EZIONGEBER (῾Eṣyün-geber)
Antica località palestinese, identificata con Tell el-Kheleifi, sul golfo di Elat (v.) a 556 m sul mare.
Fu scavata da N. Glueck per la American School of Oriental Research di Gerusalemme in tre campagne, dal 1938 al 1940. Il Glueck scoprì quattro città sovrapposte suddivise in varî strati. La prima città (X sec. a. C.) fu costruita sul suolo vergine, probabilmente da Salomone. Vi sorgeva una fonderia, potentemente fortificata, per la fusione e la lavorazione dei metalli di rame provenienti dalle miniere di ῾Arabah. L'impianto consisteva in numerosi ambienti separati da spessi muri di mattoni traforati da sfiatatoi, e l'officina era orientata in modo di ricevere attraverso questi fori il forte vento del N che soffia costantemente nella zona. Si suppone che la spiaggia sabbiosa servisse per il carico e lo sbarco delle merci di Ofir (I Re, ix, 26, dove le parole "che è presso Elat" sono forse una glossa posteriore). Le mura della fonderia si alzano per 19 file di mattoni. Le stanze contenevano gran quantità di crogioli e i mattoni erano resi verdi dai fumi solfurici. È da presumere che, date le particolari condizioni soprattutto atmosferiche, non fosse possibile altro che l'impiego di mano d'opera servile. La fonderia era difesa da un muro dello spessore di 2 o 3 m su fondazioni larghe 4 m, dell'altezza di 8 m, con triplici porte oltre i posti di guardia e torri agli angoli. Confinava con una piazza per il mercato. Oltre ai prodotti della fonderia (armi, punte di lancia e di giavellotto, chiodi, fibule, piatti metallici), la città produceva stuoie di foglie di palma, ceramica e vaghi di pietre semi-preziose.
La città di Salomone fu distrutta, probabilmente, nella scorreria del faraone Shoshenq I (circa 920 a. C.). Fu ricostruita nel IX sec. a. C., presumibilmente da Iosafat di Giuda, che tentò con scarso successo di riattivare il commercio dell'Ofir (I Re, xxii, 49-50). La nuova città fu difesa da doppie mura. Il muro interno, alto 8 m e spesso 2,50-3 m, aveva un contrafforte. La fonderia riprese a lavorare intensamente, benché su un piano diverso, senza gli sfiatatoi nei muri. Fu di nuovo distrutta dal fuoco.
La terza città si riferisce a Ozia (Azaria) re di Giuda (783-742 a. C.), il quale, secondo Il Re, xiv, 22 e II Cron., xxvi, 1-2, "costruì Elat e la ricondusse a Giuda". Secondo la tesi di N. Glueck, da questo momento la città di E. sarebbe stata conosciuta come Elat (v.). A questo strato appartengono il sigillo "A Iotam", trovato tra i rifiuti, e giare segnate con cinque lettere arabe.
Secondo Il Re, xvi, 6 (dove si legga "Edom", anziché "Aram"), gli Edomiti cacciarono i Giudei da Elat al tempo di Acaz (735-715 a. C.) e la sottomisero a Edom. La grande conflagrazione che distrusse E. III deve essere probabilmente in rapporto con questo evento.
La quarta città è edomita, e dura dall'VIII al V sec. a. C. I trovamenti più importanti in questo strato sono: un'impronta di sigillo segnata "A Qnsnl servo del re", ostraca aramaici, uno dei quali ha i nomi degli ufficiali Shalman e Lahay, e una serie di giare di vino inviate a qrplgs (karpologòs: riscossore di tasse in natura? cfr. anche il titolo dei magistrati di Thasos del IV sec. a. C., in Bull. Corr. Hell., xlv, p. 147).
In questo strato sono stati rinvenuti frammenti di vasi del tardo stile a figure nere e a figure rosse. La E. edomita fu infine distrutta dai Nabatei, che ricostruiscono la città più a E (v. elat).
Bibl.: F. Frank, in Zeitschr. Deutsch. Palästina-Vereins, LVII, 1934, pp. 243-244; N. Glueck, in Bull. Amer. Schools Or. Research, LXXI, 1938, pp. 3-17; LXXII, 1938, pp. 2-13; LXXV, 1939, pp. 8-22; LXXIX, 1940, pp. 2-17.