COSULICH, famiglia
Originaria di Lussinpiccolo (odierna Mali Lošinj) - cittadina dell'isola di Lussino (Lošinj) allora sotto dominio veneziano, nel golfo del Quarnaro (Kvarner) - appartiene a quel gruppo di casati che, dediti da varie generazioni all'attività marinara, seppero cogliere e nello stesso tempo provocare i momenti di crescita economica e tecnica della marineria lussignana prima, e poi triestina e fiumana. I C., divenuti armatori, sono da considerare tra i pionieri della navigazione mercantile adriatica; furono poi parte cospicua della navigazione austriaca (e, dopo la prima guerra mondiale, della navigazione italiana) specie quando, trasferita verso la fine dell'Ottocento la base delle loro intraprese a Trieste, riuscirono in brevissimo tempo a svilupparle in un importante complesso navale e industriale, conservando però sempre quel costante carattere di "corporazione familiare" che fa corrispondere, al di là delle individuali vicende, la biografia della famiglia con la storia delle imprese.
Questa specificità di "corporazione familiare", questa coincidenza tra famiglia e imprese, fu in sostanza indipendente dall'assetto giuridico e societario assunto nel tempo. Corrispondenza e coincidenza di intrapresa e famiglia, patrimonialità inscindibile di proprietà e gestione, furono un modulo socioculturale totalizzante, la cui diffusione - al di là di questo caso - sarebbe utile accertare per caratterizzare la "mentalità" economica.
Più della peculiarità della organizzazione accumulativa e imprenditoriale, interessa attirare l'attenzione sull'insieme di concezioni che furono alla base del suo dinamismo e delle sue scelte avvedute. Il senso di coesione e solidarietà, la accettata gerarchia gestionale, la convinta assunzione delle diversificate responsabilità, vanno infatti oltre la reale rispondenza comune dei singoli interessi, per costituire, nella coincidenza quasi "morale" di famiglia e intrapresa, nel protagonismo di casato e ditta, un sistema ideale di efficienza che incontrerà il suo limite solo quando il prosieguo dello sviluppo economico generale imporrà una netta separazione di "filosofia" e di ruolo tra investitore e tra imprenditore.
Notizie della genealogia dei C., pur con cautela, possono esser fatte risalire alla metà del sec. XVI.
Da Martino, nato nel 1570 a Lussinpiccolo, e da Antonia Giadrossich di Francesco, nacque il 1º ott. 1600 - a Lussinpiccolo, come anche i discendenti - Francesco, che sposava il 20 febbr. 1629 Nicolina Ivicich di Matteo. Da loro nasceva il 4 nov. 1644 Carlo (detto "Grubessa"), che sposò Giacoma Zacevich (nata il 20 luglio 1642 da Marco e da Mattea Marchettich). Da Carlo nacque Marco nel 1669, cresimato l'11 nov. 1679, della cui moglie risultano solo il nome Nicolina, l'anno di nascita 1670, e la data della morte, 1º sett. 1738. Dal loro figlio Simone, nato nel 1705, sposato il 10 genn. 1738 con Caterina Giadrossich di Luca (1717 - 14 luglio 1747), e morto il 10 marzo 1760, nacque nel 1744 il primogenito Marco, sposato con Margherita Martinolich (1746 - 3 ott. 1823), e morto il 17 febbr. 1816.
A metà del sec. XVIII si sarebbe segnalato un Antonio (detto "Antichina"), proprietario di barca. I capifamiglia di Lussinpiccolo, riuniti sul sagrato di S. Maria, lo avevano delegato a difendere i loro interessi, il 13 apr. 1751, davanti ai tribunali veneziani contro i canonici del capitolo di Ossero nell'isola di Cherso (odierne Osor, Cres) per la ripartizione della decima prediale. L'intricata vicenda, durante la quale il carattere energico valse ad Antonio un periodo di bando dai territori della Serenissima, si risolse nel 1760 a favore dei canonici.
Luca, secondogenito di Simone e di Caterina Giadrossich, nato nell'anno 1746 e morto nel 1808, diede origine ad un ramo laterale dei C. secondo questa linea: Simone, nato nel 1768 e morto nel 1849; Marco, nato nel 1811 e morto nel 1891; Simone, nato nel 1838 e morto nel 1914. Il ramo si stabilì a Venezia nel 1859. Altri C. poi risultano a Fiume.
Da Marco, il primogenito di Simone e di Caterina Giadrossich, nacque il 30 ag. 1776 Marco (detto anch'egli "Grubessa", o "Rustego"), capitano marittimo, sposato con Antonia Ivancich di Gasparo (1784 - 28 maggio 1845), morto il 19 genn. 1842.
A ridosso della metà del sec. XIX, il casato C. risultava già essere ben affermato nella città natale. Un cugino di Marco "Grubessa, " di Marco, AntonioAgostino, anch'egli capitano marittimo, fra il 1838 ed il 1850 era podestà molto attivo di Lussinpiccolo. Gli si devono l'erezione della Casa comunale, dell'ufficio postale e dell'istituto comunale per gli infermi, lavori alle rive e alle strade, e l'istituzione della prima scuola femminile.
Iniziatore delle moderne fortune familiari fu il capitano marittimo AntonioFelice, nato il 16 maggio 1816 a Lussinpiccolo da Marco e Antonia Ivancich, penultimo di otto figli, e lì poi morto nel 1884. Il 18 sett. 1843 aveva sposato Teresa Premuda (1815-1886), di una ricca famiglia di capitani e di armatori, e dopo essersi unito ai fratelli Marco (terzogenito, capitano, nato nel 1806 e morto nel 1864), e Gaspare (l'ultimo, nato nel 1818 e morto nel 1886), nel 1854 risultava proprietario di 14 carati distribuiti sui velieri "Elena" di 352 t, costruito a Fiume due anni prima (e proprietà anche dei cugini che si trasferiranno a Venezia), "Gloria" di 308 t, e "Marco" di 336 t, costruiti a Trieste il primo nel 1840 e il secondo nel 1841.
Le vicende e le tensioni politiche e belliche dell'ultimo ventennio avevano creato nuove possibilità di profitto con traffici straordinari. Un ulteriore incentivo fu rappresentato dalla guerra di Crimea, che venne ad influire in modo notevole sul potenziamento del naviglio.
Iniziata nel luglio 1853 tra Russia e Turchia, e allargatasi nell'aprile 1854 a Francia e Inghilterra, la guerra ebbe un teatro operativo che per la lontananza dalle basi richiedeva un ininterrotto servizio logistico di rifornimento e di trasporti, e determinava correnti di traffico indotto. Spinta dai compensi, la marineria lussignana affrontò le insidie della navigazione attraverso il Mar Nero; i guadagni segnarono per Lussino l'inizio di un florido periodo, ed ebbero ripercussioni sensibili sul rinnovo della sua marina velica.
Il miglioramento economico per la positiva congiuntura permise ad Antonio Felice di realizzare un ambito progetto: associatosi ad altri parenti ed amici, nel 1857 faceva costruire il "Fides", un brigantino a palo di 650 t dalle ottime e innovate qualità nautiche. Ma dopo la fine della guerra di Crimea, e poi della campagna navale in Adriatico del 1859 - durante la quale l'isola di Lussino era stata occupata come base dalla flotta franco-sarda - la marina velica istriana e dalmata cominciava ad attraversare un periodo di ristagno e di crisi, che si accentuerà durante tutti gli anni '60 per le vicende della politica austriaca, ma sarà anche dovuto alla crescente affermazione della nave a vapore. A ciò, del resto, aveva contribuito l'indirizzo stesso di politica economica austriaco e triestino, il gran disegno cioè commerciale e organizzativo della Trieste-emporio e la pronta rispondenza della cosmopolitica borghesia cittadina.
A Trieste erano sorte varie compagnie di sicurtà, e, più importanti, nel 1831 le Assicurazioni Generali e nel 1838 la Riunione Adriatica di Sicurtà. Nel 1833, su iniziativa di un loro gruppo, e modellato sull'omonimo inglese, era sorto il Lloyd Austriaco, con lo scopo di raccogliere notizie marittime e mercantili di ogni paese per servire ai traffici ed alle assicurazioni. Fondatore e direttore era L. C. von Bruck, che nel 1848 sarà uno dei due eletti dalla città alla Costituente di Francoforte, col mandato tra l'altro di operare perché Trieste divenisse centro della flotta federale germanica nel Mediterraneo, e in seguito sarà ministro austriaco del Commercio, e poi delle Finanze.
Nel 1836 il Lloyd Austriaco aveva subito una riforma. Lo scopo iniziale restava alla Prima Sezione, che nel 1863 assumerà il nome di Comitato delle unite Compagnie d'assicurazioni marittime alla Prima Sezione del Lloyd Austriaco. La Seconda Sezione aggiungeva il nome di Società della navigazione a vapore, rendendosi autonoma finanziariamente e amministrativamente, e si proponeva il nuovo scopo imprenditoriale di fare di quel porto franco il punto centrale dello Stato per ogni sviluppo della navigazione. Dirigenti e capitalisti avevano rivelato una eccezionale dinamicità. Nel 1837 aveva un capitale di 1.050-000 fiorini, 7 piroscafi per 1.777 t e 630 CV, con 87 viaggi per 43.652 miglia, e 7.967 passeggeri e 5.383 q di merci trasportati. Nel 1848 aveva un capitale di 3.150.000 fiorini, 26 piroscafi per 9.203 t e 3.370 CV, con 727 viaggi per 330.202 miglia, e 118.343 passeggeri e 149.988 q di merci trasportati. A confronto, nel 1848 la marina da guerra austriaca disponeva della sola pirocorvetta "Vulcano".Dopo aver venduto il "Gloria", e ceduto il "Marco" ad armatori triestini, nel 1866 Antonio Felice acquistava un solo altro veliero, battezzato "Elena Cosulich". Dei suoi sette figli, il quartogenito Callisto, capitano, nato a Lussinpiccolo il 1º apr. 1847, sposatosi il 15 apr. 1872 con Maria Elisabetta Zar (25 marzo 1854 - 26 genn. 1928), e morto a Portorose frazione di Pirano (odierne Portorož, Piran) il 30 sett. 1918, ed il quintogenito capitano Alberto, nato a Lussinpiccolo nel 1849, sposatosi con Maria Tarabochia poi con Giulia Bussanich, e morto a Trieste il 6 ag. 1927, affiancheranno il padre nella guida della compagnia dopo l'usuale periodo prima di imbarco, poi di comando sui velieri della ditta.
Unitisi in società con G. Stuparich e C. Ivancich, i C. intanto erano divenuti caratisti del veliero "Apollon" di 770 t, costruito in Canada nel 1866 e scomparso in Atlantico tre anni dopo, poi nel 1870 decisero di vendere il "Fides", successivamente naufragato. Nel 1879 i due fratelli, i quali già avevano carature dello "Urano", acquistavano 16 carati del veliero in legno "Phison" di 730 t, costruito a Lussino, mentre cedevano lo "Elena Cosulich". Nel 1884, alla morte del padre, i due fratelli assumevano la gestione della compagnia, e Callisto la direzione. Due anni dopo, col concorso dei Tarabochia e dei Francovich, imparentati con loro per matrimoni, i due fratelli C. acquistavano un bark in ferro di 470 t, costruito nei cantieri Martinolich di Lussino, cui dettero il nome "Antonio Felice Cosulich". Nel 1885 essi avevano assunto la proprietà di tutti i carati del "Tigri", di 516 t, costruito a Lussino, e l'anno dopo diventavano proprietari del grosso bark "Gehon" di 849 t, esso pure costruito a Lussino, mentre lo "Urano" nel 1883 era stato semidistrutto da una violenta tempesta e abbandonato nelle Azzorre.
All'inizio del 1889, venduto lo "Antonio Felice Cosulich" oltre al "Tigri", i fratelli Callisto e Alberto, cui si univa l'altro fratello capitano Fausto (secondogenito di Antonio Felice, era nato a Lussinpiccolo nel 1845, aveva sposato Zoe Suttora, e morirà il 23 febbr. 1908), in consorzio con i Cattarinich acquistavano un clipper in acciaio di 710 t, costruito nel 1888 a Lussino, cui venne dato il nome di "Teresa Cosulich". La flotta Cosulich risultava così basata su 3 recenti velieri, il "Gehon", il "Phison" e il "Teresa Cosulich", per totali t 2.280. Puntando però sui vantaggi della nave metallica a vapore, che consentiva regolarità di navigazione con quasi ogni tempo e mare, maggior sicurezza, velocità e carico e quindi riduzione dei costi, sempre nel 1889 Callisto e Alberto C., col concorso dei loro zii Marco e Antonio della linea originatasi con Luca nel 1746 e che si erano stabiliti a Venezia, acquistavano il piroscafo "Elena, Cosulich", di 1.700 t di registro lordo, varato nell'agosto del 1889 in un cantiere di Sunderland.
Se questo fu il primo piroscafo moderno dei C., fu anche l'inizio di una svolta, la trasformazione dell'impresa familiare da armatrice di velieri in armatrice di piroscafi. Ciò comportava la necessità di affrontare due serie di problemi, organizzativi e finanziari. La famiglia si trovava però in condizioni favorevoli nell'affrontarle. Quanto alla prima: per la tradizionale suddivisione familiare dei compiti, che ora venivano a incentrarsi su una maggior distinzione delle funzioni e attività di proprietario, armatore, agente dell'armatore, sensale di noleggi, capitano di nave; quanto alla seconda, derivata in sostanza dall'aumento del volume sia dei costi e immobilizzi sia degli impliciti giri e impegni di affari: per il giro stesso di affari già creato, la fiducia conquistata, la cerchia delle relazioni e parentele.
D'altronde, la trasformazione dell'impresa familiare in armatrice di piroscafi era nello stesso tempo scelta avveduta per una crescita economica, e scelta obbligata per la sopravvivenza. Dalla comparazione delle statistiche austriache, tra il 1850 ed il 1900 risulta ben chiaro l'andamento della marina mercantile: la crescita costante del numero dei piroscafi e della loro stazza media, la diminuzione costante dei marittimi per il crescente rapporto tonnellaggio - unità d'equipaggio collegato all'aumento delle stazze, la espulsione del naviglio a vela dal lungo corso e dal grande cabotaggio e il restringimento della sua area di piccolo cabotaggio, infine la flottiglia da pesca come area di maggior impiego della gente di mare. Spinta, tra le altre non secondaria, era stata anche l'apertura del canale di Suez nel 1869, né solo per l'impulso alla navigazione a vapore, ma per il nuovo ruolo di transito del Mediterraneo e per le nuove prospettive delle comunicazioni con l'Oriente e l'Australia.Poichè l'isola di Lussino non poteva ormai più offrire ai C. l'ampiezza di infrastrutture richiesta (da quelle della rete di comunicazioni, a quelle portuali, a quelle creditizie) né l'arco di potenzialità necessarie per allargare e trasformare la loro attività armatoriale, nel 1890 si stabilivano a Trieste.
Se il decennio 1848-1859 può essere considerato il periodo in cui, con una "rivoluzione dall'alto", l'Austria aveva creato - nell'amministrazione, la giustizia, le finanze, l'istruzione e le infrastrutture - le basi per il suo sviluppo economico fino alla guerra mondiale, per Trieste lo statuto 12 apr. 1850 che la proclamava Reichsunmittelbare Stadt, poi la Februarpatent del 1861, infine la Dezemberverfassung del 1867 che dava al Kastenland sostanzialmente la configurazione che conserverà fino al 1918, avevano segnato l'affermazione della sua borghesia cittadina, mercantile, capitalistica e autonomistica.
Inoltre, nel periodo 1873-1996 - la cosiddetta "grande depressione" - il nuovo corso di politica sociale dell'Austria era venuto modificando l'ordinamento industriale, esentandone solo le aziende con non più di venti occupati. Nel 1883 erano istituiti l'ispettorato per l'industria, e il giudice arbitrale del lavoro; nel 1885 erano introdotti il divieto del lavoro minorile, e notturno per le donne e i giovani, la durata massima della giornata lavorativa, e il riposo domenicale; il 1º nov. 1889 entravano in vigore l'assicurazione contro gli infortuni (1887) e contro le malattie (1888). Solo l'industria marittima, espressamente esclusa, conservava i vecchi margini di manovra e di contenimento del costo del lavoro.
Infine, il cambiamento congiunturale verificatosi a partire dal 1873 aveva accresciuto la divaricazione delle vocazioni, o meglio delle condizioni strutturali e geoeconomiche, tra l'Istria e la Dalmazia, e Trieste in corso di trasformazione da emporio in porto di transito. Prendendo come riferimento l'indicatore dato dal rapporto tra il numero dei contribuenti iscritti al pagamento dell'imposta personale sul reddito e il totale della popolazione (F. Leiter, Die Verteilung des Einkommens in Oesterreich, Wien 1907, p. 33;cit. in Matis, La rivoluzione industriale..., p. 280), nel 1898, a fronte della media nazionale del 2,79%, la Dalmazia presentava l'1,16% e l'Istria l'1,79%, contro l'8,30% di Trieste; e nel 1904, rispetto alla media nazionale del 3,42%, la Dalmazia calava all'1,39%, l'Istria saliva al 2,54%, mentre Trieste raggiungeva la media più alta dello Stato con l'11,77%.
Stabilendo le basi nel massimo porto asburgico, i fratelli Callisto e Alberto C. potevano così dare avvio, alla realizzazione di quel gruppo armatoriale e industriale che, unitamente agli altri complessi triestini (armatoriali, industriali, finanziari, assicurativi e commerciali), a ridosso della prima guerra mondiale doveva portare Trieste - non più porto franco dal 1891 - al livello dei grandi porti anseatici nordeuropei.
Allo "Elena Cosulich" seguiva nel 1891 il piroscafo "Antonio Felice Cosulich" di 1.773 t, di totale proprietà dei C., varato nei cantieri Howaldt di Kiel. Una favorevole congiuntura si determinava, nel corso del 1893, con l'approvazione della legge che concedeva, per quindici anni e a scalare il 5% annuo, un contributo d'esercizio di 6 fiorini per ogni tonnellata di registro netta a nuovi piroscafi metallici e di 4,50 fiorini a nuovi velieri metallici, e un premio di navigazione di 5 Kreuzer per ogni tonnellata netta e per ogni 100 miglia di percorso oltre il limite del cabotaggio da e per porti austriaci. I C., che avevano venduto il "Gelion" nel 1891 e poi il "Phison", acquistarono un terzo piroscafo, il "Grignano" (ex "Farnley Hall") già della Irvine & Co., nonchè 3 grandi clippers in ferro, costruiti a Greenock: il "Deveron" di 1.323 t, lo "Orpheus" di 1.535 t e il "Sava" (ex "Gryfe") di 1.128 t, i quali serviranno anche da navi scuola. Nel marzo 1896 venne acquistato un quarto piroscafo, lo "Isonzo" (ex "Zeus" di t 832. Successivamente, con l'intervento di capitali triestini e viennesi, i fratelli C. acquistarono altri tre piroscafi: lo "Hermine" di 2.376 t, il "Miramar" di 2.753 t, ed il "Ressel" di t 2.854.
A causare questo incremento di tonnellaggio, oltre le sovvenzioni statali alla marina mercantile., fu la richiesta di navi da carico verificatasi intorno al quinquennio 1895-1900 per i vari avvenimenti di politica internazionale e coloniale. I C. ne trassero profitto, offrendo i vapori a noli vantaggiosi, e alla fine del 1897 erano proprietari di 7piroscafi e di 4 velieri.
La famiglia subì peraltro anche colpi dolorosi. Tra questi la scomparsa per naufragio nel marzo 1895di Callisto, nato a Lussinpiccolo l'11 genn. 1876da Callisto e da Maria Elisabetta Zar, terzogenito dei loro venti figli (scomparirà in mare, assieme alla nave scuola "Beethoven" ed a tutto l'equipaggio, agli atti formali nel marzo 194, anche il decimoquarto figlio, Giovanni, primo ufficiale, nato a Lussinpiccolo il 25 maggio 1890);il naufragio del "Duino" nel 1896; l'affondamento nel Mar Nero del "Grignano" nel 1898.
La compagnia d'armamento Fratelli Cosulich, con gli utili precedentemente ricavati e con le somme realizzate da vendite di navi, una volta acquistati nel 1901 altri 10 piroscafi da carico in cantieri navali inglesi (i cantieri locali, ad eccezione dell'arsenale del Lloyd Austriaco che costruiva in genere per la propria compagnia, non erano in grado di allestire navi di grosso tonnellaggio), al 31 dicembre di quell'anno disporrà di 15 navi, per un totale di 46.495 t di stazza lorda e per un valore a bilancio di corone 1.359.952. Nel 1900 i fratelli C. avevano intanto inaugurato una regolare linea commerciale col Nordamerica, che ebbe successo; da ciò, i nuovi piroscafi venuti ad inserirsi nella flotta. Tra il 1901 ed il 1902 il primo ministro E. von Koerber, a risolvere contrastanti spinte di politica interna e di nazionalità, dava l'avvio ad un vero e proprio piano di incremento dell'economia. Trieste ne era oggetto per il programma di ammodernamento del porto, e per quello di una seconda linea ferroviaria attraverso le Caravanche ed i Tauri. E intanto, nel 1903, la ditta armatoriale era sottoposta ad una trasformazione dell'assetto societario. La concentrazione e la gestione del patrimonio familiare erano affluite nella Fratelli Cosulich società anonima, e la parte armatoriale già compresa sotto quella ragione si fondeva, assorbendola, con l'impresa di navigazione Austro-Americana, costituita a suo tempo per il trasporto dall'America in Austria del cotone via Trieste, prima introdotto via Brema. La nuova ditta veniva costituita in società anonima, con capitale iniziale di 2 milioni di corone distribuito in 10.000 azioni, sotto la ragione sociale di Unione austriaca di navigazione, già Austro-Americana e Fratelli Cosulich, che col nome abbreviato di Austro-Americana opererà sino alla fine della prima guerra mondiale. Nel 1904 si affiancava all'esercizio della linea commerciale col Nordamerica quello di una linea da emigranti e da passeggeri di classe, con l'impiego di piroscafi moderni, ordinati in Inghilterra eccetto uno dei primi, il "Sofia Hohenberg", ordinato all'arsenale del Lloyd Austriaco, che fu il primo piroscafo transatlantico passeggeri costruito in Austria con materiale austriaco. Le prime partenze in servizio passeggeri, sulla rotta Trieste-New York, ebbero luogo il 23 maggio e 9 giugno 1904, e vi furono impiegati i piroscafi "Giulia" di 4.337 t e "Gerty" di t 4.039. Intanto la compagnia doveva stringere accordi con il Norddeutscher Lloyd e con la Hamburg-Amerika-Linie, cedendo il controllo di una quota azionaria, per farsi ammettere nel pool del Norddeutscher Linien Verband (sorto nel 1892 per eliminare concorrenze e delimitare le zone d'influenza), che le lasciava inizialmente solo il 4% del traffico migratorio continentale.
Nel 1905 la flotta sociale comprendeva 23 piroscafi, cui fino al 1908 se ne vennero aggiungendo altri 14. Intese, su pressioni governative, col Lloyd Austriaco e la Società di navigazione Adria di Fiume concentravano nella compagnia dei C. i servizi per il Sudamerica, sovvenzionati in base alla convenzione del 30 sett. 1909 con l'amministrazione statale. All'inizio del 1913 la nuova società, a dieci anni dalla costituzione, dopo il Lloyd Austriaco era la maggiore impresa di navigazione della monarchia austroungarica, godeva di una sovvenzione annua di 1.300.000 corone, ed era saldamente nelle mani della famiglia. Callisto e Alberto si erano, per sè e per i figli, riservati in statuto il diritto di nominare fino al 200 esercizio sociale, in quanto fondatori e concessionari, la direzione composta, di tre fino a cinque membri, in cui la famiglia aveva diritto ai due terzi dei seggi.
La Lega dei capitani ed ufficiali della marina mercantile austro-ungarica in Trieste - che nel 1913 raccoglieva oltre 640 ufficiali brevettati - dopo aver imposto miglioramenti contrattuali, denunciava (La ufficialità mercantile austriaca di fronte allo Stato ed agli armatori, Trieste 1913) varie esosità della compagnia. Tra queste, la nomina a comandanti dei figli dei titolari, scavalcando l'anzianità degli altri ufficiali.
Il capitale era salito a 24 milioni di corone; la flotta sociale, adibita a servizi di linea e liberi con le Americhe, contava 29 navi passeggeri mentre altre cinque erano in costruzione nel cantiere dei C. di Monfalcone. Al 31 dic. 1913, in base alle iscrizioni nei registri dei porti austroungarici, disponeva di 32 navi in servizio per complessive 152.000 t di stazza lorda; la flotta includeva 12 transatlantici impegnati nei traffici di linea col Nord e Sudamerica.
L'Austro-Americana nel 1913 effettuò 154 viaggi, di cui 36 per New York, 6 per il Canada (passeggeri), 59 per il Nordamerica (merci), 40 per il Brasile e l'Argentina (merci e passeggeri), 9 per le Antille e l'America centrale, e 4 viaggi straordinari. Le sue navi percorsero 1.604.997 miglia, trasportarono 99.635 passeggeri e 1.094.488 t di merci. A seconda della velocità del piroscafo la traversata Trieste-New York durava circa 15-20 giorni, e circa 25-30 quella Trieste-Buenos Aires.
Lo spazio per lo sviluppo dell'attività imprenditoriale era offerto ai C. dall'esser Trieste il maggior porto mercantile e di transito della monarchia asburgica, cioè di una grossa entità statale ed economica di circa 60 milioni d'abitanti, e il punto di partenza di un flusso migratorio in cui convenivano anche paesi finitimi, come l'area balcanica. Si aggiungano poi vantaggi come l'unità del sistema ferroviario austro-ungarico, e l'ottima organizzazione del suo servizio per celerità, regolarità e abbondante disponibilità di vagoni; le tariffe ferroviarie concorrenziali; i dazi differenziali (una serie di articoli coloniali pagavano un dazio minore se introdotti via Trieste o Fiume); le sovvenzioni, per cui lo Stato austriaco interveniva a sostegno dei servizi del porto di Trieste con circa 25 milioni annui di corone. Il commercio del porto si occupava essenzialmente di rifornire il mercato dell'Austria-Ungheria, e di esportarne i prodotti. Nel 1913 il tonnellaggio netto delle navi in arrivo fu di 5,48 milioni, con 2,3 milioni di t di merci sbarcate e 1,14 milioni di merci imbarcate, con un traffico ferroviario di 2,7 milioni di t per 269.700 vagoni.
L'insufficienza dei cantieri giuliani a soddisfare le richieste dell'armamento, costretto perciò a ricorrere per le navi a vapore di grosso tonnellaggio all'estero, ma principalmente i provvedimenti che la nuova legge per le sovvenzioni marittime - approvata poi nel febbraio 1907 - stabiliva a favore delle navi costruite in territorio austro-ungarico con materiali nazionali, stimolavano l'investimento capitalistico nei cantieri. Fu questa la nuova svolta della famiglia Cosulich. I fratelli Callisto e Alberto decisero di creare un grande cantiere moderno, e promossero nel 1906 una apposita società, il cui statuto fu approvato con decreto della Luogotenenza il 9 nov. 1907. Stabilito che la zona migliore era il lido a ponente del porto di Monfalcone, acquistarono i lotti di terreno occorrenti, e iniziarono i preliminari lavori di sondaggio e dragaggio, quindi quelli d'impianto sotto la direzione di specialisti inglesi.
Per fare le colmate ed apprestare i blocchi per le banchine del nuovo porto di Trieste già da qualche anno in costruzione, servivano in abbondanza sabbia e ghiaia. I materiali erano facilmente disponibili nei terreni acquitrinosi della baia di Panzano (Monfalcone), a ponente del porticciolo di Porto Rosega, dove si scavavano da parte della ditta Faccanoni, una delle tre imprese appaltatrici dei lavori al porto. I due fratelli - d'accordo con la ditta - sfruttarono gli scavi per ottenere due bacini in comunicazione diretta col mare, provvisti di buoni fondali, distanti solo pochi chilometri dal centro dell'abitato di Monfalcone ed a non più di 16 miglia marittime da Trieste. La zona garantiva inoltre una buona disponibilità di mano d'opera.
Si dovette, sembra, al consigliere comunale Arturo Rebulla, compagno di studi e amico di Oscar, sestogenito di Callisto e Maria Elisabetta Zar (nato a Lussinpiccolo il 25 giugno 1880, sposerà Maria Nicolich e morirà a Portorose il 26 luglio 1926), la segnalazione della zona di Panzano come la più adatta. Oscar, che dopo la maturità classica era stato mandato un anno a New York per impratichirsi di traffici e navigazione, si era iscritto alla facoltà di legge dell'università di Vienna col fratello Ulisse (quintogenito, Lussinpiccolo, 25 giugno 1879 - Trieste, 11 maggio 1903). Questi, irredentista, animatore e presidente a Vienna del Circolo accademico italiano, alla fine del 1902 tornava a Trieste perché ammalato. Anche Oscar interrompeva gli studi per entrare nella gestione delle imprese. Tra le prime incombenze, la partecipazione alla fondazione della Casa degli emigranti a Servola (frazione di Trieste), dove la compagnia ospitava gli emigranti in attesa di imbarco, e l'acquisto dell'Hôtel de la Ville, dove veniva sistemato un ufficio passeggeri.
Per la gestione della nuova impresa i fratelli Callisto e Alberto costituirono il 3 apr. 1908 la società anonima Cantiere navale triestino, con capitale di 3 milioni di corone (100 corone = 105,02 lire) diviso in 15.000 azioni, che venne poi, nel 1911 e 1913, aumentato a 6 ed a 9 milioni di corone. I due fratelli, come soci fondatori e concessionari, nominavano per i primi cinque anni la direzione.
Alla costituzione il capitale risultò sottoscritto per 5.656 azioni dalla Fratelli Cosulich, per 1.500 dalla società di navigazione dei C., per 1.500 dalla Banca commerciale triestina, per 1.000 dal Wiener Bank Verein che aveva a riporto altre 2.500 azioni per prestiti ai C., e per 2.844 da altri azionisti. L'emissione del 1911 fu curata dalla Nieder Oesterr. Escompte Bank; quella del 1913 dalla Banca commerciale triestina, dalla Allgemeine Oesterr. Bodencredit Anstalt e dal Wiener Bank Verein. Lo stretto rapporto tra banche e Cantiere appariva dalla presenza nella direzione, a fianco di Callisto e di suo figlio Oscar - che diveniva anche uno dei direttori del Wiener Bank Verein - di A. Herzfeld direttore della Bodencredit Anstalt e di G. Guenther direttore delle Acciaierie austriache e persona di fiducia della stessa banca.
Decisi a seguire i metodi di lavoro dell'industria navale britannica, che era allora all'avanguardia, i C. si erano scelti come direttore tecnico del cantiere l'ingegnere navale James Stewart, già ispettore tecnico della loro impresa armatoriale, e diversi capi ed operai britannici, indispensabili per la formazione delle maestranze locali. Il 1° giugno 1908 veniva impostata sugli scali la prima costruzione, un piroscafo di 900 t di stazza lorda per la triestina Società austriaca di navigazione a vapore Dalmatia, sceso in mare il 20 ottobre di quell'anno col nome "Trieste". La nuova società cantieristica si accordò con lo Stabilimento tecnico triestino e col Cantiere S. Rocco di Muggia per la ripartizione delle commesse e delle riparazioni, per le quali vennero acquistati due bacini galleggianti.
Callisto, oltre al figlio Oscar, immetterà nei vari compiti ed imprese della "corporazione familiare" anche altri dei suoi venti figli. Di questi compariranno in posizioni predominanti il secondogenito capitano marittimo AntonioNicolò (nato a Lussinpiccolo il 16 febbr. 1875, sposatosi con Maria Anna Gerolimich l'8 sett. 1902, morto a Trieste il 9 nov. 1957), il quartogenito capitano Augusto (nato a Lussinpiccolo il 13 marzo 1877, sposato con la nobile Gilda de Petris, morto a Trieste il 5 maggio 1949), l'undecimogenito capitano Guido (nato a Lussinpiccolo il 27 sett. 1887, sposato con Carmen Vidulich, morto a Trieste il 26 ott. 1962), il dodicesimo figlio capitano Giuseppe (nato a Lussinpiccolo il 9 ag. 1888, sposato con Margherita Sussich poi con Silvia Raimondi, morto il 23 sett. 1960), e il quindicesimo figlio Alberto (detto anche Albertino; nato a Trieste il 28 sett. 1891, sposato con Lucilla Gladulich, e morto a Trieste il 28 giugno 1973).
Le maestranze del nuovo cantiere, che ammontavano nei primi mesi a circa 200 unità, ben presto salirono a 600, e verso la fine del 1914 raggiungevano la cifra di 2.500. Furono poi emanazione del Cantiere la società edile che urbanizzò le aree vicinali, e la Società di navigazione monfalconese con la linea Monfalcone-Trieste.
Nei sei anni di attività prima della guerra mondiale, su 236.238 t di naviglio impostate, 127.750 furono commissionate dalla Austro-Americana, 94.202 da altre società triestine, e 4.836 dalla marina militare austriaca. La notorietà che i C. avevano conquistato nel mondo armatoriale influì senza dubbio sul volume delle commesse, ma senz'altro l'espansione dell'attività fu resa possibile, e sostenuta, dalla notevole presenza bancaria. Nell'assemblea del 28 apr. 1915, l'ultima prima del coinvolgimento del cantiere nella zona di guerra, delle 36.902 azioni intervenute su 45.000 totali, 10.500 erano rappresentate per la Banca commerciale triestina, 50 per la filiale dello I. R. Stabilimento di credito per il commercio e l'industria, 1.455 per la filiale della Banca Unione, 10.400 per la Allgemeine Oesterr. Bodencredit Anstalt (di cui 5.896 a riporto della Fratelli Cosulich), 11.522 per il Wiener Bank Verein (di cui 4.987 a riporto della Fratelli Cosulich), per totali 33.927.
Comincia così a risaltare un fattore di debolezza strutturale dell'imprenditoria dei C., connesso ai modi stessi del processo di sviluppo, ma anche, e più, alla prevalente cultura, la concezione cioè di inscindibilità tra famiglia e impresa che è, al di là di scelte personali o di gruppo, la chiave di lettura della strategia della famiglia. La dinamica della crescita tecnica, economica e concorrenziale implicava sempre maggiori investimenti che, di fronte ai limiti finanziari inerenti alla strutturante "corporazione familiare", saranno assolti dal sistema creditizio, determinando una stretta commistione di interessi tra banche e industrie, e conservando inalterata la sovrapposizione tra il ruolo di capitalista e investitore, e quello di imprenditore e dirigente.
Nel corso del 1910 il cantiere passava alla costruzione di unità più grosse, primo fra tutte il transatlantico "Kaiser Franz Joseph" di 12.567 t per conto della società di navigazione dei C., che veniva varato il 9 sett. 1911 a quindici mesi dall'impostazione. Nel novembre 1911 iniziava a lavorare per conto della marina militare austriaca, ma dopo la costruzione dell'incrociatore leggero "Saida" e "l'impostazione di 4 incrociatori per la Cina l'attività calò per lo scoppio della guerra nell'agosto 1914, e cessò definitivamente alla fine del maggio 1915 per l'intervento dell'Italia nel conflitto.
Partito J. Stewart coi collaboratori britannici, al suo posto Callisto aveva inserito il quartogenito Augusto, affiancandogli come direttore amministrativo C. Sai (il 30 ott. 1939 sposerà la primogenita di Callisto, Maria, 20 maggio 1873-16 marzo 1967, vedova di G. Francovich, procuratore legale del cantiere). Occorreva, come prima cosa, accelerare il varo degli scafi in avanzata costruzione, e ultimare l'allestimento dei piroscafi "Anna" della compagnia dei C., e "Salina" della Navigazione libera triestina, per allontanarli dal cantiere. Il piano non potrà essere eseguito che parzialmente: mentre lo "Anna" ed una mezza dozzina di unità leggere della marina militare potranno partire, andranno persi il "Salina", minato col bacino, e due piroscafi in costruzione per i C., un transatlantico di 14.500 t e una nave da carico di t 4.730.
Durante la guerra si fermarono flotta e cantieri giuliani. Occupata Monfalcone dalle truppe italiane, dal giugno 1915 all'ottobre 1917 il cantiere fu una "quota zero" nelle carte militari del sistema trincerato, e il relitto di una nave fu usato come osservatorio dall'esercito italiano. Alberto, e Callisto coi figli Oscar, Augusto e Alberto (Albertino), si trasferirono inizialmente a Vienna. L'area del cantiere ritornò all'azienda solo nel dicembre del 1917, dopo la ritirata dell'esercito italiano, mentre per tutto il periodo bellico il territorio triestino fu considerato dal governo austriaco zona di guerra.
Al posto delle linee adriatiche fu istituita, per conto della militare See Transport Leitung, una linea Fiume-Dalmazia-Albania per trasporti di truppe, viveri e materiale; altre unità furono trasformate in navi ospedale. Molti piroscafi rimasero dispersi e sequestrati nei porti neutrali e alleati: per quelli dei C. provvide Antonio Nicolò, che fu dal 1913 al 1918 agente della compagnia a Buenos Aires. Molti altri furono internati in disarmo nei valloni della costa dalmata: Guido, colto dalla guerra al comando del piroscafo passeggeri "Belvedere", fu messo alla direzione in Dalmazia, con l'aiuto del fratello Giuseppe, delle 7 navi dei C. rifugiate nella parte interna del vallone di Sebenico (odierna Šibenik), alternandosi entrambi al comando di mercantili requisiti dal governo austriaco. Al 22 luglio 1917, secondo il rapporto del dirigente del porto di Zara (odierna Zadar), erano tra gli altri in disarmo nel lago di Prokljan 26 piroscafi del Lloyd Austriaco e 3 dei C., altri 3 dei quali erano nel vallone di Pago (odierna Pag).Dopo la morte di Callisto, avvenuta il 30 sett. 1918 a Portorose, dove i C. nel 1917 avevano investito in un complesso di alberghi e stabilimenti di cura, rimase a capo del gruppo il fratello Alberto con la carica di presidente. Intanto, poche settimane dopo, cessava la guerra.
Il 30 ott. 1918 un Comitato di salute pubblica proclamava l'indipendenza di Trieste dall'Austria, ed il 3 novembre il gen. C. Petitti di Roreto assumeva per l'Italia il Governatorato militare. Il 5 gli rendeva omaggio una delegazione di dirigenti del Cantiere navale triestino, dello Stabilimento tecnico triestino, del Cantiere S. Rocco e dell'arsenale del Lloyd Austriaco, guidata da Oscar Cosulich. Il quale poi il 19 era eletto nella giunta del ricostituito Fascio nazionale, ed il 20 eletto vicepresidente della Deputazione di borsa.
Cominciava subito il riavviamento finanziario e industriale del cantiere. Su autorizzazione del governo militare italiano, nel 1919 il capitale fu ridotto da 9 milioni di corone a 3 milioni di lire, e col sostegno bancario immediatamente elevato a 15 con l'emissione di 48.000 nuove azioni da nominali 200 lire offerte con un sovrapprezzo di 50. Si doveva ricostruire e riattivare superando le difficoltà economiche dovute al mancato guadagno, all'indebitamento, agli ingenti danni di guerra accertati peritalmente in valore prebellico per lire 1.550.000 agli immobili e 4.420.000 alle macchine, ordigni e mobili, e in valore al momento del danno per lire 24.700.000 ai materiali in lavorazione e deposito.
Alberto (il quale si schierava in appoggio della spedizione dannunziana su Fiume) si affiancò come direttori generali della società, nel febbraio 1920, Oscar e Augusto figli di Callisto, e il Sai, e come direttore amministrativo Alberto (Albertino), altro figlio di Callisto. Si puntò a un cantiere più moderno e vasto, e si ripristinarono gli accordi prebellici con lo Stabilimento tecnico triestino e col Cantiere S. Rocco. Il primo varo fu, nel giugno 1920, quello del piroscafo "Vittoria". Lo stesso anno il capitale era portato a 20 milioni.
La società intraprese anche una edilizia sociale per i dipendenti: alberghi e villette, scuole, un ospedale, un campo sportivo. Promuoveva anche il Consorzio di bonifica del Lisert, dove si era sviluppata una endemia malarica.
Nel 1922 la situazione generale dei cantieri italiani raggruppati per area, quanto a numero di scali, operai addetti, t di stazza varate, era la seguente. Liguria: 40, 4.615, 28.815; Venezia Giulia (Trieste, Monfalcone, Pola): 17, 5.310, 103.968; Venezia: 3, 400, 0; Sicilia: 11, 2.000, 8.000; resto: 16, 4.400, 8.240 (Babudieri, La marina mercantile..., p. 11). Se ne ricava che i cantieri giuliani - peraltro avvantaggiati in prospettiva dai danni, dalle perdite e dalla mancata manutenzione al naviglio della regione - si trovavano in buon vantaggio d'attività, presentando rispetto ai più diretti concorrenti liguri una produzione tripla per addetto (t varate 19,58 per operaio, contro 6,24) e circa nove volte maggiore per scalo (t 6.115,8 contro 720,4).
Invece, proprio da quegli anni la situazione finanziaria del Cantiere, e l'esposizione pesante e irrimediabile verso il sistema bancario, avrebbero agito non solo da freno, ma avrebbero innescato - nel più ampio quadro della crescente esposizione di molti settori imprenditoriali verso il sistema bancario - una progressiva sterilizzazione delle iniziative e scelte operate dalla famiglia nell'indirizzo produttivo e nell'azione finanziaria. Dal Prospetto dei pagamenti arretrati dovuti dallo Stato..., documento steso in data 30 genn. 1922, risulterebbero non ancora liquidati i danni di guerra, un indebitamento di 160 milioni, l'esercizio gravato di 1 milione mensile per interessi passivi, il credito esaurito. Né era possibile un ulteriore aumento del capitale, sia per la non redditività - in tredici anni, dal 1908 al 1920, erano stati pagati dividendi solo nel 1912 (5%), 1913 (7%) e 1914 (7%) - sia per la quotazione sotto il nominale (3 azioni vecchie del 1908, già di nominali 600 corone pari a lire 630, valevano 180 lire; 1 azione nuova emessa nel 1919 a lire 250 ne valeva 150).
A parare la crisi finanziaria e produttiva, nel quadro della crisi generale cantieristica e armatoriale che si profilava, Alberto (Albertino) operò successive diversificazioni, aprendo nel 1921 le Officine per la costruzione e riparazione di materiale ferroviario, l'anno seguente le Officine elettromeccaniche, e nel 1923 le Officine aeronautiche. Nello stesso 1923 il capitale doveva essere portato a 60 milioni.
Il comparto aeronautico (il cui ufficio tecnico era stato organizzato dall'ing. F. Zappata, passato poi alla Soc. anon. aero espresso it.) si specializzò nel settore idrovolanti; progettista l'ing. Confluenti, i collaudi avvennero ai primi del '25. Il marchio Cant rimase alla produzione attraverso le successive fusioni e cambio di ragione.
Iniziativa collegata, fu la costituzione della Soc. ital. servizi aerei (SISA), che aprì nel 1926 le prime linee italiane: Torino-Pavia-Venezia-Trieste, e Trieste-Zara con facoltativa Lussinpiccolo, gestite con idro Cant 10 ter per 5 passeggeri. Nel 1934 sarà assorbita con altre dalla Società aerea mediterranea, a capitale pubblico, che assumerà la ragione Ala Littoria.
Entrato nel 1926 nel consiglio d'amministrazione del Cantiere navale triestino, con la partecipazione del gruppo Cosulich alla gestione dello Stabilimento tecnico triestino e del Cantiere S. Rocco Albertino coprirà sino al 1930 analoga carica nelle due società.
La fine della guerra segnò la ripresa anche dell'attività armatoriale giuliana. Sotto regime commissariale, il Lloyd Austriaco risolse il rapporto di partecipazioni con le banche austriache, modificò la ragione in Lloyd Triestino, e riavviò i servizi. Anche la Austro-Americana, sotto la direzione generale di Alberto e quella tecnica e commerciale di Antonio Nicolò che era secondogenito di Callisto, ricostituiva la sua organizzazione, assumeva la nuova ragione Cosulich Società triestina di navigazione (5 maggio 1919), e risolveva i rapporti finanziari con gli istituti viennesi, come anche la Banca commerciale triestina cui ora si rivolgeva per il credito. Le sue navi, come le altre giuliane, requisite dal governo italiano per conto dell'Intesa, erano adibite al trasporto di merci e passeggeri sotto la direzione del ministero dei Trasporti.
Di fronte al pericolo che le navi fossero considerate preda di guerra e ripartite fra gli Alleati, Oscar Cosulich si fece promotore di un ufficio di rappresentanza a Roma dell'armamento giuliano e istriano per i rapporti col ministero dei Trasporti, e ne fu posto a capo il fratello Guido. La flotta mercantile giuliana sarà trasferita senza troppe diminuzioni alla marina mercantile italiana, e nelle relative trattative col governo e in convegni internazionali si affermarono le capacità di Oscar.
L'assemblea sociale dell'8 ott. 1919 chiudeva i bilanci del triennio 1916-1918, sanciva mediante il sostegno bancario italiano la riorganizzazione finanziaria e l'aumento del capitale da 24 a 40 milioni di lire, e fissava le prospettive d'azione economica della società. Dalla carenza di materie prime in tutta l'Europa, e dalla domanda di traffico migratorio e passeggeri, si costatava l'insufficienza della flotta sociale ai bisogni del traffico, e si progettava un immediato vasto programma di costruzioni.
Nella stesura del bilancio si ricorreva ad un accorgimento di conteggio in lire o in corone - svalutate - a vantaggio del patrimonio sociale. Erano salvaguardati dalla svalutazione il capitale, cambiato alla pari in 24 milioni di lire, e un accantonamento di 8 milioni di lire per i maggiori costi d'acquisto; e si lasciava inalterato il rapporto tra capitale e riserve. Erano disdettate le obbligazioni residue in corone al 4,5% emesse nel triennio 1906-1908, e deciso un aumento del capitale di 16milioni di lire, metà riservato agli azionisti e metà ad un consorzio guidato dalla Banca commerciale triestina, al cui aumento di capitale la Cosulich partecipava. Venivano prese rilevanti interessenze nello Stabilimento tecnico triestino, accresciute le partecipazioni nel Cantiere navale triestino e nel Lloyd Triestino, e fatti investimenti industriali e terrieri in Italia e nell'America meridionale. Col Cantiere navale triestino si chiudeva la questione dei danni alle navi sociali in costruzione assumendosene a carico la cifra, ma conteggiata in corone, di 1.737.078, ed era istituito - di fronte alle agitazioni dei marittimi - un fondo pensioni di lire 1.800.000. Restava un utile annuo superiore ai 2,5 milioni di corone, dedotte dal quale, in lire e con cambio alla pari, le quote per la riserva e la riserva speciale, veniva distribuito un dividendo annuo di 16corone (8%).
Venduti 12 piroscafi e perso nell'ottobre 1918 lo "Oceania", da 29 transatlantici per 152.749 t la flotta si riduceva a 16 piroscafi per t 86.411. Si riprendevano le ordinazioni costruendo 2 piroscafi da carico; coi piroscafi in costruzione ed i piccoli natanti la flotta ammontava a t 103.337.
La società riapriva, se pur in ridotto volume, le rotte passeggeri prebelliche per gli Stati Uniti e il Brasile - Argentina, riattivando anche i servizi commerciali. La prima nave ad attraversare l'Atlantico fu, nel 1920, il "Presidente Wilson" (ex "Kaiser Franz Joseph"), sulla rotta Trieste-New York. Sempre nel 1920 la Cosulich Società triestina di navigazione, sorretta dal credito bancario, decideva l'aumento del capitale a 60 milioni; si assicurava poi un pacco di controllo azionario del Lloyd Triestino, vice presidente del quale diventava il 31 ag. 1921 Oscar - già membro del consiglio d'amministrazione - subentrando a G. Scaramangà. Ma il quadro generale delle potenzialità del porto e del mercato di transito, e dell'armamento triestino, era profondamente cambiato: il vecchio retroterra economico europeo di Trieste, oltre che depauperato, era scisso in unità economiche più piccole e tra loro contrastanti.
Riferito al nuovo assetto di Stati, il volume del traffico marittimo prebellico avrebbe riguardato per circa il 12% (e il volume del traffico ferroviario per circa il 3%) l'Italia, per il 4% l'Ungheria (che aveva privilegiato il porto di Fiume), la quasi totalità della parte restante si sarebbe divisa in quote equivalenti tra l'Austria, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia, e la quantità residua avrebbe riguardato regioni polacche e romene. Gli Stati sorti dalla dissoluzione dell'Impero austro-ungarico si rinchiudevano, tra disaccordi, in una autarchia separatistica, in una specie di neomercantilismo che voleva quasi sottolineare dietro elevate barriere doganali la novità della conseguita sovranità statale, ma che era anche frutto del tradizionale indirizzo "mercantilistico" della politica economica austro-ungarica. Era convinzione diffusa nel mondo economico, già dal tempo di guerra, che senza il vecchio retroterra Trieste si sarebbe contratta a porto locale; per alcuni, con la nuova realtà politica il regresso era ineluttabile, per altri, alla lunga, sarebbero prevalse le precedenti motivazioni geoeconomiche. Intanto Austria, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Jugoslavia si orientavano su altri porti. Era cessato, o si era profondamente modificato, il regime dei dazi differenziali, delle tariffe di favore, dell'unità dei servizio ferroviario. I trasporti da e per Trieste ora dovevano varcare più confini statali, con spese di barriera e ritardi; le speciali tariffe concordate con Austria e Cecoslovacchia erano sempre più erose dalla svalutazione della corona e del marco, il deprezzamento del quale favoriva le ferrovie germaniche ed i costi della piazza di Amburgo.
La via più praticabile sembrerà quella di chiedere per Trieste, utilizzando gli istituti speciali già esistenti e quelli neocostituiti, sovvenzioni e interventi per le attività economiche e per i servizi marittimi, provvedimenti a favore dei cantieri, mutui per le industrie maggiori nonchè il ripristino di tariffe agevolate: se ne veda l'indicazione nel Memoriale presentato nel 1924 dalla locale Camera di commercio al ministro delle Finanze A. De Stefani (in Babudieri, La marina mercantile..., p. 13).Era sostanzialmente quanto già praticato nel passato dall'Austria, e anche dall'Italia, per accelerare lo sviluppo di settori di base e strategici come il metallurgico ed il naval-cantieristico. E quindi era richiesto sostanzialmente anche da tutta la cantieristica e navigazione italiana, a volte in concorrenza con Trieste. Solo che ora si veniva a determinare una crescita impropria, avulsa dalle tendenze di fondo del quadro economico interno ed estero. Nel clima post-bellico di smantellamento della produzione e dell'organizzazione di guerra, di riallocazione delle risorse, di contrazione dell'occupazione, di carenza e alto costo delle materie prime ed energetiche, di crisi finanziaria pubblica, la crescita della marina mercantile italiana, nella quale confluiva anche quella giuliana, si avviava a valori di squilibrata eccedenza. In base ai Lloyd's Register of Shipping, da 1.668.000 t lorde nel 1914 si passava, pur con 905.000 t di perdita bellica, a 2.242.000 nel 1920, a 2.866.000 nel 1922 - quando ad esempio resteranno inutilizzate in disarmo 800.000 t -, a 3.034.000 nel 1923. E ciò nel panorama di una marina mondiale che da circa 45,5 milioni di t lorde del 1914, aumentava nel 1920 di 8 milioni, per arrivare nel 1923 a circa 62,5 milioni.
Fra il 1920 ed il 1922 la società di navigazione Cosulich, come del resto le altre imprese, dovette affrontare conflittualità, aumenti del costo del lavoro, peggioramento della produttività, nel quadro della crisi "reale" e della sua ricaduta sul sistema creditizio e bancario. Nel 1921 furono trasportati su sue navi 43.667 passeggeri e 436.999 t di merci. Nel 1922 esercitava servizi non sovvenzionati per New York (una linea mensile passeggeri e merci, e tre linee merci) e per il Sudamerica (una linea mensile passeggeri e merci, e una linea commerciale). Tra il 1919 e il 1922 per ogni azione (200 lire) furono comunque distribuiti dividendi di 20, 30, 20 e 16 lire. Assunta intanto la prevalenza azionaria nella Società di navigazione Adria di Fiume, nel 1924 la Cosulich metteva, in linea la sua prima motonave da carico.
In Italia un importante fattore del processo d'industrializzazione, a partire dal 1895, erano state le grandi banche, anche se forse con minor libertà d'azione di quelle austriache. Alle industrie nascenti e in espansione avevano fatto affluire capitali, fornito anche direzione imprenditoriale; ma ovviamente avevano teso, all'interno dei loro gruppi, a contenere la concorrenza e promuovere accordi rnonopolistici di vario tipo (Gerschenkron, Osservazioni..., pp. 85 ss.). Gli stretti e intrecciati rapporti del dopoguerra tra banca e industria, la profonda e abnorme implicazione nel finanziamento industriale oltre che di istituti di credito, di molte banche, specie della Banca italiana di sconto, del Banco di Roma, del Credito italiano e della Banca commerciale italiana, erano stati innescati dall'azione di intervento del Consorzio Sovvenzioni su valori industriali, costituito nel dicembre 1914 per sostenere l'espansione richiesta dalla guerra. E questa cessata, la crescente riduzione dell'intervento dello Stato aveva avviato per molti settori dell'industria fasi critiche, subito ricadute su quei settori del sistema bancario più coinvolti nel finanziamento bellico (e ormai in via di trasformazione in banche "capogruppo") fino a raggiungere nel 1921 per la Banca italiana di sconto, attraverso le crisi dei gruppi Ilva e Ansaldo, il punto di rottura. Immissioni di liquidità nelle aziende di credito più esposte alle conseguenze della crisi "reale", finanziamenti all'industria della Sezione autonoma costituita nel 1922 nell'ambito del Consorzio Sovvenzioni, l'operazione di "salvataggio" del Banco di Roma nel 1923, avevano impedito il determinarsi di una vasta crisi del sistema bancario.
Dal 1922 al 1925 l'economia italiana attraversava una fase di rapida crescita, al termine della quale il settore industriale raggiungeva, con flussi crescenti di esportazioni e buoni profitti, la quota massima dall'inizio del secolo nella formazione del prodotto nazionale lordo, sopra il 30%. A questa positiva fase congiunturale si affiancava l'indirizzo nettamente produttivistico del ministro delle Finanze A. De Stefani. Il quale, nel nuovo quadro politico fascista caratterizzato dal crescente freno al controllo parlamentare ed alla presenza sindacale, da una parte procedeva ad estendere aree e basi di imponibilità, e dall'altra mirava a contenere - quasi un autoritario neoliberalismo - i "vincoli" che rallentassero il meccanismo "naturale" dei fattori produttivi. Ma il finanziamento degli investimenti non trovava spazio sui mercati mobiliari, ed anche in questa fase congiunturale era il sistema bancario a concedere vasti crediti. A tutto il 1924, la Sezione autonoma doveva fornire alle banche anticipazioni straordinarie per 4 miliardi, cioè più del quinto della circolazione, annullando l'indirizzo di restrizione monetaria del governo condotto principalmente don la riduzione del deficit del bilancio dello Stato (pareggio ufficiale: 1924-25; reale: esercizio successivo).
A fronte delle prospettive di crescita del movimento merci e nel 1923 di ripresa del movimento passeggeri specie sulle rotte transoceaniche, e per il necessario rinnovo del naviglio a fronte di un mercato molto agguerrito e competitivo, nell'assemblea sociale del maggio 1924 era stato deciso, con l'appoggio bancario, l'aumento del capitale da 60 a 150 milioni, con l'emissione di 300.000 azioni da lire 200 per l'importo di 60 milioni, e la distribuzione gratuita di azioni per 30 milioni mediante prelievo dalla riserve, che alla chiusura del bilancio 1923 ammontavano a 55.300.000 lire.
In realtà le correnti migratorie, tradizionalmente clientela di base dei servizi di linea transoceanici, dovevano iniziare una progressiva contrazione. Ne erano causa dapprima le nuove restrizioni di paesi esteri, poi il prevalere di indirizzi di politica demografica nel governo fascista, infine la crisi mondiale che faceva ristagnare i diversi mercati del lavoro. Restava però, accentuatasi ancor più in conseguenza, la lotta concorrenziale tra le compagnie di linea, mentre la domanda tendeva a spostarsi sul passeggero di classe. Diveniva quindi impellente un indirizzo di dotazione di naviglio specializzato, sempre più veloce per il risparmio d'esercizio ed il valore d'immagine dati dalla diminuzione dei tempi di viaggio, più confortevole e lussuoso per le accresciute esigenze della clientela, più grande per contenere ugualmente un numero economicamente ottimale di trasportati.
Nel contempo la Cosulich partecipava agli aumenti di capitale del Cantiere navale triestino di Monfalcone, portato da 60 a 100 milioni; dello Stabilimento tecnico triestino, da 40 a 60 milioni; della Società di navigazione Marco U. Martinolich di Lussino, da 10 a 12 milioni; della Banca commerciale triestina, da 50 a 100 milioni. Il bilancio del 1923 si chiudeva con un utile di lire 16.013.140.
Nel 1925 la società faceva iniziare la costruzione della motonave passeggeri "Saturnia", di circa 24.500 t lorde e 20 nodi di velocità, entrata in servizio nel 1927, cui seguiva la gemella "Vulcania", in servizio nell'ottobre 1928, le maggiori unità fino allora costruite dal cantiere di Monfalcone e dalla Fabbrica macchine S. Andrea. Intraprendeva anche un'attività croceristica, col piroscafo "Stella d'Italia".
Per disporre delle necessarie basi finanziarie, l'assemblea dell'aprile 1925 decideva, sempre con l'appoggio bancario, l'ulteriore aumento del capitale a 250 milioni. Il bilancio della Cosulich Società triestina di navigazione si chiudeva con un utile di lire 31.104.460; la flotta figurava per un valore di lire 67.500.000 con 127.353 t lorde, più 3 motonavi in costruzione, per 53.671 t lorde. I bilanci delle società di navigazione, formalmente controllate o nell'area della famiglia, si presentavano anch'essi in attivo.
Il bilancio del Lloyd Triestino chiudeva con un utile di lire 7.521.921; la flotta figurava per lire 177.042.766 con 44 unità per 202.525 t lorde. La Società di navigazione, rimorchi e salvataggi D. Tripcovich e C. chiudeva con un utile di lire 2.058.945, cui si aggiungeva il riporto precedente di lire 45.922. La flotta figurava per lire 24.673.070 con 31.461 t lorde.
Il bilancio della Navigazione generale Gerolimich, pur subendo le conseguenze della depressione dei noli, chiudeva con un utile di lire 1.961.736, raggiungendo col riporto precedente lire 3.245.619. La flotta figurava per lire 17.800.000, più lire 13.888.375 per navi in corso di costruzione. Quello della Navigazione libera triestina chiudeva con un utile di lire 11.688.686, cui si aggiungeva il riporto precedente di lire 456.664. La flotta figurava per lire 183.195.582 con 37 piroscafi per 204.209 t lorde. La Società di navigazione Adria di Fiume chiudeva con l'utile di lire 2.025.442, Cui si aggiungevano lire 228.533 del riporto precedente. La flotta figurava per lire 21.375.293 con 20 piroscafi per 67.410 t lorde.
Nel clima però di acuita concorrenza sui mercati internazionali, già dal 1925 si veniva profilando un cambiamento congiunturale.
La connessa discesa dei corsi azionari (che diventava tendenza costante: rispetto alla media del 1924, nel 1929 la variazione negativa sarà di un terzo, e di più di un ulteriore terzo nel 1932) minacciava ora la solidità delle banche "capogruppo", che avevano dovuto creare apposite società e consorzi finanziari per sostenere le masse dei principali titoli in portafoglio, nonché i propri.
Alla consistente e continua caduta del cambio della lira nell'estate 1926 si opponeva la brusca rivalutazione a "quota 90", e tutta una strategia monetaria attuata con diverse leve, dalla legge bancaria alla trasformazione della Sezione autonoma in Istituto di liquidazioni, alla estinzione del debito fluttuante consolidando i Buoni del Tesoro. Sopravalutazione del cambio e deflazione sottoponevano il settore industriale ad ulteriori sforzi di riconversione, e rendevano irreversibili le zone di perdita per le imprese ed i settori più svantaggiati dal nuovo quadro determinato dalla stabilizzazione. Mentre la politica governativa operava, con scarso effetto economico, verso un contenimento dei costi di produzione agendo sui costi del lavoro (riduzioni salariali del maggio e ottobre 1927; ulteriore riduzione nel novembre 1930), il sistema bancario doveva gestire la riallocazione delle risorse in uno schema di deflazione monetaria, obbligato a sostenere le masse dei titoli delle società in portafoglio e ad acquisirne i nuovi, impedito ad avviare smobilizzi dal rischio incombente di innescare una vasta crisi ed esserne coinvolto, senza l'impulso di investimenti pubblici che agevolassero il processo di sostituzione, e determinando in ultima istanza una restrizione creditizia generale che finiva per ricadere sulle industrie estranee alle banche "capogruppo".
Nel 1927 il bilancio della Cosulich chiudeva con un utile di lire 14.039-549, riserve per lire 46.966.861, una flotta di 24 navi in gran parte di recente costruzione per 183.128 t lorde e in carico a lire 434.029.231. Risultavano effettuati 200 viaggi andata-ritorno, percorse 1.068.127 miglia, trasportati 38.356 passeggeri e 795.474 t di merci. Intanto nel 1926 era morto Oscar nel salvataggio del figlio Callisto (nato a Trieste il 7 luglio 1922), cadutogli fuori bordo dal cutter al largo di Portorose. Gli era subentrato nel consiglio d'amministrazione il fratello Guido, che lasciava l'ufficio romano di rappresentanza per assumere l'incarico del controllo delle partecipazioni azionarie nelle varie società; e ugualmente gli subentrava nella vicepresidenza del Lloyd Triestino. L'anno dopo, con la morte del cofondatore Alberto, che era stato creato cavaliere del lavoro nel 1924, la guida della Cosulich Società triestina di navigazione era assunta da Antonio Nicolò, Giuseppe e Guido C., e Arminio Brunner come direttori, da Alberto Moscheni, e da G. Scaramangà come presidente.
Sussidi alle costruzioni navali, e quelli cospicui ai servizi sovvenzionati - in più esercizi dal 1926-27 - erano scontati anticipatamente dal sistema bancario. Intanto sulle vecchie endemiche difficoltà dei cantieri giuliani si riversava la congiuntura internazionale dal 1926 sfavorevole alla marina mercantile.. Nel panorama di traffici e noli in diminuzione, la marina da carico, cui la concorrenza imponeva urgenti ammodernamenti, era priva di mezzi, e la marina sovvenzionata era gravata dal passivo delle indispensabili grandi costruzioni. Nel 1928 ad affiancare gli enti già in essere, era costituito l'Istituto di credito navale.
Il Cantiere navale triestino, come del resto gli altri della zona, gravitava sulla Banca commerciale triestina con reciproci intrecci tra la banca stessa, i cantieri, la società di navigazione dei C., le sue controllate e collegate, il cotonificio Brunner, sicché la crisi si ripercuoteva, coinvolgendoli, non solo su tutti, ma sull'intera piazza. A fronte del paralizzante accumulo bancario dei titoli, le società non avevano più spazio per l'usuale ricorso a debiti cambiari, a riporti su pacchetti azionari, a sconti di portafoglio, ad accorgimenti di bilancio. Si tenga poi conto, tra l'altro, che i capitali azionari avevano valori - sia di quotazione, sia di stima patrimoniale - assai difformi dai dati di bilancio. Di fronte alle difficoltà finanziarie, poco valevano al Cantiere navale triestino attività di costruzioni di grande prestigio, costanti costruzioni della marina militare e commissioni estere di notevole livello. Sotto la spinta dell'immediato, si imponevano concentrazioni di settore - da tendenza nel 1927-29, divenivano indirizzo predominante nel 1930-33 - che non si traducevano però in riorganizzazioni e ristrutturazioni industriali, ma in accordi finanziari e in coordinamento di prezzi e tariffe.
Col dopoguerra, si era insediata a Trieste la Banca commerciale italiana, con una strategia di sostituzione agli interessi bancari viennesi e di penetrazione nei Balcani, nell'Europa danubiana, in Polonia. Nella sua scia, forte dei vecchi consolidati rapporti con G. Toeplitz, G. Volpi aveva incanalato le multiformi spinte dei suo cosiddetto "gruppo veneziano", per e col quale V. Cini aveva iniziato a Trieste una sistematica ascesa in posizioni di guida amministrativa e di partecipazione, che spazieranno dalle Assicurazioni Generali (1922) alla Società di navigazione libera triestina (1925), al Lloyd Triestino (1927), alla Cosulich Società triestina di navigazione (1928), ai Cantieri riuniti dell'Adriatico (1930).
Nel marzo del 1928, sotto la energica spinta della Banca commerciale italiana in accordo con le Assicurazioni Generali, la Cosulich procedeva all'acquisto della quasi totalità delle azioni del Lloyd Triestino: Guido, già vicepresidente, ne diventava amministratore delegato. (Resterà nel consiglio anche durante e dopo le vicende che porteranno alla concentrazione armatoriale e alla ripartizione per settori di traffico. E nel 1937 ne sarà direttore generale). Con l'operazione venivano a far parte del gruppo armatoriale e cantieristico della famiglia, mediante i pacchi di maggioranza in portafoglio, lo Stabilimento tecnico triestino, il Cantiere S. Rocco e le Officine navali triestine, e divenivano sue collegate varie altre società di navigazione, come la Puglia, la Marittima italiana, la T. Cossovich, la G. L. Premuda. Si raggiungeva anche una intesa tra la Navigazione generale, il Lloyd Sabaudo e la Cosulich per coordinare servizi e tariffe passeggeri sulle rotte atlantiche.
Nel decennio 1919-1928 la società Cosulich esercitò una linea passeggeri (per New York), una linea merci (per l'America dei Nord), due linee passeggeri e merci (per il Canada, solo 1919; per il Brasile e Argentina), una linea mista (per le Antille e America centrale, solo 1921-1923), servizi fuori linea.
L'annuo trasporto merci, in t, fu: 183.236; 420.720; 436.999; 541.508; 680.891; 907.922; 886.268; 959.435; 795.474; 797.761. Quello passeggeri fu: 42.218; 69.344; 43.667; 23.594; 34.786; 24.441; 26.280; 30.373; 38.356; 46.855. Relativamente al solo porto di Trieste, le rispettive quote merci e passeggeri furono: 102.699 e 4.066; 210.938 e 30.922; 178.255 e 17.125; 176.949 e 6.753; 250-507 e 14.161; 369.452 e 8.303; 371.094 e 7.518; 275.347 e 9.544; 314.625 e 11.731; 392.106 e 13.924. Le miglia annue percorse furono: 462.182; 555.222; 682.877; 784.389; 908.108; 1.063.615; 1.005.104; 1.115.283; 1.068.127; 980.412. I viaggi in totale furono: 126; 144; 175; 178; 177; 227; 210; 243; 200; 194.
La Cosulich, di cui Antonio Nicolò resterà direttore generale fino al 1937, con l'operazione concentrava una cospicua area della cantieristica e armatoria. Ma il bilancio di quell'anno, sul quale oltre ai costi dell'operazione veniva scaricato anche il costo delle motonavi "Saturnia" e "Vulcania", dismesse ulteriori escogitazioni doveva chiudere con una perdita di circa 214 milioni di lire. L'assemblea sociale del 1929 svalutava perciò il capitale da 250 a 100 milioni abbassando il nominale delle azioni da 200, a 80 lire, e contemporaneamente lo elevava a 400 milioni con una nuova emissione. L'indispensabile e massiccio sostegno finanziario era operato dalla Banca commerciale italiana in collaborazione con la Banca commerciale triestina e col gruppo armatoriale ligure Lloyd Sabaudo. Mentre intanto la Banca commerciale italiana acquisiva la maggioranza azionaria della Banca commerciale triestina (poi definitivamente incorporata nel 1932), e quindi il controllo diretto del complesso di interessi che vi facevano capo, sulla base dei nuovi equilibri il 6 nov. 1929 si ricostituiva la dirigenza della società per azioni Cosulich Società triestina di navigazione, con consiglieri delegati Antonio Nicolò C. e Renzo Durand de la Penne.Si alterava così l'unità e coincidenza di famiglia e imprese. Dopo aver infatti coordinato i pacchetti di maggioranza dei cantieri triestini in uno dei due gruppi cantieristici sotto suo controllo, la Banca commerciale italiana procedeva alla loro riorganizzazione.Nel 1930 il capitale del Cantiere navale triestino era svalutato da 100 a 57 milioni; si procedeva poi all'incorporazione degli stabilimenti e delle officine controllati e collegati sotto la nuova ragione di Cantieri riuniti dell'Adriatico, che raddoppiavano il capitale, salito a 75 milioni in seguito alla fusione, a 150 milioni di lire, con la partecipazione minoritaria di gruppi navalmeccanici veneziani, della Ilva e della FIAT. Veniva nominato presidente l'amm. U. Cagni, e la direzione generale affidata a due consiglieri, Augusto C. (che nel 1938 assumerà anche la presidenza della Unione degli industriali di Trieste) e Cesare Sacerdoti. Nel 1935 il capitale sarà ridotto a 100 milioni di lire.
Alberto (Albertino) C. era nominato nell'anno 1930 ispettore generale amministrativo dei nuovi Cantieri riuniti. Il comparto aeronautico, passato sotto la sua direzione nel 1932, tra il 1933ed il 1936 fucompletamente riorganizzato, riattrezzato e ingrandito. Vi era rientrato come progettista - e vi resterà fino al 1942 - l'ing. Zappata, dopo che su intervento del ministro dell'Aeronautica I. Balbo aveva ottenuta la rescissione del contratto che lo legava dal 1928 con la ditta francese Blériot. Dal 1934 la produzione, di notevole livello, fu siglata Cant Z.
Sui timidi, e del tutto insicuri, cenni di ripresa affiorati alla fine del 1928, si era abbattuta, a partire dalla fine del 1929, la "grande depressione" attraverso il crollo delle esportazioni e la distruzione dei mercati internazionali di capitali, cui fin dai primi del 1926 (dopo gli accordi con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna per i debiti di guerra) i sistemi industriale e bancario italiani attingevano abbondantemente per spingere la riconversione. Alla fine del 1929 insolvenze industriali e rientri di capitali da parte delle istituzioni finanziarie estere destavano timori sulla generale tenuta dei sistema creditizio. E particolarmente insostenibile diveniva la situazione del Credito italiano e della. Banca commerciale italiana, dalla loro attività di banche "miste" - trasformate irreversibilmente in banche "capogruppo", paralizzate dai grossi accumuli azionari in possesso e dai nuovi immobilizzi, sicché richiedevano dapprima grosse operazioni di "sostegno", nel 1931, e infine la definitiva risoluzione della, loro posizione.
Nel 1930 l'Istituto di credito navale aveva concesso cospicui mutui alla Navigazione generale, al Lloyd Sabaudo, al Lloyd Triestino. Nel 1931, ai premi di costruzione, ai premi di navigazione per la marina da carico, alle sovvenzioni per la marina di linea, si erano aggiunti compensi per la demolizione. Ma la correlata crisi dei cantieri e dell'armamento giuliani e dalmati, la loro esposizione debitoria e la necessità della loro ricapitalizzazione, avevano seguitato a riversarsi sulla Banca commerciale italiana che, alla fine del 1931, aveva accumulato in portafoglio il controllo diretto e indiretto di quasi un quarto del totale capitale azionario italiano.
Con la convenzione del 31 ott. 1931, che autorizzava la Banca commerciale italiana allo smobilizzo guidato del portafoglio, aveva inizio lo scioglimento del rapporto di coincidenza tra la famiglia C. ed il suo gruppo di intraprese. Pur mantenendo vari suoi membri posizioni consiliari e dirigenziali di vertice, o assumendone di nuove e maggiori, quelle intraprese venivano ora a dipendere dal centro decisionale della complessa serie di ristrutturazioni finanziarie e industriali in corso.
Dapprima le due holdings della Banca commerciale, la Società finanziaria, e industriale italiana (Sofindit) e la Compagnia mobiliare finanziaria (Comofin) aumentavano il rispettivo capitale per poter assumere l'intero portafoglio, nel quale si trovavano anche le azioni della banca stessa che, attraverso il sindacato di sostegno, le possedeva quasi al completo. La massa dei titoli veniva in seguito riscontata presso lo Istituto di liquidazioni, la cui scadenza era stata prorogata, mentre il 13 nov. 1931 era stato costituito lo Istituto mobiliare italiano (IMI). La, complessità delle operazioni di smobilizzo durante il 1932, e la crisi internazionale che si saldava, aggravandola, alla crisi di riorganizzazione, costringevano ad impostare il problema della sistemazione generale. Per questo obiettivo il 23 genn. 1933 era costituito lo Istituto per la ricostruzione industriale (IRI), organizzato in Sezione smobilizzi e Sezione finanziamenti.
A metà del 1933 l'IRI rilevava, a 200 lire ciascuna con 249.687.600 lire di esborso, 1.248.438 azioni della Società di navigazione Italia (capitale di 720 milioni di lire su 1.440.000 azioni di nominali lire 500), in possesso in parti quasi uguali della Navigazione generale italiana e del Lloyd Sabaudo (che si fondevano nella stessa Italia), impegnandosi a ricostituirne fino a 576 milioni il capitale, svalutato prima della cessione a 158 milioni. La società Italia aveva già acquisito i nove decimi della Cosulich Società triestina di navigazione, e incorporato la flotta nella gestione unitaria delle linee transatlantiche; la Cosulich restava una finanziaria col controllo del Lloyd Triestino, che a sua volta aveva assorbito altre imprese marittime. Lo Istituto di credito navale concedeva alla società Italia un mutuo di 170 milioni, e alla Cosulich uno di 30, e lo Stato si impegnava con un finanziamento speciale di 120 milioni per cinque anni. Nel marzo 1934 l'IRI, contro assunzione di un debito verso la Banca commerciale italiana, ne iniziava lo scioglimento delle holdings, divenendo proprietario tra l'altro del 55.880, del capitale della navigazione di linea italiana.
In conseguenza si assestava questo quadro delle compagnie esercenti il traffico internazionale di linea. Erano a possesso o controllo dell'IRI: la società Italia, sede a Genova, capitale 576 milioni, di cui 575.431.600in possesso dell'IRI; la Cosulich, sede a Genova, capitale 150milioni, di cui 135.085.830in possesso della società Italia; la società Adria, sede a Fiume, capitale 15 milioni, di cui 10.591.733 in possesso della Cosulich; il Lloyd Triestino, sede a Trieste, capitale 180 milioni, di cui 122.343.200in possesso della Cosulich; la Tirrenia, sede a Genova, capitale 65 milioni, di cui 5.500.000 in possesso dell'IRI; la Sarda di navigazione, sede a Roma, capitale 3.460.000, in possesso della Tirrenia.
Si aggiungevano le seguenti compagnie, sovvenzionate ("gruppo Cini": Navigazione libera triestina, sede a Trieste, capitale 115milioni; Società veneziana di navigazione a vapore, sede a Venezia, capitale 30 milioni; Compagnia adriatica di navigazione, sede a Venezia, capitale 80 milioni) e nonsovvenzionate (Società anonima navigazione Alta Italia, sede a Genova, capitale 37.500.000;Compagnia genovese di navigazione, sede a Genova, capitale 5 milioni).
La società Italia, nonostante gli interventi del 1933-34 e recenti costruzioni di prestigio ("Neptunia", 19.475 t, 1932; la gemella "Oceania", 19.507 t, 1933; "Rex", 51.062 t, 1932), per le pesanti perdite alla fine del 1936 doveva nuovamente svalutare il capitale, da 576 a 320 milioni. Negativo anche l'andamento della Cosulich, che negli stessi anni non riusciva a compiere i normali ammortamenti; e del Lloyd Triestino, che a fronte dei 105 milioni di ammortamenti dovuti ne accantonava 35, e presentava, un naviglio nel complesso superato. In questo quadro economico, caratterizzato anche dalla eterogeneità di attività, situazioni e tradizioni, e di fronte alla mancanza di alternativa tra gestione e cessione per assenza di offerte d'acquisto, nonché per i nuovi orientamenti della politica estera fascista, l'IRI programmò, invece di obiettivi di smobilizzo, un radicale intervento di ristrutturazione in tutto il settore, esteso anche alle società del "gruppo Cini" che furono rilevate. I due decreti legge 7 dic. 1936 definirono quattro settori di traffico non interferenti (per le Americhe; per l'Africa oltre Suez e Gibilterra, l'Asia e l'Australia; per il Tirreno, Mediterraneo occidentale e Nordeuropa; per l'Adriatico e Mediterraneo orientale); istituirono quattro concessionarie a capitale sottoscritto dall'IRI (Italia, 500 milioni; Lloyd Triestino, 300 milioni; Tirrenia, 150 milioni; Adriatica, 150 milioni); costituirono la Società finanziaria marittima di settore (Finmare), capitale 900 milioni e riserva speciale 100 milioni versati dall'IRI; emisero 900 milioni di obbligazioni (IRI Mare) con garanzia dello Stato, convertibilità in azioni e partecipazione agli utili, a fronte delle quali s'i costituiva. una gestione speciale per uguale importo di azioni della Finmare.
Con la radicale ristrutturazione della cantieristica e della navigazione italiana, che assorbiva le intraprese della "corporazione", cessavano la specificità e le vicende della famiglia in quanto unità accumulativa e produttiva. E con l'erezione in ente finanziario di diritto pubblico dell'IRI (24 giugno 1937), che diveniva organo della politica industriale dello Stato, aprendo per l'Italia un regime di economia "mista" di iniziativa privata e pubblica, i C. divenivano alti dirigenti industriali, grands commis della nuova area pubblica, trasferendo nei loro diversi settori d'attività l'impronta culturale già costante specifica della collegialità della famiglia, l'identificazione cioè ottimistica ed etica con l'opera imprenditoriale.
Augusto (morto nel 1949), rimase direttore generale dei Cantieri riuniti dell'Adriatico, e fu creato cavaliere del lavoro nel 1938. Nella seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio italiano, si adoperò per salvaguardare i Cantieri ed il porto triestino da requisizioni e distruzioni dell'occupante tedesco; nel febbraio 1945, col fratello Antonio Nicolò, era arrestato con l'accusa di finanziare il Comitato di liberazione. Nel dopoguerra guidò la ricostruzione del complesso cantieristico, fu presidente della ricostituita Associazione degli industriali di Trieste, e membro della giunta esecutiva della Confederazione generale dell'industria italiana.
Antonio Nicolò (morto nel 1957), dal 1937 al 1943 vicepresidente della Finmare, fu membro del Consiglio superiore dell'Economia nazionale, presidente della Federazione fascista degli armatori dell'Adriatico orientale, membro della Corporazione Mare e Aria e del Consiglio nazionale delle Corporazioni. Dal 1941 al 1955 vicepresidente, poi presidente della Camera di commercio di Trieste, e dal 1943 al 1948 presidente delle Assicurazioni Generali, nel 1945 fu arrestato come finanziatore del Comitato di liberazione. Nel 1945-46 fu membro della commissione triestina a Parigi per il problema del Territorio di Trieste. Socio della ricostituita ditta Fratelli Cosulich dal 1955, presidente dei Magazzini generali triestini dal 1955 al 1957, fu anche consigliere d'amministrazione della Aquila Raffinerie di petrolio di Trieste, e vicepresidente della triestina Società di sicurtà armatori. Nel 1952 era stato creato cavaliere del lavoro.
Giuseppe (morto nel 1960) dopo la costituzione della Italia ne fu a Genova vicedirettore. Nel 1946 fondò a Trieste la Fratelli Cosulich Società di navigazione, agenzie marittime e trasporti aerei, presiedendola fino alla morte.
Guido (morto nel 1962), dal 1937 al 1958 direttore generale del Lloyd Triestino con la responsabilità dei servizi commerciali e tecnici, fu membro del Consiglio nazionale delle Corporazioni. Durante la occupazione tedesca nel corso della seconda guerra mondiale fu vicepodestà di Trieste.
Albertino C. (morto nel 1973), fu dal 1932 al 1945 direttore del comparto Officine aeronautiche dei Cantieri riuniti dell'Adriatico, poi vicedirettore generale di questi, e direttore generale dal 1955 al 1960. Dal 1961 fu presidente dell'Arsenale triestino e della nuova Fratelli Cosulich.
Bibl.: Ci si limita a una bibliogr. di base, e di questa si rimanda non solo ai documenti in essa riportati o citati, ed in specie ai prospetti e tavole statistiche dalla cui elaborazione si è ricavato l'insieme delle considerazioni e conclusioni, ma anche si richiama l'attenzione sugli elenchi - in testo e in appendice - dei fondi archivistici, dei periodici, e dei lavori specifici e generali, sia italiani sia austriaci, in essa contenuti. Per una generica informazione, si veda B. Coceani, IC., Trieste 1975; nel presente lavoro sono però stati seguiti i dati anagr. dell'Albero genealogico (famiglie Zar, C., Gerolimich, Viviani; ms. inedito; copia a Roma, Ist. d. Enc. Ital., biblioteca del Diz. biogr. d. Ital.) redatto da F. Babudieri, che si ringrazia. E per una rassegna bibl. su Trieste ragionata e allargata ai fatti e alle questioni politiche e culturali, si rinvia a G. Cervani, Trieste, in Bibl. dell'età del Risorgimento, I, Firenze 1971, pp. 743-758 (nonché al IV, Indici, Firenze 1977). Per vicende, dati, problemi del commercio, dei porti, e dell'armatoria triestini e del Küstenland in periodo austriaco, sono indispensabili D. Beltrami, I prezzi nel Portofranco e nella Borsa merci di Trieste dal 1825 al 1890, Roma 1959 (in Arch. econ. dell'Unificazione ital., s.1, VIII, fasc. 2); F. Babudieri, L'industria armatoriale di Trieste e della Regione giulia dal 1815 al 1918, Roma 1964 (ibid., s.1, XIII, fasc. 2); Id., I porti di Trieste e della Regione giulia dal 1815 al 1918, Roma 1965 (ibid., s.1, XIV, fasc. 2). Per ampliare i problemi dell'ordinamento costituzionale e amministrativo e della questione economica di Trieste e del Küstenland in quelli dello Stato asburgico, si vedano G. Cervani, Il Litorale austriaco dal Settecento alla Dezemberverfassung del 1867, in Austria e province ital. 1815-1918. Potere centrale e amministr. locali, Bologna 1981, pp. 85-175; H. Matis, La rivoluz. industriale: l'intervento dello Stato nei conflitti d'interesse, in La dinamica statale austriaca nel XVIII e XIX sec., Bologna 1981, pp. 265-304. Per l'organizz. e le vicende delle classi lavoratrici, si vedano G. Piemontese, Il movimento operaio a Trieste dalle origini alla fine della prima guerra mondiale, Udine 1961 (e Id., Il movimento operaio a Trieste. Dalle origini all'avvento del fascismo, Roma 1974); E. Maserati, Il sindacalismo autonomista triestino degli anni 1909-1914, Trieste 1965. Si veda poi Il movimento operaio e socialista in Italia e in Germania dal 1870 al 1920, Bologna 1978, oltre che per l'inquadramento generale dell'argomento, anche per apporti specifici di relazioni, come A. Wandruszka, La socialdemocrazia austriaca 1876-1920, e A. Agnelli, Socialismo triestino. Austria e Italia. Per le implicazioni massoniche della società irredentistica e finanz., si veda G. Gratton, Trieste segreta, Trieste 1958. Per un panorama più vasto dei problemi di nazionalità, della questione economico-sociale e della vita culturale, si vedano E. Sestan, Venezia Giulia. Lineamentidi storia etnica e culturale, 2 ediz., Bari 1965; C. Schiffrer, La Venezia Giulia nell'età del Risorg. Momenti e Problemi, Udine 1965; G. Cervani, La borghesia triestina nell'età del Risorgimento. Figure e problemi, Udine 1969. Per gli avvenimenti a Trieste nei giorni del passaggio dall'Austria all'Italia, si rinvia a Trieste. Ottobre-novembre 1918, raccolta di docc. a cura di S. Romano, I-III, Milano 1968. Per il quadro generale dei problemi della monarchia asburgica e del suo crollo, si veda L. Valiani, La dissoluzione dell'Austria-Ungheria, Milano 1966. E per il panorama delle coeve vicende ital., sufficiente G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, VIII, La prima guerra mondiale, il dopoguerra, l'avvento del fascismo. 1914-1922, Milano 1979. Sul rapporto tra banca e processo d'industrializzazione in Italia avanti la prima guerra mondiale, oltre il classico A. Gerschenkron, Osservazioni sul saggio di sviluppo industriale in Italia: 1881-1913, in Il problema stor. dell'arretratezza economica, Torino 1965, pp. 71-87. si vedano, promosse dalla Banca commerciale italiana, le ampie e fondamentali indagini di A. Confalonieri, Banca e industria in Italia. 1894-1906, I-III, Milano 1974-76, e Banca e industria in Italia dalla crisi del 1907all'agosto 1914, I-II, Milano 1982; nonché, promossa dal Banco di Roma, l'esaustiva ricerca di L. De Rosa, Storia del Banco di Roma, I-II, Roma 1982-83, e III, di G. De Rosa, Roma 1984. Per il quadro dei problemi generali, sufficiente G. Mori, Capital. industriale in Italia. Processo d'industrial. e storia d'Italia, Roma 1977. E per il panorama delle coeve vicende politiche, sufficiente G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, VII, La crisi di fine secolo e l'età giolittiana. 1896-1914, Milano 1974. Per l'attività portuale e armatoriale giuliana a cavallo del 1919, si vedano F. Babudieri, Le attività marittime dell'emporio di Trieste nel periodo immediatamente precedente e susseguente la prima guerra mondiale, Napoli 1962 (estr. dagli Annali dell'Istituto univ. navale di Napoli, XXXI);Id., La marina mercantile giuliana dopo il 1918, Trieste 1964 (estr. da Tecnica ital. Riv. d'ingegneria e scienze, XXIX[1964], 3). E per il quadro dell'industria e della finanza pubblica italiana durante e subito dopo la guerra mondiale, si vedano A. Caracciolo, La crescita e la trasformazione della grande industria durante la Prima guerra mondiale, in Lo sviluppo econ. in Italia, a cura di G. Fuà, III, Milano 1969, pp. 187-740; P. Frascani, Politica econ. e finanza pubblica in Italia nel primo dopoguerra. 1918-1922, Napoli 1975; E. Cianci, Nascita dello Stato imprenditore in Italia, Milano 1977 (sul Consorzio Sovvenzioni su valori industriali). Per i rapporti e i problemi tra industria e sistema bancario italiano dal dopoguerra fino alla ristrutturazione e riforma del 1936-38, a Industria e banche nella grande crisi 1929-1934, a cura di G. Toniolo. Milano 1978, ed a L. De Rosa, La crisi economica del 1929, Firenze 1979, si aggiunga, notevole e di fondam. importanza, la ricerca promossa dal Banco di Roma col titolo Banca e industria fra le due guerre, I-III, Bologna 1981; in partic. si sono avuti presenti i saggi di G. Toniolo, M. Marconi, G. Tattara, P. Saraceno, S. Jafrate, M. Giotti, e il Rapporto del Comitato scientifico presieduto da P. Saraceno nel Convegno conclusivo. Per il quadro e i problemi delle vicende economiche generali, sufficiente L'economia ital. nel periodo fascista, a cura di F. Ciocca-G. Toniolo, Bologna 1976, e F. Farina-V. Marani, Strutture monetarie e finanziarie dell'economia fascista, in Quaderni stor., XIII(1978), 3, pp. 1036-1062. E per il panorama dei coevi avvenimenti politici, sufficiente G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, IX, Il fascismo e le sue guerre. 1922-1939, Milano 1981. Per una prima informazione sulle principali imprese dell'area della famiglia, si vedano: per la Unione austriaca di navigazione, poi Cosulich Società triestina di navigazione, i Rapporti, poi dal 1922 Relazioni, alle assemblee sociali; per il Lloyd Austriaco poi Triestino, S. Benco, Un secolo di vita del Lloyd Triestino 1836-1936, Trieste 1936; [G. Stefani-B. Astori], Il Lloyd Triestino 1836-1936, Verona 1938; U. Del Bianco, Il Lloyd Austriaco e la marina postale dell'Austria e dell'Ungheria, Udine 1976; per i Cantieri navali triestini poi Cantieri riuniti dell'Adriatico, G. Girolami, Cantieri Riuniti dell'Adriatico: origini e sviluppo. 1907-1957, Trieste 1957. Si vedano inoltre: Assicurazioni Generali. 1831-1931, a cura di G. Stefani, Trieste 1931; e Riunione Adriatica di Sicurtà. 1838-1938, a cura di G. L. Sanzin, Trieste 1938. Per altri coevi protagonisti dell'economia italiana, sufficiente ricordare A. Mortara, B. Stringher, in Riv. bancaria, XI (1931), pp. 85 ss.; L. Toeplitz, Il banchiere. Al tempo in cui nacque, crebbe e fiorì la Banca Comm. Ital., Milano 1963; S. Romano, G. Volpi. Industria e finanza tra Giolitti e fascismo, Milano 1979; F. Bonelli, A. Beneduce, in Diz. biogr. d. Ital., VIII, pp. 455-466; IRI, A. Beneduce e i probl. dell'econ. ital. del suo tempo, giornata di studio, Caserta 11 nov. 1983, atti in corso di stampa 1984; M. Reberschak, V. Cini, in Diz. biogr. d. Ital., XXV, pp. 626-34; e per A. De Stefani, F. Marcoaldi, Liberismo autoritario tra Stato liberale e regime fascista (1922-1925), in Il pensiero reazionario. La politica e la cultura dei fascismi, a cura di F. Bandini, Ravenna 1982, pp. 149-162.