EZIO (Flavius Aetius)
Ministro e generale di Valentiniano III. Figlio del magister equitum Gaudenzio, nacque intorno al 390 d. C. a Durostorum presso Silistria. Fu paggio di un praefectus praetorio e poi fu inviato presso la corte di Alarico (probabilmente nel 405-408) e presso gli Unni. Sposò la figlia del comes domesticorum Carpilione e ne ebbe due figli, che furono chiamati col nome dei nonni. Dopo la morte di Onorio (423) E. partecipò direttamente agli avvenimenti politici. Fu allora elevato alla dignità imperiale in occidente Giovanni, un alto funzionario, ed E. fu a lui favorevole contro le armi di Valentiniano III. Date le sue relazioni con gli Unni, E. ebbe da essi un forte esercito, col quale avrebbe dovuto sorprendere il nemico alle spalle. Ma al suo arrivo Giovanni era già stato sopraffatto e giustiziato. E. venne a un accordo e congedò le milizie ausiliarie unne, ricevendo per sé il titolo di comes. Prima che il suo potere a corte potesse essere consolidato, dovette sostenere altre lotte.
Durante la reggenza di Placidia, turbata da discordie interne, guerreggiò con fortuna contro Goti e Franchi e nel 429 ebbe la carica di magister utriusque militiae. Il potere di E. si affermò pienamente dopo che egli ebbe domato (430) un'insurrezione militare, mettendone a morte il capo, Felice; per cui le relazioni con le provincie si esplicarono da allora direttamente con E., che non appare semplice mezzo per trattare con l'imperatore. Contro di sé E. trovò Bonifazio, comes Africae, creato in luogo suo magister utriusque militiae, che, venuto in aperta lotta con E., morì in battaglia. Con l'aiuto degli Unni E. costrinse l'imperatrice a riassumerlo al potere (433), allontanando così Sebastiano, genero di Bonifazio, a cui era successo. Riacquistato il potere, con un fortunato seguito di guerre contro Burgundî, Goti, Franchi, E. riaffermò in Occidente l'autorità imperiale. Suo principio politico era di adoprare le forze barbariche ai proprî fini, servendosene come strumento di equilibrio tra gl'interessi contrastanti di quelle popolazioni. Con Attila e gli Unni, essendo con essi in relazione diretta, i suoi rapporti assumono un carattere meno ufficiale che con l'impero orientale; e, pur non privati, sono però ufficiosi. Presto coi barbari si venne a rottura completa, e il pretesto ne fu offerto dall'essersi intromesso Attila negli affari interni della Gallia, volendo E. arrestare ogni ulteriore espansione in Occidente.
L'alleanza successiva dei Visigoti con Roma fu una conseguenza del principio di equilibrio della politica di E. Nell'invasione unna del 451 della Gallia, Attila fu costretto prima dall'esercito goto-romano a desistere dall'espugnazione di Orléans e poi fu vinto nella battaglia dei Campi Catalaunici (v.). Ottenuto così l'intento di respingere le orde unne dall'Occidente, senza però, pur potendo, annientarle, si liberò dai vincoli goti, solo momentaneamente voluti, per fronteggiare la potenza unna, giacché la politica d'equilibrio di E. portava al mantenimento delle singole forze barbariche, senza farne prevalere alcuna, e, per il momento, non accelerava la caduta dell'impero d'Occidente. Durante la successiva irruzione unna in Italia, del 452, non prevista da lui, la condotta di Ezio è incerta e diversa dalla sua condotta solita. La duplice tradizione di Prospero e d'Idazio, sfavorevole la prima, secondo la quale il disastro unno sarebbe dovuto all'insufficiente preparazione di E., ragionevole la seconda, per cui E. non avrebbe mancato di provvedere alla difesa, mostra la diversità d'intenti dei cronisti, l'uno partigiano, l'altro equanime. L'anno successivo alla calata unna E. fu, in una congiura di palazzo, ucciso, partecipe Valentiniano, istigato dal praefectus praetorio Petronio Massimo e dall'eunuco Eraclio. L' uccisione di E., voluta da Valentiniano, prova l'incomprensione dell'imperatore per la politica del suo ministro, tendente a procrastinare la rovina dell'impero, mentre rivela pure la sua incapacità, per la quale Ezio era veramente il rappresentante unico del romanesimo. Donde le immediate relazioni dell'imperatore coi barbari, dei quali si temeva, per la scomparsa del ministro, una generale sollevazione, fatto che conferma ancora una volta la posizione eminente di E., ma d'altro lato la sua parte non ufficiale nei rapporti esterni.
Bibl.: Hausen, De vita Aetii, Dorpat 1840; O. Seeck, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 701; E. Freeman, in the Englisch historical review, II, p. 417 segg.; Charitonides, Notes critiques sur Aetios, in Mnemosyne, XLIII, p. 206 segg.; C. Bugiani, Storia di Ezio, Firenze 1905; Th. Mommsen, Gesamm. Schr., IV, Berlino 1906, pp. 531-560; L. Schmidt, Allgemeine Geschichte d. germanischen Völker, Monaco 1909, p. 70 segg., 121 segg., 218 e passim; A. Solari, Gli Unni e Attila, Pisa 1916; J. B. Bury, History of the later Roman empire, Londra 1923; E. Stein, Geschichte des spätrômiscehen Reiches, I, Vienna 1928, spec. cap. IX.