe, si è tentato di meglio penetrare nel significato fisiologico della fecondazione. Si suppone che l'uovo maturo contenga una sostanza di natura colloidale solubile, la cosiddetta fertilizzina, la quale costituirebbe come un legame chimico tra uovo e spermio. Tale sostanza verrebbe prodotta dall'uovo nel momento più favorevole alla fecondazione, quando cioè la vescicola germinativa si disfa per l'emissione dei globuli polari. La sua produzione continuerebbe però per qualche tempo ancora, anche dopo l'emissione dei due globuli polari. Se però è avvenuta la fecondazione, la fertilizzina non esiste più, essendo stata per così dire neutralizzata dello spermio. Se poi l'uovo non viene fecondato, la fertilizzina (almeno per quanto riguarda le uova degli Echinodermi) viene dispersa nell'acqua di mare. Perduta questa sostanza, l'uovo non eserciterebbe più alcuna attrazione sugli spermî, e non potrebbe più essere fecondato.
La formazione della membrana di fecondazione è poi un fenomeno oltremodo complesso, difficile ad analizzare. Di sicuro si sa che con la fecondazione lo strato limitante il protoplasma vivente e che identifichiamo come membrana ovulare deve subire profonde modificazioni di natura fisico-chimica. Probabilmente queste modificazioni consistono in un grande aumento della permeabilità, per cui vengono ad essere facilitati gli scambî respiratorî. Certo si è che l'uovo fecondato consuma una quantità di ossigeno molto maggiore che non immediatamente prima della fecondazione, ed è a questa possibilità di ricambio respiratorio che deve fondamentalmente essere ricondotto l'intenso metabolismo caratteristico di tutte le uova all'inizio dello sviluppo. L'uovo maturo non fecondato verrebbe in tal modo considerato come una cellula senescente e spossata a causa del grande differenziamento raggiunto, e quasi completamente asfittica: permealizzandosi con la fecondazione, essa è in grado di riprendere un normale ciclo vitale.
Attivazione artificiale delle uova. - Sino dal 1896 R. Hertwig scoprì che uova non fecondate di riccio di mare, trattate con una debole soluzione di stricnina, iniziano una segmentazione, tuttavia irregolare. Queste ricerche furono seguite da numerosissime altre: e il Loeb circa trent'anni or sono dimostrava che dopo un appropriato trattamento si può ottenere lo sviluppo del tutto regolare di uova non fecondate di Echinodermi. Successivamente da uova non fecondate di riccio di mare il Delage non solo ottenne le larve complete, ma anche la successiva metamorfosi. Coi metodi più varî e per opera principalmente del Bataillon vennero poi artificialmente attivate anche le uova di Anfibî, ottenendo lo sviluppo completo, cioè la normale metamorfosi dei girini. Non vi è dubbio alcuno che i fenomeni che decorrono in seguito all'attivazione artificiale delle uova si svolgono in modo abbastanza parallelo a quelli che si osservano nella fecondazione naturale, ma sarebbe un errore credere che lo stimolo che esercita lo spermatozoo sia della stessa natura di quello che si esercita con l'attivazione artificiale. Solo si può dire, di fronte alla grande varietà dei mezzi adoperati, tutti più o meno adatti a provocare lo sviluppo dell'uovo, che per vincere il suo stato asfittico e quindi la sua inerzia sono sufficienti gli stimoli più varî, alcuni noti per la loro azione, altri del tutto ignoti. E per l'appunto lo stimolo esercitato dallo spermatozoo, e che è il più specifico di tutti, è tra quelli di cui l'azione ci è ancora quasi del tutto ignota.
L'attivazione artificiale delle uova del resto è piuttosto conosciuta sotto il nome di partenogenesi artificiale, perché in realtà alcuni dei fenomeni che si osservano sono in parte paragonabili a quelli che decorrono nella partenogenesi naturale e specialmente in quei casi di cosiddetta partenogenesi primitiva, in cui lo sviluppo spontaneo dell'uovo è, per così dire, nel suo primo insorgere (v. partenogenesi).
Tra il normale processo fecondativo, quale abbiamo esaminato, e quelle condizioni per cui l'uovo naturalmente si sviluppa senza lo stimolo dello spermatozoo si osservano poi condizioni transitorie, che meritano di essere accennate. Per esempio esperimentando sulle uova di Echinodermi si può riuscire a fare rimanere del tutto estraneo il pronucleo maschile, e a produrre l'attivazione dell'uovo e naturalmente lo sviluppo in condizione aploide, con il solo concorso del pronucleo ovarico. In altri casi e in condizioni del tutto naturali, per esempio in alcuni vermi nematodi del genere Rhabdites, le uova per svilupparsi hanno necessità dello spermio, ma la funzione di questo si limita all'attivazione dell'uovo, in quanto esso non partecipa per nulla al vero atto fecondativo, vale a dire alla fusione col pronucleo ovarico, ma invece degenera rapidamente alla superficie esterna dell'uovo, col quale in definitiva è appena giunto a contatto.
In altri casi si possono riprodurre artificialmente, per esempio trattando le uova di Anfibî con i raggi delle sostanze radioattive, condizioni opposte. Si può ottenere cioè l'eliminazione del pronucleo ovarico rendendolo picnotico. L'uovo ciò nonostante può essere egualmente fecondato con uno spermio normale, e si può ottenere quindi lo sviluppo con l'esclusivo concorso del pronucleo maschile. L'attivazione dell'uovo non dipende quindi affatto dalla fusione dei due pronuclei, tanto è vero che lo stesso sviluppo può proseguire anche col solo concorso del corredo cromosomico di uno dei due pronuclei.
In generale però questi embrioni con i nuclei in condizione aploide, a meno che non intervengano fenomeni regolatori che conducano la sostanza cromatica alla quantità normale, sono destinati a perire. Lo scopo poi ultimo della fecondazione, che è quello di riunire due plasmi germinativi eterogenei, in quanto provenienti da due individui diversi, non può evidentemente nei casi suddetti essere raggiunto (v. embriologia sperimentale, XIII, p. 873 segg.).
Monospermia e polispermia. - In generale è una necessità fisiologica che un solo spermatozoo penetri nell'uovo: se la membrana di fecondazione (nel caso di uova senescenti di Echinodermi) non è una barriera sufficiente ad impedire l'entrata di altri spermî, si hanno cariocinesi del tutto abnormi e conseguentemente una distribuzione irregolare dei cromosomi, già nei primi blastomeri; in tali condizioni gli embrioni non hanno alcuna possibilità di sviluppo. Esiste però anche una polispermia non già patologica, ma del tutto fisiologica. In questi casi è pur sempre un solo spermatozoo quello destinato alla fecondazione; ma s'insinuano entro il vitello dell'uovo anche altri spermî, destinati però a degenerare assai presto. Nelle uova dei Selaci penetra sempre regolarmente un notevole numero di spermatozoi. Ma anche qui è sempre uno solo quello destinato a copularsi col pronucleo ovarico e a dar luogo al 1° fuso di segmentazione. I pronuclei spermatici soprannumerarî entrano però anch'essi in cariocinesi; per modo che risulta un notevole numero di nuclei figli (nuclei merocitarî), naturalmente con il numero aploide di cromosomi. La zona dell'uovo in cui sono disseminati tali nuclei acquista il carattere di sincizio (sincizio vitellino), ma non è a credere che tale sincizio prenda parte all'edificazione dell'organismo, in quanto che anche questi nuclei finiscono per degenerare. Essi esercitano però una funzione sommamente utile perché viene rapidamente promossa, mercé loro, la trasformazione dell'abbondante massa di deutoplasma e il germe viene agevolato nel suo processo di assimilazione.
Il principio biologico generale che solo due nuclei perfettamente equivalenti come quantità di sostanza cromatica partecipano all'intimo processo della fecondazione non viene pertanto minimamente intaccato dai dati che possediamo sulla polispermia fisiologica, ma anzi viene nettamente confermato.
Bibl.: O. Hertwig, Allgemeine Biologie, Jena 1923; M. Hartmann, Allgemeine Biologie, Jena 1927; E. B. Wilson, The Cell in Development and Heredity, New York 1925; G. Chiarugi, Trattato di embriologia, Milano 1929; C. Artom, L'origine e l'evoluzione della partenogenesi, ecc., in Memorie della R. Accademia d'Italia, cl. scienze fisiche, ecc., II, Biologia n. I, Roma 1931.