FACOLTÀ
Diritto canonico. - Nel diritto canonico, per "facoltà" s'intende il potere, che un superiore ecclesiastico concede a qualcuno, di far ciò che per sé spetta al superiore, o ciò che per legge dello stesso superiore è vietato. Questo potere non si limita a un atto solo (in tal caso ha il nome di grazia, indulto, dispensa, ecc.), ma è abituale, in perpetuo o per un determinato tempo, per tutti i casi o per un determinato numero di casi. Inoltre è un potere che riguarda l'esercizio della giurisdizione ecclesiastica, nel foro interno ed esterno. Gli esempî più comuni di facoltà sono: dispense dai voti, dai precetti della chiesa, dalle irregolarità, dagl'impedimenti matrimoniali; assoluzione da censure ecclesiastiche, da peccati; elargizione di grazie o di permessi circa le indulgenze, la lettura dei libri proibiti, la binazione della messa, l'alienazione di beni ecclesiastici, ecc. Possono concedere facoltà la S. Sede, i vescovi, i superiori degli ordini religiosi; e possono essere concesse così agli ordinarî come ai semplici sacerdoti. Tali facoltà sono annoverate dal Codex iuris canonici tra i cosiddetti privilegia praeter ius. Il codice stesso, can. 66, regola il diritto relativo; per la prassi e più ampie nozioni, sono da vedere i commenti al codice.
Bibl.: H. J. Cicognani, Commentarius ad librum primum Codicis, Roma 1925, pp. 31, 287-291.