FANTASCIENZA
. Nome con cui si indica in Italia quel tipo di narrativa che nei paesi anglosassoni, dove è più largamente diffusa, si chiama science-fiction, e che consiste nello sviluppare un intreccio logico ed essenzialmente tradizionale, con personaggi in senso lato attendibili, partendo da un dato, un'ipotesi o un'intuizione di carattere più o meno plausibilmente scientifico. Sebbene non manchino, nella storia della letteratura, esempi di opere filosofiche o scherzose costruite in questo modo (tra i "precedenti" più illustri e più frequentemente citati ricorderemo la Vera storia di Luciano di Samosata, l'Histoire des états et empires de la Lune e l'Histoire du Soleil di Cyrano de Bergerac, Micromégas di Voltaire, i Viaggi di Gulliver di Swift), è evidente che gl'inizi della f. coincidono all'incirca con lo sviluppo del tecnicismo quale si annuncia nella seconda metà del sec. 19°. È allora infatti che nasce la voga del "romanzo avveniristico" ed è allora che si affermano quelli che si possono considerare i veri fondatori della f.: J. Verne ed H. G. Wells, seguiti da una folla di modesti imitatori (tra cui anche E. Salgari e A. Conan Doyle).
Oltre a mettere a fuoco la maggior parte dei temi, degli spunti, delle "trovate", dei meccanismi narrativi tipici di questo genere letterario (dai viaggi nel tempo alle guerre tra pianeti, dall'esplorazione spaziale al prevalere della macchina sull'uomo), questi due fecondi e popolarissimi scrittori si spartirono, per così dire, le occasioni tecniche e teoriche peculiari della f., caratterizzandone per primi i due grandi filoni in cui ancor oggi essa si divide: l'uno, che si può far risalire a Verne (Dalla Terra alla Luna, Ventimila leghe sotto i mari, Robur il conquistatore, Il villaggio aereo, ecc.), tende all'avventuroso, al meraviglioso, al cosmico, e mostra verso il progresso tecnico un minuzioso e affascinato interesse; l'altro, che discende da Wells (The time machine, "La macchina del tempo"; The invisible man, "L'uomo invisibile"; The war of the worlds, "La guerra dei mondi"; The island of Dr. Moreau, "L'isola del dottor Moreau"; ecc.), guarda al futuro con occhio assai più critico e pessimistico, e trae dalle "conquiste" dell'uomo moderno apocalittici o sarcastici presagi. A questa alternativa di fondo converrà ricorrere anche per distinguere l'orientamento generale rispettivamente della f. sovietica e di quella anglosassone. Nell'URSS la f. è oggi seguita non meno che negli SUA, e può vantare scrittori di notevole valore, come A. N. Tolstoj, V. Kataev, M. Afanasevič Bulgakov, A. Romanovič Beljaev e più recentemente I. Antonovič Efremov, A. Petrovič Kazancev, Gurevič e Saparin. Tuttavia la produzione sovietica è in buona parte appesantita da intenti didascalici o ingenuamente moralistici, nonché da un puntiglioso sforzo di verosimiglianza scientifica, che riesce a volte scostante per il lettore non specializzato e poco incline ad apprendere. Analoghi accenti fortemente verniani, ottocenteschi, si avvertono anche nella prima science-fiction americana, la cui data di nascita ufficiale risale al 1926, allorché un pittoresco personaggio, l'inventore ed editore H. Gernsbach, fondò la rivista Amazing-stories; la qualità letteraria dei racconti e romanzi apparsi nelle prime annate di questa rivista è naturalmente bassissima; ma non c'è dubbio che Amazing e le altre rozze ed effimere pubblicazioni che subito la imitarono ebbero il merito di circoscrivere il campo d'azione della f., d'identificare e coltivare un pubblico e di spianare la via ai raffinati "maestri" dell'attuale f. anglosassone.
È in questo periodo pionieristico che conosce la sua massima fortuna la cosiddetta space-opera, una sorta di chanson de geste spaziale, dove, nel corso d'interminabili saghe (talvolta sceneggiate per la radio, il cinema o i "fumetti"), indomiti eroi errano da un capo all'altro della Galassia conquistando imperi celesti, liberando bellissime principesse umanoidi e uccidendo mostri per lo più mucillaginosi e con occhi d'insetto (bug-eyed monsters). Oltre a E. Rice Burroughs (il creatore di ("Tarzan"), autore di un noto, quanto illeggibile, ciclo di peripezie marziane, si possono ricordare in questo ramo E. E. Smith ed E. Hamilton. Negli stessi anni, con Weird Tales e altre riviste analoghe, si sviluppa, con non minore grossolanità di effetti e di scrittura, un filone imparentato con il mondo del soprannaturale, la cosiddetta fantasy, che, a differenza della più razionalistica f., ammette nelle sue narrazioni personaggi "irrazionali", quali vampiri, folletti, streghe e fantasmi, sia pure in abiti moderni. Dell'americano H. P. Lovecraft, interessante scrittore assai influenzato dal Poe, sono debitori più o meno tutti gli specialisti di fantasy, oggi ancora numerosi e in alcuni casi tutt'altro che volgari.
A parte le isolate figure dell'americano S. Weinbaum (The new Adam Martian odyssey) e del visionario inglese O. Stapledon (Last and first men, The star maker), si può dire che la f. non raggiunge lo stadio adulto che nel 1947, quando J. W. Campbell jr. prende la direzione della rivista Astounding Science Fiction (oggi Analog) e, pur conservandone in esponente l'aspetto scientifico, porta la nuova narrativa a un livello letterariamente dignitoso. Durante gli anni Quaranta l'entusiastico infantilismo che rende oggi intollerabili i testi del periodo "eroico", cede via via il posto a una cosciente e articolata bravura, e negli anni Cinquanta, sulle pagine della rivista Galaxy, emergono definitivamente le tendenze più mature della f., quelle che le dànno la sua attuale singolarissima fisionomia.
Caduto in gran parte l'accento "epico" di scoperta e d'azione, lasciata un po' in disparte la scienza (forse perché sta diventando sempre più difficile anticiparne con l'immaginazione le prodigiose realizzazioni), la f. è oggi, nelle sue prove migliori, una letteratura di idee, che si diverte a interpretare con ingegnose, inquietanti, paradossali estrapolazioni la realtà contemporanea. Il mezzo espressivo più idoneo a questo modo pungente e sofisticato d'intendere la f. sembra essere il racconto, sebbene si continuino a scrivere eccellenti romanzi d'invasione, di robot, di catastrofi atomiche o naturali, di telepatie e mutazioni varie, di guerre ed esplorazioni cosmiche, di viaggi in altre dimensioni, ecc. Nel racconto, questi luoghi comuni sono però volentieri utilizzati con disincantata irriverenza, per scopi meramente parodistici o di satira politica e sociologica, sui modelli di A. Huxley e G. Orwell. Non bisogna credere, con questo, che la f. abbia perduto il suo simpatico carattere "popolare"; salvo qualche isolato sconfinamento nel pretensioso o in un'artificiosa prosa estetizzante, i suoi autori restano gente che ha qualcosa da dire e la dice con lodevole immediatezza e grande evidenza figurativa.
Tra le personalità di maggior rilievo, ricorderemo il feroce, smagliante R. Sheckley, R. Bradbury (autore del noto The martian chronicles), i capiscuola R. Heinlein, I. Asimov (creatore di memorabili robot e della notissima trilogia Foundation), A. Clarke (The sands of Mars, Islands in the sky), A. E. Van Vogt, C. Simak; e altri ancora come F. Brown, R. Matheson, W. Tenn, F. Pohl, il suggestivo, "decadente" J. G. Ballard, e ottimi artigiani come M. Leinster (The runaway skyscraper), Ph. Dick, D. Galouye, J. Wyndham, J. Christopher, P. Anderson, E. F. Russel, C. E. Maine. Né mancano autori la cui fama è legata a un unico tour de force o a pochissime opere, come D. Keyes, A. Bester, W. Miller jr., T. Sturgeon, J. Blish, D. Knight, K. Vonnegut jr.
In Italia chi voglia interessarsi da vicino a questo genere letterario ha a sua disposizione varie pubblicazioni periodiche che traducono il meglio della produzione angloamericana, tra le quali le riviste Urania, attiva dal 1953, Galassia, Gamma, Cosmo e Futuria (tutte iniziate nel 1976); più recenti Kosmos a fumetti, Fantascienza e Robot. Numerose le antologie di romanzi e racconti.
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