ISKANDER, Fazil' Abdulovič
Scrittore abchaso di lingua russa, nato a Suchumi (Repubblica autonoma sovietica dell'Abchasia) il 6 marzo 1929. Figlio di un artigiano persiano esiliato da Stalin, I. trascorre l'infanzia nel Caucaso dove viene a contatto con la lingua e il folclore abchaso che tanta parte avrà nella sua posteriore produzione letteraria. Trasferitosi a Mosca, studia biblioteconomia, quindi si laurea (1954) presso l'Istituto di letteratura, lavora come giornalista a Kursk e a Brjansk, è redattore della sezione abchasa delle Edizioni di Stato.
Il suo esordio in letteratura avviene nel 1952, con la pubblicazione di alcune poesie; seguono, nel giro di pochi anni, le raccolte di versi Gornye tropy (1957, "Sentieri di montagna"); Dobrota zemli (1959, "La bontà della terra"); Zelenyi dožd' (1960, "La pioggia verde"); Deti Cĕrnomorja (1961, "Figli del Mar Nero"); Molodost' morja (1964, "La giovinezza del mare"); Zori zemli (1966, "Le albe della terra"); Letnyj les (1969, "Bosco d'estate"). Nonostante l'accoglienza favorevole da parte della critica, I. abbandona progressivamente la poesia a favore della prosa, pubblicando nel 1966 due raccolte di racconti (Trinadcatyj podvig Gerakla, "La tredicesima fatica di Ercole" e Zapretnyj plod, "Il frutto proibito") e il romanzo breve Sozvezdie Kozlotura (trad. it., La costellazione del caprotoro, 1988), in cui la storia in parte autobiografica di un giovane giornalista inviato da Mosca nella propria patria a seguire le sorti di un cervellotico esperimento zootecnico dà luogo a una satira graffiante della burocrazia.
Interamente in lingua russa, l'opera di I. è tutta percorsa di motivi autobiografici; la sua vena poetica è strettamente collegata al Sud e al mondo dell'infanzia come luoghi mitici della nostalgia e del ricordo, la satira s'intreccia a toni di tenero umorismo e l'ironia funziona come arma per combattere la retorica in un costante processo di ''riconducimento al vero'' che può passare per lo sguardo di un bambino sul mondo degli adulti, o per il giudizio sensato di un contadino sulle follie dei nuovi kolchoz.
Diversamente da quanto avviene nella prosa degli scrittori ''moscoviti'', i suoi personaggi, fortemente radicati in un villaggio, in un cortile, in un clan, non conoscono la disperazione: la storia con le sue tragedie può distruggere le loro vite, ma non il loro senso di appartenenza alla vita. Raccontando con affetto in una lingua musicale e saporosa le avventure spesso picaresche dei suoi abchasi, I. aggiunge sempre nuovi capitoli a due cicli fondamentali, che hanno per eroi ora Sandro di Čegem, mitico simbolo di un rapporto organico con la propria terra e con il proprio popolo, ora Čik, undicenne protagonista di piccole storie in cui la menzogna del mondo degli adulti è analizzata con innocente ma spietata logica. Le novelle del primo ciclo compongono un romanzo, Sandro iz Čegema ("Sandro di Čegem"), dalla sorte complessa: apparso su Novyj Mir nel 1973 e quindi in volume in una redazione molto censurata (1977), è stato poi pubblicato integralmente negli USA (1979 e 1981) e finalmente anche in URSS (1989), mentre sue parti erano state accolte negli anni in rivista (Znamja, 9-10, 1988) o all'interno di raccolte (Derevo detstva, "L'albero dell'infanzia", in Pod sen'ju greckogo orecha, "All'ombra del noce", 1979). I racconti su Čik, tra cui alcuni romanzi brevi, sono anch'essi apparsi in diverse riviste e raccolte (Junost', Novyj Mir, Družba narodov, Znamja; Noč' i den' Čika, in Pod sen'ju greckogo orecha, 1979, trad. it., La notte e il giorno di Čik, 1989; Zaščita Čika, 1983, "La difesa di Čik"); una scelta è tradotta in italiano in Il tè e l'amore per il mare, 1988. Note più gravi risuonano nell'ultimo romanzo breve del ciclo, Staryj dom pod kiparisami (Znamja, 7, 1987, "La vecchia casa sotto i cipressi"), in cui l'azione si sposta negli anni Trenta, e motivi solo suggeriti in precedenza (l'arresto dello zio, la deportazione del padre) si esplicitano. Alla triste sorte paterna, ai vani tentativi di ottenerne il ritorno, alla necessità di nascondere la verità è dedicato Škol'nyj val's, ili energija styda (1988, "Il ballo di scuola, ovvero l'energia della vergogna"). Alle opere già ricordate vanno aggiunti Morskoj skorpion (1976, "Lo scorpione marino"), romanzo meno riuscito, nello stile di V. P. Aksenov, al cui centro è la crisi spirituale di un giovane ricercatore di fisica durante una vacanza hemingwayana al mare; Malen'kij gigant bol'šogo seksa (1979, "Il piccolo gigante dei giochi del sesso"; trad. it., Oh, Marat!, 1989), con cui I. partecipò all'almanacco ''samizdat'' Metropol'; e il raffinato Kroliki i udavy ("Conigli e boa"), graffiante apologo sul potere e sulla manipolazione delle menti, pubblicato dapprima in Occidente (USA 1982) e finalmente in URSS (Junost', 9, 1987).
Nel 1988 I. ha ricevuto a Capri il premio Malaparte.
Bibl.: H. Burlingame, The prose of Fazil Iskander, in Russian Literature triquarterly, 14 (1976); W. Kasak, Lexicon der russischen Literatur ab 1917, Monaco 1986; E. Guercetti, Fazil' Iskander e l'albero dell'infanzia, in F. A. Iskander, Il tè e l'amore per il mare, Roma 1988; M. Lipoveckij, Uslovija igry ("Le regole del gioco"), in Literaturnoe obozrenie, 7 (1988).