POLI, Fausto
POLI, Fausto. – Nacque il 17 febbraio 1581 a Usigni, nella montagna spoletina, territorio di Cascia, figlio di Sisinio e Polidora, membri di un’agiata famiglia locale. Ricevette la prima educazione dallo zio Nicolangelo Poli, allora parroco di Usigni, e proseguì la sua formazione nello Studio di Macerata. Fu ordinato sacerdote nel 1602 dal cardinale Alfonso Visconti, vescovo di Spoleto, il quale lo nominò priore della parrocchia di S. Fortunato a Poggioprimocaso di Cascia e in seguito, nella sua qualità di legato della Marca e governatore di Ascoli, lo assunse al suo servizio. Morto Visconti il 19 settembre 1608, Poli andò a Roma in cerca di fortuna; gli venne offerto di lavorare nella Segreteria di Stato alle dipendenze del cardinale Michelangelo Tonti, ma egli preferì offrire i suoi servizi al cardinale Maffeo Barberini, da poco divenuto vescovo di Spoleto, il quale lo nominò maestro di casa, gli affidò l’amministrazione dei suoi beni e nel 1611 lo condusse con sé a Bologna, quando fu inviato a governare per tre anni quella Legazione. Il 24 gennaio 1619 il Senato di Roma concesse a lui, ai suoi nipoti e ai loro discendenti la cittadinanza romana e l’aggregazione al patriziato cittadino in perpetuo.
Con l’elevazione al pontificato del suo protettore, divenuto Urbano VIII, la carriera di Poli fece un salto di qualità. Nel 1623 divenne cameriere segreto, furiere maggiore e maestro di casa del Palazzo apostolico. Il 2 ottobre 1624 ottenne un canonicato nella basilica romana di S. Maria Maggiore. Correndo l’anno giubilare del 1625 il papa gli affidò l’incarico di provvedere agli ospiti illustri in visita alla città: i principi di Polonia Ladislao e Alessandro Carlo, Ferdinando II, granduca di Toscana, l’arciduca Leopoldo d’Austria e Odoardo Farnese, duca di Parma. Nell’aprile del 1627 fu nominato maestro di casa del pontefice, occupandosi anche degli affari del cardinale nipote Francesco Barberini, di Carlo, fratello del papa, e dei suoi figli. Poco dopo, il 31 agosto 1627, gli fu assegnato un canonicato nella basilica di S. Pietro. Il 2 ottobre successivo fu nominato governatore di Castel Gandolfo per un triennio, incarico che gli venne via via riconfermato fino al 1643. Il 10 marzo 1629 divenne prefetto della casa e del Palazzo apostolico, ovvero maggiordomo, e governatore di Frascati ad beneplacitum.
Nel giugno del 1630 Urbano VIII designò Giovanni Domenico Spinola, cardinale di S. Cecilia, come legato per accogliere Maria Anna d’Asburgo, sorella di Filippo IV, che andava in sposa a Ferdinando, re di Ungheria e di Boemia. Il cardinale ricevette la principessa a Genova e l’accompagnò nel viaggio per mare fino a Livorno, lasciando le successive incombenze di protocollo al nunzio Antonio Serra, il quale, per gli aspetti organizzativi, era coadiuvato da Poli, incaricato da Urbano VIII con breve del 14 luglio 1630. Arrivato a Civitavecchia il 22 luglio, tre giorni dopo spedì a Porto Ercole otto «balle di neve» e frutta e vino di Orvieto, destinati alla principessa. La sua attività si interruppe nel mese di agosto, quando l’infanta si fermò a Napoli, e riprese alla fine di dicembre, quando la principessa, dopo aver toccato Bovino, Foggia e Giulianova, entrò nel territorio dello Stato ecclesiastico passando il confine sul fiume Tronto. L’itinerario nello Stato pontificio si snodò attraverso Fermo, Macerata, Loreto e Ancona, dal cui porto la futura regina si imbarcò la sera del 24 gennaio 1631, congedata da Poli, che le trasmise per incarico del papa la benedizione apostolica.
Poli il 14 marzo 1633 fu nominato arcivescovo di Amasia in partibus. Fu consacrato a Roma lunedì 25 luglio 1633 nel palazzo del Quirinale dal cardinale Antonio Barberini, fratello del pontefice, assistito da Giovanni della Robbia, vescovo di Bertinoro, e da Benedetto Landi, già vescovo di Fossombrone. Nel corso della sua ultima promozione, il 13 luglio 1643, Urbano VIII lo elevò alla porpora cardinalizia, confermandolo in via eccezionale come prefetto del Palazzo apostolico fino a nuove disposizioni, e il 31 agosto gli assegnò il titolo presbiterale di S. Crisogono. La promozione, concessa ad alcuni servitori dei Barberini, va interpretata come una ricompensa per i servizi resi alla famiglia del pontefice.
In assenza del cardinale titolare Antonio Barberini, il 15 febbraio 1644 Poli fu designato viceprotettore dei domenicani, equivalente all’ufficio di comprotettore, con il compito di presiedere il capitolo generale da celebrarsi in quell’anno, in un momento in cui l’ordine domenicano era travagliato da una forte divisione ai vertici. Le facoltà conferitegli alla vigilia del capitolo, iniziato il 14 maggio, gli diedero il potere di determinare l’elezione del maestro generale, allo scopo di escludere Ludovico Ridolfi, deposto poco prima dal papa. La scelta di Tommaso Turco da Cremona, accettato anche dalla Francia e dalla Spagna, pose fine a due anni di controversie. Il 7 maggio 1644, su richiesta dei monaci, che lamentavano l’oppressione dell’abate generale Giovanni Giacomo Giordano, Poli fu nominato protettore della Congregazione camaldolese di Montevergine. Il 23 maggio 1644, infine, divenne vescovo di Orvieto.
Morto Urbano VIII, partecipò al conclave riunito dal 9 agosto al 15 settembre 1644, in cui venne eletto Innocenzo X, quindi si ritirò nella sua diocesi. Restano poche notizie circa il suo quasi decennale governo episcopale: celebrò il sinodo il 21 maggio 1647, i cui decreti furono stampati tre anni dopo, donò alla diocesi numerose reliquie, tra cui i corpi dei santi Tiburzio e Faustina, restaurò e ampliò il Palazzo episcopale, dotò il seminario.
Poli rimase molto legato alla sua terra di origine. Il 30 dicembre 1618 ottenne per sé e i suoi fratelli la cittadinanza di Cascia, condizione indispensabile per accedere alle pubbliche magistrature, prerogativa che nel 1624 fu estesa a Policarpo Durantini, marito di sua sorella Sipolia. Poiché il privilegio comportava l’obbligo di residenza, vi acquistò una casa di modeste dimensioni, ampliata nel 1629 con l’acquisto di edifici adiacenti, nella quale abitarono la sorella e il cognato. Nel 1626 provvide a fare identificare la casa della famiglia Lotti, in cui nel XIV secolo aveva dimorato suor Rita, venerata dai concittadini come santa; l’anno seguente ottenne dal papa che le fosse tributato culto pubblico e promosse la costruzione di una cappella in quel luogo, la cui prima pietra si collocò il 2 ottobre 1630.
Uguale interesse mostrò per Usigni, il suo paese natale. Abbattuta la cappella di S. Giorgio, sulla quale la famiglia Poli esercitava il giuspatronato, nel 1631 fu edificata al suo posto la chiesa parrocchiale di S. Salvatore, portata a termine nel 1644, cui Poli contribuì con 10.000 scudi per la costruzione e altri 2000 per le suppellettili. Ottenne inoltre dal papa il giuspatronato su di essa e il diritto per sé e i suoi eredi di nominarne il rettore, al quale incombeva l’obbligo di insegnare ai bambini della parrocchia il catechismo e le prime lettere. Tra il 1630 e il 1641, grazie anche al suo interessamento, furono riattivate le miniere di ferro di Monteleone, le uniche attive nello Stato pontificio durante il XVII secolo.
Ormai malato, redasse il suo testamento a Orvieto il 19 marzo 1652: nominò erede il nipote Sisinio Poli, provvide alla continuità della famiglia e divise le sue sostanze tra i familiari e varie opere pie. Morì a Orvieto il 7 ottobre 1653 a causa della gotta. In ossequio alle disposizioni testamentarie, il suo corpo venne tumulato nella chiesa romana di S. Crisogono in Trastevere, di cui era stato titolare, in un avello situato in una cappella a sinistra dell’altare maggiore, costruita e affrescata tra il 1677 e il 1680 da Giacinto Rondi su disegno di Gian Lorenzo Bernini.
Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Epistolae ad Principes, Registra, 44, c. 251r-v; 45, cc. 38v-40r, 41r-v; Secretaria Brevium, Registra, 687, cc. 726r-727r; 696, cc. 422r-424r; 722, cc. 219r-220r; 724, c. 279r-v; 730, cc. 51r-v, 53r-54r; 748, c. 96r-v; 782, cc. 65r-74v; 789, c. 43r-v; 797, cc. 99r-107r; 799, cc. 48r-52v; 805, c. 819v; 815, cc. 7r-29v; 822, c. 21r-v; 840, cc. 7r-10r; 847, c. 21r-v; 854, c. 96r; 908, c. 13r-v; 926, cc. 824r-836r, 838r-842v, 857r; 930, c. 5r; 933, c. 5r-v; 934, c. 30r-v; 944, c. 247r-v; 950, c. 102r-v; 953, c. 106r-v; 954, c. 43r-v; 956, cc. 475r-477r; 959, cc. 674r-675v; Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 4592, cc. 190r-191v, 194r-196r: Breve vita del card. F. P. (due copie, sec. XVII); 4909, cc. 41r-54v: Testamento del cardinale F. P., Orvieto, 19 marzo 1652 (originale conservato nell’archivio parrocchiale di Poggiodomo, comune di cui Usigni è frazione; http://www.iagiforum.info/viewtopic. php?f=1&t=592 [14 ag. 2015]); 6184: Lettere del S. Card. S.ta Cecilia e delli Mons.ri Serra e F, P. sopra il passaggio per Italia della Regina d’Ungaria, lettere di Poli, in copia, cc. 104r-120r; Constitutiones et decreta edita ab Eminentiss. & Reverendiss. D. Fausto Tit. S. Chrysogoni Presb. Cardinali Polo, Dei, & Apostol. Sedis gratia Episcopo Urbevetano in Synodo celebrata die XXI Maij MDC.XXXXVII, Romae 1650.
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