falcone
" Uccello rapace ", che nel Medioevo si soleva addestrare per la caccia. D. usa il termine appunto col significato generico di falco da caccia; solo in tre casi (If XXII 139, Pg VIII 104, Pd I 51, ma per questo esempio cfr. pellegrino) ne indica una precisa varietà: sparviero, astore, pellegrino (Brunetto Latini ne distingueva sette " generazioni " o " lignaggi ": lanieri, pellegrini, montanini, gentili, gerfalchi, sagri, randioni: cfr. Il Tesoro volgarizzato, II, Bologna 1877, 157-160 [l. V cap. 12]).
Mentre nei due passi del Convivio (IV XIV 9 e XVI 5), f. è solo una qualche cosa di cui si possa dire nobile o vile, come cavallo o margherita, nella Commedia è termine di paragone di particolare vivacità, disponibile per significare situazioni di vario genere: If XXII 131 (battuto dalla prontezza dell'anitra); Pg XIX 64 (richiamato dall'offerta del cibo); Pd XVIII 45 (seguito dallo sguardo del falconiere) e XIX 34 (in primo piano ravvicinato, pronto a spiccare il volo). Ma per Gerione scendente lentamente nel baratro tra il settimo e l'ottavo cerchio (If XVII 127 ss.), il paragone del f. si circostanzia in una compiuta scena di caccia: il predatore che si libra in alto, il falconiere che si rammarica a vederlo calare, la discesa per cento rote, la ribellione o la mortificazione del f., che si manifesta nel suo posare lontano dal falconiere.