FAGGI (de Faggis, Faggio), Angelo, detto il Sangrino
Nacque nel 1500, a Castel di Sangro (Aquila), da cui il soprannome il Sangrino, con il quale spesso lo troviamo nominato nelle fonti più antiche, da padre oriundo messinese della nobile famiglia Ricca, il quale, stabilitosi a Castel di Sangro, decise di assumere il cognome della moglie, Faggi. Ebbe una buona educazione umanistica e ben presto le sue letture si indirizzarono verso opere di carattere religioso. Fin da giovane tradusse e parafrasò da salmi e canti biblici, dimostrando una spiccata attitudine per la poesia latina e anche una precisa conoscenza delle lingue greca ed ebraica. Tra il 1516 e il 1518 entrò monaco a Montecassino e il 16 apr. 1519 professò ufficialmente la sua adesione all'Ordine benedettino.
Si distinse subito per lo studio dei classici, per le qualità umane e organizzative e per l'attaccamento alla regola, tanto da avere ben presto molteplici incarichi. Insegnò per quattro anni ai novizi e poi si recò a Cava de' Tirreni, dove restò per due anni in qualità di priore; con la funzione dì priore claustrale, tornò a Montecassino per cinque anni. Alcuni biografi danno come di questi anni l'incontro con Ignazio di Loyola (tra il 1538 e il 1539); ancora a questo periodo risalirebbe la composizione delle Regole della Compagnia a cui il F. avrebbe contribuito (vedi G. Minozzi, Montecassino nella storia del Rinascimento italiano, Roma 1925, pp. 301 ss.), insieme con Benedetto Canofilo di Castel di Sangro, priore e vicario di Montecassino, e Gregorio da Viterbo (o da Gaeta).
Fu amico e "padre spirituale" di importanti esponenti della poesia umanistico-religiosa cinquecentesca, come I. Mormile, B. dell'Uva, L. degli Oddi, O. Fascitelli e il Canofilo. Nel 1539 fu eletto abate e, secondo le disposizioni vigenti nella Congregazione, passò di monastero in monastero per circa 32 anni: soggiornò a S. Maria di Gangi, a Monreale, a S. Nicolò a Catania, dove, probabilmente, compose (1549) la vita dell'eremita s. Guglielmo Poliziense (cfr. A. Potthast, Bibliotheca historica Medii Aevi, II, p. 1357).
Venne di nuovo rieletto priore del monastero di S. Trinità e, dal 1552 al 1555, risiedette a Cava.
Questo soggiorno fu molto intenso dal punto di vista letterario: il F. approfondì lo studio della storia dei primi quattro abati del cenobio cavense Alferio, Leone, Pietro e Costabile, componendo gli inni in loro onore, studiati e pubblicati di recente da F. Avagliano (Inni dell'abate Sangrino in onore dei primi quattro abati cavensi, in Benedictina, XVI [1969], pp. 24-46). Gli inni tratti dal cod. 158 della Biblioteca della Badia di Cassino (cfr. M. Inguanez, Codicum Casinensium manuscriptorum catalogus, Montecassino 1915, voll., p. 245) sono 16, 4 per ogni abate, e, come per la maggior parte dei testi contenuti nel cod. 158, recano in testa l'indicazione dell'ora liturgica a testimonianza di una loro eventuale destinazione pratica e non esclusivamente letteraria. Al di là infatti dello scarso valore poetico (l'inno a Pietro è addirittura con lievi varianti dal F. adattato alla festa di s. Romualdo, cfr. T.Leccisotti, S. Romualdo e Camaldoli nei versi inediti di un umanista cassinese, in Rivista camaldolese, II [1927], alle pp. 330-334 il testo), questi inni rivestono importanza per la storia del culto dei quattro abati, le cui festività vennero ufficialmente approvate da Sisto V nel 1589 con rito doppio solenne. La sua musa è "tutta cristiana e cattolica" (come ha scritto Minozzi, p. 355) e i suoi versi riflettono spesso e troppo pedissequamente le sue letture teologiche.
Nel 1540 a Venezia esce la sua prima opera: In Psalteriurn Davidis regis et prophetae clarissimi, paraphrasis vario metro genere exculta (rist. Basileae, per Nicolaum Episcopurn Iuniorem, 1561 e Venezia, apud Franciscum Franciscium, 1575). L'opera, dopo un elogio solenne per Davide, presenta una breve trattazione metrica, quasi un prontuario per i metri usati (dal dimetro giambico al saffico, al falecio all'esametro e così via, a dimostrazione di una sapiente conoscenza della versificazione classica); poi i Salmi, ognuno preceduto da un argomento in prosa e seguito da una sentenza di insegnamento morale. Chiude questa parte una doppia traduzione del Magnificat e un indice con l'inizio dei singoli salmi. Il Triumphus Divinis Amoris è invece un ampio canto con un verso molto solenne, quasi oratorio, che ruota intorno al tema dell'amore divino (negli studi di A. Pantoni sulla corrente mistica dell'Amore divino è stato fatto tra gli altri anche il nome del F.: vedi Asceti penitenti e mistici della Congregazione cassinese nei secoli XVI-XVIII, in Benedictina, XVI [1969], pp. 247 s., e vedi anche T. Leccisotti, Tracce di correnti mistiche cinquecentesche nel cod. Cassinese 584, Roma 1965, pp. 3-20).
Seguono versi per Maria Maddalena, le vergini pie Scolastica, Orsola, Giustina, Barbara, Caterina, Agata, Agnese, Cecilia e Lucia, molto didascalici e spesso invischiati in ingenui giochi di parole.
A chiusura dell'intero volume sono due elegie sulla umile e povera vita umana di Gesù e sul disprezzo delle ricchezze terrene, più dodici elegie ispirate alle parole di perdono di Gesù sulla croce che con qualche variante, insieme con il Triumphus Divinis Amoris, saranno stampate nella Poesis christiana.
Il F. fu poi a S. Severino Napoli fino al 1559 e quindi abate per undici anni a Montecassino a tre riprese (1559-64, 1565-68, 1572-75), nel 1565 a S. Giustina a Padova. dove raccolse e fece stampare per i tipi di Grazioso Percaccino (rist. 1586, 1587) la sua imponente raccolta Poesis christiana (un manoscritto di quest'opera alla Bibl. ap. Vaticana: cfr. C. Stornajolo, Codices Urbinates latini, Romae 1912, pp. 280-283).
Divisa in tre sezioni, l'opera del F., dedicata a Pio V, affronta i temi della pietà e della pazienza. La prima parte è una collana di poesie sulla vita di Gesù a partire dall'ineffabilità del nome, dalla nascita fino alle ultime parole sulla croce, alle esortazioni per la settimana santa; la seconda canta la Madonna e la terza narra fatti riguardanti i santi. Quest'ultima sezione si apre con un epicedio eroico sulla strage degli Innocenti (pp. 225-232) e continua con saffiche e inni comprendendo i già citati Triumphus Divinis Amoris e le dodici elegie.
Nell'Ordine la fama di letterato del D. crebbe molto, e anche quella di amministratore. È dal 1559 che divenne figura di primo piano nella Congregazione: i lavori architettonici di ampliamento, di restauro e di abbellimento dell'abbazia, progettati e in parte iniziati già dai primi anni della sua permanenza a Montecassino, vennero realizzati proprio in questi anni e l'aspetto attuale dell'abbazia è quello dato dal F., che per questo motivo nelle fonti è spesso definito come "restauratore", "rinnovatore" e "rifondatore" del monastero. Dal 1560 il F. fu impegnato a dirimere controversie sorte in alcuni monasteri, dimostrando una notevole capacità di governare, che univa severità dei costumi a tutela degli interessi economici del monastero, fermezza e prudenza a moderazione. Così riuscì a risolvere il caso del monastero di S. Cosmo, o quello del monastero di S. Giovanni delle monache di Capua (vedi H. Bloch, Montecassino in the Middle Ages, Roma 1986, I) pp. 332, 526 ss.; II, p. 1111, e F. Avagliano, Ilmonastero di S. Giovanni delle Monache di Capua nei primordi della Riforma tridentina, in Michele Monaco e il Seicento capuano, a cura di P. Borraro, Salerno 1980, pp. 33-45).
Non partecipò al concilio anche se nel 1561 da Trento venne richiesta la sua presenza. La stima di Pio V gli portò la nomina a inquisitore all'interno dell'Ordine benedettino nel 1567 e poco dopo, quando si trovava presso il monastero di S. Benedetto Po a Mantova nell'abbazia di Polirone (1568), arrivò anche la nomina a presidente della Congregazione, a coronamento di una carriera che lo aveva visto rivestire per sedici anni anche l'incarico di definitore; subito dopo (1571) gli fu affidato anche il delicato incarico di reprimere le tendenze luterane di alcuni monaci di Polirone.
Nel 1568 fu pubblicato l'omaggio più importante reso dal F. al padre fondatore del suo Ordine: Speculum et exemplar Christicolarum vita beatissimi patris Benedicti monachorum patriarchae sanctissimi (Florentiae, apud Bartholomaeum Sermartellium, 1586, e Romae, ex typographia Bartholomaei Bonfadini, 1587), diviso in quattro libri ognuno dei quali è ispirato a un periodo della vita di s. Benedetto. L'opera venne dedicata ad Alessandro Farnese da Desiderio da Brescia, prefatore e in parte anche ispiratore dello Speculum, ristampato più volte fino al 1637.
Nel 1575 il F. fu di nuovo abate di Cava, ma probabilmente mantenne l'incarico solo formalmente senza mai prendere possesso del monastero; infatti i suoi biografi lo registrano da settembre del '75 in ritiro a Montecassino. Fu nominato infine abate titolare, carica che mantenne fino alla morte, avvenuta il 17 marzo 1593.
Il F. passò gli ultimi anni della sua vita in meditazione, tra veglie, astinenze e preghiere sull'esempio degli antichi anacoreti di cui aveva cantato le glorie nei suoi versi.
Probabilmente fra le ultime opere è un poemetto sul Battista: interessante perché si ricollega ad una importante tradizione di opere come quella di S. Capece, De vate maximo, pubblicata a Basilea nel 1542, che il F. avrebbe potuto conoscere anche per tramite di Fascitelli, lettore attento e revisore delle opere del Capece. Tra le altre opere edite alcune hanno per oggetto specifico alcuni aspetti della vita propriamente monastica come, ad esempio, il trattato Opusculum de nobilissima oratione quadraginta horarum soluta oratione (Florentiae, apud Sermartellium, 1583), altre invece affrontano temi religiosi nei metri più vari della lingua latina, come il carme elegiaco Vita sanctae Virginis Mariae, pubblicato postumo a Verona (typis Rubeanis, 1649) sul dogma della Immacolata Concezione o come l'epitalamio per s. Cecilia (in Acta sanctorum. S. Caecilia..., II, Romae 1723, pp. 438-451). Compose anche delle omelie in prosa, andate perdute.
Tra i manoscritti, molti dei quali nella Biblioteca di Montecassino e nell'Archivio Cassinese (cfr. M. Inguanez, I, pp. 245 ss.; II, pp. 249-252; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp. 393 ss.; II, pp. 241, 339, 415), figurano vite di santi, versi in lode di Carlo V, decasillabi a Francesco I per convincerlo a non allearsi con i Turchi e le descrizioni del martirio di alcune sante, come s. Giustina e s. Eufemia. Tra i manoscritti anche alcune lettere, conservate alla Biblioteca ap. Vaticana, del F. a Guglielmo Sirleto (13 luglio 1569, Vat. lat. 6184, ff. 19, 24; 11 giugno 15 72, Vat. lat. 6191, f. 143; 14 apr. 1571 e 7 giugno 1572, Vat. lat. 6946, ff. 164, 177).
Fonti e Bibl.: A. Possevino, Apparatus sacer, Venetiis 1606, I, f. 89; A. Bossi da Modena, Matricula monachorum Congregationis Casinensis Ordinis S. Benedicti, a cura di L. Novelli - G. Spinelli, I, 1409-1699, Cesena 1983, p. 475; M. Armellini, Bibliotheca benedictino Casinensis, Assisi1731, I, pp. 23-30; Catalogi tres episcoporum, Assisi 1755, 111, pp. 7 s.; Bibliothèque générale des écrivains de l'Ordre de S. Benoît, Bouillon 1777, pp. 309 ss.; L. Tosti, Storia della badia di Monte-Cassino, Napoli 1843, III, pp. 268 s., 273, 284-291; G. Minozzi, Montecassino nella storia del Rinascimento, Roma 1925, pp. 297-400; A. Mirra, La poesia di Montecassino, Napoli 1929, pp. 151 ss.; T. Leccisotti, Contributi della Congregazione cassinese alla definizione dogmatica dell'Immacolato Concepimento della Vergine, in Benedictina, XIX (1972), 1, p. 65; F. Avagliano, Il poema saffico di A. Sangrino sulla vita di s. Benedetto, in Miscellanea cassinese, XLIV (1981), pp. 119-168 (il testo alle pp. 132-168); A. Potthast, Bibliotheca historica Medii Aevi, II, pp. 1200, 1357; A benedictine bibliography, a cura di O. L. Kapsner, Collegeville, MN, 1962, I, p. 517.