GLISSENTI (Glisenti, Gliscenti), Fabio
Nacque a Vestone di Valle Sabbia, nei pressi di Brescia, nella prima metà del XVI secolo, forse intorno al 1542. Suo padre Antonio (1513-76) fu medico della famiglia del conte Paride di Lodrone e autore di trattati sulla peste e sull'irrigazione.
Il G. si laureò in medicina a Padova con il fratello Cornelio ed esercitò con successo e profitto la professione a Venezia, ove visse con i fratelli Cornelio e Glissenzia. Intrattenne rapporti di cordiale amicizia con Bartolomeo Bontempelli detto del Calice, un conterraneo emigrato a Venezia e arricchitosi con il commercio dei tessuti. A costui (di cui si dichiara figlioccia Glissenzia, che affettuosamente assisteva il fratello nei suoi studi), il G. dedicò la favola teatrale Il diligente, ovvero Il sollecito (Venezia 1608), incentrata sulla figura di un uomo che con abilità e fortuna riesce a diventare ricco e virtuoso. Alla sorella Glissenzia il G. dedicò la sua opera principale, l'Athanatophilia, un voluminoso lavoro costituito da cinque dialoghi, trenta novelle e un trattato (Discorsi morali contra il dispiacer del morire, detto Athanatophilia, ibid., D. Farri, 1596).
I dialoghi, dedicati rispettivamente alla Ragione (Filologo), al Senso (Estisiphilo), alla Volontà (Eleuthero), all'Opinione (Filodoxo) e alla Verità (Alithinoo), si presentano come cinque atti di una tragedia. Essi prendono le mosse da una disputa avente come oggetto la morte, tenuta da due vecchi amici, il filosofo e il cortigiano, già studenti a Padova, che si incontrano a Venezia. Mentre il primo sostiene la positività della morte, il secondo è convinto che il pensiero di essa non possa in alcun modo riuscire gradito. I dialoghi sono allegorie dei cinque sensi che guidano la condotta dell'uomo (vista, gusto, udito, olfatto, tatto) e mostrano che l'uomo agisce seguendo per lo più i suoi appetiti, spesso il senso comune, raramente la ragione. Nell'Athanatophilia sono inoltre inserite delle novelle, quasi tutte allegorie della vita umana e della morte, che contengono molti spunti tratti dalla tradizione popolare. Il G. ne giustifica la presenza affermando nella prefazione che, per trattare un argomento gravoso come quello della morte, è opportuno inserire narrazioni di carattere piacevole, seguendo in questo l'esempio del buon medico di lucreziana memoria che, allo scopo di somministrare al malato l'amara medicina, ricorre a un salutare inganno. All'undicesima novella (Dei ragni e delle gotte) forse si ispirò G. Gozzi per la sua Il ragno e la gotta. Conclude l'Athanatophilia una dissertazione sulla pietra filosofale, dal titolo Breve trattato nel quale moralmente si discorre qual sia la pietra de' filosofi (ed. anastatica con introduzione di U. Vaglia, Brescia 1987), che si immagina consegnata dal filosofo al cortigiano al momento del commiato. In essa l'autore mette in discussione le aspirazioni degli alchimisti relative alla trasformazione dei vili metalli in oro e argento e i presunti benefici da essa derivanti. Questo scritto venne tradotto in latino da L. Strauss (Brevis tractatus in quo de lapide philosophorum moraliter disseritur, Gissae 1671). L'edizione dell'Athanatophilia appare arricchita da un cospicuo corredo di xilografie (talune utilizzate anche per altre opere), tra cui spiccano quelle caratterizzate dai simboli della caducità (scheletri, tibie, costole, crani, clessidre ecc.), probabilmente ricavate dal ciclo della Danza macabra di H. Holbein.
Nel 1597 sembra che, per via dell'Athanatophilia, sia stato intentato un processo contro il G.: l'opera, infatti, al vaglio censorio era risultata passibile di revisione e correzione (tutti i fogli nei quali erano state annotate le "castigationi" avrebbero dovuto essere bruciati) e pertanto posta sotto sequestro. Ma, poiché il G. volle aggiungere (o mantenere) molti dei luoghi cassati e riprovati, fu condannato, insieme con il suo editore D. Farri, al pagamento di una multa di 100 ducati.
Il G. scrisse inoltre fabulae drammatiche in versi di carattere spirituale-allegorico, talora servendosi di soggetti già trattati nell'Athanatophilia.
Composte per lo più in endecasillabi sciolti, esse si articolano in cinque atti introdotti da un prologo e chiusi da una morale. Se da un lato riprendono elementi e motivi classici, dall'altro sembrano preannunciare la commedia dell'arte e perfino una visione surrealistica del dramma. Al di là delle loro precipue caratteristiche, questi drammi hanno una fisionomia analoga: il loro comune intento ("purgare gli animi da i vitij") rispetta scrupolosamente il principio del delectando monere. Essi mostrano l'Uomo ora diviso tra Ragione e Lussuria (La ragione sprezzata, Venezia 1606); ora sottratto alle tentazioni di Mondo, Pompa e Carne, a opera di Intelletto e Grazia divina (Andrio, ibid. 1607); ora vanamente volto a sfuggire alla Morte che si è invaghita di lui (La Morte innamorata, ibid. 1608); ora sottoposto alle pressioni del Demonio che, nonostante la disapprovazione di Coscienza e Discorso, intende fargli prendere per moglie Vanità (Androtoo, ibid. 1616). E, ancora, insegnano che la solida Scienza si contrappone alla mutevole Opinione (La giusta Morte, ibid. 1617); che non sempre lo Spirito riesce a imporsi sulla Carne (Sarcodinamia, ibid. 1620); che la Morte prevale sui Vizi (Il bacio della Giustizia e della Pace, ibid. 1607). Altrove si parla di un giovane irresponsabile che dopo una dura lezione impara a seguire la Prudenza (Lo spensierato fatto pensoroso, ibid. 1617); o ancora dei Viventi che, attratti da Comodità, imboccano la strada di Sventura e Infamia ignorando i consigli di Tempo ed Esperienza (Il mercato, overo La fiera della vita umana, ibid. 1620; il medesimo argomento è trattato dalla ventiseiesima novella dell'Athanatophilia). Proprio in virtù del fatto che da ciascuna di esse si "può cavar qualche diletto et avvertimento" alcune di queste fabulae, pur essendo state concepite per la lettura, furono portate in scena a Venezia (l'Andrio fu recitato dalle fanciulle dell'ospedale degli Incurabili, La Ragione sprezzata e La Morte innamorata da "alcune verginelle" dell'ospedale di S. Giovanni e Paolo - quest'ultima nel 1607 alla presenza dell'ambasciatore del re d'Inghiterra, Henry Wotton). Ancora, sono attribuite al G. il Teatro de' viventie trionfo della morte (ibid. 1605; ma la paternità è di Angelo Venier, che volle pubblicare una sorta di epitome dell'Athanatophilia); L'orribile et spaventevole inferno (ibid. 1608); La ninfa guerriera (ibid. 1624); Gli effetti d'Amore (ibid. 1626).
Le opere del G. dovettero essere molto apprezzate ai suoi tempi, visto che esse furono ripetutamente pubblicate nel corso del XVII secolo e da editori diversi. Il G. sarebbe anche autore di commenti latini, attribuiti dal Casati ad altro Fabio, detto senior, fedeli allo spirito della Controriforma: In quinque praedicabilia Porphyrii. In sex principia Gilberti Porretani. In praedicamenta Aristotelis. In peri hermeneias Aristotelis. In priora et posteriora Aristotelis. Per methodicas divisiones brevissima commentaria, ibid., G. Alberi, 1593; Brevissima commentaria, ibid., G.B. Ciotti, 1594.
La data della morte del G. sembra ascrivibile al settembre 1615 sulla base di due testimonianze convergenti: una lettera del fratello Cornelio al Comune di Vestone, nella quale si dice che il G. morì due mesi dopo aver stilato il testamento (rogato in data 14 luglio 1615), e la dedicatoria (del 12 sett. 1616) anteposta all'Androtoo, nella quale lo stampatore B. Ginammi allude esplicitamente alla recente scomparsa dell'autore.
Fonti e Bibl.: G. Bustico, Di una fonte sconosciuta della favola di Gaspare Gozzi, in Terze pagine benacensi, Salò 1909, pp. 31-35; F. Neri, Le moralità di F. G., in Scritti vari di erudizione…, Torino 1912, pp. 187-196; U. Vaglia, F. G. e la sua opera letteraria, in Memorie dell'Ateneo di Salò, XVI (1952-54), pp. 143-151; G. Pesenti, Libri censurati a Venezia…, in La Bibliofilia, LVIII (1956), p. 26; U. Vaglia, L'arte del ferro in Valle Sabbia e la famiglia Glisenti, Brescia 1959, pp. 34-45, 67-74; Id., Storia della Valle Sabbia, ibid. 1970, ad ind.; Harvard College Library Department of printing and graphic arts, Catalogue of books and manuscripts, a cura di R. Mortimer, Cambridge, MA, II, 1, 1974, pp. 307-309; M. Napoli, L'impresa del libro…, Napoli 1990, pp. 107-110; G.W. McClure, The "Artes" and the "Ars moriendi" in late Renaissance Venice: the professions in F.G.'s "Discorsi morali contra il dispiacer del morire, detto Athanatophilia" (1596), in Renaissance Quarterly, LI (1998), 1, pp. 92-127.