FANATISMO
. I primi, per quanto noi sappiamo, ad essere chiamati in latino fanatici, furono i sacerdoti di Bellona (Corp. Inscr. Lat., VI, 490, 2232, 2234, 2235), i quali in certi giorni dell'anno uscivano vestiti di nero, e con in mano accette a doppio taglio, al suono di cembali e di tamburi, danzavano furiosamente, si laceravano le carni e finalmente caduti in delirio predicevano il futuro agli astanti. Il medesimo titolo fu poi attribuito non solo ai Galli di Cibele (Giovenale, II, 112), anche più noti per il loro infuriare contro sé stessi, ma anche ai sacerdoti di Iside e di altre divinità (Corp. Inscr. Lat., VI, 2234; IV, 2155), dei quali non sappiamo che tenessero mai un contegno men che composto. Il termine fu applicato altresì a indicare chi fosse posseduto da qualche nume o soggetto a un'ispirazione divina, la quale a volte si manifestava in un parlare sconnesso e nell'agitazione furiosa delle membra, e (Livio, XXXIX, 13; cfr. Quintil., XI, 3) a volte nella pretesa di parlare a nome di Dio e di predire il futuro, però con calma (Servio, In Georg., I, 10, cfr. Cicerone, De divin., II, 57)
Circa l'etimologia e il significato originario del termine, è facile il collegare fanaticus con fanum "tempio", e di fatto anche gli antichi ricollegarono i due termini. Una conferma se ne può trovare nell'uso della parola come aggettivo nel senso di "appartenente a un tempio, sacro" (pecunia fanatica, Corp. Inscr. Lat., V, 3924; causa fanatica, Macr. Sat., III, 3, 3). A. Bouché-Leclercq osservò tuttavia che un argomento in contrario si potrebbe desumere da un passo di Festo, secondo cui si diceva "fanatico" l'albero colpito dal fulmine, dove, secondo lui, l'aggettivo sarebbe usato impropriamente. Ma si può osservare che qui la qualità di "fanatico" non indica dipendenza da un tempio, bensì direttamente dalla divinità, che si manifesta col colpire un albero con il fulmine, come altrove col riempire un uomo di sacro furore e della sua ispirazione. Se dunque il legame tra fanaticus e fanum è secondario, come già ammetteva il Bouché-Leclercq, e se il termine si può considerare come una trascrizione popolare d'una parola greca (egli pensava a ϕρενετικός "frenetico" o a un possibile ϕραινητικός "rivelatore"), si potrebbe forse andar oltre e ricongiungere definitivamente fanaticus al gr. ϕαίνομαι "mi manifesto", tenendo presente anche il significato di "epifania" (v.). Altri tuttavia fanno osservare che il termine fanum è stato usato per indicare templi di divinità non romane, e che quindi il termine può aver assunto il suo significato specifico dopo l'introduzione in Roma dei culti orientali e che fanaticus, applicato all'albero colpito dal fulmine, non ha significato diverso da sacer.
Comunque, era naturale che l'uso strettamente tecnico religioso della parola si allargasse nell'uso comune a significare l'essere invaso da un'idea, non solo nel campo religioso ma anche profano, e l'agire in conformità e a favore di essa, sia pure inconsultamente senza il debito riguardo né a sé né agli altri.
Bibl.: A. Bouché-Leclercq, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiquités, II, p. 974 seg.; E. De Ruggiero, Dizion. epigrafico, III, p. 33 seg.; Samter, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., VI, coll. 1986 e 1996; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, pp. 350, 358 nn. 5, 468 n. 5.