Raimondi, Ezio
Filologo e critico letterario, nato a Lizzano in Belvedere (Bologna) nel 1924 e morto a Bologna nel 2014. Gli interessi machiavelliani del grande studioso – cresciuto alla scuola bolognese di Carlo Calcaterra (con il quale si laureò nel 1945) e di Roberto Longhi – sono soprattutto concentrati tra la seconda metà degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta, tra la curatela di un’importante edizione delle Opere di M. (1966) e l’uscita di Politica e commedia. Dal Beroaldo al Machiavelli (1972), che raccoglie, con tre importanti studi sull’Umanesimo bolognese, sei saggi d’argomento machiavelliano. Tra questi figurano, oltre a un quadro complessivo sullo scrittore (L’arte dello stato e i ghiribizzi dell’esistenza che ripropone il saggio introduttivo alla citata edizione delle Opere), saggi sul teatro (si segnala Il segretario a teatro, pp. 173-233, e Il veleno della Mandragola, pp. 253-64) e di argomento politico (Il sasso del politico, pp. 165-72, e Il politico e il centauro, pp. 265-86).
A unire le due parti del libro è anche una particolare «filosofia di lettura» (p. 5). Nella critica di R. l’originaria lezione di Lucien Febvre (che si avverte nell’adozione di una prospettiva sociologica, nell’attenzione per una storia della sensibilità che è ricostruzione di modelli culturali) si integra con le rigorose indicazioni teoriche, in senso semiotico e strutturalistico, di Jurij M. Lotman, nella ricerca di complesse interazioni dialettiche tra le strutture testuali ed extratestuali (in questo senso, un saggio capitale è Il politico e il centauro che, con gli strumenti dell’antropologia, individua un sostrato profondo di archetipi e metafore, e su di esso fonda la potenza non solo artistica, ma ‘gnoseologica’, della prosa machiavelliana nel suo peculiare ragionare per immagini). Circa la complessità delle dinamiche intertestuali l’impianto critico non trascurava quanto suggeriva allora la critica francese: come si vede nel succinto ma esemplare saggio Il sasso del politico (non a caso ospitato, due anni prima, su «Strumenti critici»), che intravede nella famosa immagine del «voltolare un sasso» (allusivo e probabilmente inconsapevole richiamo alla lucreziana condanna dello sforzo ‘sisifeo’ del politico) nella lettera a Francesco Vettori del 10 dicembre 1513 (Lettere, p. 297), un’emergenza del profondo (una sorta di Urwort freudiano): l’incontro-scontro di voci diverse che sono anche contrapposte visioni del mondo, come R. segnala sulla scorta di quella concezione intimamente ‘dialogica’ della letteratura che egli andava allora meditando sui saggi di Michail M. Bachtin.
Il nome di Lucrezio segnala come tra la sezione ‘bolognese’ e quella machiavelliana del libro corrano anche legami che si situano su un terreno comune di cultura e di interessi: la matrice più significativa è qui, oltre che in autori come Plauto e Lucrezio, in un certo naturalismo padano e universitario, non lontano dalla tradizione aristotelica interpretata da Pietro Pomponazzi – un’area di suggestioni e di sensibilità culturali che R. aveva individuato già nell’edizione delle Opere, verificandone la plausibilità testuale nelle puntuali note di commento ai testi.
Successivo di qualche anno è Machiavelli and the rhetoric of the warrior («Modern language notes», 1977, 92, pp. 1-16, poi La retorica del guerriero, in E. Raimondi, I sentieri del lettore, 1° vol., 1994, pp. 443-59) che individua nella concezione machiavelliana della retorica (sia essa quella teorizzata nella figura del capitano-soldato, in Arte della guerra IV; o sia essa la retorica ‘in azione’, come nel caso della mirabile orazione del Ciompo, in Istorie fiorentine III xiii) una complessa strategia conativa, in cui la parola si articola con gesto, modelli comportamentali e richiami simbolici collettivi. L’analisi, partendo da spunti della neoretorica di Kenneth Burke, cerca nelle pagine del Segretario le ragioni profonde di un repubblicanesimo democratico e ‘attivo’, che nella complementarità di libera azione e libera parola fa intravedere le suggestioni del pensiero di Hannah Arendt, e il suo ideale partecipativo ispirato agli ideali classici del bios politikòs.
Bibliografia: Camminare nel tempo. Dialoghi con Alberto Bertoni e Giorgio Zanetti, Reggio Emilia 2006.
Per gli studi critici si vedano: M. Baiardi, Ezio Raimondi, Firenze 1990; A. Battistini, premessa a E. Raimondi, I sentieri del lettore, 1° vol., Da Dante a Tasso, pp. 9-18, e Bibliografia degli scritti di Ezio Raimondi, 3° vol., Il Novecento: storia e teoria della letteratura, pp. 533-83, Bologna 1994.