DE FORNARIS, Fabrizio
Comico napoletano della seconda metà del sec. XVI, appartenne alla celebre compagnia dei Confidenti, seconda per fama solo a quella dei Gelosi, e acquistò notorietà recitando il tipo del Capitan Coccodrillo.
La fama della compagnia dei Gelosi ha finito per cancellare gran parte delle tracce di compagnie come quella dei Confidenti su cui ci sono giunte notizie di riflesso: ricordi soprattutto della loro rivalità con i Gelosi.
Il primo documento che attesta l'esistenza di una compagnia di comici Confidenti è del 1574: una supplica al governatore di Milano per ottenere la licenza di recitare nella città (G. Pagani, Il teatro di Milano, Milano 1885, p. 21). Controversa è una notizia precedente, che riguarderebbe più da vicino il D., e che attesterebbe la permanenza dei Confidenti in Francia verso il 1572. Questa notizia si deve probabilmente far risalire a Francesco Bartoli, e, malgrado la sua imprecisione, viene ripresa da Charles Magnin (Teatro Celeste, Les commencements de la Comédie Italienne en France, in Revue des deux mondes, 15 dic. 1847, p. 1099), che fa anche i nomi dei tre comici Confidenti che nel 1572 sarebbero stati i più rappresentativi: il D., Bernardino Lombardi, e Maria Malloni, detta Celia (che invece fece parte di un'altra compagnia di Confidenti, che non ha alcun rapporto con la nostra e che sarà attiva a partire dal secondo decennio del '600).
La stessa notizia viene ripresa ancora da Maurice Sand (che aggiunge una data di nascita del D., il 1560, non altrimenti attestata e incompatibile con l'eventuale viaggio del '72); viene invece scartata, in quanto non documentata, da Baschet, da D'Ancona, da Sanesi. Tuttavia un passaggio dei Mémoires di M. Sully (la cui prima redazione è del 1611, mentre la pubblicazione è del 1662) sembra testimoniare la presenta dei Confidenti in Francia: in un brano, che - dalle date immediatamente precedenti e successive - sembra riguardare l'anno 1571, vengono ricordati i "très-excellents Commediens nommés les Jalouzij et les Confidenti qui estoyent lors a Paris" (cfr. Ranucci, pp. 15 s.). I Gelosi, la cui presenza a Parigi è testimoniata con sicurezza solo nel 1577, erano stati se non a Parigi certamente in Francia nel maggio del 1571. Per la presenza dei Confidenti, invece, questo ricordo a quarant'anni di distanza costituisce l'unica attendibile testimonianza.
Una incisione, che raffigura comici dell'arte in Francia, e che fa parte della famosa raccolta detta "Fossard", mostra, accanto ad Arlecchino e a Donna Lucia, una figura curva, coperta da una gran mantello, con l'iscrizione "Capitan Coccodrillo". F. Mastropasqua (Lo spettacolo della collezione Fossard, in F. Mastropasqua-C. Molinari, Ruzante e Arlecchino, Quaderni di Ricerca, n. 2, Parma s. d., p. 97) ritiene che queste incisioni siano probabilmente anteriori al 1580. In questo caso esse rappresenterebbero una conferma della presenza in Francia intorno al '70 del D., l'unico Capitan Coccodrillo di cui ci sia giunta notizia. Forse il D. era insieme ai Confidenti, o forse era con una qualsiasi delle varie formazioni di "comici italiani" che ormai recitavano in Francia con una certa frequenza. La datazione dell'incisione, però, non è tanto certa da far scartare l'ipotesi che essa non rappresenti piuttosto il D. durante il suo viaggio in Francia del 1584 (cfr. Recueil de plusieurs fragments des premières comédies italiennes qui ont été représentées en France sous le règne de Henry III, a cura di A. Beijer, Paris 1928).
Una conferma del viaggio in Francia del D. ne sposterebbe molto indietro, rispetto all'ipotesi del Sand, la data di nascita. Il D'Ancona, partendo dai dati del Bartoli, pensa che si possa identificare col D. uno "Spagnolo da le comedie" che nel 1566 aveva recitato a Mantova insieme a Giuseppe Grasso e al Malerba.
Il D. (il cui Capitano, a differenza di quello più famoso di F. Andreini, parla spagnolo) si definisce napoletano. È probabile che le origini napoletane abbiano pesato in maniera durevole sullo stile di recitazione del De Fornaris. L'Apollonio (pp. 191-196) ha notato come l'ingresso dei comici napoletani nelle compagnie dell'arte (che più a Nord avevano cominciato a formarsi in un periodo leggermente precedente) rappresentasse l'innesto di una buffoneria più giocosa e movimentata su quella bergamasca e padovana, più grottesca. Un grande comico dell'arte della seconda generazione, Pier Maria Cecchini, aveva parlato delle caratteristiche dell'arte dei comici napoletani "il cui condimento par loro che sia un tal torcimento di vita, nefandità de' balli, obbrobrii de' gesti, le quali cose formano un uomo da consegnare alle carcere" (cfr. Apollonio, p. 194). Secondo l'Apollonio, il D. sarebbe rimasto al di fuori di questo filone, a causa della parte che sosteneva un po' a sé stante rispetto all'unità della commedia. Proprio in quegli stessi anni, tuttavia, fioriva un altro capitano napoletano, Silvio Fiorillo, celebre Capitan Matamoros e celebre Pulcinella, la cui presenza è testimoniata a Napoli nel 1584, lo stesso anno a cui risalgono le prime notizie sicure riguardanti il De Fornaris. La coesistenza, in Fiorillo, di due corde apparentemente tanto diverse come il personaggio del capitano spagnolo e quello di Pulcinella suggerisce la possibilità di una vena particolare, napoletana, immessa anche in un personaggio a parte come il Capitano, a cui è possibile che anche il D., forse di pochi anni più anziano del concittadino Fiorillo, abbia partecipato. I loro due nomi appaiono uniti nel titolo di un volume che il padre Jacques Gaultier, tra le sue opere di argomento religioso, pubblicò a Parigi nel 1607: Rodomontadas castellanas, recopiladas de los commentarios de los muy espantasos, terribles et invencibles capitanes, Matamoros, Crocodillo y Rojabroqueles (Lea, p. 48), e, vent'anni più tardi, in quello quasi identico delle Rodomontadas españolas di L. Franciosini (Venezia 1627).
Di nessuno degli spettatori del Capitan Coccodrillo resta una testimonianza sull'arte d'attore del De Fornaris. Nel periodo che vide la prima fama delle compagnie dell'arte, furono soprattutto le grandi attrici a monopolizzare l'attenzione degli spettatori, e ad imprimere la propria memoria nelle opere dei letterati. Per quello che riguarda i grandi comici, invece, vi sono testimonianze più indirette: la maschera con cui divennero celebri, la loro compagnia e, nel caso del D. e di alcuni altri attori, i libri che pubblicarono.
Egli fu dunque uno dei primi capitani della storia della commedia dell'arte, forse persino il primo, se si accetta di identificarlo con lo "Spagnolo da le comedia" Il ricordo che lasciò tra i contemporanei dovette essere, malgrado tutto, vivo: si è visto come Gaultier facesse riferimento al suo esempio, insieme a quello del celebre Matamoros, nel 1607. Ancora più interessante è il caso di John Eliot, che nel 1593 pubblicò la Ortho-epia Gallica, una raccolta di dialoghi per aiutare l'apprendimento del francese. Nella introduzione Eliot ricorda la "martiall Rhetoricke of the Seignior Cocodrill" di cui utilizza, in uno dei dialoghi, il nome e i lazzi (Nicoll, pp. 250 s.; e Lea, p. 397). Anche la figura del "Capitan Coccodrillo" che appare nelle incisioni della raccolta Fossard, pur insufficiente a dare notizie precise circa la sua attività in Francia, testimonia sicuramente la forte impressione prodotta dalla sua arte. Nelle incisioni di Callot I Balli di Sfessania (1622) appare una figura con l'indicazione "Cap. Coccodrillo": un'altra testimonianza della fama del nome, che però non aiuta a ricostruire la figura storica del D., poiché l'opera di Callot rappresenta un ballo carnevalesco, e non una rappresentazione teatrale, ed in essa il rapporto tra le figure e i nomi con cui sono designate sembra essere del tutto casuale.
Per ricostruire la vita del D. e il carattere della sua maschera, il Capitan Coccodrillo, dobbiamo intrecciare le notizie che si possono desumere dall'Angelica (la commedia che egli pubblicò a Parigi nel 1585, presso Abel l'Angelier) con quelle sulla compagnia dei Confidenti. Le più importanti notizie intorno ai comici Confidenti si raggruppano tra il 1578 e il 1581. Nel 1575 era stata segnalata la loro presenza a Milano (G. Pagani, cit., p. 27). Dopo quattro anni, dei quali non si ha notizia, si mise a capo dei Confidenti (che d'ora in poi saranno anche chiamati compagnia della Vittoria) Vittoria Piissimi, la "dolce sirena" "compendio dell'arte" di cui parla T. Garzoni (La piazza universale..., Venezia 1584, cap. De' comici e tragedi...), che aveva fatto parte dei comici Gelosi.
Nel 1580 entrò a far parte dei Confidenti un celebre attore, Pedrolino, con parte della compagnia di cui egli era stato fino a quel momento a capo. Nel 1580 i comici Confidenti furono a Verona, poi a Mantova e a Ferrara, e nei primi mesi del 1581 furono a Venezia (si vedano a questo proposito Sanesi, pp. 523 s., e Ranucci; pp. 26-41). Probabilmente durante questa permanenza a Venezia il D. venne a contatto con Giovan Battista Della Porta, di cui è testimoniato un soggiorno a Venezia sicuramente negli ultimi mesi del 1580, e che forse il D. già conosceva per le comuni origini napoletane (si veda I. Sanesi, Note sulla Commedia dell'arte, in Giorn. stor. della lett. ital., LV [1938], 111, pp. 74 s.). Dal Della Porta il D. ricevette una commedia, l'Olimpia, scritta una decina d'anni prima, probabilmente intorno al '70, ma pubblicata con il nome del Della Porta solo nel 1589, a Napoli, presso Salviani. Nel 1583 la Compagnia dei Confidenti si divise in due; la sua presenza è testimoniata contemporaneamente, a Mantova, e, con il nome di Uniti Confidenti, a Genova. Nel 1584 e nel 1585 furono probabilmente a Parigi, dove il D. pubblicò la sua commedia Angelica firmandosi come "comico Confidente". Del 1588 è l'ultima sua traccia: in una lettera del 18 ag. 1588, dalla Spagna, Drusiano Martinelli chiede alla madre "se 'l capitano coccodrillo è vivo o morto" (cfr. Ranucci, p. 75). Maurice Sand e, probabilmente riprendendo la notizia da Sand, Croce, lo fanno morire nel 1637.
La pubblicazione dell'Angelica "commedia di Fabrizio De Fornaris napolitano, ditto il Capitan Coccodrillo, comico Confidente" era stata preceduta a Parigi, nel 1584, dalla Fiammella, pastorale di Bartolomeo Rossi (Orazio), anch'essa, come l'Angelica, pubblicata presso Abel l'Angelier. Il caso di due commedie italiane pubblicate a Parigi a distanza di un anno presso lo stesso editore, e dedicate alla stessa persona, il duca di Joyeuse, ha fatto nascere l'ipotesi che Bartolomeo Rossi appartenesse anch'egli ai Confidenti; tuttavia l'intestazione della Fiammella dice semplicemente "Fiammella, pastorale di Bartolomeo Rossi, da Verona, comico" senza specificare il nome della compagnia. Il Bartoli, nella voce dedicata al D., scrive che al comico parve "ben fatto di porre in Teatro una Pastorale intitolata: La Fiammella, avuta dall'Autor suo Bartolomeo Rossi Veronese, la quale fu gradita e pubblicata", una notizia che spiegherebbe le coincidenze nella pubblicazione delle due opere e che è stata quindi ripresa dagli autori successivi, senza però essere altrimenti documentata.
Pubblicando l'Angelica col proprio nome il D. indirizzava l'attenzione dei contemporanei dall'entusiasmo generico per le compagnie italiane alla considerazione per la figura di un comico particolare: un tipo di interesse, questo, che la sola arte dell'attore non riusciva ancora a suscitare, se non in qualche rarissima eccezione, come si è detto, delle grandi figure femminili.
L'Angelica è una commedia in cinque atti. La protagonista è una giovane di Venezia, rimasta priva del padre e del fratello, rapiti dai Turchi molti anni prima. Ama, riamata, un giovane napoletano, Fulvio, ma è stata promessa in sposa dalla madre al Capitan Coccodrillo. Per poter vedere liberamente Fulvio, Angelica decide di farlo passare per il fratello scomparso. L'inaspettato arrivo del vero fratello e del padre fa precipitare la situazione, che si ricomporrà, come di consueto, nel lieto fine del quinto atto.
Dedicando l'Angelica al duca di Joyeuse, il D. scrisse: "Essendo io in Venetia gli anni addietro mi fu da un gentiluomo napoletano, virtuosissimo spirto, donata questa commedia, la quale essendo da me vista, et in qualche parte imbellita e fiorita, per quanto con la comica pratica sapevo, introducendoli il Capitan Coccodrillo con alcune sue Rodomontate, mi disposi con questa, dico, comparirle davanti. Con tal pensiero dunque volsi prima farla recitare, per vedere se vi fusse stata qualche parte soverchia oppure bisognevole, come infatti io feci nel felicissimo battesimo della figliola dell'Eccellentissimo Signor Duca d'Umena, alla presenza della Serenissima Regina Madre de molti Illustrissimi Principi e Principesse. La quale secondo quanto potei conoscere non fu dispiaciuta". Nel 1891 A. L. Stiefel identificò il gentiluomo napoletano nel Della Porta, la cui Olimpia è talmente simile all'Angelica da esserne, più che il modello, la prima copia (cfr. Tristan l'Hermites Le Parasite und seine Quelle, in Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen, LXXXVI [1891], pp. 48-60).
Nel corso della lunga discussione su Della Porta autore di scenari usati da comici professionisti, l'episodio dell'Angelica è stato spiegato (in particolare da F. Milano, Le commedie di Giovanbattista Della Porta, in Studi di letter. ital., II [1900], pp. 321 s.) come il passaggio da uno scenario (composto da Della Porta e sfruttato dai Confidenti sulle scene) ad una commedia (scritta per esteso e pubblicata dal De Fornaris). Un esame delle due commedie fa immediatamente cadere questa ipotesi: l'Angelica e l'Olimpia sono quasi identiche, dal prologo alla trama, alla formulazione delle battute. Il D. stesso, del resto, parla di una "commedia" avuta da un gentiluomo napoletano, e non di uno "scenario". Anche i cambiamenti apportati dal D. rispetto all'Olimpia sono del genere da lui stesso ammesso nella dedica: qualche scena spostata e abbreviata, un personaggio maschile che diventa una servetta (forse per adeguarsi alle esigenze di compagnie con una forte presenza femminile), qualche descrizione delle prodezze amorose di Angelica con il finto fratello più esplicita e più cruda. L'unico carattere che distingue le due opere e mette in luce una cura particolare del D. riguarda il personaggio del Capitan Coccodrillo, il quale, pur essendo molto simile al Capitan Trasilogo dell'Olimpia, ha una parte più lunga, diverse battute fortemente modificate, e, soprattutto, non parla in lingua toscana, come nella commedia di Della Porta, ma in castigliano.
Il Capitano esce di scena proprio all'inizio del quinto atto, subito prima della ricomposizione finale, con l'annuncio del suo improvviso matrimonio con una giovane estranea alla vicenda. Accentua così, nel finale, quella caratteristica, già notata dall'Apollonio (pp. 149 s.), di personaggio relativamente estraneo alla trama. Il Capitano è in genere, nella commedia dell'arte, un personaggio chiuso, senza rapporti duraturi con gli altri; è l'unico, inoltre, la cui caratteristica dominante, che rimase fissa di commedia in commedia, non sia l'età o il ruolo sociale (come per i vecchi, i giovani innamorati, i servi), ma una indicazione di mentalità che accentua il suo isolamento: la tendenza ad una immaginazione sfrenata e senza requie. L'uso che il D. fa non di un gergo spagnolesco, ma della vera e propria lingua spagnola, sottolinea la sua distanza dagli altri personaggi. La sua funzione sembra essere quella di occupare quasi da solo la scena, con monologhi o tirate appena sostenuto da una "spalla".
La confusione tra commedia scritta per esteso e scenario che è sorta malgrado le esplicite parole del D. è significativa poiché rivela un preconcetto tipico nel modo di guardare alla commedia dell'arte: la supposizione, che rimane nonostante le numerose testimonianze in senso opposto dei comici stessi, che i comici dell'arte si dedicassero in maniera esclusiva alla recitazione all'improvviso.
Nel caso dell'Angelica questa supposizione ha ricevuto una apparente conferma dalla parola "soggetto" che il D. usa ad un certo punto della dedica, quando racconta che, dovendo recitare la commedia davanti al duca di Joyeuse, per essere più sicuro della sua approvazione, desidera "rappresentargliela prima in suggetto". I comici, evidentemente, non dovevano possedere un testo completo da mostrare. Un'ipotesi, questa, che sembra contraddire i fatti: la pubblicazione, a pochi mesi di distanza, della commedia scritta per esteso e tanto simile all'Olimpia. La spiegazione più probabile è quella dello smembramento nelle varie parti di un testo (ricevuto sicuramente scritto per esteso e non in forma di scenario) distribuito poi tra gli attori. Il testo smembrato, quindi, è presente e unitario quando gli attori recitano, ma dal punto di vista di una lettura complessiva è del tutto assente (si veda a questo proposito F. Taviani, Il segreto, in F. Taviani-M. Schino, Il segreto della Commedia dell'Arte, Firenze 1982, pp. 365-372). Il lavoro del D. dovette consistere nel riprendere le parti smembrate, rimetterle insieme, e pubblicarle, usando per un'unica parte, la sua, la versione rielaborata nella recitazione.
L'uso di pubblicare una commedia era già familiare al D. attraverso l'esempio di un altro comico Confidente (Bernardino Lombardi, che aveva pubblicato il suo Alchimista a Ferrara nel 1583) e attraverso quello, solo di un anno precedente, della Fiammella del comico Bartolomeo Rossi a Parigi nel 1584. Una successione di date che fa pensare ad una premeditata azione per affermare il prestigio culturale della compagnia.
Il Capitati Coccodrillo dell'Angelica è la prima figura di Capitano che sia stata data alle stampe da un comico (le più celebri Bravure di F. Andreini sono di parecchi anni più tardi, del 1607), ed è il primo di una lunga serie di capitani per il quale è accertato l'uso della lingua spagnola, in seguito così saldamente unito all'idea stessa del Capitano. La sua influenza fu quindi probabilmente notevole, anche se non è possibile definirne con precisione la portata, sia tra i comici che ripresero la parte del Capitano spagnolo, sia tra i numerosi autori che (come Lorenzo Franciosini o come Gaultier) pubblicarono raccolte di tirate spagnolesche, o opere in cui domina la figura del Capitano (come, ad esempio, Gli Amorosi Inganni, di Vincenzo Belando, Parigi 1609, che però si richiama più esplicitamente al Capitano dell'Andreini).
L'Angelica ebbe una traduzione francese (Parigi, Abel l'Angelier, 1599, trad. di un "sieur L. C.", secondo Baschet forse Pierre de Laviry); e una seconda edizione italiana (Venezia, Francesco Bariletto, 1607). La sua fortuna e influenza furono notevoli: oltre al già ricordati Gaultier ed Eliot, un altro autore attinse largamente ad essa, Tristan L'Hermite, che ne derivò il suo Parasite, Parigi 1654 (A. L. Stiefel, Tristan l'Hermites...).
Bibl.: L. Allacci, Drammaturgia, Roma 1666, p. 30; F. Bartoli, Notizie istoriche de' comici it. ..., Padova 1782, s.v.; M. Sand, Masques et Bouffons..., Paris 1862, pp. 46 s., 195; A. Bartoli, Introduzione a Scenari inediti della commedia dell'arte, Firenze 1880, p. CXXIII; A. Baschet, Les comédiens ital. à la cour de France sous Charles IX, Henri IV et Louis XIII, Paris 1882, p. 89; B. Croce, I teatri di Napoli, Napoli 1891, p. 63; A. D'Ancona, Origini del teatro italiano, Torino 1891, pp. 443 s., 465; L. Rasi, I comici italiani, Firenze 1897, sub voce; M. Apollonio, Storia della comm. dell'arte [1930], Firenze 1982, p. 191 ss.; K. M. Lea, Italian Popular Comedy, Oxford 1934, pp. 48, 397; I. Sanesi, La commedia, Milano 1954, p. 525; A. Nicoll, Masks, Mimes and Miracles, New York 1963, pp. 250 s.; S. Ferrone, Arlecchino rapito..., in Studi di filol. e critica offerti... a L. Caretti, Roma 1985, pp. 319-53. Lo studio più importante sui Confidenti resta una tesi di laurea non pubblicata: G. Ranucci, I Comici Confidenti, tesi di laurea, Università di Roma, facoltà di lettere, a. a. 1967-68 (in particolare, sull'Angelica del D., pp. 136-225). Per la lunga discussione sulla collaborazione tra G. Della Porta e i comici dell'arte (iniziata da M. Scherillo e che vede uno dei più importanti contributi in V. Rossi, Una commedia di Giovanni Battista Della Porta ed un nuovo scenario, in Rend. dell'Ist. lombardo di scienze e lettere, s. 2, XXIX [1896], pp. 381-95) si vedano infine: L. G. Clubb, Giovan Battista Della Porta dramatist, Princeton 1965; e P. Gherardini, Problemi critici ed metodologici per lo studio del teatro di G. B. Della Porta, in Biblioteca teatrale, I (1971), 1, che riportano la bibliografia completa sull'argomento.