ṬŪQĀN, Fadwa
Poetessa araba palestinese, nata a Nāblus nel 1920. Fu iniziata alla vita letteraria dal fratello Ibrāhīm (1905-41), valente poeta egli stesso, cui ella dedicò alla sua prematura scomparsa un libro di valutazioni e ricordi. La sua prima raccolta poetica (Waḥdīma‛a l-ayyām, "Sola nel tempo", 1952) esprimeva essenzialmente l'angoscia di un'esistenza povera di affetti; mentre le successive raccolte di versi (Wagiadtuhā, "L'ho trovata", 1967; A ‛ṭināḥubban, "Dacci amore", 1960; Amāma l-bāb al-mughlaq, "Davanti alla porta chiusa", 1967; al-Lail wa l-fursān, "La notte e i cavalieri", 1969) hanno via via accentuato la sua partecipazione al dramma della sua terra e della sua gente. Venuta a trovarsi dal 1967 nella Cisgiordania occupata da Israele, la T. è divenuta quasi il simbolo poetico della Resistenza palestinese, alla cui celebrazione sono andati i più appassionati suoi canti.
Celebri tra questi, e tradotti anche in italiano (Versi di fuoco e di sangue, 1970), quelli sul Ponte Allenby, Davanti allo sportello dei permessi, le Piccole canzoni per i Fedain, e la breve lirica Felice nel suo grembo, ove la poetessa si rivolge alla sua terra palestinese, augurandosi di essere accolta nel suo seno, per rispuntarvi come fiorellino o stelo d'erba "che la mano di un bambino accarezzerà". In queste e altre liriche l'amore di una patria contesa, la fierezza dell'arabicità, la squisitezza di un sentimento femminile e virile insieme trovano accenti di profonda intensità poetica, ben al di là di ogni pubblicistica e propaganda politica. Con l'irachena Nāzik al-Malāika e la giordana Salmā al-Giayyūsī, Fadwa T. è oggi considerata la più alta voce poetica femminile dell'arabismo.
Bibl.: G. Canova, Due poetesse: Fadwa Tūqan e Salmā al-Khadrā'al-Giayyūsi, in Oriente Moderno, LIII (1973), pp. 876-93.