FAZINI, Marco Lucido, detto Fosforo
Nacque probabilmente a Roma nella seconda metà del XV secolo. Le scarse notizie biografiche che lo riguardano sono relative per lo più alla pretesa congiura dell'Accademia romana, repressa nel febbraio del 1468 da Paolo II.
Alle costumanze accademiche è legato il soprannome grecizzante, ricalcato sull'etimo del cognome ricondotto a fax: Fosforo, analogamente, da ϕως.
Secondo lo Zippel, apparteneva ad una famiglia padovana che aveva servito con le armi Eugenio IV: un Galeazzo e un Nicolò "de Fatinis de Padua" risultano stipendiati dalla S. Sede nel 1440. L'accenno alla sua giovane età presente in tutte le fonti sulla congiura, consente di fissare approssirnativamente la data di nascita a dopo il 1450.
Dal dispaccio dell'oratore milanese Giovanni Bianchi a Galeazzo Maria Sforza, datato 29 febbraio 1468 (cfr. Pastor), il F. risulta ospite a Roma di un parente che aveva la carica di depositario della Camera apostolica. Secondo lo Zippel costui andrebbe identificato con il veneziano Giovanni Condulmer, congiunto a sua volta dell'accademico "Glauco" Lucio Condulmer, sottrattosi con la fuga all'arresto, seguito alla congiura, insieme con Filippo Buonaccorsi (Calhmaco Esperiente) e con un Petreio segretario del cardinale Iacopo Ammannati. Giovanni Condulmer viveva in casa di Paolo Il quando questi era cardinale e dopo la sua elezione al soglio ottenne l'incarico di depositario.
Dalla lettera del Bianchi apprendiamo altresì che il F. non avrebbe avuto un ruolo eminente tra i congiurati e si sarebbe lasciato coinvolgere solo per ingenuità. La lontana parentela con il pontefice non gli valse comunque un trattamento meno duro: la lettera (in Le vite) di Agostino Patrizi, cerimoniere di Paolo 11, ad Antonio Monelli, altro familiare del papa, testimonia che il F. fu incarcerato tra i primi insieme col Platina, Agostino Maffei, Antonio Settimuleio Campano, Pietro Demetrio Guazzelli, Pietro Marso. Il principale imputato, Pomponio Leto, in quel momento a Venezia dove progettava un viaggio in Oriente, fu estradato in marzo e altri congiurati furono imprigionati in seguito.
Alla giovinezza del F. al momento dell'arresto allude anche Pietro Marsi nella XVI elegia della raccolta Bembica indirizzata ai "fratres Academicos Romae captivos" dove è apostrofato lusinghieramente "decus immortale iuventae... Iliacae" (cod. Vat. Reg. Lat. 1385, c. 27r). E il Platina, nel resoconto della congiura inserito nel De vita Christi ac omnium pontificum (p. 383), lo presenta come "homo omnium innocentissimus". Subì comunque la tortura e i maltrattamenti del carcere come gli altri arrestati, alleviati dalla possibilità di comunicare per lettera con i compagni di sventura. Di questi scambi epistolari resta un breve scritto inviatogli dal Platina (cfr. Vairani), in cui l'umanista cremonese ammira la sua dignita e forza d'animo, e due lettere (la prima del 30 marzo) con relative risposte al governatore di Castel Sant'Angelo Rodrigo Sanchez de Arevalo, vescovo di Calahorra. Questi, umanista e teologo, autore di uno Speculum vitae humanae più volte stampato nel corso del '400, pur nella durezza della custodia seppe intrattenere una conversazione umanistica con i prigionieri: la corrispondenza con il Platina e il Leto è raccolta nel cod. Marciano lat. XI, 103 (4361), dove sono anche le lettere del F. (cc. 108v-116v).
Al Platina il F. doveva essere legato da rapporti piuttosto intimi. Nel De honesta voluptate (Venetiis 1517, pp. XXX, LX) il cremonese ne dà un ritratto affettuoso. In seguito fu il F. ad introdurre nella casa romana del Platina Paolo Cortesi, ancora giovinetto, come quest'ultimo ricorda nel De hominibus doctis (composto nel 1490-91) professando il suo affetto per il F. "secunduni fratrem". Alla stampa (Firenze 1734) e a due dei tre testimoni mss. settecenteschi del dialogo è premessa una lettera del F., seguita da una del Poliziano, in cui sono elogiati lo stile ciceroniano e l'obiettività di giudizio mostrata nell'opera. Il F. è menzionato ancora nel De cardinalatu dello stesso Cortesi (Romae 1510, p. LXXXI) nel capitolo sulle udienze, dove appare come uomo mite e sensibile, conversevole e amante della compagnia. Ancor prima che a Paolo egli fu però legato al fratello maggiore di questo, Alessandro, che nelle stampe di una sua orazione pronunciata in Vaticano la vigilia dell'Epifania del 1483 (Gesamtkatalog der Wiegendrucke, 7795, 7796) premise una lettera al F. seguita dalla risposta.
Non conosciamo la data di scarcerazione, ma possiamo presumere che sia coincisa con quella degli altri principali imputati, e quindi non prima dell'estate del 1469, dopo che nei primi mesi dell'anno era stato celebrato il processo. Dei probab.ili impieghi in Curia posteriori a questa data non abbiamo notizie fino all'assegnazione del vescovato di Segni il 5 nov. 1481. A Segni, il F. risiedette almeno a periodi se nell'originale di una lettera spedita "ex Hernicis" il 14 maggio 1486 al segretario apostolico Giovanni Lorenzo da Venezia (Vat. lat. 5641, cc. 114r-115r) dichiara di combattere la noia con la letteratura.
È poco probabile che il Lucidus nell'elenco degli abbreviatori apostolici riportato dal Burcardo alla data del 4 giugno 1493, in testa al quale figura Agostino Maffei con il titolo di "magister plumbi", sia il F.; tuttavia il fatto che nelle fonti sul vescovato egli sia indicato col doppio cognome di Fazini Maffei (Mattei per errore in Eubel, II, p. 261), o addirittura come "Lucidus gente Maffea" (Jonta), fa ritenere che avesse legato la sua fortuna all'ascesa di questa famiglia in Curia.
Tornato in libertà, il F. si dedicò nuovamente agli studi umanistici intervenendo nei primi anni Settanta nell'accesa disputa filologica che oppose Domizio Calderini a Niccolò Perotti a proposito dell'edizione di Marziale.
Verso l'aprile del 1473 il Calderini fece uscire una Defensio, in cui sosteneva le sue interpretazioni e attaccava le spiegazioni perottiane a proposito di alcuni epigrammi, preannunciando un libello in cui avrebbe indicato più di 200 errori commessi dal rivale nella traduzione di Livio e nelle correzioni di Marziale. La Defensio fu così efficace che il Calderini rinunciò a pubblicare il libretto: a consigliarlo in tal senso furono il F. e Giovanni Ludovico Toscano, milanese, avvocato concistoriale e uditore delle cause della Curia nella Camera apostolica. L'umanista veronese si limitò a qualche accenno polemico nella dedica a Lorenzo de' Medici del suo commento a Marziale (Roma e Venezia 1474), in calce al quale figura un epigramma elogiativo del Fazini. Alle nuove obiezioni del Perotti il Calderini replicò con un'ulteriore Defensio, pubblicata l'anno seguente insieme col commento a Giovenale, nella quale corresse sette interpretazioni del Perotti su Marziale e Giovenale. Qui il Calderini si rivolge sempre all'avversario, ma il libello è indirizzato a Elio e Marco Fosforo, cioè al Toscano e al Fazini. L'interèssè di quest'ultimo per Marziale risaliva del resto ad anni addietro, come testimonia il ms. Vat. lat. 2029, che contiene gli epigrammi del poeta latino con note marginali del F. vergate a più riprese in una nitida corsiva umanistica. Dai due epigrammi stilati sul recto dell'ultimo foglio si ricava che la postillazione fu eseguita in Castel Sant'Angelo: "Phosphorus obscuro carcere clausus erat".
Il codice, membranaceo ed elegantemente miniato, doveva appartenere al compagno di prigionia Agostino Maffei, le cui armi di famiglia appaiono sulla prima carta. Inoltre il cod. maffeiano, ora Vat. lat. 5122, contiene il Dialogus de amore del Platina di mano del F. e al Maffei è dedicato il commento calderiniano alle Sylvae di Stazio (Brescia 1476). Al Calderini il F. fu legato da una calorosa amicizia: il cod. 229 della Capitolare di Verona, che contiene versi in morte di Dornizio, a cc. 5 bis r e 342r ha due carmi e un epitafio del F. in cui il defunto è detto "amicus incomparabilis". Inoltre, nel cod. Add. 25596 della British Library, c. 276, un carme di Dornizio al F. si trova al termine di una breve raccolta di epigrammi di Antonio Settimuleio Campano intitolata al F. e anteriore al processo, dato che il Campano morì a causa dei tormenti patiti in carcere.
Forse fu grazie al Calderini che il F. poté stringere rapporti con l'ambiente fiorentino già dal settembre del 1473, quando l'umanista veneto si recò a Firenze per presentare a Lorenzo il suo commento a Marziale. Un manipolo di lettere pubblicate nella raccolta Illustrium virorum epistolae (Lione 1499) documenta i contatti con gli intellettuali laurenziani posteriori alla nomina a vescovo. Nella lettera ad Alessandro Cortesi del 12 marzo 1485, dopo aver elogiato il Poliziano posto in un ideale triunivirato accanto a Lorenzo Valla e al Calderini, dichiara di pensare da tempo di entrare nella cerchia di Lorenzo. Il Poliziano, cui il Cortesi aveva mostrato la lettera, rispose a sua volta con calde profferte di amicizia e con la promessa di intercedere per lui presso Lorenzo. Il 13 febbr. 1491 il F., in una lettera scritta tumultuarie di passaggio nella casa di Paolo Cortesi, manifesta il suo entusiasmo per i Miscellanea del corrispondente; il 14 maggio, poco meno di un anno prima della morte del Magnifico, il Poliziano scrisse ancora che Lorenzo aveva ricevuto una sua lettera e che avrebbe risposto appena lo avessero consentito gli impegni di Stato, ma probabilmente le trattative successive - se mai vi furono - non portarono a nulla.
Il F. è inoltre citato nell'effigramma 54 Ad sodales del II libro di Michele Marullo accanto al Sannazaro, al Pontano, a Donato Acciaiuoli ed altri accademici napoletani. A lui sono indirizzati tre carmi (Contra insolentiam principum, De fugiendis malis quae in amore sunt, De ponenda maestitia et curis) di Pietro Crinito (Poemata, II, in De honesta disciplina, Lugduni 1508) e in un quarto, al patrizio veneto P. Misenate, Aldo Manuzio, Pietro Bembo, un Novatus e il Fosforo sono menzionati come "veteres sodales".
Tre lettere datate 1491-92 dell'edizione lionese sono del patriarca d'Aquileia Ermolao Barbaro. L'umanista scrive di alcuni octonariolos di imitazione plautina inviati al F., dell'interpretazione di un passo di Plinio De cometibus e di uno di Gellio. La terza lettera, in data 27 ott. 1492, annuncia la prossima uscita delle sue Castigationes Plinianae, il cui primo volume apparve a Roma il mese successivo. Per quanto riguarda Plinio, il Cicogna (Intorno alla vita..., p. 413), sulla scorta di una lettera dell'accademico pontaniano Pietro Summonte al patrizio veneziano Marcantonio Michiel da Napoli 20 marzo 1524, segnala un codice della Historia naturalis miniato e annotato da "un huomo docto di quel tempo, Messer Lucio Phosphoro", appartenuto al cardinale Giovanni d'Aragona. Del F. ci sono giunti infine pochi versi conviviali nei codd. Vat. Ottob. lat. 2860, c. 58v, e C. 61, c. 53, della Bibl. Augusta di Perugia. Il Vat. lat. 3351, c. 72v, contiene un epigramma su di lui di Evangelista Fausto Maddaleni de' Capodiferro.
Il F. morì a Roma, o a Segni, nel 1503.
Fonti e Bibl.: J. Burchardi, Liber notarum, a cura di A. Celani, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXXII, 1, vol. I, p. 435; B. Platina, Liber de vita Christi ac omniuni pontificum, a cura di G. Gaida, ibid., XIII, 1, ad Indicem; Le vite di Paolo II, a cura di G. Zippel, ibid., III, 16, pp. 181 s.; E. Barbaro, Epistolae, orationes et carmina, a cura di A. Perosa, Zürich 1951, p. 24; M. Marullo, Carmina, a cura di A. Perosa, Padova 1951, p. 24; P. Cortesi, De hominibus doctis dialogus, a cura di M.T. Graziosi, Roma 1973, p. 59; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, col. 1246; A. Vairani, Cremonensium monumenta Romae extantia, Romae 1778, pp. 37 ss.; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, Venezia 1853, pp. 772, 939; Id., Intorno alla vita e alle opere di M. Michiel, in Mem. dell'Ist. veneto di scienze, lett. ed arti, LX (1861), 3, p. 413; A. Della Torre, Paolo Marsi da Pescina, Rocca San Casciano 1903, pp. 92 ss., 121-124; V. Zabughin, G. P. Leto, Roma 1909, I, pp. 160-166 e passim; G. Mercati, Per la cronologia della vita e degli scritti di N. Perotti, Città del Vaticano 1925, pp. 98 ss.; C. Jonta, Storia di Segni, Gavignano 1928, p. 322; P. Paschini, Una famiglia di curiali nella Roma del '400: i Cortesi, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XI (1957), pp. 7- 11; Id., Tre illustri prelati del Rinascimento, Roma 1957, p. 36; J. Ruysschaert, Recherches des deux bibliothèques romaines Maffei des XV et XVI siècles, in La Bibliofilia, LX (1958), pp. 350 s.; L. v. Pastor, Storia dei papi, II, Roma 1961, pp. 745-48; I. Maier, Les manuscrits d'Ange Politien, Genève 1965, ad Indicem; P. Medioli Masotti, Codici scritti dagli Accademici nel carcere di Castel S. Angelo (1468-1469), in Vestigia. Studi in onore di G. Billanovich, II, Roma 1984, pp. 451-459; C. Eubel, Hierarchia catholica, II, Monasterii 1914, p. 237; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, II, e Idem, Alia itinera, II, ad Indices, sub voce Phosphorus.