POUND, Ezra (App. I, p. 949; III, 11, p. 473)
Poeta e critico americano, morto a Venezia il 1° novembre 1972. Nell'ultimo decennio di vita P. continuò a lavorare caparbiamente alla sua opera maggiore, i Cantos, poema epico di proporzioni enormi (ne scrisse 120, inclusi i frammenti) e di ambizioni ideologiche sconcertanti. Egli mantenne una fede tenace nella necessità d'immettere la vita nella letteratura e di ridare alla parola, immediata e attuale, significato e spessore reali, facendole incarnare, anche grazie a procedimenti inferenziali, valori perduti e valenze lontane, così da estenderne la dinamica capacità d'innovare - e reinventare - l'umanità. P. è, quindi, sia il più convinto assertore dell'esigenza di fare della storia (tutta la storia) materia di poesia, sia colui che, con le sue maldestre traduzioni delle culture più lontane (dalla cinese all'anglosassone, dalla provenzale alla greca) e con i suoi astrusi collages di citazioni disparate, ha infuso nuovo vigore e sperimentato nuove possibilità metriche e ritmiche per la lingua inglese. Un impegno così grandioso (e che esige dal lettore un notevole bagaglio conoscitivo e un serio sforzo interpretativo) scaturisce da una poetica che, esaltando la dialettica degli opposti, lo scontro e la fusione di astratto e di concreto, l'organica simbiosi e metamorfosi del reale e del fantastico, si propone niente di meno che una rifondazione del mondo e una riscoperta della sua sacralità, al fine di catturarne la perduta capacità di concepire e vivere l'unità. Se la sua opera non è sostenuta dalla pretesa elaborazione concettuale, né è sempre guidata da lucido rigore formale, e se il grido iconoclasta, per l'elitario modello etico-sociale che lo ispira, si tramuta, a tratti, in peana ossessivo, dalle sinistre implicazioni, egli ha, nondimeno, raggiunto risultati parziali, ma straordinari, per potenza visionaria, intensità di dettato, liricità di immagini, musicalità di linguaggio. Introducendo nell'universo poetico, in modo perentorio e travolgente, il tragico magma della vita, con il recupero del passato insigne e la drammatizzazione del presente barbaro, e con l'impiego delle risorse tecniche più avanzate, P. ha resuscitato e reso operanti i grandi miti sepolti nella coscienza di ognuno. La sua influenza diretta o, più spesso, indiretta (attraverso amici e discepoli, quali T. S. Eliot e W. C. Williams) è viva e, comunque, inevitabile per la poesia del Novecento.
Tra le opere degli ultimi anni ricordiamo: Love poems of ancient Egypt, trad. di E. Pound e N. Stock, Norfolk, Conn., 1962; Selected prose 1909-1965, a cura di W. Cookson, Londra 1973; The Cantos: I-CXX, New York 1975; tra le più recenti traduzioni italiane: Pound/ Joyce: le lettere di E. Pound a J. Joyce, a cura di Forrest Read, Milano 1969; Opere scelte, a cura di Mary de Rachewiltz, ivi 1970; Cantos scelti, a cura di Mary de Rachewiltz, ivi 1973; Stesure e frammenti dei Cantos CX-CXVII, ivi 1973; L'ABC del leggere, ivi 1974.
Bibl.: D. Davie, Ezra Pound: poet as sculptor, New York 1964; K. L. Goodwin, The influence of Ezra Pound, Londra 1966; W. Baumann, The rose in the steel dust: an examination of the Cantos of Ezra Pound, Berna 1967; New approaches to Ezra Pound, a cura di E. Hesse, Londra 1969; N. Stock, The life of Ezra Pound, ivi 1970; H. Kenner, The Pound Era, Berkeley 1971; C. Brooke-Rose, A ZBC of Ezra Pound, ivi 1971; G. Mancuso, Pound e la Cina, Milano 1974; N. Zapponi, L'Italia di Ezra Pound, Roma 1976; P. Sanavio, Ezra Pound, Venezia 1977.