TARANTELLI, Ezio
– Nacque a Roma l’11 agosto 1941 da Amerigo e da Fernanda Panzironi.
Il padre, insieme allo zio di Ezio, Ernesto, aveva fondato una banca che fallì subito dopo la guerra lasciando la famiglia in cattive condizioni economiche.
Per arrotondare le entrate familiari, il giovane Ezio decorava a mano piastrelle da far vendere alle cartolerie, non di rado venendo trattato come importuno. Successivamente, ai tempi del liceo (frequentò il Giulio Cesare), fece la guida turistica. Inizialmente non era proprio uno studente modello e al ginnasio veniva considerato «quasi stupido»: aveva bisogno di tempo per l’apprendimento e soltanto tardi – verso le ultime classi – la sua caparbietà lo portò a darsi un proprio metodo di studio che lo fece eccellere (Tarantelli, 2013, p. 38).
Laureatosi nel 1965 presso la facoltà di economia e commercio della Sapienza, a Roma, con una tesi in geografia economica (e Federico Caffè come correlatore), immediatamente dopo entrò come dipendente in Banca d’Italia, aggiudicandosi anche una borsa di studio Stringher, che utilizzò per perfezionare le sue conoscenze di economia e di econometria presso le due Cambridge, prima nel Regno Unito (avendo Joan Robinson come tutor e avvicinandosi ai problemi di teoria della distribuzione) e poi negli USA, per un periodo di tre anni.
Al Massachusetts Institute of technology (MIT) studiò con Robert Solow e Franco Modigliani.
Con Modigliani avviò una fruttuosa collaborazione scientifica che li portò a scrivere insieme diversi saggi e articoli, quasi tutti incentrati sul raffinamento analitico della curva di Phillips, oltre a un saggio sulla funzione del consumo in Italia (gli articoli, scritti tra il 1970 e il 1981, sono in E. Tarantelli, L’utopia dei deboli..., 1988, insieme ad altri saggi).
Negli Stati Uniti conobbe, nel gennaio del 1967, Carole Beebe, psicanalista di un anno più giovane di lui, che sposò nel 1970. Dall’unione nacque Luca, nel 1972. Carole Tarantelli è stata eletta più volte alla Camera dei deputati dal 1987 al 1994 in liste di sinistra.
Come dipendente del Servizio studi della Banca d’Italia e consulente dopo il 1972, quando divenne assistente ordinario di politica economica e finanziaria presso l’Istituto diretto da Caffè, collaborò con un pool di econometrici all’elaborazione del modello M1 BI, prototipo dei grandi modelli econometrici della Banca relativi all’economia italiana. Le conoscenze e la capacità di organizzazione acquisite in Banca d’Italia gli furono molto utili per il successivo impegno all’Istituto di studi di economia del lavoro (ISEL), associato alla Confederazione italiana sindacati lavoratori (CISL).
Fu professore incaricato di economia del lavoro all’Università Cattolica di Milano, facoltà di economia e commercio, dal 1971 al 1975, poi ordinario di politica economica nella facoltà di scienze politiche Cesare Alfieri di Firenze e, infine, ordinario di economia politica alla Sapienza, facoltà di economia e commercio, dal 1983. Insegnò anche econometria alla Libera università internazionale degli studi sociali (LUISS) di Roma, nella facoltà di economia e commercio. Tenne corsi di relazioni industriali al MIT, al Dipartimento di economia dell’Università della California e all’Istituto universitario europeo di Firenze.
Nel 1978 fondò l’ISEL, diventandone presidente, e fu stretto collaboratore del segretario generale della CISL Pierre Carniti. Elaborò il modello di simulazione macroeconomica Momel.
Con il sorriso, la straordinaria capacità di comunicazione, il fascino che esercitava e il calore che sapeva infondere negli interlocutori parlando delle sue idee riuscì a raccogliere attorno a sé un buon nucleo di valenti giovani economisti, fra i quali alcuni ex studenti di Firenze e di Roma. Dal 1980 uscì Prospettive del mercato del lavoro, la rivista semestrale che pubblicava i risultati del modello Momel. Frequenti erano gli interventi pubblicistici nei quali esponeva le sue idee, in particolare sulla scala mobile. Nonostante le sue scelte elettorali in favore del Partito comunista italiano (PCI), la vicinanza alla CISL era dovuta al fatto che questa organizzazione aveva accettato e sostenuto la sua idea di predeterminazione degli scatti di scala mobile.
Infatti, tra i primi studiosi italiani di neocorporativismo (o concertazione, come Tarantelli preferiva dire), nel 1981 elaborò la proposta di predeterminazione degli scatti di scala mobile (il meccanismo previsto per la difesa del potere di acquisto dei salari), con la quale il governo avrebbe concertato annualmente con le parti sociali e la Banca centrale l’obiettivo di inflazione (‘inflazione programmata’) e gli scatti di scala mobile consentiti, assicurando così una crescita in pari misura del salario nominale e dei prezzi. Comunque, l’inflazione vivace (‘a due cifre’) di quegli anni sarebbe stata drasticamente abbassata.
In un periodo davvero drammatico per l’economia italiana, nel quale il tasso di disoccupazione (8% circa nel 1981) era in salita, con numerosi scioperi, le imprese aumentavano i prezzi anticipando il futuro aumento del salario nominale reso possibile dalla scala mobile, scatenando una rincorsa e una vera e propria spirale tra prezzi e salari. Dopo le crisi petrolifere l’inflazione aveva ripreso ad aumentare dal 1979 ed era resa ancora più vivace dalla svalutazione della lira nel Sistema monetario europeo (SME): 6% nel febbraio del 1981. La Banca d’Italia era stata dunque costretta ad aumentare il tasso di sconto al 19%, il valore più alto dal 1950.
La proposta di predeterminazione prevedeva almeno un parziale recupero dell’eventuale differenza tra inflazione effettiva e programmata, tutelando il salario reale, per la parte di inflazione riconducibile a decisioni controllabili dalle autorità del Paese, e prevedeva anche misure di politica sociale in cambio di moderazione salariale.
Dopo che il 1° giugno 1982 la Confindustria aveva dato disdetta dell’accordo sulla scala mobile, si arrivò all’accordo tripartito del 22 gennaio 1983 (‘lodo Scotti’, dal nome del ministro del Lavoro, Vincenzo Scotti), che impegnava il governo, i sindacati e le imprese a comportamenti tesi ad assicurare incrementi medi di prezzo del 13% per il 1983 e inferiori al 10% per il 1984, si riduceva la copertura della scala mobile e veniva confermata la fiscalizzazione di parte degli oneri sociali.
La predeterminazione degli scatti di scala mobile fu recepita non con un accordo di concertazione, come auspicato da Tarantelli, ma con decreto governativo (il cosiddetto decreto di S. Valentino, approvato dal governo Craxi il 14 febbraio 1984), che stabiliva il taglio di tre dei dodici punti di scala mobile. Tarantelli se ne dissociò, non ammettendo l’intervento autoritario e le motivazioni strettamente politiche sottostanti. Il PCI reagì promuovendo un referendum per l’abolizione della legge proveniente da quel decreto, che si tenne nel giugno del 1985, con esito negativo. Il clima di tensione che caratterizzò la vigilia del referendum non fu certamente estraneo al proposito di far tacere per sempre la voce di Tarantelli, nonostante la sua presa di distanza dal decreto Craxi.
L’accordo tripartito del luglio del 1993 – Protocollo tra i sindacati CGIL, CISL e UIL (Unione Italiana del lavoro), la Confindustria e il governo Ciampi – sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo attuò sostanzialmente il meccanismo suggerito da Tarantelli, anche se il quadro regolamentare previsto era più complesso. Secondo Giuseppe Cananzi, che collaborò con Tarantelli all’ISEL, «ha avuto questa sfortuna, di vedere una soluzione con dieci anni di anticipo» (Tarantelli, 2013, p. 237). Il Protocollo prevedeva due livelli di contrattazione salariale: a quello nazionale era demandato il compito di salvaguardare il potere di acquisto del salario attraverso la predeterminazione dell’aumento di salario nominale in base all’inflazione programmata, una versione rivista degli scatti prefissati di scala mobile; alla contrattazione decentrata si affidava il ruolo di legare all’andamento della produttività le retribuzioni salariali eccedenti l’inflazione.
Grazie a questo meccanismo per molti anni l’Italia ha potuto beneficiare di una bassa inflazione, nonostante la svalutazione della moneta successiva all’abbandono dello SME, e ha potuto anche essere ammessa all’Unione monetaria europea. D’altra parte, la quota del reddito da lavoro nel prodotto interno lordo si è ridotta notevolmente. Il corretto funzionamento di entrambi i livelli contrattuali avrebbe dovuto consentire di mantenere invariata la distribuzione fra salari e profitti. Ciò non avvenne, principalmente per il fatto che le imprese trovarono conveniente aumentare i prezzi per ottenere una maggiore profittabilità, anche se questo poteva comportare una perdita di competitività rispetto alla concorrenza internazionale. Con tutta probabilità, questo fattore determinò l’affievolimento degli investimenti e, quindi, della produttività del lavoro e della crescita, causato anche dalla scarsa rilevanza assunta dalla contrattazione aziendale, diffusa in non più di un quarto delle imprese. Alla crescita dei prezzi delle imprese private si aggiunse poi un comportamento simile del governo, che aumentò le tariffe.
La visione di Tarantelli non era confinata agli aspetti economici di predeterminazione degli scatti, ma va vista come uno strumento innovativo di governance con il quale il sindacato faceva ingresso nella ‘stanza dei bottoni’, investendo tutta la politica economica. Il conflitto si risolveva in scambio politico e partecipazione al governo. Egli elaborò anche altre proposte, contenute in articoli divulgativi, per la creazione di uno ‘scudo europeo’ finalizzato ad assorbire la disoccupazione, ridurre l’orario di lavoro e avviare l’autogestione.
Soprattutto vanno ricordati i contributi teorici e di verifica empirica in campi come quelli della curva di Phillips e della funzione del consumo in Italia, nei lavori con Modigliani. La curva di Phillips era una regolarità empirica che mostrava la relazione inversa tra tasso di disoccupazione e tasso di aumento salariale (poi estesa anche al tasso di aumento dei prezzi).
La curva era stata criticata nei lavori di Edmund Phelps e Milton Friedman del 1967 e 1968, secondo i quali nel lungo periodo una minima riduzione del tasso di disoccupazione era associata a un aumento del saggio dei salari e dei prezzi tendenzialmente infinito, rendendo la curva verticale. Modigliani e Tarantelli mostravano sì l’aumento della pendenza della curva di Phillips nel tempo, ma ne confutavano la tendenza a diventare verticale e introducevano per un Paese in via di sviluppo la disoccupazione strutturale come ulteriore fattore incidente sulle variazioni del salario.
Il giudizio e le prese di posizione di Tarantelli sulla scala mobile vanno ricondotti ai suoi precedenti lavori sulla curva di Phillips e, in particolare, alla sua confutazione delle analisi teoriche di Friedman e altri. Infatti, soltanto nel caso in cui la scala mobile (o un meccanismo che operi in modo simile sulle aspettative) abbia copertura piena dell’aumento dei prezzi si avrebbe una spirale inflazionistica e l’indeterminazione del tasso di inflazione e del livello dei prezzi. La curva di Phillips sarebbe dunque verticale soltanto in questo caso.
Il contributo di Tarantelli sulla predeterminazione degli scatti di scala mobile e la sua presunta paternità del decreto di S. Valentino non sono estranei alle circostanze che portarono alla sua morte.
Il 27 marzo 1985, al termine della lezione alla facoltà di economia della Sapienza, un terrorista delle Brigate rosse esplose diciassette colpi contro di lui, nel parcheggio dell’ateneo, ferendolo a morte nella sua vecchia automobile. Tarantelli spirò nell’ambulanza che lo portava al vicino Policlinico Umberto I. L’assassinio fu rivendicato con un documento di settanta pagine lasciato sul parabrezza della sua auto, che lo attaccava per il suo ruolo nel decreto di S. Valentino e al servizio dei poteri economici.
L’Associazione italiana degli economisti del lavoro (AIEL), una delle prime società scientifiche al mondo nel campo dell’economia del lavoro, costituita nello stesso anno, attribuisce un premio Tarantelli al miglior saggio presentato nelle sue conferenze annuali e un secondo premio Tarantelli alla carriera per gli economisti che si sono distinti nell’accademia e nella politica economica. All’inizio degli anni Novanta la CISL ha costituito la Fondazione Tarantelli, che nel 2016 ha inglobato altre strutture di quel sindacato, costituendo così un polo unitario di formazione, ricerca e progettazione sindacale. Il Centro di ricerca interuniversitario Ezio Tarantelli (CIRET), costituito dalla Sapienza, dalle università di Bergamo e di Salerno e dalla Scuola nazionale dell’amministrazione, ha lo scopo di tenere viva la memoria di Tarantelli svolgendo attività scientifica nelle aree di ricerca alle quali egli diede contributi che sono ancora esemplari.
A Tarantelli sono oggi intitolate l’aula magna della facoltà di economia e una casa dello studente della Sapienza, e la biblioteca della facoltà di economia dell’Università della Calabria. Egli è inoltre ricordato da un monumento posto nel luogo dell’assassinio.
Opere. Si segnalano le principali: Salario e crisi economica, Roma 1976; Il ruolo economico del sindacato. Il caso italiano, Roma-Bari 1978; Economia politica del lavoro, Torino 1986; L’utopia dei deboli è la paura dei forti: saggi, relazioni e altri scritti accademici, Milano 1988; La forza delle idee. Scritti di economia e politica, Roma-Bari 1995; Lo scudo dei disoccupati. Una proposta per il lavoro in Europa, Roma 2010.
Fonti e Bibl.: N. Acocella - G. Ciccarone, Il sindacato da T. ai modelli microfondati: rappresentanza o ruolo istituzionale? in Disoccupazione e strategie per l’occupazione in Europa, a cura di L. Frey, in Quaderni di economia del lavoro, 1995, n. 52; Social pacts, employment and growth. A reappraisal of E. T.’s thought, a cura di N. Acocella - R. Leoni, Heidelberg 2007 (in partic. L. Tronti, The July Protocol and economic growth. The chance missed, pp. 69-95); G. Michelagnoli, E. T. Economic theory and industrial relations, Heidelberg 2012; L. Tarantelli, Il sogno che uccise mio padre. Storia di E. T. che voleva lavoro per tutti, Milano 2013.