farmacogenetica
Disciplina che studia i condizionamenti genetici sull’azione dei farmaci. È noto sin dagli anni Cinquanta del secolo scorso che il background genetico di un individuo può influenzare il modo in cui un farmaco viene metabolizzato, determinando quindi l’efficacia del trattamento e l’eventuale comparsa di reazioni avverse. La variabilità interindividuale è dovuta soprattutto alle differenze nei geni che codificano per i diversi enzimi coinvolti nel metabolismo dei farmaci. Le prime variazioni nelle reazioni ai farmaci a essere identificate erano soprattutto legate a polimorfismi di singoli geni. Tra questi, particolarmente importanti sono i polimorfismi nei geni che codificano per l’enzima CYP2D6, della famiglia degli enzimi del citocromo P-450, che ha un ruolo nel metabolismo di fase I (ossidazione, riduzione e idrolisi) dei farmaci. I diversi polimorfismi di CYP2D6 sono piuttosto comuni e sono stati evidenziati negli anni Settanta e caratterizzati nel decennio successivo dal punto di vista molecolare. Essi influenzano profondamente la velocità e l’efficacia del metabolismo di numerosi farmaci, fino anche a ridurne a zero l’attività. Esistono poi variazioni genetiche relative al metabolismo di fase II (per es., acetilazione e metilazione), come per es. i polimorfismi del gene dell’N-acetiltransferasi 2, che condizionano il pathway metabolico di N-acetilazione, con effetti sull’emivita e sulle concentrazioni plasmatiche di un vasto gruppo di farmaci, aumentandone l’effetto: variazioni sono presenti in oltre la metà degli statunitensi caucasici, e nel 17% dei giapponesi. Tuttavia, le vie metaboliche sono spesso molto complesse e quindi la risposta individuale ai farmaci è condizionata da più geni contemporaneamente, e quindi l’impatto clinico della farmacogenetica è stato relativamente limitato.
→ Genetica. Diagnosi genetiche