FALLICISMO (dal gr. ϕαλλός "fallo")
Si designa con questo vocabolo il culto sia degli organi genitali, considerati come vere e proprie entità divine per sé stesse (p. es. il dio Φάλη e il dio Fascinus), sia di rappresentazioni di divinità di grande energia riproduttrice e fecondità (Ermete, Cibele, Śiva, Pārvatī) rappresentate variamente sotto le forme di organi sessuali maschili o femminili, ecc. Prevale però la rappresentazione in forma umana, pur con il particolare rilievo dato agli organi genitali (Satiri itifallici della ceramica greca, Priapo, statuette nude della dea babilonese Ishtar, ecc.).
Tuttavia, la tendenza a sopravvalutare l'elemento sessuale nelle origini della religione - e quindi a interpretare in senso fallico oggetti e cerimonie - è ormai in decadenza.
Figure maschili e femminili fornite di organi genitali in enorme rilievo o rappresentazioni dall'unione sessuale sono state trovate nella Nuova Guinea e nelle isole di Sumatra e di Celebes. Accoppiamenti di carattere rituale, veri o simbolici, accompagnano cerimonie religiose varie, p. es. nelle isole Babar e Aru. Né mancano raffigurazioni del parto. Immagini simili troviamo tra gli Ewé e gli Yoruba (Costa degli Schiavi) e nel Congo. Il culto di queste divinità va - o andava - connesso con falloforie e con sacerdozî femminili che ricordano la prostituzione sacra dell'antichità. Riti di accoppiamento, reale o simbolico, accompagnano nel Loango l'accensione del fuoco pubblico, così come già nella religione dei Veda.
I culti fallici nelle antiche religioni dell'America Centrale sono largamente documentati dalle numerose rappresentazioni di divinità fallofore, itifalliche, ecc., nei cosiddetti codici pittografici. La lucertola, indice di fecondità, è attaccata ai falli divini, alla lor volta messi in stretta relazione o identificati coi serpenti. Falli erano scolpiti sulle mura dei templi, e foggiati in pietra o in terracotta e deposti nelle tombe come simboli, o meglio come magici strumenti di rinascita; e cerimonie magico-religiose di carattere nettamente fallico sono celebrate da varî popoli, sia in cerimonie funebri, sia in cerimonie destinate ad assicurare la riproduzione d'un dato genere di animali.
L'antico Shintò possedeva un culto che celebrava nel fallo lo strumento della più alta funzione divina, la paternità. Accanto alle divinità della cosmogonia, le quali portano nomi significativi (il produttore divino, il dio dei germi, ecc.), accanto alla coppia Saruta-Uzume, esisteva il fallo divinizzato nella persona di Konsei Myojin.
È nota la grande diffusione nell'India dei segni (liñga, yoni), combinati insieme e stilizzati a rappresentare le coppie di Siva e della sua consorte divina. Il namam o emblema di Vishnu, che i suoi adoratori portano in fronte, è il segno del sesso muliebre. Fallico è il culto segreto del serpente presso i Gond; e già nel periodo brahmanico l'altare famigliare è equiparato alla donna, mentre il fuoco del sacrificio (agni) rappresenta l'elemento virile, cosicché il sacrificio diventa un reale e insieme mistico accoppiamento dell'altare e del fuoco.
In Egitto dio itifallico per eccellenza era Khem (o Amsu o Min); in atteggiamento itifallico sono rappresentati Khnemu, adorato a Mendes (dove si conservava il fallo di Osiride, con cui Khnemu si identifica), lo stesso Osiride e Amôn-Rîe; delle falloforie egizie ci parla Erodoto (II, 48).
Nella religione babilonese sembra invece evidente il proposito di dare maggior rilievo alla raffigurazione della sessualità muliebre. Forse sono pietre falliche i kudurru o pietre di confine; fallico è il cono di palma con cui i Genî alati fecondano l'albero o toccano i re, e falliche sono forse anche le rappresentazioni di serpenti.
Il culto fallico in Grecia ebbe i suoi centri nei culti di Ermete e di Dioniso, nonché nei culti di Demetra e di Artemide; itifallico era il tirso di Dioniso e la falloforia un elemento essenziale della sua religione. Falli erano posti sulle e nelle tombe, e cerimonie di carattere fallico facevan parte del rituale di molte feste. Un accoppiamento simbolico costituiva uno dei momenti salienti nella celebrazione dei misteri di Eleusi (v.).
Carattere schiettamente fallico ha una divinità della religione romana, Mutunus Tutunus; ma il fallo stesso era personificato nel dio Fascinus, a cui rendevano culto le Vestali. Una vera e propria falloforia, simile alle greche ed egizie, aveva luogo durante la vendemmia, in onore di Liber Pater. Tra le divinità degli Indigitamenta aveva un evidente carattere fallico Subigus, a cui si accompagnavano Prema e Pertunda; falliche altresì le divinità nuziali, come Talassius, e fallico il culto di quelle della fecondità (Bona Dea); fallica la caratteristica corsa circolare nei Lupercali. E diffusa anche nell'Italia romana era la credenza nell'efficacia apotropaica degli organi genitali, rappresentati in amuleti.
Non è provato che gli antichi Slavi possedessero un vero e proprio culto fallico: viceversa, il folklore slavo è ricco di costumanze magiche private (specialmente agricole), che hanno questo carattere. Né mancano gl'idoli lignei itifallici (come quelli trovati nello Jütland), né accenni ad antichi culti fallici nelle campagne, presso gli antichi Germani.
Che i monumenti megalitici avessero un significato fallico, taluni arguiscono dalle credenze intorno al loro potere fecondante, di cui non mancano sopravvivenze nel folklore della Francia; come si trovano sopravvivenze di antichi culti fallici in talune superstizioni popolari dell'Italia.
Bibl.: J. A. Dulaure, F. S. Krauss, K. Reiskel, Die Zeugung in Glauben, Sitten und Bräuchen der Völker, Lipsia 1909; J. G. R. Forlong, Rivers of Life, Londra 1883, voll. 2; Clifford Howard, Sex Worship, Chicago 1902; E. S. Hartland, Phallism, in Hastings, Encycl. of Religion and Ethics, IX, pp. 815-831; J. A. MacCulloch, Serpent-worship, ibid., XI, pp. 399-411; E. D. Starbuck, Female principle, ibid., V, p. 829.