EVOCATI (lat. evocati)
Si chiamarono così, fin dai primi secoli della Repubblica romana, i cittadini che, in caso di pericolo della città, erano richiamati sotto le armi con reclutamento straordinario direttamente da un generale, che in tal modo, senza le formalità e la lentezza d'una leva ordinaria, poteva avere intorno a sé uomini a lui devoti e già esperti di guerra; essi non erano soldati comuni ma pro milite (Serv., Ad Aen., II, 157) con paga superiore alla normale e terminavano il servizio con la fine della campagna per cui erano stati richiamati. Se ne servirono da L. Liccio Dentato (455 a. C.) in poi molti generali; ma nel sec. I a. C. furono richiamati soprattutto per interessi personali, causati dalle lotte politiche; così fecero Mario, Cicerone in Cilicia (51 a. C.), Pompeo, Cesare, Ottaviano; i due ultimi costituirono con essi delle unità tattiche distinte, come delle guardie personali del generale. Come grado erano superiori ai soldati semplici e quasi assimilati ai centurioni.
Augusto poi formò di essi un corpo speciale, gli evocati Augusti, tratti specialmente dalle coorti urbane, e che, secondo le iscrizioni, pare non avessero incarichi militari veri e proprî, ma soltanto funzioni amministrative; avevano salarium e non stipendium; come i centurioni portavano per insegna il ceppo di vite e calzavano, invece della caliga militare, il calceus civile. Il corpo degli evocati durò per tutto l'Impero anche oltre la fine delle coorti pretorie.
Bibl.: Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VI, coll. 1145-1152; Domaszewski, Die Rangordnung im röm. Heere, Bonn 1908, p. 76; J. Kromayer e G. Veith, Heerwesen u. Kriegführ. d. Gr. u. Röm., Monaco 1928, p. 490 segg.