EXECHIA (Εξηκίας)
Vasaio attico, al tempo stesso fabbricante e pittore. La sua attività cade fra il 555 e il 525 a. C. I vasi che portano la sua firma come fabbricante - alla quale, per ragioni commerciali, teneva evidentemente di più - sono dieci; fra essi un frammento senza importanza e due coppe, con sola decorazione di palmette, che confermano, rivelandosi per la forma posteriori di un trentennio, la durata dell'attività dell'artista e la floridezza della sua azienda. Se di E. abbiamo sette vasi, che ci dànno un'idea abbastanza precisa del suo stile, ciò è dovuto al fatto che lo scalo della sua merce era soprattutto l'Etruria, incomparabile conservatrice di tesori archeologici: ivi infatti sono stati rinvenuti i sette vasi e nelle sola Vulci i cinque di essi intatti.
Al periodo più antico (555-545) appartiene l'anfora di Berlino, perfetta dal punto di vista decorativo. Il disegno del lato principale ci mostra il maestro ancor rigido e legnoso, soprattutto in rapporto al soggetto, la lotta di Ercole col leone. Invece sul lato posteriore, dove due guerrieri trattengono la foga dei loro destrieri, il soggetto s'inquadra assai meglio con la calma energia dei personaggi. Su quest'anfora E. si firma anche come pittore.
Al decennio seguente appartengono l'anfora e la coppa di Parigi. La coppa, che non ci è giunta completa, non esce dal consueto schema decorativo delle coppe dei miniaturisti e forse non è nemmeno di mano del maestro. Invece l'anfora, con la lotta di Ercole e Gerione sul lato principale e una partenza di guerrieri sul carro sul lato posteriore, ci dà un quadro pieno di vita dell'episodio mitico, mentre nell'altra scena notiamo la stessa energia contenuta dei cavalli che sull'anfora berlinese. Il coperchio, adorno di animali pascenti, sparsi con grazia e misura attorno al pomello, può essere opera di un altro artefice alle dipendenze del maestro.
Al terzo decennio (535-525) appartiene il capolavoro di E., l'anfora vaticana. Il lato principale rappresenta Aiace ed Achille al gioco dei dadi (cfr. armi, IV, p. 474, fig. 25). I due eroi pur nella gravità della situazione (non hanno nemmeno deposto l'elmo e la lancia), si accaniscono attorno ai punti, dimentichi di ogni altra cosa. Il quadro rappresenta il non plus ultra dello stile miniaturistico: perfetta simmetria attorno all'asse mediano e minuziosità spinta all'inverosimile nel trattamento delle vesti e delle armi. Invece sul lato posteriore è una scena idillica: i Dioscuri, che ritornano in seno alla famiglia. Polluce gioca col cane che gli fa festa; Leda porge un fiore a Castore, che trattiene il cavallo, mentre il vecchio Tindaro accarezza l'animale e uno schiavetto porta un sedile e un vasetto d'unguenti (cfr. attici, vasi, V, tav. LXXV). Non solo il soggetto e lo schema compositivo, ma anche i particolari del disegno e soprattutto lo spirito lirico precorrono lo stile dei decennî seguenti. E. conosceva il valore della sua opera, giacché è questo il secondo vaso che porta la sua firma come pittore. Anche qui il lato posteriore è più progredito di quello anteriore: si direbbe che sul lato nobile il fabbricante E. portasse riguardo ai gusti della clientela, abituata alle narrazioni epiche e alla minuziosa simmetria arcaica, e nel lato posteriore il pittore E. desse libero sfogo alla sua anima d'artista, innamorato dei cavalli e delle loro forme perfette. La stessa antitesi è nella coppa di Monaco: perfetta e gradevole simmetria all'esterno (su ambo i lati lotta di opliti attorno a un caduto); magnifico quadro nell'interno, libero da ogni schema e pure mirabilmente equilibrato nella cornice del tondo da riempire, col soggetto nuovo, ma quanto mai appropriato a una coppa, del miracolo di Dioniso, che fa nascere la vite sulla nave che lo trasporta, in mezzo a delfini che danzano. Il deinós (vaso a forma di caldaia) Castellani, con una serie di navi rincorrentisi sull'orlo, che dovevano rispecchiarsi nell'acqua quando il vaso era colmo, ha solo un interesse decorativo e probabilmente non è di sua mano. L'anfora di Londra (Achille e Pentesilea; Dioniso e il suo coppiere) è opera piuttosto scialba e non presenta nulla d'interessante; da essa tuttavia rileviamo che E. sapeva accettare, anche in vecchiaia, ritrovati disegnativi più recenti, come le pieghe a scaletta.
Se magnifici frammenti di altri grandi maestri non ci ammonissero ad andar cauti con le affermazioni troppo assolute (gli artisti che esportavano altrove che in Etruria sono stati assai meno fortunati in fatto di conservazione delle loro opere), volentieri proclameremmo E. il maggiore dei maestri dello stile a figure nere del periodo 550-525, ossia del periodo che precede immediatamente il sorgere dello stile a figure rosse.
Bibl.: E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung der Griechen, I, Monaco 1923, pp. 265-269; III, figg. 226-234; J. C. Hoppin, Handbook of Greek Black-Figured Vases, Parigi 1924, s. v. Exekias; J. D. Beazley, Attic Black-Figured Vases, Londra 1929.