FILZI, Fabio
Nacque a Pisino d'Istria il 20 nov. 1884 da Giovanni Battista e Amelia Ivancich, istriana.
Il padre, nativo di Sacco (Trento), era docente di filologia classica nei licei classici e la famiglia si stabilì di volta in volta nei centri dove l'attività d'insegnamento del capofamiglia lo portava. Fino al 1892 egli insegnò a Pisino d'Istria e a Capodistria; nel 1892 ottenne la cattedra nel liceo-ginnasio di Rovereto. Fu anche preside del medesimo istituto dal 1900 al 1910, anno in cui andò in pensione.
Secondo di quattro figli maschi, il F. iniziò gli studi a Capodistria, continuandoli poi a Rovereto. Centro di vivi sentimenti irredentistici, la città trentina rappresentò il contesto decisivo in cui maturò nel giovane il desiderio di impegnarsi per la causa dell'indipendenza dalla dominazione austriaca. Nel 1902 conseguì brillantemente la licenza liceale.
I primi contatti del F. con il movimento degli studenti italiani delle terre irredente, con C. Battisti in particolare, risalgono al periodo 1901-1903. Nel 1904 fu istituita finalmente presso l'università di Innsbruck la facoltà italiana di giurisprudenza, ma l'inaugurazione fu turbata da gravissimi scontri provocati dall'elemento tedesco. Il bilancio fu pesante: un morto, numerosi feriti e centotrentotto italiani arrestati, fra cui C. Battisti. In quell'occasione il F. fu a capo del movimento studentesco di Rovereto per protestare contro il governo austriaco.
Nello stesso anno fu chiamato ad assolvere il servizio militare di leva a Salisburgo, nel 4° reggimento cacciatori. Nel novembre venne sottoposto a un'inchiesta in quanto imputato di aver favorito la diserzione di un commilitone italiano, l'avvocato D. Pedrotti. Assolto dall'accusa, l'anno successivo fu congedato con la sigla "P.U." che significava "politicamente sospetto". Negli anni successivi fu richiamato in servizio tre volte per le periodiche esercitazioni e durante uno di questi richiami sfidò a duello un ufficiale che aveva pronunciato frasi offensive per l'Italia; l'intervento del comandante del reggimento, che costrinse l'ufficiale a ritrattare, evitò la sfida.
Dal 1905 l'impegno irredentista del F. assunse una connotazione più netta: in occasione della visita a Rovereto di un gruppo di ginnasti di Treviso, durante il banchetto tenuto in un locale pubblico, pronunciò un violento discorso contro la politica del governo di Vienna e dichiarò di volersi impegnare per la causa dell'italianità dei territori irredenti. Intanto si dedicava con passione agli studi universitari iscrivendosi contemporaneamente alla facoltà giuridica dell'università di Graz e alla scuola commerciale superiore "Revoltella" di Trieste. Qui il F. partecipò all'attività della Lega nazionale, della Società degli studenti trentini e della Giovine Trieste. Nel novembre 1906 il F. e il fratello Ezio si recarono a Graz per unirsi alla protesta degli studenti italiani che da giorni avevano bloccato le attività accademiche in gesto di sfida, per costringere il governo alle invocate concessioni di politica scolastica. Nel corso dei violenti scontri tra elementi italiani ed elementi tedeschi entrambi i fratelli rimasero feriti.
Il periodo trascorso a Trieste fu particolarmente formativo ai fini del suo impegno irredentistico. Nella realtà triestina il peso della dominazione austriaca alimentava un movimento nazionale articolato ed eterogeneo che comprendeva diverse società di chiara impronta irredentista, un movimento studentesco che collegava l'agitazione patriottica e la rivendicazione di un'università italiana a Trieste come aspetti di un unico problema, intellettuali ed artisti di varia formazione uniti, tuttavia, da un fermo impegno antiaustriaco.
Il F. non aveva la tempra dell'agitatore né l'eloquenza e l'abilità giornalistica o la lucida visione politica di un Battisti. Il suo impegno si traduceva interamente nell'azione e nello sforzo organizzativo e di coordinamento tra le varie componenti territoriali del movimento degli studenti italiani soggetti all'amministrazione austriaca. La sua tesi di laurea per conseguire il titolo di dottore in commercio (1909) fu giudicata dai commissari ottima e ottenne un attestato di distinzione. Nel lavoro, dal titolo "Equità del diritto penale", il F. affrontava. il delicato tema del rapporto tra il concetto di giustizia e il concetto di legge.
Nel settembre 1909, in qualità di presidente della Società degli studenti trentini, pronunciò il discorso di apertura del VII congresso della Società, tenutosi a Rovereto, rivendicando con fermezza e con toni duri verso il governo imperiale il diritto degli Italiani di avere un proprio ateneo. Dura fu la reazione del commissario di Trento: la società venne sciolta e il F. fu obbligato a presentarsi, in qualità di ufficiale dell'esercito austriaco, davanti al tribunale militare. Dopo un processo durato diversi mesi, fu pronunciata a suo carico una dichiarazione di indegnità per "sentimenti antipatriottici e antimilitari" e fu condannato alla degradazione.
Nel 1910 conseguì la laurea in giurisprudenza presso l'università di Graz. Subito dopo trovò un'occupazione presso gli uffici della Società di navigazione austro-germanica di Trieste dove tuttavia rimase per breve tempo, essendosi rifiutato di compilare un opuscolo pubblicitario, encomiastico nei confronti dell'imperatore d'Austria, su un nuovo tipo di piroscafo cui era stato dato il nome di "Francesco Giuseppe". Nel febbraio 1912 rientrò a Rovereto con l'intenzione di dedicarsi alla professione di avvocato, ma dopo pochi mesi preferì tornare a Trieste, città che esercitava su di lui un profondo fascino. Trovò un nuovo impiego presso la procura di finanza e contemporaneamente iniziò il tirocinio richiesto per poter sostenere l'esame da procuratore legale, ma le informazioni raccolte al momento dell'assunzione sulla sua condotta e sulle sue idee politiche ne determinarono presto l'allontanamento dai pubblici uffici. Tornato a Rovereto, si dedicò alla professione di avvocato impiegandosi presso lo studio legale Piscel.
Il 31 luglio 1914 in tutti i territori dell'Impero asburgico veniva diramato l'ordine di mobilitazione generale dell'esercito e della leva di massa. Il F. partì per Innsbruck come soldato semplice il 2 ag. 1914.
Il suo reggimento era destinato a partire per il fronte della Galizia, che corrispondeva alla prima linea, ma, in seguito a visite mediche per disturbi che si era volutamente procurato, egli fu dichiarato momentaneamente inabile alla prima linea e fu incorporato in un battaglione che doveva recarsi in Val di Fiemme, nella zona di Predazzo. Quando anche il suo battaglione fu destinato a raggiungere la prima linea riuscì a farsi ricoverare per qualche giorno presso l'ospedale di Bolzano. Dimesso, ottenne una licenza di dieci giorni nel corso della quale organizzò con alcuni amici la diserzione e la fuga verso l'Italia. La sera del 15 novembre lasciò Rovereto con tre compagni: il geometra D. Bertolini, A. Gerosa e A. Farinati.
Il F. trovò ospitalità a Padova e lavorò presso uno studio legale. Nel febbraio 1915 iniziò la sua funzione di informatore presso il Comando militare di Verona. La sua prima missione si svolse in Valsugana e nell'Ampezzano. Nel maggio 1915 rientrò a Verona dove visse con tensione le ansie e l'entusiasmo degli altri irredenti al profilarsi dell'intervento in guerra contro l'Austria.
Il 16 giugno 1915 il F. presentava domanda di arruolamento nell'esercito italiano con la richiesta di essere reintegrato nel grado che aveva avuto in quello austriaco. La richiesta venne accolta e il 15 ottobre egli fu nominato sottotenente presso il 6° reggimento alpini. Il mese successivo fu destinato dal suo comando ad Arzignano dove avrebbe dovuto istruire le reclute. Verso la metà di maggio 1916 l'esercito austriaco sferrò una violenta offensiva nella zona degli altipiani. Mentre le truppe italiane passavano al contrattacco, il F. chiese di essere destinato alla prima linea: il 26 maggio 1916, con il nome di guerra (obbligatorio per gli irredenti) di Mario Brusarosco, ricevette finalmente l'ordine di partire per la Vallarsa e fu assegnato alla compagnia del battaglione Vicenza sotto il comando del tenente C. Battisti. Dal fronte scrisse numerose lettere ai familiari, alla fidanzata Emma, agli amici, comunicando la forte tensione morale che accompagnava il suo impegno di soldato. Sul massiccio del Pasubio, il comando decise un attacco a sorpresa per la notte tra il 9 e il 10 luglio, destinando all'azione il battaglione alpini Vicenza. Risalendo dal canalone Ovest del monte gli alpini avrebbero dovuto vincere la resistenza degli Austriaci a quota 1801, per poi essere raggiunti da altri reparti e ampliare, così, le postazioni conquistate; ma il mancato arrivo dei rinforzi compromise l'azione, che si concluse con un pesante bilancio di vittime e di prigionieri. Mentre il Battisti fu fatto prigioniero lungo il canalone, dove ancora stava opponendo una disperata resistenza, il F. fu catturato sulla vetta del monte Como insieme ad alcuni ufficiali: identificato e denunciato da un certo Brunetto Franceschini, italiano, cadetto dell'esercito imperiale, egli, insieme con il Battisti, fu subito trasferito, sotto nutrita scorta, al carcere di Trento.
Sottoposti al giudizio di una corte marziale furono giudicati colpevoli di alto tradimento e condannati a morte per impiccagione. La sentenza fu eseguita la sera del 12 luglio 1916 nella fossa del castello del Buon Consiglio di Trento.
Il fratello maggiore del F., Mario (n. 1883), dopo aver completato gli studi ginnasiali a Rovereto (1901) prestò servizio militare a Salisburgo e nel 1902 si iscrisse alla facoltà di filosofia dell'università di Vienna frequentandovi le lezioni di filologia moderna. Dopo un periodo di studio a Firenze, presso l'Istituto di studi superiori (1904), tornò a Vienna. Nel novembre 1904 si recò a Innsbruck per prendere parte alle dimostrazioni a favore di un'università italiana con sede a Trieste. Fu arrestato con altri dimostranti e trattenuto in carcere per due settimane. Nel 1906 si laureò in filosofia. Nel 1907 seguì dei corsi presso l'università di Parigi e conseguì presso l'università di Vienna l'abilitazione all'insegnamento della lingua e letteratura italiane e della lingua e letteratura francesi in tutte le classi delle scuole medie superiori. Insegnò a Bolzano, Kuflstein e Pola. Allo scoppio della guerra dovette arruolarsi nell'esercito austriaco. Arrestato e processato per alto tradimento, in quanto da studente aveva fatto parte dell'associazione irredentista Dante Alighieri, dopo cinque mesi di detenzione fu liberato per mancanza di prove e internato a Göllersdorf da dove fu richiamato alle armi nell'aprile 1917. Autosomministrandosi medicinali e veleni di varia natura cerco di rendersi inabile per il servizio al fronte (i "politicamente sospetti" come lui venivano generalmente assegnati alla prima linea). Nel novembre 1918 tornò a Pola dove oltre a insegnare presso il locale istituto tecnico, collaborò alla conduzione dell'università popolare, da lui fondata, e lavorò alla seconda parte di un lavoro intrapreso da tempo sulla Sintassi dei dialetti italiani (la prima parte era stata pubblicata a Perugia nel 1914). In occasione dell'impresa dannunziana di Fiume aiutò diversi legionari a raggiungere clandestinamente la città adriatica. Nel 1920 si iscrisse al fascio di Pola. Morì il 27 marzo 1921.
Ezio (n. a Pisino d'Istria nel 1888) partecipò ad alcune dimostrazioni irredentiste che si tennero a Calliano nel 1907 contro il pangermanista Edgardo Meyer e i suoi seguaci, decisi assertori della necessità di germanizzare il Trentino. Fu accanto ai fratelli anche a Graz, in occasione delle dimostrazioni per l'università italiana. Prima della guerra si impiegò come commissario di bordo presso il Lloyd Triestino. Chiamato alle armi nel 194 fu assegnato al 14° reggimento di artiglieria da montagna austriaco. Nell'inverno 1914-1915 trascorse un lungo periodo di convalescenza a Rovereto. Dai primi mesi del 1915 iniziò l'attività di agente informatore ai danni dell'Austria. Alla fine del conflitto aiutò il movimento dei legionari dannunziani e simpatizzò per il nascente fascismo. Nel 1932 risultava ancora vivente ma non è stato possibile reperire ulteriori e più precisi dati su di lui.
Fausto (n. 1891), ultimo dei fratelli del F., dopo aver seguito gli studi superiori, senza tuttavia riuscire a conseguire la licenza liceale, ebbe brevi esperienze di lavoro ad Ala, Bmo (Moravia) e Barces (Ungheria) da dove fu costretto ad allontanarsi dopo un duello con un tenente austriaco. Nel dicembre 1913 partì per l'Argentina dove visse a lungo in miseria. Dopo essersi dedicato ai lavori più modesti trovò occupazione come impiegato presso la ditta Fratelli Facchinetti di Buenos Aires. Alla notizia dell'esecuzione del F. rientrò in Italia (settembre 1916) e il 21 ottobre fu arruolato nell'esercito italiano nel 9° artiglieria da fortezza, presso il comando di Verona, con il grado di sottotenente. Il 17 apr. 1917 chiese al comando di essere inviato in prima linea, "quantunque irredento" (agli irredenti dell'esercito italiano era proibito andare al fronte). Il 23 aprile, in seguito all'accoglimento della sua richiesta, lasciò la scuola bombardieri di Susegana per raggiungere la 20° batteria bombarde dislocata sul monte Zebio. Qui morì in combattimento l'8 giugno 1918.
Fonti e Bibl.: Roma, Museo centrale del Risorgimento, Carte di Italo Lunelli, fasc. II, doc. 1: I. Lunelli, I volontari trentini (Trento, luglio 1927, datt.); doc. 3: Discorso di I. Lunelli su F. F. agli studenti del r. ginnasio-liceo "Vittorio Emanuele III" di Rovereto (s..d., ma 1919); A. Rossaro, Damiano Chiesa e F. F. nel culto d'Italia, in Alba trentina, I (1917), pp. 322 ss.; Solenne commemorazione dei martiri roveretani Damiano Chiesa e F. F., ibid., II (1918), pp. 129 ss.; A. Rossaro, Per i nostri martiri. Chiesa e F., ibid., VI (1922), pp. 35 ss.; C. Ambrogetti, I fratelli Filzi (con prefazione di B. Mussolini), Firenze 1934; Atti dei processi Battisti - F. - Chiesa, a cura dell'Arch. di Stato di Trento e della Soc. di studi per la Venezia Tridentina, Trento 1934, passim; G. Sermini, Onoranze ai martiri roveretani Damiano Chiesa - F. F., Rovereto 1949.
A. Sandonà, L'irredentismo nelle lotte politiche e nelle contese diplomatiche italo-austriache, Bologna 1932-1938, ad Indicem; La Società "Dante Alighieri" e l'attività nazionale nel Trentino (1896-1916), (Dai carteggi di P. Fillari), documenti inediti, a cura di R. Monteleone, Trento 1963, ad Indicem; R. Monteleone, La politica dei fuoriusciti irredenti nella guerra mondiale, Udine 1972, ad Indicem.