EVIZIONE (lat. evictio, da evinco "supero")
È l'atto con cui un rivendicante consegue giudizialmente la cosa rivendicata. Ma, oltre che nel senso attivo, la parola viene usata (e ancor più frequentemente) in senso passivo, per indicare lo spossessamento subito da un acquirente. Sotto l'uno o sotto l'altro aspetto, l'evizione è però sempre l'esser privati d'una cosa in conseguenza del diritto di proprietà d'altri, o d'un più forte possesso. Dal lato attivo, qualche volta si designa così anche la pretesa di servitù prediali su un fondo alienato. Ma "evizione di servitù" è espressione impropria; e a ragione non si trova nel codice civile, che ben distingue l'evizione dai pesi di cui si vorrebbe gravar la cosa (articoli 1482, 1494).
La possibilità dell'evizione fa nascere nell'alienante obblighi, che i Romani esprimevano col praestare evictionem; mentre i codici moderni parlano di garanzia dall'evizione, in caso d'evizione, per causa d'evizione o contro l'evizione. Poiché tale garanzia si ha nei contratti di trasferimento d'un diritto, dei quali il più frequente è la compravendita, i pandettisti ne trattano quasi esclusivamente per questa, e i commentatori per lo più in relazione ad essa. Nel Digesto, il titolo de evictionibus è collocato accanto a quello dell'actio venditi. Il codice civile italiano pone l'obbligo di tal garanzia fra quelli del venditore (l. III, tit. 6, cap. 4, sez. 2), e lo caratterizza come una garanzia di pacifico possesso (art. 1481). Così la maggior parte degli altri codici.
Più ancora: nel diritto romano, la garanzia per l'evizione avrebbe segnato - secondo l'opinione tradizionale - il limite estremo, cui giungeva l'obbligo del venditore. La Glossa fin da Azone, il diritto comune (sia nei più vivi ritorni al diritto romano, sia nelle applicazioni pratiche) e i più moderni romanisti sono concordi nel ritenere il venditore obbligato solo al trasferimento del pacifico possesso. Egli non sarebbe stato obbligato mai, quale che ne fosse la ragione, a trasferire la proprietà. Indarno la dottrina s'affaticò intorno alla spiegazione di quest'enimma. Si risalì alle distinzioni della proprietà in quiritaria e bonitaria (Callet) o dei soggetti in cittadini e peregrini (Maynz), oppure si ricorse ai bisogni del commercio (Bechmann, Kohler), alla derivazione del contratto consensuale di compravendita dal contratto reale (Brinz), ai pratici che redassero le prime stipulazioni di compravendita (Girard), ecc. Il Ricca-Barberis cercò di dimostrare che, anche per il diritto romano, il venditore era tenuto a trasferire la proprietà: proprio come impongono tutti i codici civili moderni, compreso il francese, nel quale però è detto che il venditore s'oblige à livrer une chose. La garanzia dall'evizione si ha pure nella vendita forzata, in cui il debitore espropriato deve equipararsi a un venditore. E si ha anche nella permuta, nella società, nella divisione, nella donazione, nella costituzione di dote, nella datio, ecc.; ma, mentre nei contratti a titolo oneroso l'obbligo di prestarla si deve senz'altro ammettere se non sia stato espressamente escluso, in quelli a titolo gratuito occorre, per stabilirlo, un patto apposito.
Perché vi sia evizione è necessario che l'acquirente abbia subito lo spossessamento d'un diritto reale, come la proprietà, l'enfiteusi, l'usufrutto, l'uso o l'abitazione, oppure anche d'un semplice diritto personale o di credito. Per questi ultimi, il codice civile italiano dispone espressamente (art. 1242) ch'è valido il pagamento fatto in buona fede a chi si trova nel possesso del credito, anche s'egli ne soffra poi l'evizione. Lo spossessamento però, deve sempre avvenire in forza d'un diritto; perché le semplici turbative di fatto, senza una pretesa giuridica, contro i diritti reali, non possono dare origine all'evizione. Bisogna che l'acquirente non abbia avuto consapevolezza alcuna del pericolo: se no, egli potrà tutt'al più ottenere la restituzione del prezzo (negatagli dal diritto romano); tranne che abbia acquistato a suo rischio e pericolo. Bisogna poi che l'obbligo della garanzia non sia stato escluso con apposito patto. Anche qui il diritto romano negava la restituzione del prezzo. Ma a questa tesi dura, sostenuta da Bulgaro, già Martino ne aveva contrapposta una più equa, che, accolta da Cuiacio e Donello, finì con l'entrare nei codici. Per questi, "nello stesso caso di stipulata esclusione della garanzia, il venditore è tenuto a restituire il prezzo". L'alienante deve essere chiamato in causa dall'acquirente, perché non possa dire che vi erano motivi sufficienti per far respingere la domanda.
Scomparsa l'actio auctoritatis, il diritto romano concedeva all'acquirente evitto due azioni: l'actio ex stipulatu, derivante da una stipulazione, vera o supposta, aggiunta alla compravendita; l'actio ex empto, derivante direttamente dal contratto. Con la prima, egli otteneva il doppio del prezzo pagato; con l'altra, l'equivalente in denaro di ciò che gli era stato tolto. Per il nostro codice, il compratore può pretendere: 1. la restituzione del prezzo; 2. quella dei frutti, quando debba restituirli al proprietario che rivendicò la cosa; 3. le spese fatte in conseguenza della denunzia della lite al suo autore, e quelle fatte dall'attore principale; 4. il risarcimento dei danni, come pure le spese e i legittimi pagamenti eseguiti per il contratto. Se il compratore subì l'evizione d'una parte soltanto della cosa, la parte può esser tale che, senza di essa, egli non avrebbe comperato il tutto, e allora si potrà o far sciogliere il contratto o pretendere il rimborso del valore della parte evitta; oppure tale ch'egli avrebbe comperato il tutto ugualmente, e allora avrà diritto al semplice rimborso. Lo stesso avverrebbe - ben si comprende - se il fondo, invece d'esser tolto in tutto o in parte, risultasse soltanto gravato d'una servitù che andava denunziata. Se questa, invero, è tale che, conoscendola, il compratore non avrebbe comperato il fondo, egli avrà diritto allo scioglimento del contratto o a un'indennità: se, invece, essa è tale che il compratore avrebbe comperato ugualmente, il suo diritto non andrà oltre l'indennità.