evidence-based medicine
Una nuova cultura medica
All’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, la EBM (Evidence-Based Medicine) si è imposta come una nuova pratica medica che prometteva di coniugare scientificità d’indagine e sensibilità nei confronti dell’ammalato. La definizione stessa di «medicina fondata sulle prove di efficacia», il richiamo a una ricerca e un apprendimento continui e la susseguente applicazione delle pratiche migliori al caso del singolo paziente, hanno rappresentato un’occasione unica per promuovere la qualità dell’assistenza in un periodo di rivoluzionarie scoperte nell’ambito biomedico. Sono stati gli anni del boom informatico e della diffusione della rete Internet, con la sua possibilità di accesso rapido a dati e informazioni costantemente aggiornati, in qualsiasi momento e ovunque: una rivoluzione culturale con enormi ricadute anche nel campo medico. Anche grazie all’introduzione della rete, la EBM è entrata a far parte della pratica clinica di tutti i giorni. Lo spazio fra aggiornamento e pratica del metodo EBM non è identico per tutti i professionisti, ma il valore dell’integrazione dei dati di prova con la biologia, la psicologia e la sociologia del paziente è un’innegabile esigenza e un valore aggiunto riconosciuto universalmente.
Il metodo EBM si regge su cinque fasi, intrinsecamente legate al processo intellettuale di ragionamento, studio e ricerca, che devono sempre fare parte del criterio di lavoro del medico: formulare domande in modo che siano pertinenti al caso che si sta valutando e che trovino risposte utili; utilizzare metodi di indagine efficaci e sempre aggiornati per reperire risposte basate sulle prove di efficacia; valutare l’applicabilità al singolo paziente del risultato di un’indagine scientifica; integrare valutazione ed esperienza pregressa per applicare le prove reperite; verificare efficacia ed efficienza del metodo adottato, in una costante ricerca di risultati migliori.
All’EBM non sono mancate le critiche, in partic. sul rischio di una certa meccanizzazione della pratica clinica, di una traslazione non ragionata dei risultati della ricerca dalla letteratura al letto del paziente e sul timore che certe pratiche vengano promosse per contenere i costi da parte delle amministrazioni sanitarie. A questi dubbi sensati la EBM deve contrapporre la centralità assoluta del paziente, l’attenzione costante della sua individualità specifica e, come obiettivo primario, la salvaguardia e il miglioramento delle sue condizioni di salute.
L’approccio EBM tiene in grande considerazione gli orientamenti del paziente. Questo presuppone un dialogo aperto e continuo e il rifiuto dell’atteggiamento paternalistico nei confronti dell’ammalato. Si tratta quindi di evitare di incorrere negli errori che anche la medicina cosiddetta tradizionale deve combattere e che solo apparentemente vengono acuiti dalla pratica della EBM. È opportuno, invece, soffermarsi su alcune criticità non intrinsecamente legate al metodo dell’EBM ma che rischiano di comprometterne la corretta applicazione. Per es., certe scelte operate nel campo della ricerca biomedica e la loro ricaduta sulla letteratura di settore, o le decisioni che riguardano quali sperimentazioni condurre, spesso pericolosamente legate a priorità discutibili. Esiste infatti il rischio di investimenti cospicui per studi che amplificano effetti reali ma di trascurabile rilevanza. Infine, non si deve dimenticare che metodi di review sistematici non sempre forniscono valutazioni assolutamente oggettive. Occorre esercitare un giudizio derivato da esperienze pregresse e radicate nelle conoscenze cosiddette convenzionali; ciò a dimostrazione del fatto che l’applicazione della EBM non implica il rifiuto della conoscenza passata, ma la sua ragionata rielaborazione.
Nella sfera della didattica, la pratica dei morning reports e dei journal clubs, ossia del confronto e della discussione aperta e collegiale su casi, complicanze e novità proposte dalla letteratura internazionale, costituisce il valore aggiunto dell’insegnamento dell’EBM, soprattutto per le nuove generazioni di medici. Oltre a stimolare conoscenza e aggiornamento, si tratta di momenti di aggregazione che sviluppano l’abitudine a un modo di ricerca, esposizione, valutazione ed elaborazione dei dati, che devono diventare automatici nella pratica clinica di ogni specialista e che rischiano invece di scomparire dai curricula universitari, almeno in Italia. Inoltre, l’analisi degli studi più recenti riportati dalla letteratura scientifica e discussi dai medici di un dipartimento, con cadenza settimanale, scelti sulla base delle problematiche cliniche dei pazienti ricoverati è, in assoluto, il modo più utile ed efficace per assolvere agli obblighi della formazione continua. Infine, vi è la necessità che l’autovalutazione, l’attento scrutinio della propria pratica, come clinici, ricercatori, studenti e docenti, diventino abitudine routinaria. Tutto ciò contribuisce a creare una nuova cultura di trasparenza e rigore nella pratica e nel monitoraggio dei risultati clinici, favorendo la crescita professionale degli operatori, il miglioramento degli outcome dell’istituzione, ma soprattutto andando incontro al bene dei pazienti. Questi restano il punto di partenza, il nucleo e il punto di arrivo di ogni attività medica: nessun metodo, nessuna fonte o prova di efficacia allontana dal medico la responsabilità prima e ultima della salute e della vita dell’ammalato che gli si affida. I valori fondamentali che la EBM richiede e promuove sono qualità complementari e necessarie per ogni buon clinico: umiltà, riconoscimento dei propri limiti e desiderio di superarli attraverso lo studio, la ricerca e l’impegno personale. Con tali premesse l’applicazione dell’EBM costituisce un potente strumento per promuovere il sapere e la salute del paziente.