GASPARINI, Evelino (Evel)
Nacque ad Altivole, nel Trevigiano, il 24 sett. 1900 da Antonio e da Enrichetta Sarto. Rimasto presto orfano, prima del padre poi della madre, ebbe come tutore - molto rigido, secondo i suoi racconti - uno zio prete.
Dopo gli studi secondari, si laureò in lettere a Padova. Qui aveva seguito fra l'altro i seminari di Vittorio Benussi, professore di psicologia sperimentale, maturando quella tendenza all'introspezione psicologica che connotò quasi tutta la sua produzione scientifica, in particolare quella relativa alla storia letteraria e culturale russa. Durante gli anni di studio padovani erano venuti maturando i suoi interessi per gli studi slavistici. Fu questo, con ogni verosimiglianza, il motivo principale che lo spinse nei primi anni Venti - quando, raggiunta la maggiore età, poté usufruire del lascito ereditario - a un lungo soggiorno a Vienna, la cui Università vantava una solida tradizione slavistica.
Qui la sua formazione, oltre che dalla frequentazione dei maestri che vi insegnavano, fu segnata da altri fattori che si rivelarono determinanti per la sua maturazione di uomo e di studioso. Da una parte la conoscenza di molti intellettuali russi, rifugiatisi nella capitale austriaca dopo la Rivoluzione d'ottobre, influenzò notevolmente le sue idee sui motivi che avevano determinato i mutamenti della struttura "morfologica" della cultura russa e provocato il "dramma della intelligencija". Dall'altra parte il contatto con le teorie dei Kulturkreise e quelle praticate dalla Wiener Schule fornì al G. il metodo d'indagine storico-culturale che guidò tutte le sue ricerche in campo etnologico.
Dalla fine degli anni Venti fino al 1936 fu a Varsavia dove insegnò italiano. Rientrato in Italia si stabilì a Vicenza, dove lavorò per qualche tempo come docente di lettere all'istituto magistrale. Ottenne poi un comando presso la Biblioteca Marciana di Venezia per occuparsi della sistemazione del Fondo Teza. Verso la fine degli anni Trenta, pur mantenendo il suo incarico alla Marciana, iniziò a insegnare italiano a Lubiana. Qui strinse amicizia con Aleksandr Isačenko, allievo e genero di N.S. Trubeckoj. Fu forse a questa amicizia che si devono le colorature euroasistiche di certi assunti gaspariniani: il Trubeckoj, infatti, fu un tenace teorico dell'eurasismo.
Durante la seconda guerra mondiale ottenne l'incarico di letteratura russa all'Istituto universitario (poi Università degli studi) Ca' Foscari di Venezia. In quegli anni aderì al Partito d'azione. Per questo venne arrestato dalle brigate nere e sottoposto a torture. Riuscì, però, forte di un meccanismo psicologico di difesa (come lui stesso ebbe a raccontare molti anni più tardi), a resistere alla tortura e a non fare rivelazioni.
Nel 1947 diventò ordinario di lingua e letteratura russa sempre a Venezia, dove insegnò fino al 1967. In quest'anno si trasferì a Padova, dove rimase fino al 1970 (ultimo anno della sua docenza) come ordinario di filologia slava e incaricato di lingua e letteratura russa.
Due sono i filoni principali che contraddistinguono il campo d'indagine del G.: quello della letteratura russa e quello della etnologia slava. Nel primo ambito i primi contributi arrivarono già negli anni Venti e sin dall'inizio i suoi scritti furono contrassegnati da una raffinata introspezione psicologica (Elementi della personalità di Dostoevskij, Roma 1928). In seguito questo suo peculiare approccio si intrecciò in maniera sempre più evidente con attenzioni di carattere storico-culturale. Queste due linee portanti sono alla base del successivo lavoro su Dostoevskij, Il principe Myškin: una ricerca sul cristianesimo di Dostoevkij (Padova 1937) e della Morfologia della cultura russa. Il dramma della intelligencija (ibid. 1940). Ma è soprattutto nei lavori pubblicati fra il 1941 e il 1947 - usciti in limitata tiratura come corsi universitari e riuniti poi nel volume Scrittori russi. Puškin, Lermontov, Gogol´, Dostoevskij, Tolstoj, Čechov, Leont´ev (Padova 1966) - che si svilupperà questa sua straordinaria capacità di cogliere e delineare con grande maestria non solo la psicologia dell'autore, ma anche l'ambiente storico e culturale circostante.
Se negli studi di russistica il G. si distinse per l'originalità dell'approccio, in quelli dedicati all'etnologia slava operò una vera e propria rivoluzione. Molto sui suoi studi etnologici influì la teoria formulata da Leo Seifert nel lavoro Die Weltrevolutionäre, von Bogumil, über Hus zu Lenin, pubblicato a Vienna nel 1931. Secondo il Seifert la tendenza a creare proprietà collettive affonda le radici in un substrato agrario-matriarcale; per questo motivo i rivolgimenti sociali verificatisi in Russia nei primi decenni del XX secolo starebbero a dimostrare che un simile substrato era ancora attivo nella cultura e civiltà slava: una civiltà, quindi, quest'ultima, da collocare nel ciclo culturale esogamico-matriarcale e non in quello indoeuropeo. Alla ricerca di una convalida o di una revisione di questa teoria, e in senso più lato allo studio della civiltà dei protoslavi (e poi degli Slavi storici), il G. dedicò la maggiore e migliore parte della sua attività scientifica spaziando dentro a un amplissimo raggio. Si basò per le sue ricerche sui criteri d'indagine del metodo storico-culturale (contrapposto a quello evoluzionista o diffusionista) - sostenuto da Leo Frobenius, da Wilhelm Schmidt e successivamente elaborato dalla Wiener Schule- e sugli strumenti di numerose discipline: in primo luogo l'etnologia, ma anche l'archeologia, la linguistica, la storia delle religioni, nonché la botanica, la musicologia ecc. I primi risultati del suo lavoro costituirono la base del corso monografico tenuto nell'anno accademico 1948-49 su Il matriarcato slavo. Note etnologiche sulle credenze religiose, le tradizioni iniziatiche e le costumanze nuziali degli antichi Slavi (Milano 1949). Negli anni successivi le nuove acquisizioni apparvero sia come dispense universitarie sia, in forma più elaborata, come articoli, sparsi in varie riviste. Il materiale, raccolto, collazionato e meditato confluì quasi totalmente nel fondamentale volume Il matriarcato slavo. Antropologia culturale degli Slavi (Firenze 1973), che costituisce, almeno in area italiana, lo studio più completo e una pietra miliare nella letteratura scientifica sui protoslavi. Le teorie formulate in questa opera monumentale - ben 782 pagine divise in tre sezioni: la cultura materiale, la cultura sociale e la cultura spirituale - operano un vero capovolgimento rispetto alle idee dominanti. Secondo il G., infatti, alla cultura linguistica indoeuropea degli Slavi non corrisponde un'identica cultura antropologica. La natura esogamica-matriarcale - ben diversa da quella patriarcale indoeuropea - della civiltà slava la colloca in un contesto extra-indoeuropeo, e più precisamente ugrofinnico. Gli Slavi discenderebbero dunque da un'antichissima popolazione ugrofinnica e la loro indoeuropeizzazione sarebbe avvenuta solo a livello linguistico. Le conclusioni a cui giunse il G., proprio perché ribaltavano posizioni ormai consolidatesi riguardo alla struttura della civiltà slava, suscitarono non poche perplessità e polemiche. Ma nello stesso tempo per i loro aspetti illuminanti e la loro qualità di stimolo verso nuove interpretazioni euristiche rappresentarono "un contributo enorme al progresso degli studi sull'etnogenesi degli Slavi" (A.M. Raffo).
Negli ultimi anni il G. ritornò alla letteratura russa, analizzata questa volta da un punto di vista marcatamente antropologico, come è evidente anche solo dal titolo dei corsi monografici tenuti nelle Università di Venezia e di Padova (Il peso della terra. Considerazioni sulla letteratura russa, Venezia 1967; Il peso della terra. Spettro antropologico della letteratura russa, ibid. 1968: con questo stesso titolo furono pubblicati i corsi degli anni seguenti, Padova 1969, ibid. 1970). E anche qui le conclusioni sono sorprendenti. La civiltà russa, ma non solo russa, si dispone per il G. in "quattro stratificazioni successive, che non solo si sono sovrapposte, ma sono in parte sfumate l'una nell'altra". Il primo strato è quello della "civiltà primitiva" dalla durata "immensa"; il secondo strato è quello della "civiltà agraria", caratterizzata da una agricoltura femminile di zappa (è infatti di pertinenza femminile il più antico attrezzo agricolo slavo: la zappa faceva parte del corredo in dote alle spose). La terza fase è contrassegnata dalle trasformazioni dovute alla comparsa degli Indoeuropei: in essa l'uomo, con aratro e carro, si impadronisce delle coltivazioni femminili e le collettivizza affidandole all'opera maschile. L'ultima fase - IX e X secolo d.C. - vede l'acquisizione della civiltà urbana e statale. Alla luce di queste strutture antiche, che non scompaiono ma rimangono vive per riaffiorare in modi e tempi diversi, il G. rivisita tutta la letteratura russa fino ai grandi protagonisti dell'Ottocento. Fino agli anni Sessanta e Settanta mantenne vari e produttivi legami con lo slavista G. Maver, con G. Devoto e il circolo linguistico fiorentino e con il germanista L. Mittner, unico fra i suoi colleghi veneziani che apprezzò fin dall'inizio l'impostazione e i metodi dei suoi lavori storico-culturali ed etnologici.
Il G. morì a Castelfranco Veneto il 29 maggio 1982 "in quell'angolo della Marca Trevigiana dove aveva trascorso l'infanzia e serene, proficue stagioni della maturità e della vecchiaia" (Faccani, 1982-84).
Oltre agli scritti già citati si ricordano: La cultura delle steppe. Morfologia della civiltà russa, Roma 1934; Il teatro di Čechov, Milano 1940; L'esordio di Tolstoj (1852-1860), ibid. 1942; Il vigore di Tolstoj (1860-1878), ibid. 1943; Alessandro Puškin e i "Racconti di Belkin", ibid. 1944; Dostoevskij e il delitto, Milano-Venezia 1946; Le previsioni d Costantino Leontiev, Milano 1947; La meteora di Lermontov. Arte, gente e costumi dell'Ottocento russo, Venezia 1947; Le città sacre del Baltico. L'ergologia degli Slavi, Istituto univ. Ca' Foscari, lezioni per l'a.a. 1950-51, ibid. 1951; I riti popolari slavi (1951-1952), ibid. 1952; Nozze, società e abitazioni degli antichi Slavi…, ibid. 1953; La costituzione matriarcale della "grande famiglia" slava, ibid. 1954; Danze e fiabe del mondo slavo, Istituto univ. Ca' Foscari, lezioni per l'a.a. 1954-55, ibid. 1955; La civiltà matriarcale degli Slavi. Diritto famigliare e esogamia, Istituto univ. Ca' Foscari, lezioni per l'a.a. 1955-56, ibid. 1956; Le previsioni di C. Leontiev, ibid. 1957; "Ethnologica". Finni e Slavi, Istituto univ. Ca' Foscari, lezioni per l'a.a. 1957-58, ibid. 1958; "Ethnologica". Il "pleme", Istituto univ. Ca' Foscari, lezioni per l'a.a. 1959-60, ibid. 1960; Falsi aspetti di soggezione della donna slava, in Studi in onore di Arturo Cronia, Padova 1967, pp. 185-197.
Fonti e Bibl.: A. Cronia, La conoscenza del mondo slavo in Italia, Padova 1958, pp. 608 s., 651 s., 662, 666, 676-681; A.M. Raffo, recensione a Il matriarcato slavo, in Ricerche slavistiche, XX-XXI (1973-74), pp. 381-393; R. Faccani, E. G. (1900-1982), ibid., XXIX-XXXI (1982-84), pp. 11-15; Ministero per i beni culturali e ambientali, Divisione editoria, La slavistica in Italia. Cinquant'anni di studi (1940-1990), Roma 1994, pp. 5 s., 18 s. e n., 35, 120, 122, 172, 174 s., 184 s., 200, 217, 431; R. Faccani, Bruno Meriggi e la storia culturale slava, in Ricerche slavistiche, XLIV (1997), pp. 219-225.