MAZZATOSTA, Fabio
– Nacque probabilmente a Roma intorno alla metà del XV secolo. Il nome del padre non è conosciuto.
La famiglia, di origine viterbese, annoverava tra i suoi esponenti Matteo di Paolo, ricordato da Niccolò della Tuccia tra i più illustri rappresentanti a Viterbo del partito guelfo al tempo di Bonifacio IX. In un rogito del 25 apr. 1411 (Zabughin, 1909, pp. 21, 261) figura Tuccio di Paolo, fratello di Matteo, stabilitosi a Roma, nel rione Ponte, verosimilmente per ragioni commerciali, in compagnia della moglie e dei figli Nardo e Bartolomeo. Quest’ultimo fu nominato tesoriere e doganiere pontificio da Eugenio IV. Nel 1442 la vedova di Tuccio, tale Polissena, espresse il desiderio di essere seppellita, come il marito, nella chiesa di S. Maria sopra Minerva, un privilegio riservato ai membri delle più importanti famiglie nobiliari romane. Bartolomeo, che si era trasferito agli inizi degli anni Quaranta dal rione Ponte in Parione, dove erano anche altre proprietà dei Mazzatosta, sposò Sabetta, della nobile famiglia romana dei Cenci. Se si presta fede a un arbitrato del 1445 tra «Agnulum Petri Butii» e Paolo Mazzatosta, figlio di Bartolomeo, si deduce che alla data del documento Bartolomeo era già morto; secondo Zabughin (1909, pp. 22 s., 262), invece, Bartolomeo morì nel 1452.
Le ingenti risorse dei Mazzatosta consentirono ai membri della famiglia di ricoprire importanti ruoli nella società romana: Paolo di Bartolomeo ereditò infatti l’ingente ricchezza accumulata dal padre e fu nominato da papa Paolo II doganiere generale e fabbriciere del patrimonio di S. Lorenzo in Damaso. I Mazzatosta erano anche imparentati con alcune famiglie romane, altrettanto nobili e potenti: Riccardo, figlio di Paolo, residente in Parione e proprietario di un’importante collezione antiquaria, sposò Laura di Pietro de’ Ustiariis e, in seconde nozze, Vittoria Massimo. Nel 1502 entrò a far parte della Compagnia del S. Salvatore e, nello stesso anno, è ricordato tra i collectores taxe plumbi della Curia. Fu sepolto nel 1530, come da tradizione familiare, nella chiesa di S. Maria sopra Minerva. Un altro figlio di Riccardo, Angelo, è attestato in qualità di canonico di S. Pietro nel 1523.
Nel Quattrocento i Mazzatosta si erano ormai stabiliti a Roma, ma continuavano a soggiornare anche a Viterbo, dove possedevano uno splendido palazzo e una cappella privata nella chiesa di S. Maria della Verità, affrescata nel 1469 da Lorenzo da Viterbo e commissionata da Nardo di Tuccio Mazzatosta. Agli inizi degli anni Novanta Paolo Mazzatosta fece costruire a Viterbo il tempietto poligonale della Peste. Per il Cinquecento si ha notizia di vari membri della famiglia, tra cui Claudio, morto per mano di Carlotto Orsini il 7 apr. 1549, e ancora Giulio, Ulisse, Emilio e numerose donne, tra cui Lucrezia, Livia, Emilia, Olimpia, Virginia e Lavinia, i cui nomi la dicono lunga sull’ostentato gusto antiquario della famiglia.
Il nome del M. compare tra le firme accademiche sulle pareti delle catacombe dei Ss. Pietro e Marcellino, insieme con quelle di Bartolomeo Platina, Pomponio Leto e Giovanni Antonio Campano, apposte probabilmente tra il 1471 e il 1474. Egli fu infatti membro della seconda Accademia romana, con il nome di Fabio Ambusto. Il giovane M. intraprese i suoi studi sotto la guida di Pomponio Leto, che copiò per lui una serie di codici, i cosiddetti codici Mazzatosta. Si tratta di sette manoscritti, databili tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta del XV secolo, di cui cinque conservati nella Biblioteca apostolica Vaticana (Vat. lat., 3264, contenente i Fasti di Ovidio; 3279, contenente la Tebaide di Stazio; 3285, contenente la Pharsalia di Lucano; 3302, contenente i libri 1-9, 12-17 dei Punica di Silio Italico; 3875, contenente le Silvae e l’Achilleis di Stazio; gli ultimi tre presentano annotazioni di Fulvio Orsini, alla cui biblioteca appartennero), uno alla Biblioteca Casanatense di Roma (Casanatense, 15), contenente i Carmina di Tibullo, la Cynthia di Properzio e i Carmina di Catullo, e uno alla British Library di Londra (King’s, 32), contenente gli Epigrammi di Marziale e alla cui ideazione dovette partecipare lo stesso Mazzatosta. Tutti i codici sono di mano di Pomponio Leto; i Vat. lat., 3279, 3285, 3302 presentano anche rubriche di Bartolomeo Sanvito e decorazioni del miniatore tedesco Gioacchino de Gigantibus.
Per gli studi del M. la famiglia commissionò numerosi codici, molti dei quali allestiti elegantemente e decorati con il suo stemma nobiliare, un leone rampante alla mazza d’oro in campo azzurro. Sembra che alla decorazione di questi codici tenesse in modo particolare lo stesso M., come si ricava da alcuni versi scritti da Filippo Buonaccorsi (Callimaco Esperiente), con i quali il poeta ricorda i particolari raffinati di questi volumi (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 2869, c. 63v e Barb. lat., 1731, c. 35r). Il ruolo rivestito dal M. nella genesi di questi codici non è chiaro, ma i versi con cui Callimaco ringrazia il giovanissimo membro della sodalitas pomponiana per l’amore dimostrato nei confronti dei codici miniati fanno supporre che si occupasse personalmente di commissionare e sovrintendere alla realizzazione dei libri necessari ai suoi studi.
Nel 1471 il M. era ancora nel pieno dei suoi studi: a lui, infatti, Giovanni Antonio Campano rivolgeva in una lettera gli auguri per una prolifica carriera (Haussman). Il M. apparteneva alla generazione di Ric-
cardo Mazzatosta, figlio di Paolo. In entrambi si individua una forte passione per l’antico: in Riccardo si esprime con il possesso di epigrafi e di numerosi altri reperti archeologici, per il M., invece, è evidente nella cura con cui faceva confezionare i suoi codici.
Probabilmente il M., di cui non si possiedono ulteriori notizie oltre a quelle indirettamente desumibili dai codici da lui commissionati, morì precocemente a Roma nella prima metà degli anni Settanta.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, 481, cc. 47-48 (notaio Petrus de Caputgallis); 1164, cc. 192-193 (notaio Johannes Nicolai); Ospedale del S. Salvatore ad Sancta Sanctorum, reg. 373: M.A. Altieri, Commentario de’ privilegi, cc. 173v-174v, 337r-339r; Biblioteca apost. Vaticana, Ottob. lat., 2551: D. Jacovacci, Repertorii di famiglie, IV, pp. 817, 819, 826; Viterbo, Bibl. comunale degli Ardenti, ms. II.C.IV.20: F. Bussi, Degli uomini illustri di Viterbo, pp. 242, 368, 452; J. Mazzocchi, Epigrammata antiquae Urbis, Romae 1521, cc. LXIIv, XCIVv; N. Della Tuccia, Cronache di Viterbo e di altre città, in I. Ciampi, Cronache e statuti della città di Viterbo, Firenze 1872, pp. XVIII s., 97; M.A. Altieri, Li nuptiali, a cura di E. Narducci, Roma 1873, p. 28; V. Zabughin, Giulio Pomponio Leto, Roma 1909, I, pp. 18, 20-27, 35, 48, 60, 66, 153, 156 s., 182, 213, 232 s., 260 s.; II, pp. 18-27; F.R. Haussman, Giovanni Antonio Campano (1429-1477), Hannover 1968, pp. 203 s.; T. Frenz, Die Kanzlei der Päpste der Hochrenaissance: 1471-1527, Tubingen 1986, p. 437; A. Della Torre, Paolo Marsi da Pescina: contributo alla storia dell’Accademia Pomponiana, Rocca San Casciano 1903, pp. 102-106, 120, 207; V. Zabughin, L’insegnamento universitario di Pomponio Leto, in Riv. d’Italia, IX-XII (1906), pp. 215-244; G. Muzzioli, Due nuovi codici autografi di Pomponio Leto (contributo allo studio della scrittura umanistica), in Italia medioevale e umanistica, II (1959), p. 348; J. Ruysschaert, Miniaturistes «romains» sous Pie II, in Enea Silvio Piccolomini-papa Pio II. Atti del Convegno per il V centenario della morte e altri scritti raccolti da Domenico Maffei, Siena 1968, p. 275; G. Paparelli, Callimaco Esperiente (Filippo Buonaccorsi), Salerno 1971, p. 59; M. Miglio, Cultura umanistica a Viterbo nella seconda metà del Quattrocento, in Cultura umanistica a Viterbo. Atti della Giornata di studio… 1988, a cura di T. Sampieri - G. Lombardi, Viterbo 1991, p. 30; S. Maddalo, I manoscritti Mazzatosta, ibid., pp. 48-50, 56 s., 59, 61 s., 65, 67, 71, 73, 75.