FATTO (gr. πράγμα; lat. factum e res gestae; fr. fait; sp. hecho; ted. That, Thatsache; ingl. fact)
L'uso di questo termine è larghissimo e perciò ne è vago il significato. Il suo dominio è da principio ristretto alla storia e quindi per fatti s'intendono le azioni umane. Solo nella filosofia moderna si cominciò a chiamare fatto ciò che prima si chiamava accidente, o affezione, o accadimento di natura e in genere termine estrasoggettivo della nostra esperienza.
I fatti sono talvolta chiamati effetti di natura (Galilei) o istanze (Bacone), e contrapposti ai ragionamenti. Questa contrapposizione viene a sboccare nella distinzione tra verità di fatto e verità di ragione (Leibniz): queste possono trovarsi soltanto per mezzo dell'intelletto e non hanno bisogno né sono suscettibili di prova empirica, quelle sono conosciute soltanto per mezzo dell'esperienza, né possono venire dimostrate con operazioni logiche. Da questo si può dedurre il concetto nuovo del fatto: sintesi data e contingente di elementi, o predicati, che si constata ma non si può dedurre. Fatti sono ugualmente le cause e gli effetti, e nessun fatto è tale che si possa dimostrare l'impossibilità del suo contrario. La ricerca kantiana delle condizioni che rendono possibile ogni esperienza viene a chiudere l'insieme dei fatti (contingenza) in una rete logica che lo condiziona: quindi considerate come fatti la conoscenza e la moralità si cercano le condizioni (diritto) di esse: nuovo influsso della distinzione giuridica sulla meditazione filosofica. La filosofia post-kantiana parve voler rifiutare della natura tutto ciò che non rientrasse in un sistema logico, proclamando l'identità dell'idea e del fatto (tutto ciò che è razionale è reale, ecc.), onde la reazione a quella metafisica fu caratterizzata da un richiamo al fatto o meglio ai fatti, ma l'idea di fatto non fu perciò meglio chiarita: la realtà è distinta in fatti e leggi, ma queste sono soltanto il ripetersi di quelli. Il fatto coincide talvolta col semplice dato dell'esperienza e magari col fenomeno, talvolta se ne distingue in quanto è un complesso di fenomeni che forma un tutto a sé, e pretende un'obiettività e concretezza maggiore di quella dei fenomeni. Il fatto si distingue dalla cosa perché si riferisce all'aspetto dinamico del reale, mentre la cosa all'aspetto statico. Il fatto poi si contrappone all'illusione servendo a distinguere il valore oggettivo dell'esperienza dal semplice dato di coscienza senza valore oggettivo. Ben diverso è il significato di fatto in Vico, nella teoria della conversione del vero col fatto: il fatto è l'azione che trova in sé la sua giustificazione, e il vero, il pensiero, lungi dal contrapporsi al fatto è lo stesso fatto ideale: conoscere è fare (o rifare) idealmente. In campo etico si contrappone all'azione il fatto considerando la prima come un inizio libero (assoluto) e il secondo come la conseguenza d'una serie di antecedenti.