NICOLINI, Fausto . –
Nacque a Napoli il 20 gennaio 1879 da Nicola e da Rachele Nicolini. Avo di entrambi i genitori – tra loro cugini – era Niccola Nicolini (1772-1857), insigne giurista e docente presso l’ateneo napoletano, su cui Fausto scrisse uno dei suoi primi ponderosi testi (Niccola Nicolini e gli studi giuridici nella prima metà del secolo XIX, Napoli 1907).
Al ginnasio e al liceo fu convittore presso il Collegio Pontano. Destinato per tradizione familiare agli studi giuridici, li portò a termine con diligenza ma senza passione, mentre con ben maggiore trasporto si dedicò alla musica, frequentando assiduamente la biblioteca del Conservatorio di S. Pietro a Maiella. La svolta decisiva verso gli studi storici fu segnata dall’incontro con Benedetto Croce (1903), avvenuto in seguito al disappunto espresso dal filosofo sulle pagine della Critica per la maniera in cui la famiglia Nicolini custodiva, a suo parere troppo gelosamente, le carte dell’abate Ferdinando Galiani, che il già menzionato Niccola aveva acquisito nel 1806 dall’avvocato Francesco Paolo Azzariti. Nicolini incontrò Croce per dichiarare la sua disponibilità ad aprire l’archivio e il suo interlocutore gli consigliò di studiare personalmente i documenti posseduti e di redigerne una descrizione sintetica, lavoro che il giovane eseguì in quello stesso anno (I manoscritti dell’abate Galiani, in La Critica, I [1903], pp. 393-400).
All’inizio del secolo sposò Margherita Guerritore dalla quale ebbe tre figli: Rachele e i maschi Nicola e Benedetto, destinati entrambi a seguire gli studi paterni.
La particolare passione per le fonti documentarie fece del lavoro di archivio la professione a lui più consona. In tale ambito condusse una lunga e prestigiosa carriera iniziata nello stesso 1903 – quando fu assunto per concorso presso l’Archivio di Stato di Napoli quale allievo di prima categoria – e terminata nel 1947. Ricoprì incarichi presso l'Archivio di Siena, di cui divenne direttore nel 1915, poi presso gli Archivi delle Province Venete che diresse dal 1919 (nella sede di Venezia e in quella di Firenze dove furono temporaneamente dislocati); infine nel 1922 fu nominato ispettore generale degli archivi del Regno.
Tra i numerosi ritrovamenti legati allo studio assiduo del materiale degli archivi di tutta Italia si ricordi almeno la lettera di Pietro Summonte al veneto Marcantonio Michiel, una sorta di sintesi dello stato delle arti figurative a Napoli in età rinascimentale. Il documento, scovato nell’Archivio di Stato di Torino (dove Nicolini si era recato per consultare i manoscritti di Pietro Giannone lì conservati), gli diede occasione di pubblicare l’edizione critica del breve testo (L' arte napoletana del Rinascimento e la lettera di Pietro Summonte a Marcantonio Michiel, Napoli 1925), accompagnato da quindici medaglioni relativi ad altrettanti pittori attivi a Napoli tra Trecento e Cinquecento e destinato a divenire pietra miliare della storia dell’arte meridionale.
In ambito archivistico si mise in evidenza quale appassionato conservatore delle cose patrie, per esempio con il pronto recupero dell’archivio di Messina dove era stato inviato dal ministero degli Interni nel 1908, all’indomani del terremoto, ma respinse sempre con decisione ogni vuota retorica nazionalista; rischiò infatti la carriera durante gli anni del regime fascista e tuttavia conservò un atteggiamento equanime e incline alla riconciliazione dopo il 1943 e fu tra i pochi a non rinnegare la sua amicizia con Giovanni Gentile. Secondo questa stessa logica, benché appassionato cultore della storia del Meridione non corse mai il rischio di troppo facili retoriche filoborboniche, pure usuali negli anni del primo centenario dell’Unità d’Italia.
L’interesse per la materia archivistica si concretizzò anche, nell’ultima parte della sua vita, attraverso intensi contatti con l’Archivio del Banco di Napoli, all’interno del quale fu presidente della commissione per l’archivio e direttore del Bollettino, rivista molto apprezzata dagli specialisti.
Fin dalle prime pubblicazioni fu considerevole l’apprezzamento nei suoi confronti di Croce, che nel 1904 lo nominò direttore del periodico Napoli nobilissima, incarico che tenne per un biennio. Il decennio dal 1903 al 1913 fu molto prolifico; negli scritti di quegli anni – apparsi soprattutto su La Critica – cominciò ad affrontare i temi principali della sua carriera di studioso: Ferdinando Galiani, Giambattista Vico e Pietro Giannone. Contemporaneamente Croce gli affidò l’oneroso compito della direzione della collana laterziana degli «Scrittori d’Italia». L'impresa titanica, frutto della feconda e pacifica collaborazione tra Croce e Gentile, soprattutto negli anni di esordio raggiunse livelli qualitativi sorprendenti se si considera l’elevato ritmo editoriale frutto della volontà ferma e talvolta feroce di Croce, ma anche dell’impegno profuso da Nicolini, sul quale gravava il compito di rileggere tutti i volumi prima che fossero dati alle stampe. Assunse inoltre la cura diretta di numerosi volumi, dedicati ad autori profondamente diversi tra loro come Pietro Aretino, Giambattista Marino, Pietro Metastasio, Vincenzo Cuoco.
L'allestimento della collana rese più intenso il rapporto con Gentile, per insistenza del quale Nicolini redasse anche un centinaio di voci dell’Enciclopedia Italiana e «oltre diecimila» (Piovani, 1967, p. 12) schede biografiche per il costituendo Dizionario Biografico degli Italiani, poi elaborate e riunite in un unico volume (Saggio d'un repertorio bibliografico di scrittori nati o vissuti nell'antico Regno di Napoli, Napoli 1964).
Un aspetto particolare del complesso rapporto tra Croce e Nicolini emerge dall’intenso carteggio nel contesto degli «Scrittori d’Italia»; loro stessi enfatizzarono gli aspetti grotteschi della situazione che vedeva l’inflessibile filosofo incalzare lo storico, perennemente in ritardo sulla consegna delle bozze. Tale immagine, insieme al proverbiale disordine di Nicolini, più proclamato che reale come la sua lentezza, contribuiscono a formare il quadro della personalità di un uomo che, al di là della febbrile attività e della serietà degli studi, nascondeva un lato giocoso, espresso nel corso della sua lunga esistenza in una serie di burle organizzate con l’aiuto degli amici di sempre: Giuseppe Ceci, Gino Doria, lo stesso Croce, e i figli Benedetto e Nicola.
Allo spirito sagace e combattivo è legato anche il Nicolini polemista, particolarmente vivace nel confronto con Nicola Abbagnano, Girolamo Giusso e Palmiro Togliatti, con il quale ultimo ebbe a difendere Vico dai tentativi di appropriazione, secondo lui indebita, delle idee del filosofo partenopeo da parte degli scrittori marxisti.
Benché libero docente di Storia della letteratura italiana sin dal 1925, fu antiaccademico con convinzione e preferì la ricerca all’insegnamento. Quando all’indomani del secondo conflitto mondiale gli fu affidata la docenza di Storia delle dottrine politiche presso la facoltà di lettere del maggiore ateneo partenopeo, tenne l’incarico assai brevemente e visse con un certo affanno anche i corsi tenuti saltuariamente presso l’Istituto italiano per gli studi storici, istituzione che pure gli era molto cara.
La vicinanza di Croce lo condusse tanto ad affinare un metodo quanto ad allargare gli orizzonti della ricerca, che negli anni della maturità estese alla storia della cultura e alla circolazione delle idee. Uno dei momenti più eclatanti di tale passaggio dall’erudizione alla storia è rappresentato da Aspetti della vita italo-spagnola del Cinque e Seicento (Napoli 1934), ma è di grande rilievo in tal senso anche L’Europa durante la successione di Spagna con particolare riguardo alla città e regno di Napoli (ibid. 1937-39), tre grossi volumi basati su rapporti inediti di ambasciatori e consoli veneti che dimostrano il progressivo affermarsi della potenza francese negli anni decisivi del regno di Luigi XIV (1700-14).
L’approccio differente allo studio dei documenti – rimasto famelico – emerge analogamente nella pletora di storie piccole e piccolissime che trovarono spazio negli Atti dell'Accademia Pontaniana e negli Atti della Reale Accademia di scienze morali e politiche di Napoli, istituti di cui Nicolini fu illustre e appassionato membro, così come della Società napoletana di storia patria che animò per lunghi anni. Anche nel quadro di tali lavori di più breve respiro riecheggia il motivo dell'«autonoma individualità della civiltà moderna di Napoli» (Piovani, 1967, p. 26), un elemento costante dell’intera sua produzione scientifica.
Una menzione a parte meritano gli studi su Vico, di cui Nicolini cominciò a occuparsi su invito di Croce e Gentile che, come direttori della collezione dei «Classici della filosofia moderna» di Laterza, nel 1908 gli proposero di curare l'edizione critica della Scienza nuova, testo e autore a lui non familiari. Sin dall'inizio tali ricerche suscitarono il suo interesse appassionato che dall'opera del filosofo si estese agli aspetti più minuti della sua biografia; Croce stesso infatti riconobbe l'amico come il maggior conoscitore di Vico in una lettera del 13 maggio 1952 posta a presentazione della versione francese della Scienza nuova seconda (Paris 1953, pp. VII s.). Nicolini fu autore di tre edizioni successive della Scienza nuova (Bari 1913, 1942, 1953), che costituiscono un esempio di perfetto equilibrio tra rispetto del testo originale ed emendamento filologico dello stesso, con risultati tali che l’ultima di esse, curata per gli «Scrittori d’Italia» con la collaborazione di Alfredo Parente e del figlio Nicola, si può considerare se non definitiva, di certo un lavoro per molti aspetti esaustivo.
All’interno della Giovinezza di Vico (ibid. 1932) e dell’edizione Bompiani dell’Autobiografia vichiana (Milano 1947) emerge poi la particolarità del stile di Nicolini, data dalla speciale empatia con i biografati e da una prosa evocativa e diremmo a tratti quasi poetica, anche se talvolta non esente da qualche eccesso coloristico che lo portò a compiacersi di talune digressioni aneddotiche. Di grande rilevanza sono anche la Bibliografia (1948), che ricostruisce la fortuna critica internazionale di Vico, nonché il Commento storico alla Seconda scienza nuova (1949), in due tomi. Nella Bibliografia spicca per profondità di analisi la sezione dedicata al Settecento e al vichismo di Vincenzo Cuoco: benché il frontespizio attribuisca il testo, in due volumi, a Croce, è lo stesso filosofo, in una lettera apposta in coda al libro (pp. 978 s.) a chiarire che l’annoso lavoro di Nicolini si era spinto ben oltre gli esiti degli otto fascicoli prodotti da lui tra il 1904 al 1940, dai quali l’amico aveva tratto spunto. Nel Commento Nicolini ricostruì lo stato della cultura giuridica, filosofica e storica tra Sei e Settecento e, pur nell’orizzonte della sua incondizionata ammirazione verso l’oggetto dei propri studi, mostrò come spesso l’interpretazione di tali materie da parte di Vico fosse stata erronea o quanto meno forzata.
L’assidua frequentazione di Croce, considerato sempre un maestro e una guida nonostante pochi anni li dividessero, non consentì che l'interpretazione di Vico proposta da Nicolini si appiattisse su quella del suo mentore; anzi, nella sua affannosa e meritoria azione di ricostruzione dell’ambiente culturale della Napoli del Seicento si è scorta, a ragione, l’origine prima delle critiche alla tesi crociana di un Vico «preromantico, estraneo e avverso al secolo suo» (Piovani, 1967, p. 29).
La continua ansia di ricerca di Nicolini che lo teneva alla scrivania molte ore al giorno non lo abbandonò nemmeno negli ultimi anni della sua lunga vita. Curiosamente, Galiani che lo aveva accompagnato lungo l’intera parabola dei suoi studi lo affiancò sino alla fine dei suoi giorni. Si stava dedicando infatti proprio a una lettera dell'abate la mattina della sua morte, avvenuta a Napoli il 1° marzo 1965.
I Ricordi autobiografici di Nicolini sono contenuti in Atti dell'Accademia Pontaniana, n.s., V (1952-55) [ma 1956], pp. 242-264.
Fonti e Bibl.: G. Artieri, F. N. e l'erudizione, estr. da Nuova Antologia, n. 1921, gennaio 1961; Id., Don F. N. e la beffa liviana, estratto da ibid., n. 1929, settembre 1961; E. Croce, Ritratto di F. N., estratto da Nord e Sud, n.s., IX (aprile 1962); A. Schiaffini, F. N. erudito, Roma 1962; P. Piovani, Elogio di F. N., Napoli 1967; E. Cerulli, F. N. Discorso commemorativo..., Roma 1968; B. Nicolini, Vico, Croce e N.: stralci da lettere di F. N. nel centenario della nascita, in Bollettino del Centro di studi vichiani, IX (1979), pp. 112-119; F. Lomonaco, La lezione crociana nell'erudizione di F. N., Napoli 2002; L. Esposito, Bibliografia di F. N., Napoli 2006.
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