FARSALO o Farsaglia (A. T., 82-83; gr. Φάρσαλα e Φάρσαλος; lat. Pharsālus, nel dial. locale Fersala, dai Turchi detta Ciatalgia)
Capoluogo di ἐπαρχία (provincia) nel νομός o distretto di Larissa, in Tessaglia, da cui dista una cinquantina di chilometri. Il centro abitato sorge sulle pendici settentrionali del monte Kassidiárēs (l'antico Ναρϑάκιογ), presso la riva sinistra del Tabakhanes, affluente del Phersalitis (ant. 'Απιδνός); e consta di una parte relativamente moderna in basso e dell'acropoli che la sovrasta da una altezza di 100 m. e che domina la via che dalla Tessaglia adduce alla Focide e di qui all'Attica. Oggi Farsalo è legata per ferrovia a Volo e a Tríkkala, presso l'incrocio di questo tronco con la grande arteria Salonicco-Atene. Ha qualche industria (tabacchi, generi alimentari); il centro conta appena 3200 ab. (3350 nel 1920); il comune è cresciuto di poco dal 1920 (5000 abitanti) al 1928 (5570).
Storia e monumenti. - La città fu, in epoca classica, capitale della Tetrade Ftiotide. Secondo la tradizione Farsalo discende dall'omerica Ftia, capitale dei Mirmidoni, e regno di Peleo padre di Achille. In realtà l'abitazione antichissima del luogo è confermata dal rinvenimento di cocci preistorici e geometrici sul poggio della moschea Fatih. Come Larissa coi suoi tagi (ταγοί) è stata di norma nella costituzione dei Perrebi, così Farsalo coi suoi arconti è stata per quella degli Achei; con quella città essa ha avuto rivalità di egemonia fino dal principio della sua esistenza; i suoi tiranni, Cleomaco e gli Echecratidi, lottarono con gli Alevadi per il predominio in Tessaglia; solo nel 457 il regime monarchico fu rovesciato e sostituito da quello oligarchico. Nella seconda metà del sec. V Farsalo ebbe la prevalenza politica in Tessaglia, cui diede come tago Daoco per 27 anni consecutivi. Nella lotta fra Larissa e Fere parteggiò per questa ultima, e perciò fu soggiogata nel 395 da Medio, tiranno di Larissa, e in seguito fu sottomessa a Fere, tanto da dover cedere al tago di questa città la signoria sull'Acaia. Farsalo riebbe tutta la sua importanza e grande floridezza solo nel sec. IV in grazia di Filippo II, che ricompensò la città dell'aiuto prestatogli per sottomettere la Tessaglia; in questo periodo essa fu veramente la città preponderante della regione, anche al di sopra di Larissa. Tale splendore ben presto però decadde, allorquando durante la guerra lamiaca Farsalo si allontanò dalla politica macedonica, ed ebbe molto a soffrire come punto intermedio nelle contese fra i Macedoni e gli Etoli; dal 196 appare separata dalla Lega tessalica come città libera.
Nei suoi ruderi, abbastanza considerevoli tuttora, Farsalo palesa la caratteristica evoluzione d'una città tessalica. Dal poggio preistorico basso in mezzo alla pianura, lo stanziamento fortificato è passato in epoca ellenica su un monte, che si erge per 200 m. sopra al piano circostante; le mura dell'acropoli comprendono entrambe le cime di questo poggio, e manifestano nella parte inferiore costruzione poligonale, restaurata in tecnica rettangolare sopra, e in più punti con rifacimenti bizantini; nell'interno delle mura si può osservare soprattutto una bella cisterna di epoca arcaica, e in un'insellatura forse il luogo del teatro. Le mura della città bassa scendendo dall'acropoli comprendevano un tratto di pianura, e nel sec. IV subirono un notevole allargamento, includendo quasi tutta l'estensione della città odierna e anche di più; di questa cinta inferiore rimangono solo qua e là taluni tratti e resti di porte; entro la città si è messo alla luce qualche rudero dell'agorà, vicino alla piazza moderna, e si sono rinvenute iscrizioni votive a Zeus Soter e ad Asclepio, un'iscrizione rupestre relativa all'antico culto di Zeus Thaulios, e varî altri resti architettonici e di scultura. Il celebre santuario di Tetide si trovava nelle vicinanze della città, nella valle dell'Enipeo. Su una delle colline che digradano dall'acropoli di Farsalo verso occidente, sono state notate tracce di un culto rupestre a Pan e alle Ninfe.
Bibl.: A. Philippson, Thessalien und Epirus, Berlino 1897, p. 66 segg.; F. Stǎhlin, Pharsalos, Topographische u. geschichtl. Untersuchungen über die Hauptstadt der Phtiotis, Norimberga 1914; id., Das hellenische Thessalien, Stoccarda 1924, p. 135 segg. Per l'antro di Pan e delle Ninfe vedi D. Levi, in Annuario della Scuola di Atene, VI-VII, p. 27 segg.
Battaglia di Farsalo. - Si combatté il 6 giugno (9 agosto del calendario romano) dell'anno 48 a. C. fra gli eserciti di Pompeo e di Cesare e fu decisiva per il trionfo di quest'ultimo sul rivale. Dopo la rotta di Durazzo, Cesare si era ritirato, attraverso l'Epiro, alla volta della Grecia settentrionale, arrivando in Tessaglia e riposando e foraggiando le sue truppe esauste nella ricca pianura tessalica: giunto presso Farsalo, si fermò, in attesa di Pompeo, il quale frattanto da Larissa, ov'era arrivato per la via Egnazia, marciava pur esso in direzione di Farsalo. La battaglia, che si combatté nella pianura adiacente a questa città, benché raccontata diffusamente da Cesare nel De bello civili (III, 85-99) e da varî altri autori antichi (App., De bellis civil., II, 75-82; Plut., Pompeius, 68-72), non può tuttavia essere ricostruita con assoluta sicurezza. Cesare riferisce che a Farsalo aveva sul fronte di battaglia 80 coorti della forza complessiva di 22.900 uomini, e 1000 cavalieri, mentre Pompeo disponeva di 110 coorti con 45.000 uomini e di 7000 cavalieri. Queste cifre sono generalmente accettate dai moderni.
La difficoltà di ricostruire topograficamente la battaglia risiede specialmente nell'insufficienza dei dati forniti dalle fonti, troppo vaghi di fronte alla vastità della pianura di Farsalo (20 km. di lunghezza per 17 di larghezza massima). Gli elementi topografici forniti dalle fonti sono i seguenti: il campo di Pompeo era collocato in zona collinosa, quello di Cesare in piano, e distavano fra loro 20 stadî; durante la battaglia, Pompeo aveva l'ala destra appoggiata a un corso d'acqua dalle rive scoscese, da identificarsi con l'Enipeo (odierno Tsanarlés), mentre l'altra si distendeva nella pianura che, da questo lato, era chiusa da alti monti sui quali si rifugiavano i legionarî fuggiaschi di Pompeo, che dovettero subito abbandonarli a causa dell'assoluta mancanza dì acqua per ritirarsi quindi in direzione di Larissa; Cesare, precedendoli per una via più comoda, chiuse loro la strada, dopo una marcia di 6 miglia; rinserrandoli su una montagna, lambita alla base da un fiume; la marcia di avvicinamento e l'urto fra i due eserciti si svolse nel tratto di pianura fra la città di Farsalo e l'Enipeo. Su questi dati, diversamente interpretati e valutati, sono imperniate le ricostruzioni (notevolmente divergenti) del Leake, del von Göler, del Heuzey e dello Stoffel: dei quali soltanto il Leake ha collocato la battaglia nella zona tra la città e il fiume, mentre soltanto i due ultimi sembrano aver ricostruito le ultime fasi della giornata concordemente alle fonti, identificando nell'odierno Karagia Ahmed il monte sul quale capitolarono i pompeiani superstiti. Apparisce perciò maggiormente probabile la ricostruzione del Veith (accolta dal Kromayer), che colloca, come il Leake, il campo di battaglia tra Farsalo e l'Enipeo, e accoglie, relativamente alla via della ritirata e al luogo della capitolazione, la tesi dei due studiosi francesi. Cesare, trovandosi il suo campo in posizione troppo sfavorevole di fronte a quello di Pompeo, aveva deciso di non combattere e di marciare invece su Skotussa, per tagliare le comunicazioni di Pompeo con Larissa; era già in marcia, quando ebbe notizia dalla sua cavalleria che i Pompeiani si erano avanzati più del solito in pianura, offrendo battaglia a condizioni quasi eguali. I due eserciti erano schierati su tre linee: Pompeo, appoggiando l'ala destra al fiume, aveva posto alla sinistra il grosso della sua cavalleria, fronteggiata dalla troppo scarsa cavalleria cesariana. Cesare però, appena si accorse che l'avversario si disponeva a manovrare con la cavalleria, aggirando la sua destra, trasse una coorte dalla terza linea di ciascuna legione, formando una quarta linea di riserva, che, rimasta nascosta al nemico, fermò l'attacco della sua cavalleria, la scompigliò, la sbaragliò e segnò così l'inizio della disfatta (v. cesare; pompeo).
Bibl.: W. M. Leake, Travels in Northern Greece, Londra 1832 segg., IV, p. 481 segg.; id., in Transactions of the Royal Society of Liter., IV, ser. 2ª, pagina 79 segg.; A. v. Goeler, Caesars gall. Krieg und Teile seines Bürgerkrieges, 2ª ed., II, Friburgo in B. 1880, p. 150 segg.; L. Heuzey, Les opérations militaires de Jules César, Parigi 1886, p. 141; C. Stoffel, Histoire de J. César, Parigi 1887 segg., II; G. Veith, Geschichte der Feldzüfge C. Julius Cäesar, Vienna 1906, p. 337 segg.; J. Kromayer, Antike Schlachtfelder in Griechenland, Berlino 1907, II, p. 399 segg.; H. Delbrück, Geschichte der Kriegskunst, 3ª ediz., Berlino 1920, I, pp. 579-601; T. Rice Holmes, The Roman republic, III, Oxford 1923, p. 452.